[GARGONZA:9075] In ricordo di Alex LANGER
reiva  Domenica, 02 Luglio 2000

Il 3 Luglio 1995 moriva Alex LANGER.
Voglio ricordarlo con un articolo del 1994 che merita una attenta
lettura.

Saluti
Renzo Gatto

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Ciechi dall'occhio destro: il Tirolo fra Andreas Hofer e Haider 

Un articolo di Alex Langer del '94 per capire l'Austria d'oggi e le sue
radici dimenticate 

di Alexander Langer
I tirolesi - come tutti gli altri popoli - si vedono in un modo che
spesso è esagerato e distorto. Ci consideriamo la più antica democrazia
(o perlomeno una delle più antiche democrazie) d'Europa o persino del
mondo, in cui anche i contadini avevano voce in capitolo. Andiamo fieri
del fatto di essere rimasti fedeli alla casa degli asburgo per quasi 600
anni (la loro fine non è certo dipesa da noi) e della nostra forte e
spiccata coscienza di appartenere al nostro territorio - oggi forse si
chiamerebbe regionalismo o autonomismo - che può senz'altro anche
arrischiare prove di forza con Vienna (per non parlare di Roma o
Bruxelles). In genere consideriamo l'eredità contadina come una specie
di tratto caratterizzante del Tirolo - certo, c'erano anche la nobiltà e
la borghesia, ma le radici contadine sono un pò più forti.  Sappiamo di
essere saldamente ancorati alla tradizione "cristiano-cattolica",
sigillando questo attaccamento con giuramenti e feste, per cui il Sacro
Cuore di Gesù e la Madonna sono i nostri alleati più sicuri, e offrendo
di norma onori e potere del tutto particolari alla chiesa cattolica e ai
suoi prelati. I tirolesi sono comunque abituati ad essere rispettosi e
ubbidienti nei confronti delle autorità. Non ci si vergogna di essere
nel complesso piuttosto diffidenti nei confronti delle innovazioni e di
avere per certi versi fatto dell'atteggiamento conservatore un carattere
di gruppo. Tutto ciò lo indoriamo volentieri con il senso e l'amore
della libertà, come se fossero qualità dei primi tirolesi, per le quali
ci dichiariamo sempre disposti ad intervenire, anche combattendo. 
Questa "ideologia tirolese" (la voglio chiamare così per analogia al
termine "ideologia tedesca") non è una caricatura, e men che meno
maldisposta, bensì una descrizione a grandi linee di quella che è la
coscienza tirolese, così come si è in particolare sviluppata dal XVI
sec. in poi. 
Ma per quale motivo proprio a partire dal XVI sec.? Perché questo corpus
spirituale, culturale e ideologico si è in sostanza potuto formare e
consolidare dopo e grazie alla repressione della rivolta contadina
tirolese e all'affermarsi della controriforma cattolico-asburgica. 
All'interno di questa mentalità vorrei inserire il concetto di lotta ai
corpi estranei, attorno al quale si sviluppa questa mia riflessione. 
Sono diventati corpi estranei idee, aspirazioni e movimenti che non
rientravano nel quadro descritto, ma piuttosto disturbavano il mondo
così ordinato e tramandato e per questo motivo sono cadute sotto questa
straordinariamente vigile ed efficace lotta ai corpi estranei.  
Per fare un esempio, basta pensare cosa è successo in Tirolo dal XVI
sec. in poi con il protestantesimo, arrivando persino all'espulsione
fisica. Oppure richiamiamo alla memoria il destino degli ebrei in
Tirolo. Pensiamo ai massoni e all'illuminismo -indipendentemente dal
fatto se la minaccia proveniva da Vienna, da Monaco o persino (che
orrore!) dalla Francia con le baionette napoleoniche. Pensiamo al
rifiuto del liberalismo politico - la disputa nella scuola, il
"Kulturkampf" e ciò che è successo attorno alla libertà di religione in
Tirolo appena un po' più di cent'anni fa lo dimostrano - oppure alla
freddezza con cui sono state accolte in Tirolo le idee repubblicane o
socialiste. Non serve un particolare acume per riconoscere proprio nel
culto dell'eroe tirolese Andreas Hofer la celebrazione più alta ed
evidente di questa convinta e alla fine vincente lotta ai corpi
estranei. 
Ciò non vuol dire che sul nostro territorio non siano state comunque
accolte e diffuse delle idee straniere riformatrici - quelle citate ed
altre ancora. Tutte hanno però dovuto fare i conti con il rimprovero
esplicito o implicito che si trattava di un patrimonio d'idee straniero
e non tirolese, che quindi da noi, fra i monti, non era proprio il loro
posto. Erano corpi estranei che andavano irrimediabilmente allontanati
in quanto tali. 
La domanda è quindi: perché a partire da un certo periodo questa lotta
ai corpi estranei ha iniziato a non funzionare più e si è manifestata
una deficienza immunitaria proprio nei confronti di tendenze
nazional-tedesche, più tardi fasciste e nazionalsocialiste? 
Per quale motivo per es. l'umiliazione di studenti italiani (o meglio
dei "Walschen" del Tirolo e dell'Austria) all'Università di Innsbruck
all'inizio del secolo non è stata sentita e combattuta come non propria
ai tirolesi? Per quale motivo i fanatici pangermanici che in Trentino
cambiavano i nomi ai paesi, alle città e ai campi non sono stati
trattati come fomentatori non tirolesi?  Perché, dopo la divisione del
Tirolo, autorevoli tirolesi a sud del Brennero hanno ben presto elogiato
il fascismo come una forma di governo che in fondo andava bene, anche se
aveva il difetto di essere italiana, e degli  autorevoli tirolesi a nord
del Brennero giudicarono positivamente l'austrofascismo autoritario e di
matrice cristiano-sociale, senza sentire quanto era lontano dalla
democrazia e dal tanto decantato amore per la libertà dei tirolesi?  E
infine perché così tanti tirolesi - dalle due parti del nuovo confine di
Stato - s'infiammarono in massa per Hitler, la sua annessione, la sua
marcia, la sua follia della razza, le sue uniformi, le sue bandiere
color sangue, il suo mostruoso partito, la sua propaganda per la grande
Germania? Non vi erano dei doveri nei confronti di uno "staterello …
piccolo, piacevole, il nostro",  in cui persone di diverse lingue hanno
da sempre convissuto, formando un'insieme? Come è possibile che i
tirolesi non abbiano pensato niente quando hanno visto gli ebrei che
pulivano i marciapiedi con i loro spazzolini e poi sparivano per sempre?
Come hanno potuto infiammarsi per la Wehrmacht e le sue campagne di
conquista in Finlandia o Romania, se da secoli andavano fieri del fatto
di poter essere chiamati a combattere unicamente per la difesa del
Tirolo?  E come ha potuto un popolo a sud del Brennero, con profonde
radici contadine, lasciarsi sedurre e abbagliare a tal punto da
dichiarasi disposto - durante l'Opzione - a lasciare la propria patria
per amore del Führer e trasferirsi in Alsazia, nello Schleswig o in
Crimea a fare la guardia a un territorio di frontiera tedesco?  Cosa era
successo, perché dei tirolesi invocassero numerosi la vittoria finale di
Hitler come lo scopo maggiore della storia? 
Certo, anche in Tirolo ci sono stati coloro che hanno tentato di mettere
in guardia, i dissidenti, la resistenza e persino il martirio (e davanti
ai combattenti e alle vittime dobbiamo ancor oggi inchinarci con
gratitudine), ma la lotta ai corpi estranei che in passato era stata
così efficace ha miseramente fallito nei confronti del flagello di
colore marrone. Contro il flagello nero del littorio romano si è
combattuto, solo perché questi era vissuto come un'oppressione
straniera, per cui in quel caso l'immunizzazione contro i corpi
stranieri ha funzionato. 
E anche se guardiamo capitoli della storia del Tirolo cronologicamente
più vicini a noi, troviamo conferma del fatto che la lotta ai corpi
estranei avviene in modo molto selettivo.  L'"anarchismo di sinistra"
(leggo sulla stampa in questi giorni) suscita avversione e allarme,
mentre la corona di spine del 1984 non è considerata non-tirolese (sono
piuttosto visti come corpi estranei i controdimostranti antifascisti).
Se i numerosi falsi amici del Tirolo e soprattutto del Sudtirolo, in
camicia marrone, provenienti da Norimberga, Monaco, Mondsee, Salisburgo,
Linz, Carinzia o persino dallo Schleswig non possono certo pretendere di
godere di chissà quale simpatia presso i tirolesi (o sudtirolesi), li si
fa comunque sentire meno degli estranei che i dimostranti di sinistra o
i democratici liberali che s'impegnano per la convivenza e il dialogo
fra i popoli. 
Cosa è successo al "sentimento di popolo tirolese"? Come è possibile che
ci si debba ancora giustificare di combattere contro il nazismo e le
velleità di grande Germania piuttosto che per il fatto di nutrire sogni
di questo tipo? 
Dico subito che non credo che il vero conservatore di per sé non ci veda
dall'occhio destro o rischi persino di scivolare verso l'estrema destra.
Autentica conservazione, convinto attaccamento a valori tramandati - non
necessariamente potere e proprietà - radicata coscienza della patria e
fedeltà praticata alla patria, insistere su specificità, tradizione,
fede, lingua, cultura, cosciente rifiuto della modernizzazione
(soprattutto quando imposta da fuori) e impegno contro riforme
indesiderate sono lontani dall'essere un'anticamera al fascismo. Si può
forse sostenere addirittura il contrario: il moderno totalitarismo - di
cui fascismo e il nazionalsocialismo sono stati una possibile forma
storica - ha le sue radici (mi sia concesso il gioco di parole) nello
sradicamento di persone, interi gruppi e strati sociali che si ritrovano
senza patria e senza identità.  Essere privi di radici rende assai più
accessibili a certe idee che il vero conservatorismo. 
Da questo punto di vista si può forse trovare nel grande sradicamento
dei tirolesi - che in sostanza comprende due aspetti dello stesso evento
storico, ovvero la fine della vecchia Austria e la divisione imposta del
Tirolo - una delle possibili spiegazioni al deplorevole fallimento della
lotta ai corpi estranei. Ciò è successo per colpa degli altri. 
Ma non dobbiamo ignorare la nostra parte di responsabilità. E qui
bisogna riprendere in esame la coscienza tirolese già descritta per
sommi capi. 
La coscienza tirolese mostra sin dall'origine evidenti tracce della
rivolta soffocata dei contadini e della marcia trionfale
dell'assolutismo asburgico-controriformista che ha irrimediabilmente
compromesso il senso tirolese per la ribellione, la critica (e
autocritica), il pluralismo, il pensarla in modo diverso, l'opposizione
democratica, la solidarietà attiva dei deboli ecc. (A tale riguardo, non
è un caso se Michael Gaismair non fa parte della galleria degli eroi
tirolesi, mentre un Andreas Hofer o un Franz Innerkofler rientrano
perfettamente nel quadro della lotta ai corpi estranei). 
Non deve quindi meravigliare troppo che il Tirolo non è propriamente
stato un terreno fertile per la resistenza ai nazisti e ai fascisti:
persino l'odiato fascismo italiano lo si sopportava con rassegnazione,
nonostante la soglia del dolore fosse già stata ampiamente oltrepassata
tempo addietro. 
Inoltre, le regioni con latenti conflitti etnici o di confine (vedi per
es. anche la Carinzia o Trieste) sono terreni particolarmente fertili
per idee fasciste o nazionalsocialiste. Questo richiede un impegno
maggiore e assai più consapevole proprio da parte di noi tirolesi
democratici che oggi viviamo a nord e a sud del Brennero, al fine di
allontanare il nazionalismo, il fascismo e l'estremismo di destra e far
crescere la democrazia e la tolleranza come un prodotto nostrano. 
Se è vero che "l'ideologia tirolese" ha prodotto un'identità così
compatta con una così vigile ed efficace lotta ai corpi estranei,
bisogna chiedersi in che modo, da un lato, si possa contribuire per
mettere in luce in modo credibile e stigmatizzare quanto di "estraneo e
non-tirolese" c'è nelle mentalità fasciste, razziste e sobillatrici, ma
anche nel consumismo sfrenato e nell'ossessiva corsa alla crescita
(economica) e, dall'altro, valorizzare le radici tirolesi di quelle
aspirazioni in cui crediamo riconoscere una maggiore umanità, democrazia
e solidarietà (senza per questo apparire in falsi abiti, in questo caso
in un falso abito tradizionale tirolese). 
Di tanto in tanto anche il Tirolo ha avuto i suoi apostoli del progresso
(alcuni erano anche in buona fede) che credevano che modernità,
liberalismo e Dio sa quali altri benefici del progresso avrebbero potuto
diffondersi da noi solo esponendo la specificità dei tirolesi alla
derisione urbana o alla diffidenza cosmopolita illuminata, per poi,
sulla tabula rasa così ottenuta, costruire delle solide basi per una
moderna apertura al mondo. 
Fino ad ora ciò non è stato possibile e le forze sociali e democratiche
non sono riuscite ad affermarsi. Piuttosto hanno preso il meglio
tutt'altri vincitori di guerra che con false insegne tirolesi, rifatte
all'ultima moda - dall'abbigliamento alla lingua, dalla benedizione
della chiesa all'approvazione politica - hanno convinto tutti a
liberarsi dei concetti tradizionali per sostituirli con le loro
autostrade, i loro impianti di risalita e i loro colossi alberghieri. 
Ma perché il compito di definire il carattere tirolese deve restare ai
reazionari - finanche ai fascisti - oppure alla promozione turistica e a
certi funzionari di partito, di associazioni di categoria o della chiesa
che se n'appropriano per i loro scopi, facendone un loro feudo? 
Se a questa oggi risorgente cecità, permissività o persino complicità
nei confronti di movimenti totalitari e di matrice fascista - questo
succede anche in Italia, dove con Berlusconi nell'occidente democratico
per la prima volta è arrivata al Governo una formazione che raccoglie
chiaramente l'eredità del fascismo -si risponde solo con una
mobilitazione antifascista, analisi cervellotiche, rievocazioni
nostalgiche della Resistenza dei tempi passati, dotte elucubrazioni
politiche e violenti anatemi, la causa è persa sin dall'inizio. 
Se quel fondo di tramandata coscienza di sé è lasciato senza grandi
esitazioni ai vari Haider e Berlusconi e l'alternativa a ciò ha bisogno
di tutto quello che per il nostro concittadino medio fa parte delle cose
a cui si è affezionato e che dà per scontate - perché non siamo in grado
di togliere alle nostre idee di umanità e democrazia quella patina di
corpo estraneo - allora siamo messi proprio male. 
Per questi motivi vorrei, concludendo, illustrare alcuni aspetti che
forse un pò nascosti e coperti - fanno parte del patrimonio tirolese e
che, ben più efficaci di divieti o appelli, possono contribuire a
dimostrare che il nostro modo di intendere la fedeltà alla patria e il
sentirsi legati al mondo è assolutamente consono ad un tirolese, mentre
nazionalismo o persino razzismo, ogni forma di fascismo e demagogia
nazional-tedesca (o qualsiasi forma di chauvinismo) non rientrano o sono
contrari al vero spirito tirolese. 

Di questi elementi facenti parte del patrimonio tirolese che oggi vanno
messi maggiormente in luce, vorrei citarne quattro, nella speranza di
dare maggiore considerazione e diritto di esistenza anche a questi
aspetti della nostra così spesso evocata specificità tirolese: 
La tradizione democratica del Tirolo che non può limitarsi al fatto che
già nel Medioevo esisteva un consiglio con quattro ceti sociali; la
tradizione della convivenza di varie lingue e culture in Tirolo:
tedesco, italiano e ladino esistono da secoli; in questo senso il popolo
tirolese era l'esatto contrario di ciò che si immagina parlando di
purezza della specie oppure di pulizia etnica; la tradizione sociale che
senza bisogno di interventi dello Stato era in grado di tessere una rete
sociale efficace, nella quale i più deboli trovavano un sostegno
solidale; una tradizione che rispetta la natura e ha sempre saputo
evitare di saccheggiarla per un rapido e facile, ma affatto lungimirante
guadagno. 
Se per i succitati motivi questi aspetti non sono in primo piano
nell'"ideologia tirolese" dominante, ciò non vuol dire che si possa
mettere in dubbio la loro legittimità e la loro esistenza. 
Sarebbe auspicabile, nel nostro comune intento di difenderci dalla
seduzione totalitaria, riuscire a valorizzare e richiamare a nuova vita
alcune fondamentali e innegabilmente autentiche radici tirolesi.
Movimenti "anti-qualcosa", resistenza, protesta, misure di legge sono
spesso necessari, ma alla fin fine darà maggiori frutti il lavoro di
convincimento che umanità, democrazia, solidarietà, giustizia e diritti
umani, pace, mantenimento della natura sono valori più alti e più
credibili che non sangue e suolo, nazione, razza, potere, denaro e
consumo.


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