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[GARGONZA:9063] Confronto sul "modello" ... fra due americani.
SPEA - Arch.Alexis Kilismanis
Giovedi`, 29 Giugno 2000
L'America immaginaria di Veltroni e quella radicale di Vidal
Dibattito tra lo scrittore statunitense e il segretario dei Ds.
La "tragedia" dell'intellettuale, la "speranza" del politico
di GUIDO MOLTEDO
Metti uno spirito libero e un politico che pesa le parole. Metti che il
piatto forte del dibattito sia l'America, e che, da una parte lo
"spirito libero" sia uno di quegli intellettuali americani radical che,
del loro paese, dicono pane al pane vino al vino, con toni e parole da
far impallidire Bertinotti. E che dall'altra parte il politico sia il
massimo dirigente dei Ds che, se non ha bisogno di una nuova Urss
oltreoceano, guarda agli Usa col timore permanente di apparire
anti-americano. E' la scena del dibattito di ieri sul recente libro
autobiografico di Gore Vidal, "Palinsesto" nella bizzarra cornice
dell'hotel Excelsior, di fronte all'ambasciata statunitense: da una
parte l'autore, dall'altra Walter Veltroni.
Da un lato, la denuncia lucida, documentata, estrema della "tragedia
americana", di "un impero" che "sta
morendo", di un grande paese che da 50 anni non è né una repubblica né
una monarchia, si "è militarizzato" e
combatte "una guerra all'anno", è protagonista di ogni sorta di guerra,
"fredda", "calda", "tiepida"; dall'altro lato, "l'immagine" di una
realtà attraversata da "grande vitalità", "grande voglia di rischiare e
di innovare" (anche in politica), con l'anelito costante verso nuove
"frontiere". Un'immagine positiva, ma con forti contraddizioni, che
Veltroni enuclea dal contesto: per esempio, la pena di morte, contro la
quale invita a una campagna forte e per la quale si augura l'affiorare
in America di un atteggiamento almeno pari a quello che sta emergendo
intorno alla questione del porto d'armi.
Non c'è comunicazione tra i due. Sono due piani diversi, prova a
spiegare Veltroni. Gore Vidal è americano, parla del suo paese; lui,
Veltroni, meno coinvolto, forse privilegia l'immaginario americano, e di
quella realtà politica - che Vidal riduce esclusivamente a questione di
soldi, questione peraltro totalmente rimossa dai media che preferiscono
parlare del sesso di Clinton - sa cogliere anche i colori diversi, che
pure ci sono. Se per Gore Vidal Bush e Al Gore pari sono, entrambi "non
entusiasmanti" - il primo "non particolarmente intelligente", figlio di
"un presidente che fallì", il secondo "mio cugino", "intelligente ma
uomo del Pentagono" - Veltroni parla di una storia politica americana in
cui la differenza tra democratici e repubblicani c'è e quanto ha pesato.
Basti risalire alla sequenza di omicidi che negli anni 60 cambiò il
corso della storia, mettendo fuori gioco "la speranza" incarnata dai
Kennedy e da Luther King. E la presidenza Clinton non è stata la stessa
cosa del lungo ciclo repubblicano che l'ha preceduta, interrotto solo
dal quadriennio carteriano. Peraltro, osserva Veltroni, c'è anche
un'influenza del "pendolo" americano rispetto a quello europeo: le fasi
democratiche non si accompagnano forse a fasi di prevalenza progressista
in Europa?
Vidal è radical perché va alla radice dei problemi. Che sono materiali,
e fondamentalmente due: lo strapotere del complesso militare industriale
e degli apparati connessi, Cia e Nato, ancora più forte oggi perché non
neppure un nemico che ne giustifichi l'esistenza. Poi, il potere dei
soldi, la Corporate America, determinante in politica. E we, the people
- "noi, il popolo" della costituzione - che ci siamo arresi. Lo
scrittore parla di un paese dove l'1% possiede il 60% cento della
ricchezza, un paese dove nel 1973 un padre di famiglia quadagnava da
solo più di quel che guadagna oggi lui e la moglie insieme.
Un paese con una sanità per pochi e senza istruzione, e con
un'istruzione superiore dominata dagli interessi del Pentagono e
dell'industria militare. Un paese senza memoria: United States of
Amnesia.
Parole dure, giudizi estremi, che solo uno scrittore del suo calibro può
pronunciare senza apparire né ideologico né antiamericano. Perché,
appunto, sa andare alla radice. Anche quando pensa all'Italia, e chiede
a Veltroni: "e chi possiede l'Italia?".
Il leader dei Ds non coglie o non vuole afferrare il senso radicale e
materiale della domanda, e la butta in politica. Parla dell'Italia che
ha vissuto un decennio con "momenti terribili", approdando finalmente a
una cultura che considera "fisiologica" l'alternanza. Poi si corregge:
avete capito male se avete capito che ci siamo rassegnati a cedere il
potere al centro-destra.
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