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Penso che il problema di fondo e' che cosa si intende per vivo e che che cosa si intende per morto. In guerra chi uccide commette un omicidio, ma viene assolto per la natura stessa della guerra. Una cosa analoga avviene per l'aborto, con la contrapposizione tra il mondo cattolico fondamentalista e tutto il resto. Il concetto di base e' che clinicamente morto viene riferito alle funzioni vitali del corpo. Il cervello, inteso come coscienza e non come stimoli per le funzioni respiratorie e digerenti, non viene considerato vitale, quindi una vita coscienza e' ancora ritenuta vita, quindi reciderla significa uccidere. Allora occorrerebbe indicare anche la coscienza come funzione vitale. Il caso indicato e' molto triste, e merita comprensione e riflessione. Ma attenzione a stabilire una qualita' di vita ritenuta dignitosa per l'uomo, e un'altra ritenuta non piu' degna di essere vissuta. Credo che esisterebbero tantissime condizioni grigie per la scelta dell'eutanasia, mai un confine tra il nero e il bianco. Penso che questo potrebbe essere un motivo di referendum nazionale, non tutti quelli che abbiamo visto ultimamente. Ma ovviamente ormai nessuno crederebbe piu' ai referendum, almeno per I prossimi anni. Io personalmente ritengo che dopo alcuni anni di immobilita' cerebrale si potrebbe praticare l'eutanasia. E penso che anche molti del mondo cattolico potrebbero accettare una condizione limite, visto anche la posizione della chiesa nel caso delle due gemelline siamesi di Palermo. Michele Corvo -----Original Message----- From: gargonza@perlulivo.it [mailto:gargonza@perlulivo.it] On Behalf Of Rosanna Tortorelli Sent: Friday, June 23, 2000 3:35 PM To: Multiple recipients of list GARGONZA Subject: [GARGONZA:9002] l'eutanasia e' omicidio? ancora in tema di vita e di morte... perche' far la fatica di scrivere... se qualuno ha gia' scritto cio' che pensi? ciao rosanna http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20000623/commenti/12marc.html Non si può chiamare omicidio l'eutanasia di PAOLO FLORES D'ARCAIS ---------------------------------------------------------------------------- ---- L'INGEGNER Ezio Forzatti, 51 anni, è stato condannato dal tribunale di Monza a sei anni e sei mesi di carcere per omicidio volontario premeditato, pur non avendo commesso nessun omicidio. Del resto, se davvero avesse commesso un omicidio, sei anni e mezzo sarebbero una pena incredibilmente lieve. Ma Ezio Forzatti non ha commesso nessun omicidio, e per questo la sua condanna (fosse stata anche di un solo giorno) suona come insopportabile ingiustizia. Si dirà: l'ingegner Forzatti ha però staccato la spina che teneva il corpo di sua moglie "in vita", dunque indirettamente l' ha uccisa. Sarà bene rispondere senza giri di frasi: se anziché staccare la spina avesse iniettato veleno nella flebo, procurando direttamente la fine della "vita" di quel corpo, non avrebbe comunque commesso nessun omicidio. Per commettere omicidio non basta uccidere, infatti. È questa una condizione necessaria ma non sufficiente. Altrimenti per omicidio dovremmo condannare chiunque in guerra spari a un nemico e chiunque esegua la condanna a morte di un criminale (pratiche entrambi orribili, soprattutto quest'ultima: ma che non costituiscono giuridicamente omicidio). E oltre tutto: nella guerra e nell'esecuzione di una pena capitale si uccide qualcuno che non chiede affatto di morire. Nei casi che impropriamente vengono etichettati come eutanasia, invece, si tratta proprio di questo: che la morte viene data a chi la chiede. Qualcosa di radicalmente opposto all'omicidio, dunque, dove la vittima non invoca affatto la morte, anzi. Ezio Forzatti e sua moglie Elena Moroni, proprio perché legati da amore profondo, si erano promessi di aiutarsi nel caso a uno dei due fosse capitata la tragedia estrema di diventare un "morto vivente", corpo ormai senza coscienza, senza più vita umana, tenuto "in vita" vegetativa attraverso macchine. Staccando la spina di Elena, Ezio non ha fatto che onorare la volontà di sua moglie, la libera volontà di sua moglie. Che un magistrato possa definire omicidio ciò che di un omicidio è agli antipodi, dunque, costituisce quanto meno un incredibile errore giudiziario, che l'appello dovrà rovesciare. Fin dai banchi di scuola abbiamo letto di matrone violate nell'onore o di condottieri romani sconfitti che si suicidavano. Talvolta facendosi trafiggere da uno schiavo. A nessuno è mai venuto in mente di considerare "omicidi" questi episodi di evidente suicidio. E che sia un uomo libero, anziché uno schiavo, a farsi strumento di una libera decisione altrui, sottolinea semmai l'amore che spinge una persona a farsi strumento, e il rispetto autentico dell'altrui libertà. Chiamare tutto ciò omicidio costituisce un inammissibile abuso linguistico, giuridico, morale. Un abuso che è frutto di smisurato pregiudizio ideologico. Sarebbe come se un magistrato definisse infanticidio un aborto (avvenuto nei termini di legge) perché tale lo considera il Papa. La stessa identica cosa avviene quando sanziona come omicidio il suicidio assistito o lo "staccare la spina" a chi in precedenza ha previsto l'eventualità e ha affidato alla persona più cara l'esecuzione della sua volontà. Del resto, se i giudici di Monza avessero applicato non l'articolo del Codice che punisce l' omicidio volontario - improponibile, abbiamo visto - ma quello che sanziona l'"omicidio di consenziente" (fino a quindici anni di carcere!), neppure in questo caso avrebbero fatto giustizia. Tale norma sarebbe un ossimoro se si trattasse di poesia (l'aggettivo incompatibile col sostantivo, ghiaccio bollente, insomma). Poiché si tratta di legge, siamo alla mostruosità giuridica, degna di essere portata alla Corte costituzionale (o più immediatamente, di essere abrogata dal parlamento). Non c'è rispetto per la vita se esso non fa tutt'uno col rispetto della libera volontà - fino all'estremo - di chi vive la propria vita, di chi è la propria vita. Ma la vita appartiene a Dio, si obietta. Una convinzionne che vale per il credente, ma non può valere per chi è senza fede religiosa: una legge, perciò, non può mai tirare in ballo la volontà di Dio, ma nascere solo da argomentazioni umane. Del resto: quale Dio? Il pastore valdese Bouchard, ad esempio, si è detto orgoglioso del Consiglio comunale di Torino favorevole alla "eutanasia". Il dilemma è tragico, doloroso, estremo, ma anche semplice: la tua vita caro lettore - e dunque anche la decisione se porvi fine - appartiene a te o a me, politico, prete, magistrato? Elena Moroni aveva deciso, in caso di disgrazia, e affidato la sua volontà a chi per amore le dava garanzia che l'avrebbe rispettata. Lo Stato, cioè tutti noi, dobbiamo fare lo stesso, altrimenti la democrazia si rovescia in "Statolatria", la più orrenda delle idolatrie. .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- Rosanna Tortorelli - Milano .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- ![]() |