[GARGONZA:8995] il tabu' del segreto bancario e la Tobin Tax...
Rosanna Tortorelli  Giovedi`, 22 Giugno 2000

parlare di Tobin Tax rimane puro esercizio teorico d'accademia se non si inizano a mettere in pratica cose come
questa di cui ci parla niente meno che Guido Rossi...
sino a che i governi non si renderanno conto che gli accordi fra di loro sono quelli che possono salvare il mondo
e noi non la smettiamo di giocare a Robin Hood...

ciao
rosanna

http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20000622/commenti/01lima.html

IL TABÙ
DEL SEGRETO BANCARIO


di GUIDO ROSSI

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NON è esagerato definire un evento di portata storica l'accordo tra i capi di governo dell'Unione europea
sull'abolizione, a termine, del segreto bancario per combattere elusione ed evasione fiscale. Non mi sfuggono i
limiti e i rischi di quell'intesa. Essa nasce senza dubbio anche dalla volontà britannica di evitare un
coordinamento fiscale più stringente fra gli Stati dell'Unione. È un accordo sottoposto ad una riserva austriaca e
alla condizione, assai aleatoria, che vi aderiscano anche paesi terzi come gli Stati Uniti e la Svizzera. Infine, i
tempi di attuazione sono lunghi. Tuttavia non si può sottovalutare il significato politico di quell'avvenimento.
Per la prima volta a Feira, in Portogallo, i quindici capi di governo europei hanno messo la propria firma sotto un
testo che si prefigge come obiettivo l'abolizione del segreto bancario. In tutta la storia dell'Unione europea,
abbiamo imparato che le dichiarazioni di principio contano moltissimo: magari stentano a tradursi in fatti
concreti, occorre attendere anni per raccogliere i frutti degli impegni presi, ma prima o poi si arriva al
traguardo.
Il segreto bancario è un tabù antichissimo: è dai tempi dell'antica Grecia che "gli affari con i banchieri si fanno
senza testimoni", e che l'attività di chi presta o custodisce il denaro è stata circondata da alti muri di opacità
e segretezza. L'ideologia del perfetto banchiere teorizza da sempre che la trasparenza sia sinonimo di delazione.
Oggi quei muri del segreto tremano, sotto la spinta di un fenomeno formidabile quale la globalizzazione.

L'EFFETTO propulsivo della mondializzazione dell'economia crea nuove minacce, a cui occorre rispondere con armi
adeguate. Mafie, grandi traffici criminali di armi, droga e carne umana, terrorismi di ogni natura, delinquenza dei
colletti bianchi, corruzione politica, hanno bisogno del segreto bancario per quel passaggio essenziale
dell'attività criminale che è il riciclagggio del denaro sporco. Il segreto bancario inoltre è lo strumento che
consente una massiccia evasione ed elusione fiscale, voluta o tollerata dalle banche... centrali e non. Le banche
centrali infatti non hanno mai scoraggiato l'apertura di filiali offshore da parte delle aziende di credito da loro
vigilate.
Non è un caso, allora, che in sede Ocse - l'organizzazione che riunisce i trenta paesi più industrializzati del
mondo - il problema della guerra ai paradisi fiscali e al segreto bancario sia discusso da tempo e con drammatica
urgenza. Vorrei ricordare d'altronde che il paese più avanzato nella strada della globalizzazione, cioè gli Stati
Uniti d'America, ha tenacemente perseguito e ottenuto da tempo delle conquiste importanti su questo terreno. La Sec
(Securities and Exchange Commission), cioè l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari americani, ha esercitato
pesanti pressioni sulle autorità svizzere per ottenere la loro collaborazione nelle sue indagini soprattutto
sull'insider trading, ivi compreso con la levata del segreto bancario. E i suoi sforzi sono stati coronati dal
successo. Oggi l'Europa ha fatto un primo passo in quella direzione. La strada sarà lunga, ma sul piano dei
principi e dei valori il primo passo a volte è il più faticoso, ma spesso decisivo.
Altre sfide e altre minacce pesano su questa Europa. L'Unione dei nostri quindici paesi, proprio mentre accelera la
costruzione del suo mercato unico, rischia di vedersi sfuggire essenziali strumenti di controllo dei mercati
finanziari. Avremo regole europee per l' Opa, avremo forse una Borsa unica o comunque fortemente concentrata ed
egemone (Londra- Francoforte), ma senza un'autorità europea di vigilanza. La crescita di un grande spazio
finanziario unificato è propiziata dall' euro, e potrebbe metterci in grado di competere ad armi pari con il
sistema finanziario americano. Ma negli Stati Uniti regole e strumenti di controllo sono stati adeguati da molto
tempo alle dimensioni del loro mercato e delle loro aziende. Qui sul Vecchio continente, il grande mercato
dell'euro rischia di essere un Far West senza sceriffi, o con degli sceriffi deboli e impotenti, confinati nei
recinti arcaici delle rispettive frontiere nazionali. Questo tema delle regole e delle autorità di controllo è il
prossimo grande impegno a cui sono chiamati i nostri capi di governo, dopo la spallata data all'antichissimo tabù
del segreto bancario, che sta finalmente diventando una tigre di carta.

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Rosanna Tortorelli - Milano
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