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Morto che cammina? Spiacenti, Renzi è più vivo che mai (anche se le candidature vi fanno schifo)
Probabilmente le prossime elezioni saranno un disastro. Ma se Renzi riuscirà a sopravvivere, ne uscirà più forte di prima. Grazie a gruppi parlamentari fedeli, alle prove di governo altrui e al fattore tempo
di Francesco Cancellato
28 Gennaio 2018 - 02:26
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Proviamo a dire quel che tutti pensano: che Matteo Renzi sia un morto che cammina. Che la sua parabola politica sia alle battute finali. Che ci sia già un “dopo di lui” che sta nascendo alle sue spalle. Che il renzismo, nei fatti, sia già qualcosa da descrivere in retrospettiva, come ciò che poteva essere e non è stato. O, peggio, come una forza bruta che nella sua furia rottamatrice non ha lasciato pietra su pietra di quel che rimaneva della sinistra italiana.
Sfere di cristallo non ne ha nessuno, intendiamoci. Ma siete davvero così sicuri che Renzi sia così debole come pensate? Che le sue siano solo mosse della disperazione? Che un politico di razza, molto giovane, che ha appena concluso una legislatura vissuta da assoluto protagonista possa essere accantonato senza colpo ferire? Davvero non temete uno che sopravvive alla più grande sconfitta elettorale dell’ultimo trentennio, a un su e giù di consenso personale da montagne russe, a inchieste giudiziarie che coinvolgono il proprio padre, a una scissione fratricida?
Noi qualche riserva ce l’avremmo. Certo, oggi Renzi è probabilmente nel punto più basso della sua Storia politica, ma le sue ultime mosse, se non altro, fanno pensare a un politico estremamente consapevole di dove si trovi, del ruolo che occupa nell’immaginario del Paese, della traversata nel deserto che gli toccherà di compiere. La scena lasciata sempre più a Paolo Gentiloni è un segnale. I manifesti senza il faccione in primo piano, un altro segnale. Le candidature di queste ultime ore per le elezioni del 4 marzo, laceranti e brutali nell’eliminare ogni zona grigia tra amici e nemici interni, tra fedelissimi alla Luca Lotti e potenziali frondisti alla Cesare Damiano, pure.
Tutte cose che fanno supporre che Renzi sappia. Che l’implosione del Partito Democratico sia ormai ineluttabile e tanto valga accelerarla, anziché resisterne. Che lo scotto di cinque anni al governo prima o poi toccherà pure agli altri, ai Di Maio e ai Salvini. Che il tempo gioca a favore suo, non certo di Berlusconi.
Tutte cose che fanno supporre che Renzi sappia. Che sappia, finalmente, che la sua popolarità sia ai minimi storici. Che la sua sopravvivenza passi da gruppi parlamentari fedeli e non da chissà quale remuntada. Che l’implosione del Partito Democratico sia ormai ineluttabile e tanto valga accelerarla, anziché resisterne. Che tanto vale consolidare un piccolo nucleo di riformismo post-ideologico alla En Marche!, anziché inseguire la chimera della grande balena socialdemocratica, che sta collassando ovunque nel Vecchio Continente. Che lo scotto di cinque anni al governo prima o poi toccherà pure agli altri, ai Di Maio e ai Salvini. Che il tempo gioca a favore suo, non certo di Berlusconi. Che allora tanto vale smettere di fare il centometrista con l’ansia da vittoria ogni dieci secondi e cominciare a tenere il passo del maratoneta.
Probabilmente sì, quindi. Quel Renzi là, il pokerista che fa all in a ogni mano, il premier che voleva cambiare il Paese in mille giorni, è morto davvero e difficilmente tornerà. Al suo posto, sta nascendo un politico un po’ più consapevole e realista, meno ingenuo e (forse) pure un po’ più saggio. Lo aspettiamo al varco: se davvero si rimetterà pazientemente a ricostruire un’area politica, se la smetterà di dividere il mondo in simpatici e antipatici, se si metterà di buzzo buono a ricostruire comunità politiche e classe dirigente, se comincerà a fregarsene un po’ di più di quel che la gente pensa di lui, e a provare a a rafforzare le proprie idee sino a convivere la gente della loro bontà, anteponendole alla popolarità della sua figura. Se sarà tutto questo, forse da questa metamorfosi potrà nascere qualcosa di buono. Mal che vada, che si accomodi, il non più giovane Matteo: di Casini è pieno l’emiciclo. E di gente che offre loro una poltrona pare se ne trovi sempre.