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Franceschini segretario.

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Franceschini segretario.

Messaggioda ranvit il 21/02/2009, 19:12

Dal corriere.it :

Parisi il suo unico sfidante. Anna finocchiaro: «Non è l'8 settembre che ci attende»
Franceschini nuovo segretario del Pd
Tensioni e contestazione in assemblea

Il vice di Veltroni eletto a grande maggioranza, dopo la decisione di saltare le primaria. Resterà fino a ottobre
NOTIZIE CORRELATE
Franceschini: «E' il momento della verità, riflettiamo sui nostri errori» (21 febbraio 2009)
Parisi: «Serve una nuova partenza, ma non con gli stessi leader» (21 febbraio 2009)
LE REAZIONI - Forza Italia: «Avranno ancora molti mesi di sconfitte». Il Prc: «Nessuna svolta a sinistra» (21 febbraio 2009)
Dario Franceschini: l'assemblea nazionale del Pd lo ha eletto nuovo segretario (Inside)
ROMA - Dario Franceschini è il nuovo segretario del Partito democratico. La sua elezione è avvenuta al termine dell'Assemblea nazionale del partito che, in mattinata, aveva deciso di nominare subito un nuovo leader, dopo le dimissioni di Walter Veltroni annunciate all'indomani della sconfitta elettorale alle regionali in Sardegna. Franceschini ha ottenuto 1.047 voti; il suo unico sfidante, Arturo Parisi, ne ha conquistati invece solo 92. I votanti sono stati complessivamente 1.258, meno della metà rispetto al numero di delegati che era atteso nei padiglioni della nuova Fiera di Roma per la convention democratica. «Da oggi inizia davvero la stagione dell'unità» è stato il primo commento del nuovo numero uno di Sant'Andrea delle Fratte, che per il suo esordio ha citato una frase di Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini quando erano partigiani: «Se è notte si farà giorno. Noi abbiamo dimostrato che stiamo cominciando a lavorare per costruire un giorno nuovo».

PIENI POTERI - Il nuovo leader avrà pieni poteri e non sarà dunque un semplice reggente. Guiderà il partito nei prossimi mesi - caratterizzati dall'importante appuntamento delle elezioni amministrative ed europee - e lo traghetterà fino al congresso di ottobre. La decisione di votare subito un sostituto di Veltroni, evitando così l'indizione di primarie, come chiedeva una parte dei delegati, è stata decisa dall'assemblea stessa, con un voto che ha visto 1.006 delegati a favore, a fronte di 207 no e 16 astenuti.

I DUE SFIDANTI - I candidati alla segreteria, dunque, sono stati solamente due: Dario Franceschini, appunto, che già nel corso del suo intervento di candidatura aveva parlato da segretario in pectore; e il prodiano Arturo Parisi, che aveva invece chiesto di superare la crisi del partito, attribuita senza troppi giri di parole all'attuale dirigenza, Franceschini compreso. Molto critiche, invece, le prime reazioni delle altre forze politiche: il centrodestra profetizza altri mesi di sconfitte per il centrosinistra, mentre Rifondazione comunista teme che con un ex della Margherita alla guida del partito non vi sarà vera opposizione al governo, alla Confindustria e al Vaticano.


FINOCCHIARO: «SENZA PAURA» - «Noi non torniamo indietro, non abbiamo paura, non è l'8 settembre che ci attende - aveva affermato in precedenza Anna Finocchiaro aprendo i lavori dell'assemblea -. Noi non siamo un gregge che si disperde alla prima sassata. Quello di oggi è un evento straordinario e anche inaspettato, il passaggio più difficile che un giovane partito può trovarsi a affrontare e la scelta di tornare alla sovranità dell'assemblea è stata una scelta politica contro anche una rappresentazione di noi che viene data dai media: noi siamo capaci di affrontare questo momento in piena democrazia e senza isteria».

LA CONTESTAZIONE - Tuttavia qualche tensione la si è registrata. Gad Lerner, che sosteneva l'ipotesi di svolgere delle primarie, ha parlato del rischio «di farci ancora una volta molto male a non parlare con il Paese e a illuderci di trovarci compatti dietro un gruppo dirigente che ci ha portato di sconfitta in sconfitta». Lerner è stato autore di uno degli interventi più duri, che ha raccolto anche applausi scroscianti da una parte della platea. Rivendicando a viva voce le primarie, il giornalista ha chiesto polemicamente: «Come mai qui oggi non si presenta Bersani, per quando si annunciano le candidature? A cosa si rinvia la propria assunzione di responsabilità? Già una volta Bersani ha ammesso di aver fatto una grossa cavolata a non presentarsi non vorrei che oggi la facessimo noi, se ci chiudessimo dentro ad un gruppo dirigente che deve essere fortemente ricambiato. Il problema vero del paese oggi è un'opposizione che non c'è». L'intervento di Lerner ha riacceso gli animi, dando il via ad una contestazione da parte di un gruppetto di delegati. Al grido di «andate a casa» e «primarie, primarie», alcuni partecipanti all'assemblea nazionale hanno poi interrotto l'intervento di Ermete Realacci, a sostegno della elezione di Dario Franceschini.

VOTO SEGRETO - Le urne sono rimaste aperte dalle 15 alle 16,30, mezz'ora in meno del previsto dato che la gran parte dei delegati ha votato nella prima parte del tempo a disposizione. L'elezione si è svolta a scrutinio segreto. Franceschini è ora segretario a tutti gli effetti e con pieni poteri, anche se la sua permanenza alla guida del partito sarà inizialmente limitata a un periodo di circa otto mesi, fino a quando a ottobre il congresso del Pd chiamerà a raccolta i delegati delle sezioni di tutta Italia per la definizione della linea politica e la scelta del nuovo leader. Sarà solo in quell'occasione che potrebbero uscire allo scoperto anche altri nomi di spicco del Pd - Bersani su tutti - che in questa fase di transizione hanno preferito non esporsi in prima persona.

M.Le./Al. S.
21 febbraio 2009
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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E Time nomina Renzi «Obama italiano»

Messaggioda ranvit il 21/02/2009, 19:13

Dal corriere.it :

la rivista usa individua i suoi punti di forza: è giovane e sa usare internet per comunicare
E Time nomina Renzi «Obama italiano»
Il settimanale statunitense vede nel presidente della provincia di Firenze il leader Pd del futuro

Matteo Renzi (Emmevi)
MILANO - La crisi del Partito democratico spinge i media alla ricerca frenetica del leader del futuro in casa Pd. E così il settimanale americano «Time» incorona Matteo Renzi, il trentaquattrenne trionfatore alle primarie del Pd a Firenze e candidato alla poltrona di sindaco nelle elezioni del prossimo giugno, definito addirittura come «l'Obama italiano».

INCORONAZIONE - Per «Time» il giovane presidente della Provincia di Firenze è la migliore chance per il Partito democratico di uscire dalla crisi in cui è piombato dopo le dimissioni del leader Walter Veltroni. Oltre alla giovane età, atipica nel panorama politico italiano, come il presidente degli Stati Uniti Renzi, scrive il Time, ha fatto largo uso di Internet e Facebook per riuscire a trionfare alle primarie. E, come Obama, Renzi ostenta un atteggiamento pragmatico nei confronti della politica. «Sono un politico, non faccio miracoli - ha detto spesso - Ho solo cercato di lavorare ogni giorno un pò meglio». Figlio di un piccolo imprenditore toscano, Renzi è un cattolico praticante ma ha già dichiarato, secondo il Time, che non permetterà al Vaticano di «guidare la sua politica». Rispetto al presidente americano Renzi è qualche volta «turbolento» ed ha ancora «una faccia da bambino», scrive il Time che tuttavia lo aveva già messo in copertina nel 2006 come esponente della nuova generazione di politici in contrapposizione agli allora candidati alle elezioni, Prodi e Berlusconi, che sfioravano i 70 anni.


21 febbraio 2009
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Re: Franceschini segretario.

Messaggioda ranvit il 21/02/2009, 19:53

Dal corriere.it :

Franceschini: «E' il momento della verità, dobbiamo capire i nostri errori»
Il discorso: «Azzererò il coordinamento, il governo ombra, non la direzione che è stata eletta»

ROMA - «Questo è il momento della verità e non delle emozioni, serve chiarezza ed il momento in cui tutti insieme ci rimbocchiamo le maniche». Dario Franceschini aveva aperto così il suo intervento all'assemblea nazionale del Pd, a cui partecipava da vicesegretario uscente e, al tempo stesso, da nuovo leader in pectore. Dopo il via libera dei delegati all'elezione immediata del nuovo capo del partito, Franceschini era salito sul palco e in un intervento senza troppi giri di parole ha spiegato che nei prossimi mesi lavorerà in assoluta autonomia, senza lasciarsi condizionare dalle richieste di chicchessia, neppure di quelle che dovessero provenire da coloro che pure nelle ultime ore avevano sostenuto la sua candidatura.

«CAPIRE GLI ERRORI » - «Sono stato descritto come debole, dilettante, un signor nessuno - ha detto Franceschini - e così mi hanno consigliato di fare un discorso ricco di calore, in grado di portare l'Assemblea all'emotività. Ma questo non è il momento delle emozioni, è il momento della verità. Dobbiamo capire i nostri errori ed avere l'orgoglio - ha affermato ancora Franceschini - delle cose belle realizzate». «Non posso nascondere la crisi in cui siamo - ha poi aggiunto , ma abbiamo costruito non solo un contenitore ma una nuova appartenenza ed è questa che crea dolore, delusioni perchè è dettata dal sentimento di essere in una casa nuova, in una casa comune. Non ci saranno crisi che ci possano far rinunciare all'idea che il nostro è un futuro comune».

LA CANDIDATURA - Franceschini ha spiegato di aver accettato di candidarsi a segretario del Pd come un mandato di servizio assicurando di non avere mire personali per il futuro, e che quindi a ottobre terminerà il suo lavoro. «Io non l'ho chiesto - ha spiegato - volevo rifiutare. Ma poi sarebbe sembrata una fuga. Interpreto questo ruolo come servizio, sarà come un compito difficilissimo». Ha poi precisato che si occuperà di gestire questa delicata fase «per affrontare le europee e garantire poi lo svolgimento del congresso» e ha ribadito di non avere «nè padrini, nè protettori». Non sono qui per preparare il mio destino personale - ha garantito -: il mio lavoro finisce ad ottobre».

STOP A GOVERNO-OMBRA - Franceschini ha annunciato che azzererà il governo ombra e il coordinamento nazionale: «Ricominceremo da lunedì - ha detto -. Azzererò il coordinamento, il governo ombra, non la direzione che è stata eletta. Metterò in piedi nuove forme di collegialità con aperture al territorio, ai sindaci, ai segretari regionali». Ma, ha avvertito, «non farò trattative con nessuno, sceglierò io. Sceglierò io e chi batte le mani adesso non venga domani a chiedere di nominare qualcuno. Sentirò gli uomini del partito ma senza coinvolgerle nella gestione del partito».

L'ATTACCO A BERLUSCONI - Non è poi mancato un affondo contro il governo e il suo capo: «Silvio Berlusconi non vuole governare, ma diventare il padrone d’Italia - ha tuonato al microfono -. Ha in mente una forma moderna di autoritarismo, e ho misurato le parole. Vive come un ingombro il Parlamento e il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica, arriva al cinismo di attaccare la Costituzione attorno al letto di un ragazza morente, al cinismo di sfruttare la paura per legalizzare le ronde, contro tutti i diritti umani». Per questo, «le nostre divisioni sono più colpevoli perchè in Europa - ha fatto notare - solo nel nostro Paese abbiamo un presidente del Consiglio che offende la Costituzione, disprezza i principi della democrazia. Di fronte a ciò, e i riformisti alzano la voce e mettono in campo tutte le forze per difendere la Costituzione».

21 febbraio 2009

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Anche io l'ho sempre considerato un signor nessuno.
Vediamo se darà seguito a quello che ha detto...

Vittorio
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Re: Franceschini segretario.

Messaggioda mario il 21/02/2009, 22:47

Il Partito Democratico è nato con le primarie del 2007, che ne hanno costituito un segno identificativo.
Per un anno intero i dirigenti del partito hanno esibito quella partecipazione di popolo come segno di vitalità e democrazia.
Hanno inneggiato alle primarie di Obama quasi come ad un fatto interno al partito.
Arrivati al dunque, un’assemblea fatta di quadri del partito, ha rinnegato le primarie come metodo.
Hanno osteggiato le primarie che avrebbero dato voce all’elettorato.
Hanno preferito convocare un congresso per ottobre.
Congresso da preparare col solito tesseramento ben organizzato, le solite tesi precostituite, la solita spartizione dei seggi preconcordata.
D'altronde cosa potevamo aspettarci che i quadri del partito responsabili di una gestione fallimentare fossero disposti a sottoporsi al giudizio delle primarie ?
Soprattutto dopo le primarie di Firenze che hanno visto il vertice del partito penosamente sconfitto.
Lo spettacolo di oggi è stato squallido.
Una passerella di personaggi falsi e tidicoli.
Fassino ha detto. "No alle primarie. Potrebbero trasformarsi in un fatto plebiscitario."
Franceschini ha detto "io non ho né padrini né protettori" "ora decido io" (come se la sua carriera e la sua vittoria fossero dovute davvero alla sua indiscutibile superiorità).
Non si può affidare un partito ad un personaggio simile.
A questo punto le vere primarie saranno le prossime elezioni che i dirigenti del partito sanno già che perderemo.
Non per nulla nessuno si è voluto candidare alla segreteria rimandando tutto ad Ottobre.
Bersani ha detto: "Ho sbagliato a non candidarmi nel 2007. Ora però non mi candido. Lo farò nel prossimo ottobre."
Ho paura che a ottobre di questo partito sarà rimasto ben poco.
Le primarie avrebbero potuto salvarlo.
Questa soluzione squallida porterà l’elettorato a votare per altri e fornirà un alibi a personaggi come Rutelli e Letta che muoiono dalla voglia di andare altrove.
A Roma 200 hanno votato per le primarie, 1000 per il congresso ad ottobre.
L’elettorato pensa il contrario. Si vedano i sondaggi sui siti di Repubblica e del Corriere.
Hanno preferito distruggere il partito piuttosto che perdere le poltrone.
mario
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Re: Franceschini segretario.

Messaggioda ranvit il 22/02/2009, 13:01

Dal corriere.it :

Parterre e strategie
E la nomenklatura si salvò
«Rischio nuovismo scongiurato»
Il ruggito del popolo delle primarie non si sente. Fassino: «Valium? Ha vinto la ragione»


ROMA — «Riserveremo a Franceschini e alla nomenklatura un trattamento tipo maggiordomo di Giuliano Soria» sibila all'ingresso un bellicoso delegato di Torino. Resterà l'unico acuto, oltre a qualche strillo — «Tutti a casa!» — molto fotografato ma subito spento da un'urlataccia più forte della Finocchiaro donna d'ordine. Per il resto, la «nomenklatura» se l'è cavata. E il nuovo leader, anziché essere multato come il malcapitato mauriziano per ogni cappuccino mal riuscito (almeno secondo l'accusa), viene festeggiato con la prodiana Canzone popolare, riesumata dopo il fallimento del Mi fido di te di Jovanotti-Veltroni. Alla Fiera di Roma era attesa la mitica base in rivolta. L'irruzione della società civile nelle polverose stanze delle oligarchie. Il ruggito del popolo delle primarie, attraverso i loro rappresentanti qui convocati. Invece tutti silenziosi, miti, placidi. «Secondo me li hanno sedati» ipotizza Lucia Annunziata. In realtà il lavorio dei vecchi leader ha convinto quasi tutti che Franceschini è una necessità, per ora.

LA VERA PARTITA DOPO LE EUROPEE - Dopo le Europee si giocherà la partita, tra lui (o un altro candidato della maggioranza popolari-veltroniani-fassiniani) e Bersani, sostenuto da D'Alema e forse da Enrico Letta, se non andrà con Follini e magari Rutelli a fondare con l'Udc il nuovo partito di centro, nome provvisorio Kadima italiana. Base cloroformizzata, vertice arzillo. Fassino, di ottimo umore: «Ma quale Valium? Ha vinto la ragione». Bersani, lontano da taccuini e telecamere, si lascia andare: «Abbiamo dimostrato che ci siamo ancora. Che siamo un partito. Che noi sappiamo come fare. Le primarie adesso sarebbero state come il festival di Sanremo. O come Miss Italia. Senza piattaforme, senza un congresso, nei gazebo si sarebbe votato come a un concorso di bellezza. Faremo pure i gazebo; ma a suo tempo. Volevate deciderlo voi giornalisti il leader? Già vi vedevo: e i sondaggi, e Internet, e Facebook; quello che vuole la faccia nuova, quello che vuole il trentenne, quello che provoca "il vostro capo ideale è Fini"... Oggi a tutto questo abbiamo detto basta». All'inizio è previsto un certamen tipo Orazi e Curiazi o lotteria dei rigori: cinque oratori per Franceschini, cinque per le primarie subito. Quando parlano i sostenitori della linea ufficiale, a ogni angolo di ogni settore c'è un peone entusiasta che chiama l'applauso. I ribelli, tutti a braccia conserte. Arturo Parisi è andato dal parrucchiere, ma invano: parlerà a una sala semivuota. Gad Lerner confabula a bassa voce, ma non è cospirazione, sta raccontando agli amici che la sua barbera del Monferrato ha preso i tre bicchieri del Gambero Rosso. Poi sale sul podio a chiedere le primarie. D'Alema sorride: «Bravo, intervento ottimo, Lerner ha perfettamente ragione. I nodi da sciogliere al più presto sono quelli che dice lui: Medio Oriente, laicità... Ci sarebbe solo un dettaglio: le elezioni. Non possiamo montare i gazebo mentre ci sono da decidere le candidature e fare la campagna elettorale». Riccardo Barenghi ex direttore del manifesto lo incalza, D'Alema risponde con un buffetto: «Barenghi io non mi occupo di organizzazione. A voi non ve ne frega niente», altro buffetto, «ma noi qui abbiamo problemi seri di cui occuparci».

LA MAPPA DELLE CORRENTI - La disposizione in sala riproduce la mappa delle correnti, capi e sottocapi si siedono vicini a comporre pacchetti di mischia: a sinistra D'Alema con Bersani, Latorre e Livia Turco; più distante Minniti ormai emancipato; al centro Fassino tra Marina Sereni e Damiano; a destra Realacci, Enzo Bianco, Gentiloni e altri della Margherita; i veltroniani in giro a ricevere solidarietà; un po' defilato Letta; Rutelli ancora più distante, decima fila, in direzione dell'uscita. «Tutti a casaaa!» ci riprovano gli urlatori, D'Alema si volta a guardare, sul viso una smorfia involontaria come fissasse una mosca su un cuscino di broccato bianco. L'ex ministro Bianchi, che è qui in quota Castro, sciarpa rossa e capelli bianchi lunghi, vaga su e giù da solo, anima in pena. Si vota. Non in segreto: per alzata di tessera. Le «scrutatrici di settore», come le chiama la Finocchiaro, sono nel pallone: «Compagno siediti te ti ho già contato, amico scusa ti spiace alzare di nuovo la mano?»; Morando, che vorrebbe le primarie adesso, si lamenta: «Ma come si fa a votare così, non si capisce niente, è una presa in giro»; gli dicono di lasciar perdere, ormai è tutto deciso. Barenghi, fuori dal raggio dei buffetti di D'Alema, provoca: sempre bulgari, eh? «Magari. Questa non è la Bulgaria, questo è un suq arabo. A Roma si dice 'na caciara. Io voto segretario il primo che fa piazza pulita: noi chiusi in una saletta riservata, con ogni confort; voi fuori, via, a guardarci sulla tv a circuito chiuso. Al massimo lasciamo aperto l'audio». D'Alema finge di arrabbiarsi, in realtà pare rilassato: Veltroni non c'è più, tutti gli altri sì.

«DECIDO IO» -Il discorso di Franceschini lancia la parola-chiave «decido io», affronta i temi irrisolti della collocazione europea e del testamento biologico, suscita gli applausi più alti quando evoca con efficacia la Resistenza: la lunga notte del '43, la strage fascista nella sua Ferrara, la corrispondenza in romagnolo tra Boldrini e Zaccagnini, il comunista e il cattolico che considera il suo maestro. Marini, a pipa spenta: «La faccetta sorridente di Dario trae in inganno. Lui sembra buono. In realtà è un duro. Determinato». Fassino, ormai euforico: «Franceschini c'ha due palle così!». Davanti a Bersani si forma una processione di diessini: «Noi avremmo votato per te...». «Tranquilli: a ottobre». Poi, al cronista: «In questi giorni i quotidiani hanno trattato Franceschini in modo vergognoso. E Franceschiello di qui, e dilettante di là. Il signor nessuno, la mammoletta. Io voglio un partito che reagisca a queste vergogne. Dario ha una figlia piccola, la mia ha quindici anni: dobbiamo nasconderle i giornali?». Di Bersani hanno detto che somiglia a Ferrini, il venditore di pedalò di Quelli della Notte. «Perché no? Ferrini è simpatico, e del resto io dico sempre che Berlusconi è come i pedalò: esce solo con il bel tempo». Dicono pure che con Bersani finisce il Pd e comincia un partito socialdemocratico. «Dalle mie parti socialdemocratico è quasi un insulto. Io semmai sono stato liberale...». Chi ha dubbi li esprime a voce bassa. Lerner: «Le primarie sarebbero state un ottimo lancio per le Europee, con il Pd in prima pagina per due mesi. Ma qui ho visto gente spaventata». Vincenzo Cerami, quota Benigni, si avventura nei labirinti della politica: «Allora, oggi hanno votato Franceschini, ma la prossima volta votano Bersani? È così? Ho capito bene? O no?». L'ex ministro Bianchi parlotta da solo. Franceschini raccomanda: «Mai più interviste, gli scontri risolviamoli tra di noi, non sui giornali». Bersani: «Sia chiaro che non ho dato un'intervista». Marini: «C'era un rischio nuovismo». Un rischio che pure ieri è stato evitato.

Aldo Cazzullo
22 febbraio 2009

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Questi, secondo me, ancora non hanno capito una mazza!
Alla riunione di Roma ci sono andati solo i fans delle varie correnti.
Intendiamoci, in un contesto diverso la soluzione della reggenza a Franceschini è anche logica e razionale. Ma qua il punto è che gli elettori...lasciamo perdere i militanti irregimentati....non vogliono piu' nessuno dei dirigenti attuali.
Alle europee sarà un bagno e alle amministrative ancora peggio!

Vedremo.
Mi augurerei di essere smentito da una serie di successi politici, ma temo che non sarà possibile....sono troppo arroganti e strafottenti per rendersi conto di quanto sono scarsi!

Vittorio
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Re: Franceschini segretario.

Messaggioda franz il 22/02/2009, 13:17

ranvit ha scritto:Questi, secondo me, ancora non hanno capito una mazza!
Alla riunione di Roma ci sono andati solo i fans delle varie correnti.

I delegati sono 2800, ma pare che gli aventi dirito siano 2.384.
Presenti 1300, dice la stampa, alla prova dei fatti hanno votato in 1.154
Al Parlamento sarebbe mancato il "numero legale".

Comunque Franceschini mi è piaciuto per la grinta (e finalmente!) ma poteva risparmiarsi gli attacchi a Berlusconi (magari poteva criticare il berlusconismo ma gli attacchi personali credo che siano da evitare, in un grande partito moderato).
Quindi per ora 6 meno meno.

Ciao,
Franz
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SCALFARI: Pd, l'Assemblea ha scelto l'orgoglio e la speranza

Messaggioda franz il 22/02/2009, 13:19

Pd, l'Assemblea ha scelto
l'orgoglio e la speranza
di EUGENIO SCALFARI


IL GIORNO dopo le sue dimissioni da segretario del Partito democratico tutti i giornali aprirono la prima pagina con il titolo: "Veltroni si dimette e chiede scusa". Titolo ineccepibile perché nel suo discorso di addio domandò scusa almeno tre volte, all'inizio, alla metà e ancora alla fine.

Chiese scusa e ringraziò. Prese su di sé tutta la responsabilità dell'insuccesso, anzi degli insuccessi. Aggiunse: "Non ce l'ho fatta". E questa è stata l'impressione ricevuta dai lettori, gran parte dei quali si limita a sfogliare leggendo i titoli e scorrendo velocemente i testi.

Ma chi ha letto o ascoltato quel discorso sa che c'era molto di più delle scuse e dei ringraziamenti. Non era affatto l'addio di chi ripiega la bandiera e se ne va. Era un discorso di rilancio del partito, che forniva ai successori la piattaforma politica e programmatica dalla quale ripartire. Quella già indicata al Lingotto dell'ottobre 2007, allora accolta da tutti, dentro e fuori del Pd come una forte discontinuità rispetto al passato ed una suggestiva apertura verso il futuro.

Veltroni ha spiegato dal suo punto di vista perché quell'inizio così promettente è poi andato declinando giorno dopo giorno. Lasciamo pure da parte la guerriglia che si è quasi subito scatenata contro di lui e sulla quale lui stesso ha avuto il buongusto di non insistere. C'è stato un suo errore caratteriale da lui stesso ammesso: la mediazione per tenere insieme a qualunque costo le varie anime del partito. Forse è meglio dire i vari pezzi del partito: laici e cattolici, socialisti e moderati, tolleranti e intransigenti, puri e duri e pragmatici.

Veltroni ha impiegato gran parte del suo tempo a cercare punti di sintesi che erano piuttosto cuciture fatte col filo grosso, con la conseguenza che quei vari pezzi e quelle varie ispirazioni e provenienze sono rimaste in piedi senza dar vita ad una cultura nuova e unitaria. Con un'aggravante: nel Sud le classi dirigenti locali, fatte alcune rare eccezioni, hanno un basso livello etico e politico, non sono gattopardi ma volpi e faine. In tutti i partiti e in tutti i clan. A destra, al centro e a sinistra. Con frequenti mutamenti di casacche secondo le convenienze del momento e del luogo.

Questo è stato l'errore di Veltroni, ammesso da lui stesso. Francamente non saprei trovarne un altro, ma questo è certamente di notevole rilievo. Il programma c'era ed è adeguato alle contingenze attuali. La linea politica c'era e anch'essa è tuttora adeguata. Le critiche politiche e programmatiche formulate da D'Alema nella sua importante intervista rilasciata l'altro giorno al nostro giornale ci sembrano prive di consistenza. Quella che è mancata è stata la leadership. Gli era stata data da tre milioni e mezzo di elettori alle primarie di quell'ottobre, ma lui non l'ha usata.

Le dimissioni sono giunte inaspettate ma hanno avuto un effetto dirompente: hanno coinvolto l'intero gruppo dirigente, quello che dentro e fuori dal Pd è stato battezzato l'oligarchia, cioè il governo di pochi. Dopo aver impiegato sedici mesi per tenerla unita, in un colpo solo le dimissioni del segretario l'hanno delegittimata e spazzata via tutta insieme. Fuori lui e fuori tutti. Il partito c'è ancora, la necessità di una forza politica riformista di sinistra esiste più che mai, ma il gruppo dirigente non c'è più, non ha più legittimazione.

Ci sono singoli individui apprezzabili per la loro onestà intellettuale, il loro coraggio, la loro biografia, utilizzabili in quanto individui. Come personale di governo, se e quando l'eventualità di un governo di centrosinistra si materializzasse. Ma non più come gruppo politico dirigente. Veltroni si è dimesso e ha dimissionato l'oligarchia. Non so se ne sia stato consapevole ma questo è ciò che è accaduto.

* * *

Ci hanno spiegato che il congresso su due piedi tecnicamente è impossibile, si farà ad ottobre come previsto. Ci hanno spiegato che anche le primarie immediate sono, se non impossibili, tecnicamente difficili, i candidati non avrebbero neppure il tempo di presentarsi ai loro elettori come avviene in tutte le primarie serie, specie per i candidati nuovi, cioè non provenienti dal vecchio gruppo dirigente.

Ma c'è soprattutto una ragione politica che ha sconsigliato le primarie immediate. Per almeno un mese il partito avrebbe dovuto ripiegarsi su se stesso e un altro mese sarebbe poi passato per insediare il nuovo segretario. Significa che fino a maggio il partito sarebbe di fatto stato senza una guida e quindi in piena anarchia.

Nel frattempo la vita politica e parlamentare proseguirà, sarà necessario decidere come fronteggiare la crisi economica che proprio tra marzo e maggio raggiungerà il suo culmine, quale sarà l'atteggiamento del Pd sui temi della sicurezza, della riforma della giustizia, del testamento biologico, del referendum; bisognerà designare migliaia di candidati alle elezioni amministrative e formare le liste per le elezioni europee, organizzare la campagna elettorale che culminerà nell'"election day" del 6 giugno.

Un lavoro immane, impossibile da svolgere con un partito privo di fatto di guida politica. Era pensabile una soluzione di questo genere? O si trattava di un "cupio dissolvi" verso il quale il cosiddetto popolo di sinistra poteva precipitare? Bertinotti ha ravvisato un parallelismo tra la crisi che ha già dissolto la sua sinistra e quella che si profilava nella sinistra riformista. La previsione è stata per fortuna scongiurata dai riformisti e la ragione ha prevalso su precarie emotività.

Così è avvenuto con il voto dell'assemblea che a larghissima maggioranza ha scelto la soluzione Franceschini per colmare il vuoto lasciato dalle dimissioni di Veltroni. È una scelta di continuità oppure di rottura rispetto alla fase conclusa l'altro ieri?

* * *

Il nuovo segretario proviene dall'ala cattolica del Pd, è stato fin qui il numero due del partito condividendo con Veltroni la linea politica e la gestione. Tuttavia il suo discorso all'assemblea di ieri non è stato di continuità ma di rottura. Si è impegnato ad azzerare tutti gli incarichi al centro e alla periferia. Ha preso una posizione decisamente laica sul tema scottante del testamento biologico.

Per lui questa scelta non è inconsueta: fu il promotore e il primo firmatario del documento pubblicato un anno fa, sottoscritto dalla quasi unanimità dell'ala cattolica impegnata nel Pd, che rivendicava la piena autonomia delle scelte rispetto alla precettistica della gerarchia ecclesiastica. Una linea che cominciò da De Gasperi e proseguì fino ad Aldo Moro e poi a De Mita. Del resto nessuno meglio di un cattolico democratico può accollarsi la responsabilità di difendere la laicità dello Stato, la libertà dei cittadini e la loro eguaglianza di fronte alla legge anche se sostenendo questi principi ci si discosta dalle posizioni dei Vescovi e del Vaticano.

Vedremo in che modo il nuovo segretario adempirà agli impegni presi di fronte all'assemblea che lo ha eletto. Dovrà servirsi della sua oggettiva debolezza politica per farne una forza. Se ci riuscirà avrà come premio il merito di consegnare al futuro congresso un partito che ha superato una "tempesta perfetta" senza implodere nell'anarchia e nello sconforto. Questo è il suo compito ma per svolgerlo avrà bisogno del sostegno della base, soprattutto dei nuovi dirigenti che dovrebbero emergere durante questi mesi di procellosa navigazione.

* * *

Nel frattempo Casini è uscito dal fortilizio che ha difeso finora con tenace volontà e si è lanciato in una guerra di movimento. La situazione dal suo punto di vista gli è favorevole dopo il successo in Sardegna della sua lista apparentata con Berlusconi. Il Pd è in crisi e una parte dell'ala cattolica propugna da tempo un'alleanza con l'Udc non escludendo una possibile scissione.

Ma tra il dire e il fare ci sono tuttavia molti ostacoli. Il primo sta nel fatto che Casini non ha alcun interesse a stipulare un'alleanza nazionale col Pd, che è pur sempre un partito con un seguito molto più numeroso del suo. Alleanze locali laddove siano vincenti sì, ma un patto di unità d'azione nazionale certamente no.

L'obiettivo di Casini è di fare un grande partito centrista che assembli i moderati del Pd e i liberali del Pdl. Grande rispetto all'attuale Udc che ottiene il 10 per cento nei luoghi in cui si allea con Berlusconi ma ritorna al suo 5-6 quando va da sola. L'obiettivo di Casini dovrebbe portare il suo partito di centro verso un consenso a due cifre, oltre il 10 per cento, in una forchetta da lui auspicata tra il 12 e il 15. Il modello che ha in mente è quello di Kadima, il partito israeliano fondato da Sharon e ora guidato da Tzipi Livni, che ha frantumato il Labour ed ha ottenuto alle recentissime elezioni una discreta affermazione in un quadro che registra un massiccio spostamento verso la destra e l'estrema destra dell'opinione pubblica di quel paese, con alcune punte dichiaratamente razziste.

Il quadro politico italiano non è paragonabile a quello di Israele, tuttavia il riferimento a Kadima lo fanno esplicitamente Casini e Buttiglione. Qualche ragione ci sarà. Lo schema mentale di Casini è quello d'un partito di centro cattolico, moderato e liberale che alimenti il cosiddetto regime dei due forni e cioè tre partiti sulla scacchiera, uno a destra, l'altro a sinistra un terzo al centro e quest'ultimo come ago della bilancia che decida quando e con chi di volta in volta allearsi. Non a caso questo schema, quest'ipotesi di lavoro è sostenuta da gran parte dei "media" che danno voce a interessi forti la cui moneta è rappresentata dallo scambio dei favori e dalla reciproca protezione.

Nei mesi che ci stanno alle spalle abbiamo assistito ad una campagna di delegittimazione sistematica nei confronti di Veltroni e del Pd, rei di non piegarsi a sufficienza alla connivenza con il centro e con la destra. Veltroni ha commesso un errore e l'abbiamo già indicato, ma ha resistito a quella pressione che però ha infine raggiunto l'obiettivo che perseguiva ottenendo il suo ritiro. Non è tuttavia riuscita a far implodere il Partito democratico e personalmente mi auguro che non ci riuscirà.

La politica dei due forni d'altra parte è irrealizzabile per una decisiva ragione. Essa presuppone che i due forni, cioè i due piatti della bilancia, siano solidi e di forza equivalente. Quello di destra è in realtà fortissimo, almeno fino a quando il populismo di Berlusconi farà presa sulla maggioranza degli elettori. Quello di sinistra è fragile, alla ricerca di una identità nuova che superi le storie antiche e ormai inservibili. Senza una sinistra salda non esiste l'ago della bilancia perché non esiste la bilancia. Ci sarebbe soltanto un centro aggregabile alla destra o relegato al margine della scacchiera. La sinistra scomparirebbe in una palude di sabbie mobili lasciando senza rappresentanza politica una massa di ceti sociali privi di poteri di negoziazione e inchiodati ad un rapporto perverso tra padroni e servi. Con una regressione sempre più rapida della Chiesa verso un ruolo lobbistico colluso con un governo di atei devoti.

Con l'elezione del nuovo segretario del Pd comincia l'ultimo atto di un percorso accidentato ma forse più consapevole e più partecipato. È auspicabile per la democrazia italiana che da qui si riparta con nuova lena e intatte speranze.

(22 febbraio 2009)
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Re: Franceschini segretario.

Messaggioda pierodm il 22/02/2009, 19:23

Atto primo.
Finalmente Franceschini.
Uno che non è di sinistra: almeno la smettono di agitarsi i "moderati".

Atto secondo.
Franceschini non si è nemmeno seduto sulla sedia, hanno fatto appena in tempo a dire che "non è timido come sembra, ma è uno con le palle", che già almeno una di queste palle gliele stanno segando: ha fatto male a parlare di Berlusconi, non è da "grande partito moderato".
Incidentalmente, veniamo a sapere che nominare e attaccare il presidente del consiglio significa fare degli "attacchi personali", mentre sarebbe più opportuno attaccare il "berlusconismo".
E se in un giorno lontano il premier fosse Fini, che si fa, visto che non dispone di un "finismo"?
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Re: Franceschini segretario.

Messaggioda borghinolivorno il 22/02/2009, 20:41

Spillo/I democratici incerti

L’assemblea costituente nazionale del PD ha perso una occasione storica negando massicciamente il sostegno alla proposta primarie-congresso entro il 19 aprile, proposta in grado di mettere in mano agli elettori democratici le sorti del loro partito.
Ha poi riperso una occasione limitandosi a scegliere il nuovo segretario del PD tra Franceschini e Parisi, incurante dei tanti cavalli di razza che si preparano al Congresso di ottobre con tanto di fans e patron.
Da qui la debolezza di una operazione politica “a tempo” che ha visto insieme chi ha affossato Veltroni, chi pensa ad altro (costituenti nuove o cose nuove o proprie candidature alla segretaria), e di onesti difensori del salviamo il salvabile, che si associa ad un crescente indebolimento elettorale del partito e alla esplosione di continue difficoltà politiche ed organizzative a cui questa stessa operazione è ben difficile che possa fare fronte (ed evidentemente nonostante l’impegno che ci metterà il nuovo segretario).
Gli elettori ce la faranno pagare (anzi già ce la fanno pagare), Berlusconi ringrazia sfottendo ad ogni passo, da qui a ottobre la strada del PD è fin troppo lunga e incerta.
Le Democratiche e i Democratici “senza se’ e senza ma” che vedono le loro belle e buone intenzioni messe in minoranza se vogliono continuare nelle loro fatiche politiche devono cercare di contare di più e meglio in ogni luogo in cui operano e in cui riescono ad affrontare i passaggi che il PD e l’Italia hanno davanti.

Paolo borghi 22-02-2009 x www.libertaeguale.eu
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Re: Franceschini segretario.

Messaggioda mario il 22/02/2009, 23:15

Aridatece er puzzone
Forse si stava davvero meglio quando si stava peggio. Perché i primi passi di Franceschini alla guida (?) del PD inducono subito un sentimento di nostalgia per la versione originale prematuramente e provvisoriamente accantonata. Passi per l’affermazione secondo cui le dimissioni di Veltroni sarebbero “un atto d’amore” (no, l’amore no!). Passi anche per l’inverosimile proposito di “decidere da solo” (con quale investitura? con quale potere?). Quello che non può passare è che un segretario a tempo faccia giuramento sulla Costituzione repubblicana. Esattamente, quale impegno avrebbe preso dinanzi alla Costituzione? Condurre il PD al congresso di ottobre? Tenere in piedi la casa durante la tempesta? Basta forse questo mandato di transizione per appoggiarsi alla Costituzione? Non immagina il Franceschini che il suo annuncio concorra invece a logorare il testo fondamentale? E non pensa che da domani possiamo ritenerci tutti autorizzati a giurare sulla Costituzione qualunque cosa ci venga in mente? Chessò, l’assumere più vitamine o il fumare meno. Forse no. Non lo immagina, non lo pensa.

dal sito di andrearomano.ilcannocchiale .it
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