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“Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

“Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda mariok il 04/02/2017, 11:02

Letteralmente tradotto come “Giorgio se ne vuole andare e il Vescovo lo vuole mandare“.

Si dice quando due persone vogliono la stessa cosa, ma nessuno fa il primo passo e quindi tutto resta uguale.

Dietro questo detto si cela una antica storiella partenopea che narra di un certo Giorgio, ricco mercante, che decise di lasciare la sua terra d’origine, abbandonando il luogo natio perché i suoi affari non andavano più bene come una volta.

La gente del paese preoccupata lo minacciò di chiedere l’intercessione del Vescovo: “Lo diremo al vescovo, e vedrai che ti farà sequestrare tutta la mercanzìa, e diventerai povero come noi!“.

La voce popolare raggiunse il Vescovo che interrogò i suoi consiglieri: “Dunque, Giorgio vuol andarsene?” e dopo avergli raccontato il “misfatto” il Vescovo continuò: “Giorgio è incapace di amare. Per questo se ne vuole andare. E avrà sempre paura, per tutta la sua vita, perchè amerà solo i ducati che la terra, qualsivoglia terra, sarà in grado di dargli. Ora, poichè la nostra terra non gli dà più ricchezza, ecco che vuole andar via. E continuerà ad andar via, perché non c’è terra al mondo capace di dare sempre ricchezze. Che se ne vada, giacché vuol andarsene!“.

Così da quel preciso istante in paese tutti vennero a sapere che Giorgio “se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà!

La storiella termina qui, lasciandoci però un arcano:

ma Giorgio se ne andò davvero? :lol: :lol: :lol:


POLITICA ECONOMICA

Merkel a Malta: «L’Europa può avere un futuro a diverse velocità»
La Cancelliera: non tutti devono partecipare a tutte le tappe dell’integrazione.
Giovedì incontro a Berlino con Draghi. Il premier Gentiloni sulla lettera Ue: sono fiducioso sul negoziato con Bruxelles
di Danilo Taino, corrispondente da Berlino

Angela Merkel vorrebbe che la realtà dell’Europa a due velocità fosse messa nella «dichiarazione di Roma». Cioè nel documento che dovrebbe uscire il 25 marzo dal vertice che la Ue terrà in Italia per celebrare i sessant’anni del trattato fondante della Comunità europea diventata poi Unione. Una presa d’atto di ciò che già è ma che potrebbe dare una dimensione del tutto nuova al percorso che il continente compirà nei prossimi anni. La questione sarebbe stata discussa e presa in considerazione anche da altri capi di governo ieri, durante il summit europeo di Malta. «Abbiamo imparato dalla storia degli ultimi anni — ha detto ieri sera la cancelliera tedesca al termine vertice — che ci potrebbe essere un’Europa a differenti velocità e che non tutti parteciperanno ai vari passi dell’integrazione europea».
Nella dichiarazione di Roma si dovrebbero tracciare le linee sulle quali si muoveranno la Ue e l’Eurozona per rispondere alle crisi molteplici dei debiti pubblici, della Brexit, delle migrazioni, della crisi con la Russia sull’Ucraina, delle sfide alzate dalla nuova Amministrazione Trump in America. Serve un’Europa nuova, più forte e più realista su quanto può fare. E per questo — sembra il pensiero nuovo di Frau Merkel — occorre realisticamente sapere, soprattutto dopo la Brexit, che tutti i 27 membri non andranno avanti con lo stesso passo. D’altra parte questa è già una realtà. Non tutti i 27 (il Regno Unito è in uscita) fanno parte dell’eurozona, non tutti partecipano all’area di Schengen (oggi in crisi), non tutti hanno gli stessi obiettivi, per esempio sulla tassazione delle operazioni finanziarie. Passare dal dato di fatto alla presa d’atto formale, scritta in una dichiarazione che impegna, è però un salto non da poco. È l’affermazione di un cambio di stagione nella Ue del quale è difficile prevedere le conseguenze di lungo periodo, cioè cosa cambierà nei rapporti tra i partner. Un realismo per cercare di controllare le forze centrifughe oggi in atto, per dare a ogni singolo Paese la possibilità di essere nella Ue ma nello stesso tempo dare risposte nazionali ai propri cittadini. L’idea ha i suoi rischi. Una volta aperta formalmente la porta alle diverse velocità, cioè affermato che ognuno può scegliere il suo grado d’integrazione, il pericolo è che la frammentazione prevalga, che ognuno si senta legittimato a fare scelte solo nazionali, senza più vincoli. D’altra parte — pensa la cancelliera — l’Europa non può essere un obbligo: funziona solo se è una scelta. La proposta di Merkel è il segno della fase difficilissima che l’Europa ha di fronte: mai così sola, fustigata da crisi multiple e soprattutto con il dubbio che l’alleato storico americano abbia ancora voglia di stare al suo fianco.
Di queste cose, Merkel discuterà con il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi che la incontrerà a Berlino giovedì prossimo — ha fatto sapere ieri un portavoce del governo tedesco —: parleranno di questioni che riguardano l’area euro. Probabilmente, delle crisi del momento: quella strisciante con la Washington di Donald Trump orientata a un protezionismo commerciale e valutario, e quella che potrebbe profilarsi all’orizzonte in Italia. Entrambi sono preoccupati e sanno che in questo momento una crisi di fiducia dei mercati nell’Italia sarebbe devastante. La vogliono evitare. Ieri, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha detto di non credere che si vada verso una procedura d’infrazione contro l’Italia da parte della Ue: «Siamo circondati da Paesi in procedura d’infrazione, sono quasi la maggioranza, ma non credo che l’Italia corra questo rischio», ha detto senza precisare quali siano i Paesi a cui si riferiva. Il premier è certo che la trattativa tra Roma e Bruxelles sui conti italiani avrà un «esito positivo». Tanto Merkel quanto Draghi sanno, però, che a Roma la situazione è delicata. È che il mondo sta sobbalzando: la cancelliera cerca risposte. E ha bisogno anche del sostegno dell’altro leader europeo di oggi, Mario Draghi.
3 febbraio 2017 (modifica il 3 febbraio 2017 | 23:19)
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda Robyn il 04/02/2017, 14:04

Io non mi preoccuperei molto della ragazza della casa della prateria cioè di haidi piccola tenera e con un cuore cosi ma penserei a fare tutte le riforme strutturali necessarie e non mi preoccuperei neanche di pensare a sforare il 3%.Angela Merkel dice di volere l'Europa a due velocità perche in campagna elettorale.L'europa a due velocità può significare comprare un chilo di pane con mille euromediterannei
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda pianogrande il 04/02/2017, 14:18

Certo che se facciamo "tutte le riforme necessarie" chi vuoi che ci venga a rompere l'anima?

Il rimedio di ogni malattia, comprese quelle gravissime, è e sempre sarà quello di guarire.
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda mariok il 04/02/2017, 14:42

pianogrande ha scritto:Certo che se facciamo "tutte le riforme necessarie" chi vuoi che ci venga a rompere l'anima?

Il rimedio di ogni malattia, comprese quelle gravissime, è e sempre sarà quello di guarire.


Già, ma se qualcuno, mentre noi blateriamo, mette le cose in modo che chi se ne vuole andare può farlo perché non c'è nessuno che lo trattenga, fa una grande operazione: toglie gli alibi a chi, incapace di fare quello che c'è da fare, se la prende con chi gli impedirebbe di andarsene.

Così da quel preciso istante in paese tutti vennero a sapere che Giorgio “se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà!

Almeno così Giorgio finisce di lamentarsi e di ricattare.

Ancora una volta: Chapeau alla Merkel!
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda ranvit il 04/02/2017, 16:16

Ancora una volta: Chapeau alla Merkel!




Intanto vediamo nel dettaglio cosa intende.... 8-)

Io dei tedeschi non mi fido mai....s'inventeranno qualche altra inculata...prepariamo la vasellina....
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda pianogrande il 04/02/2017, 16:35

Facevo solo una battutina (magari anche scema) sull'affermazione di Robyn.

Per quanto riguarda quello che dice Mariok, d'accordo di principio ma con i piedi per terra rispetto al fatto che chi decide di uscire (di passare nella serie B) non è affatto detto sia chi poi deve far fronte alla nuova situazione.

Se comunque poi fallisce (e in questo paese capita) cosa gli facciamo?
Gli chiediamo i danni?

Usciamo dall'ombrello dell'Europa e dell'Euro per andare in mano a qualche "bambolina"?

Questo aspetto mi fa veramente paura e, in caso di differenziazione tra gli stati membri, io spero che noi restiamo coi tedeschi dei quali (Ranvit spero che mi perdoni) mi fido molto ma molto di più che degli italiani.

Se dovessi tornare completamente in mano all'imprenditoria e alla politica all'italiana, più che la vaselina credo sarebbero più efficaci particolari indumenti metallici che... ci siamo capiti.
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda Robyn il 04/02/2017, 18:12

Il problema è che con un'europa mediterranea ci metteremmo a stampare e a inniettare liquidità nel mercato e l'inflazione tornerebbe a correre e i redditi ne subirebbero una caduta potremmo tornare alla scala mobile.A parte questo dovremmo essere neutrali ed indifferenti rispetto a questo scenario e fare le riforme necessarie senza andare a bruxelles a chiedere di sforare il 3%.Le riforme strutturali da fare si possono fare in modo che siano indolori.Ad ex pensiamo al ricalcolo contributivo in cui la parte che manca può essere restituita attraverso interessi di un'azione acquistata oppure con l'Api.Cambiare alcune parti del job act in modo che la flessibilità non diventi precarietà rimodellare il welfare unificando le varie prestazioni che sono adesso frammentate e indrodurre rmg e welfare familiare contrastare l'evasione al fine di diminuire l'Irpef recuperare l'IVA ma la cosa più importante da cui partire è la diminuzione del cuneo fiscale per il lavoro indeterminato.Fare la riforma della giustizia liberalizzare quello che si può liberalizzare tagliare la spesa superflua in modo da destinarla agli investimenti nella Pa e alle infrstrutture,diminuire drasticamente la burocrazia sviluppare il solare e il fotovoltaico per ridurre il costo dell'energia delle aziende sviluppare di più l'economia del materiale biodegradabile in sintesi più ambiente più ricerca.Separare banche commerciali e di investimento fare la riforma dei media con limite al possesso azionario e autorità cieca.Fare la riforma Rai TV per renderla libera dai partiti e dal governo e anziche pagare il canone acquistato come una ricarica di cellulare
Ultima modifica di Robyn il 04/02/2017, 18:54, modificato 1 volta in totale.
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda pianogrande il 04/02/2017, 18:28

Ma se fossimo così bravi a fare le riforme non ci sarebbe mica problema con l'Unione Europea.

Figuriamoci se la classe politica e imprenditoriale che ci ritroviamo si butterebbe a pesce a fare riforme utili una volta che non c'è più il gatto.

La demenziale "lira pesante" di Bettino me la ricordo ancora.

Viaggiavamo al 18 % di inflazione e si cercava già il rimedio puramente grafico per non andare in giro con la carriola dei dané come facevano i tedeschi della repubblica di Weimar.

Uscire dall'Europa per riuscire a fare il bene del paese.

Non mi fa neanche ridere.
Mi fa solo incazzare.
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda Robyn il 04/02/2017, 18:47

taliano tu fare riforme strutturali ya?
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Re: “Giorgio se ne vò jì e ‘o vescovo ne ‘o vò mannà“

Messaggioda ranvit il 05/02/2017, 8:40

Roberto Sommella
Direttore Relazioni Esterne Antitrust, fondatore de La Nuova Europa

Nemmeno il più inguaribile degli ottimisti della Lega ai suoi albori avrebbe potuto immaginare quello sta accadendo oggi. La secessione, quel motto infausto di ribellione invocato per anni da Umberto Bossi, sta finalmente realizzandosi. Solo che a dividersi non è l'Italia, ma l'Europa.

Angela Merkel, con la sua candida uscita di voler mettere i puntini sulle ''i'' dei Trattati, proprio in occasione dei festeggiamenti per i 60 anni di quello di Roma, sta traendo le conseguenze di un piano deliberato che ha preso le mosse nel 2010, quando per non dare alla Grecia una quarantina di miliardi, si è finiti per concederne oltre 200 in più rate. Tutto per salvare le banche tedesche, impelagate fino al collo con i redditizi e pericolosi bond ellenici, senza far pagare dazio a Berlino, bensì alla collettività europea.

Oggi, a sette anni da quella data sciagurata, che ha segnato anche l'inizio delle turbolenze sui mercati nei confronti dell'Italia, la Cancelliera scopre che in fondo dall'euro si può scendere come se fosse un taxi. Da Berlino ad Helsinki fino a Vienna, passando da Parigi (solo un ingenuo può pensare che in questo piano non ci siano anche i francesi), l'Unione Europea di serie A; da Milano in giù, l'Unione di serie B, con l'Italia a guidare il campionato cadetto del debito.

Sono stati troppi i segnali negli ultimi mesi per non capire che la secessione europea era il vero obiettivo tedesco. Prima la Brexit, che in teoria dovrebbe favorire la piazza finanziaria di Francoforte, ma blocca le fiorenti esportazioni dei lander verso l'Inghilterra; poi l'uscita del saggio della Merkel, Roland Berger, che ha annunciato candidamente la convenienza per il suo paese ad uscire addirittura dalla moneta unica; infine gli studiati calcoli degli imprenditori teutonici che non sopportano più la politica monetaria lassista (per loro) della Banca Centrale Europea, nel tenere bassi i tassi d'interesse, agevolando in questo modo i paesi ad alto debito (quelli dell'euro di serie B, Italia, Grecia, Spagna e Portogallo), mettendo però a rischio i risparmi e i conti delle assicurazioni tedesche.

La Germania ha svoltato ormai, dall'euro ha avuto quello che desiderava: un cambio fotocopia del marco, flussi di capitale dai paesi deboli verso Berlino - solo dall'Italia, se essa uscisse dall'euro oggi il conto sarebbe di 350 miliardi a favore dei tedeschi - rigidità di bilancio, nessuna condivisione del debito, maxi surplus di esportazioni, non sanzionato da Bruxelles ne' compensato dall'aumento dei consumi interni.

L'Unione a 27 è un canotto bucato, ma non ci si deve illudere che la proposta di Angela a Malta sia legata al desiderio di chiudere l'Eurozona ai paesi che sono rimasti fuori dall'Unione monetaria. Questa separazione tra Est e Ovest è un dato di fatto e nessun paese del blocco di Visegrad penserà mai di entrare nella moneta unica. La strategia del ragno tedesca è quella di tirare una linea Sigfrido tra i paesi a basso debito e quelli ad alto debito, tra Europa del Nord ed Europa del Sud.

Il governo di Paolo Gentiloni, che già prende fin troppo sul serio i diktat della Commissione Ue a trazione tedesca e che alla fine condurrà il paese ad elezioni solo quando vorrà la Germania, deve rendersi conto che senza una correzione di rotta nei rapporti tra Berlino e Roma, quest'ultima si troverà fuori dai giochi europei e gli resteranno solo le manifestazioni retoriche ed inutili del prossimo 25 marzo. A salvarsi resterà l'unica città europea che ha nel suo dna il risorgimento di ideali e di civiltà: Milano. Troppo poco e troppo offensivo per milioni di italiani e di piccole imprese che meritano rispetto e molto di più di una retrocessione negli equilibri istituzionali europei.

http://www.huffingtonpost.it/roberto-so ... _ref=italy
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