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Chi vuole in realtà le grandi intese?

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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda Robyn il 05/10/2016, 21:31

Il divieto del vincolo di mandato dipende dal fatto che un parlamentare può rendersi libero se il suo partito di riferimento fà scelte in contrasto palese al bene comune ad esempio con leggi contro la libertà e questo può avvenire anche nei primi mesi del suo mandato e disvincolarsi non è legato al programma di governo,per cui mai e poi mai il vincolo di mandato.I cambi di partito si evitano se si elegge il deputato a suffragio universale e diretto.Se fà un cambio dovrà spiegare questo cambio agli elettori che lo hanno eletto delegandolo,alle successive elezioni
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda diffidente il 05/10/2016, 23:09

Se proprio vogliamo vedere le cose da "ragionieri" , oggi ci sono delle farragginosità nel processo legislativo per quanto riguarda i DDL di iniziativa parlamentare, ed ancora di piu' per quelli di iniziativa popolare che, anzi, quasi mai vengono discussi. I Decreti-Legge e le Leggi-Delega al Governo procedono, invece, abbastanza spediti, tanto é vero che il Parlamento sforna decine e decine di leggi all'anno. Non mi sembra dunque motivato il grido di dolore di chi dice che la riforma-Renzi é necessaria per sveltire l'iter legislativo, il quale,per le leggi ritenute urgenti, é tutto sommato rapido.
Bisogna anche dire che da diversi anni il Parlamento non é piu' il motore della politica le iniziative sono quasi tutte o direttamente dell'Esecutivo o da questo sponsorizzate e "fatte presentare" da parlamentari amici, sono pochissimi gli esempi di DDL scritti autonomamente da parlamentari, senza imbeccate o correzioni provenienti dall'Esecutivo, che abbiano avuto un vero impatto sulla situazione generale. Il Parlamento oramai é un grosso ufficio che vota SI NO a seconda d quello che il leader di partito dice di fare.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda pianogrande il 05/10/2016, 23:36

E' abbastanza normale che i partiti votino compatti e questo non dovrebbe scandalizzare nessuno.
Direi che, rispetto al passato, questa compattezza si va piuttosto perdendo perché non mi sembra che i salti della quaglia fossero così numerosi in passato.

Il vincolo di mandato, comunque lo si voglia vedere, non potrebbe mai essere un obbligo a votare quello che il partito decide perché allora basterebbe mandare in parlamento i rappresentanti del partito o i capigruppo; come avrebbe voluto Berlusconi.

La libertà di voto si potrebbe quindi esercitare anche restando nello stesso partito e nello stesso gruppo parlamentare.

Il problema, quindi, ridiventa sempre la selezione della classe politica e quella, nel nostro paese, è davvero un disastro.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda Robyn il 07/10/2016, 16:25

Orfini presenta l'Italikos
90 seggi di premio alla prima lista e poi via il ballottaggio
Il ballottaggio?Spiega Orfini che si presta al presidenzialismo <Sono d'accordo>
Le preferenze non sono il sol dell'avvenire quindi bene i collegi afferma Orfini
E pari pari la legge elettorale della min dem che è una legge buona,
l'importante è non farsi accorgere
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda Agora il 08/10/2016, 6:23

Ovviamente il vincolo di mandato rimane inteso come rispetto della volontà popolare quale appartenenza ad una lista o gruppo politico non certo obbligo di voto potendo sempre esserci il voto contrario al proprio gruppo parlamentare che dà anche diritto alla parola nel Parlamente; per cui tornando sul rispetto del corpo elettorale si potrà pensare a qualche strumento con forza legislativa e non regolamentare che serva ad "riappacificare" il vulnerabile tra popolo ed eletto che giace alla base delle difficoltà di non riuscire più a portare alle urne qualcosa come i due terzi degli aventi diritto che farebbe sentire il fiato sul collo ai nostri rappresentanti e non solo; su Orfini poi direi che la k la lasci stare data la tradizione passata del suo utilizzo, però notando che l'attenzione ai collegi va nella direzione di accorciare la catena dove però mi sembra che solo il ballottaggio possa dare all'eletto la rappresentanza piena della circoscrizione con gli scontati rischi di nascita di capipopolo che la citata selezione dovrà anche legislativamente garantire.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda flaviomob il 08/10/2016, 9:44

Per Scalfari:

Caratteristica della oligarchia è l’esclusione di notevole parte dei liberi, spesso la maggioranza, dal pieno godimento dei diritti politici e la menomazione conseguente della dignità individuale, dei diritti e della libertà stessa degli esclusi dal potere


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda pianogrande il 08/10/2016, 12:17

flaviomob ha scritto:Per Scalfari:

Caratteristica della oligarchia è l’esclusione di notevole parte dei liberi, spesso la maggioranza, dal pieno godimento dei diritti politici e la menomazione conseguente della dignità individuale, dei diritti e della libertà stessa degli esclusi dal potere


Adesso però si rischia di scambiare la definizione di oligarchia con la realtà italiana.

Insomma mi sembra il caso di precisare che approfondendo si arriva a capire cosa volesse dire Scalfari ma non se questo corrisponda o no alla realtà.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda mariok il 11/10/2016, 9:29

Fabrizio Rondolino @frondolino · 10 ottobre 2016
Bersani vuole far cadere il governo, del resto non gli importa

Continuerà lui la lunga storia dei conflitti devastanti a sinistra?

Pier Luigi Bersani vuole la caduta del governo. Del merito della riforma costituzionale gli importa poco e nulla (l’ha infatti personalmente votata tre volte nel corso di un dibattito durato oltre due anni che ha visto 4500 interventi in aula, 5600 votazioni fra Camera e Senato, 83 milioni di emendamenti presentati, 122 modifiche accolte).

Della riforma dell’Italicum gli importa ancor meno: non appena Renzi si è dichiarato disponibile, cogliendo la richiesta della minoranza, ha dichiarato che “non mi si può raccontare che gli asini volano”.

A Bersani importa soltanto la caduta del governo guidato dal segretario del suo partito. Per raggiungere questo obiettivo, ha deciso di unire le sue (poche) forze a quelle del Movimento 5 stelle – definito in un’intervista a Floris “un movimento di centro” –, della Lega Nord, dell’ala oltranzista di Forza Italia, e di altre formazioni minori di estrema destra e di estrema sinistra.

Bersani sa benissimo, come tutti, che una vittoria del No al referendum del 4 dicembre aprirebbe immediatamente una crisi di governo: potrà anche continuare a ripetere la sua fiera contrarietà al sistema di elezione dei senatori – un tema senz’altro appassionante e centrale per il futuro del Paese –, ma è politico troppo navigato per ignorare le conseguenze più generali del voto referendario.

Abbattere il proprio leader è una pratica comune nella sinistra della Seconda repubblica, ed è fra le cause principali – insieme al giustizialismo – della sua disgregazione morale, prima che politica e culturale.

Nel 1999 Bertinotti fece cadere il primo governo di centrosinistra della storia, mandando a casa Prodi. Due anni dopo Veltroni scavò la fossa al governo D’Alema accordandosi con Fini e Berlusconi per l’elezione di Ciampi al Quirinale. Amato sostituì D’Alema, ma per la campagna elettorale i partiti della coalizione preferirono schierare Rutelli, salvo poi archiviarne la leadeship dopo la sconfitta. Nel 2006 il centrosinistra implorò Prodi di prenderne nuovamente la guida: ma appena due anni dopo l’annuncio di Veltroni che il nuovo Pd non si sarebbe mai più alleato con nessuno aprì la strada alla crisi di governo e al ritorno di Berlusconi. L’anno dopo è Veltroni a dover fare le valigie dopo aver subito una guerriglia interna estenuante: “Spesso – Veltroni è noto per la delicatezza del tocco – mi sono trovato i bastoni tra le ruote”. E così via fino allo stesso Bersani, affondato nella cruenta battaglia per il Quirinale dal voto decisivo dei dalemiani e degli ex popolari che si rifiutarono di votare Prodi (il quale dunque vanta il record di una triplice eliminazione per mano dei suoi compagni).

Di questa storia raccapricciante Bersani vuole oggi scrivere l’ultimo capitolo, sfruttando l’onda d’urto della destra grillina e leghista per affondare Renzi e il suo governo.

E’ una scelta politica legittima – sarebbe anche dignitosa se venisse dichiarata e motivata pubblicamente – che tuttavia avrà delle conseguenze politiche: un governo tecnico o istituzionale o “di scopo”, la preoccupata attenzione di Bruxelles e dei mercati, una riforma elettorale proporzionale, nuove elezioni senza alcun vincitore e, nella migliore delle ipotesi, un esecutivo di “larghe intese” Pd-Forza Italia a tempo indeterminato.

Gli elettori del Pd non meritano questo esito. E’ tempo che il segretario del partito ne difenda i diritti, le speranze, le attese, l’impegno. E’ tempo che il Pd difenda se stesso.
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda pianogrande il 11/10/2016, 10:09

E' difficile che il PD riesca a difendersi dal PD.

D'altra parte, l'odore di proporzionale che ormai aleggia sulla politica italiana non fa che rinfocolare la voglia di separazioni per ricavarsi un simbolo e qualche frazione di percentuale.

Questo dà accesso a finanziamenti e mercanteggiamenti di voto col povero futuro governo che dovrà fare leggi pasticciate per poi essere accusato di fare leggi pasticciate dai suoi stessi compagni di strada.

Saremo mai un paese meno furbesco e più pulito?

Mi sa che ci vorranno ancora varie generazioni.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda Agora il 12/10/2016, 17:54

La tesi di Rondolino risulta interessante e anche condivisibile quanto pure difesa d'ufficio, tuttavia potrebbe esserci un'altra sottile lettura che si può definire rispettosamente "democristiana" che rende la posizione di Bersani più realista del re; infatti asserendo che un NO del 4 dicembre aprirebbe la strada del Colle a Renzi che si troverebbe costretto all'atto delle dimissioni non tanto dal risultato in se' ma dal presupposto di essere sempre un nominato ex post e quindi necessitato al vaglio Presidenziale figlio di un programma di riforme costituzionali ormai monche, dicevo appunto asserendo questo non può immaginarsi che tale prospettiva sia sfuggita al PD nella sua dinamica partitica che se accetta il rischio di perdere il suo Premier e azzoppare il proprio segretario non si chiuderebbe per questo in un vicolo cieco dove a perdere sarebbe il PD stesso tanto da precipitare al vaglio elettorale in una posizione di sconfitta annunciata lasciando al Presidente pochissima manovrabilità politica anche per un incarico "tecnico" ad un Padoan o Draghi che fosse sotto una nuova ondata di aggressione europea ai nostri conti non più sostenuti dal giovane riformatore; insomma a ben vedere mi sembra che la mossa di Bersani sia più a difesa del PD e del governo inteso come governance del paese che altro fatto salvo lo scalpo di Matteo.
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