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Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda Stevin il 11/02/2009, 22:45

Paolo65 ha scritto:La notizia più importante è che difficilmente rivedremo Hamas ricominciare insistentemente con i razzi, dopo la reazione israeliana.
Non credo che la popolazione di Gaza accetterebbe di nuovo di stare sotto assedio e veder morire la propria gente a causa del fondamentalismo di Hamas.
Il detto "non tutto il male vien per nuocere" potrebbe essere utilizzato in questa vicenda.
Forse abbiamo assistito all'ultimo atto di grande violenza, che potrebbe aprire finalmente la strada del dialogo tra israeliani e palestinesi, per una futura civile convivenza.
Tutto il resto, per quanto tragico sia, passa in secondo ordine.

Paolo


Per fortuna dalle elezioni emergono volti nuovi, che vogliono perseguire la strada del dialogo auspicata da Paolo ...

Buona lettura.

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(http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... e&sid=5579)

SE NON E' FASCISMO ALLORA CHE COS'E'?

DI KHALED AMAYREH
Al-Ahram Weakly

Senza censura una crescente corrente della politica israeliana chiede lo sterminio dei Palestinesi

Da Repubblica, 11 Febbraio: Israele, estrema destra decisiva. Kadima e Likud reclamano la vittoria. Exit poll: il partito di Livni e quello di Netanyahu molto vicini: 30 seggi a 28. Terza forza quella di Lieberman: ora sceglierà chi appoggiare.

Il suo nome è Avigdor Lieberman e ci si aspetta ampiamente che sia la maggiore sorpresa delle elezioni israeliane programmate per il 10 febbraio.

Molti intellettuali israeliani indicano Lieberman come l'equivalente attuale di Meir Kahana, il defunto fondatore del gruppo terroristico Kach che invocava la pulizia etnica genocida dei non ebrei in Israele-Palestina. Kahana fu assassinato a Manhattan, New York, nel 1990, poco dopo avere pronunciato un discorso in cui chiedeva l'annichilazione ed espulsione dei palestinesi dalla "Terra di Israele".

Secondo molti sondaggi il partito di Lieberman, Yisrael Beiteinu, o "Israele è Casa Nostra", potrebbe vincere 16-17 posti alla Knesset sui 120 che compongono il Parlamento israeliano. Ciò permetterebbe a Yisrael Beiteinu di superare il Partito Laburista, guidato dal ministro della difesa Ehud Barak, e di diventare il terzo maggiore partito nel sistema politico israeliano, dopo i partiti Likud e Kadima. Il partito di Lieberman sarà probabilmente un importante partner di coalizione nel prossimo governo israeliano.

Nella foto: Avigdor Lieberman, leader del partito razzista Yisrael Beiteinu.

Yisrael Beiteinu non è un partito di politici marginali o di paria. Pochi mesi fa diversi politici di alto profilo sono entrati nel partito, tra cui l'ex ambasciatore israeliano negli Usa Danny Ayalon e Uzi Landau, un ex ministro israeliano ed importante figura del Likud per molti anni.

Alcuni osservatori si aspettano che l'amministrazione Obama e i circoli internazionali ebraici facciano pressioni su Benjamin Netanyahu, che ci si aspetta formerà il prossimo governo, perché escluda Lieberman dal governo in modo da evitare ramificazioni negative sulle relazioni con gli Stati Uniti e l'Unione Europea. Però non è certo che Netanyahu ceda a tali pressioni, dato il suo rapporto con Lieberman. Lieberman è stato il direttore generale dell'ufficio del primo ministro quando Netanyahu era premier nel 1996-1998. Egli ha poi assunto ruoli chiave, tra cui quello di vice Primo Ministro, Ministro degli Affari Strategici e Ministro delle Infrastrutture.

Lieberman è nato in Moldova, nell'ex Unione Sovietica, nel 1958. Nel 1978, all'età di vent'anni, è emigrato in Israele e ha ricevuto automaticamente la cittadinanza in base alla legge israeliana del ritorno. Oggi vive nell'insediamento di Nokdi in Cisgiordania. Buttafuori di nightclub trasformatosi in politico, Lieberman ha formato il partito Yisrael Beiteinu nel 1999 quando è stato per la prima volta eletto alla Knesset. Senza controversie le idee politiche e sociali di Lieberman possono essere descritte come razziste, persino genocide. Nelle recenti settimane è stato citato per avere suggerito che Israele utilizzi armi nucleari contro la striscia di Gaza.

Nel 2002 Lieberman chiese al governo israeliano di Ariel Sharon di bombardare a tappeto i centri abitati palestinesi in modo da costringere i palestinesi a scappare in Giordania. Il quotidiano israeliano Yediot Aharonot ha riferito che Lieberman avrebbe detto durante un incontro di governo che ai palestinesi dovrebbe essere dato un ultimatum: " alle otto di mattina bombarderemo tutti i centri commerciali... a mezzogiorno bombarderemo le loro pompe di benzina... alle due di pomeriggio bombarderemo le loro banche... mentre terremo aperti i ponti".

Nel 1998 chiese che l'Egitto venisse allagato bombardando la diga di Aswan. Nel 2001, come ministro delle infrastrutture nazionali, Lieberman propose che la Cisgiordania fosse divisa in quattro cantoni, senza alcun governo centrale palestinese e nessuna possibilità per i palestinesi di viaggiare tra i cantoni. Nel 2003 il quotidiano israeliano Haaretz riferì che Lieberman aveva chiesto che migliaia di prigionieri palestinesi detenuti da Israele venissero affogati nel Mar Morto e si offrì di fornire autobus per portarveli.

Inoltre Lieberman ha proposto che un "test di lealtà" venga applicato a quegli "arabi" che desiderano rimanere in Israele. Coloro impegnati a rendere Israele uno Stato di tutti i suoi cittadini, compresa la minoranza palestinese, sarebbero privati del loro diritto di voto. Nell'aprile 2002 Lieberman ha affermato che non c'era "nulla di non democratico nel trasferimento [forzato]".

Nel maggio 2004 Lieberman ha detto che il 90% del milione e duecentomila cittadini palestinesi di Israele dovrebbero "trovarsi una nuova entità araba" in cui vivere al di fuori dei confini di Israele. "Non c'è posto per loro qui. Possono prendere i loro bagagli e far perdere le loro tracce".

Nel maggio 2006 Lieberman chiese l'uccisione dei membri arabi del Parlamento israeliano che si erano incontrati con i membri dell'Autorità Palestinese allora guidata da Hamas.

Nei mesi recenti Lieberman ha esortato a radere al suolo Tehran se l'Iran fosse andato avanti con il suo presunto programma di armi nucleari. Egli avrebbe detto agli ascoltatori del Radio Persian Service di Israele: "Pagherete un caro prezzo; voi, buoni cittadini iraniani, pagherete per le azioni dei vostri leader".

Secondo il giornalista israeliano Gideon Samet, la crescita della stella di Lieberman in Israele non dovrebbe essere accantonata come uno sviluppo anomalo, affermando che "le idee di Lieberman stanno penetrando profondamente nella società israeliana". Samet ritiene che ci si debba aspettare che la classe politica in Israele si adatti alla realtà di Lieberman.

"Netanyahu non dirà apertamente che non siederà al governo con Lieberman. Dopotutto, tanto Kadima che il Partito Laburista sono stati al governo con lui in precedenza", ha scritto Samet su Maariv.

Nelle recenti settimane un grande numero di intellettuali israeliani, compresi presunti membri della sinistra, hanno parlato in favore dell'idea di scatenare una guerra genocida contro i palestinesi. Una personalità televisiva vicina alla sinistra, Yaron London, ha sorpreso molti durante il recente blitz a Gaza spingendo per una campagna "senza regole" contro i civili palestinesi. London ha presentato le sue idee in un articolo su Yediot Aharonot e le ha poi elaborate in una serie di interviste pubblicate sui giornali ebraici.

"E' venuto il momento di scioccare la popolazione di Gaza con azioni che sino ad oggi ci hanno nauseato--azioni come uccidere la leadership politica, causare fame e sete a Gaza, bloccare le risorse energetiche, causare ampia distruzione ed essere meno discriminanti nell'uccisione di civili. Non c'è altra scelta" ha scritto.

Rispondendo alle domande London ha ulteriormente argomentato che l'uccisione di civili era un atto giustificato. "Mi riferisco tanto alla popolazione che alla loro leadership; sono la stessa cosa perché la popolazione ha votato per Hamas. Non posso fare distinzioni tra uno che ha votato per Hamas e un leader di Hamas".

Questa mentalità chiaramente criminale non rimane senza risposta, ma sta guadagnando popolarità. L'ex presentatore televisivo Haim Yavin ha messo in guardia contro l'inclusione di Lieberman e di quelli come lui nel prossimo governo israeliano. "Kahana potrà essere morto, ma il Kahanismo è vivo e vegeto; c'è troppo 'morte agli arabi' e odio per gli arabi", ha detto Yavin durante un'intervista ad Haaretz questa settimana.

La cosa allarmante è che Yavin rappresenta una minoranza in graduale diminuzione in una società che si sta spostando velocemente verso il fascismo.

Titolo originale: "If not fascism, what is?"

Fonte: http://weekly.ahram.org.eg
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07.02.2009
Stevin
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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda Paolo65 il 12/02/2009, 10:05

Stevin,ma trovi veramente sorprendente che in Israele trovino spazio e consenso partiti sempre più radicali che sconfinano nel razzismo?

Io no, perchè si tratta di un paese e di una popolazione che combatte per la sua sopravvivenza da sempre.

Io spero che governi la Livni, ma se andasse al governo Netanyau appoggiato dall'estrema DX, razzista verso gli arabi israeliani,riterrei responsabili non solo gli isareliani che li hanno votato, ma pure Hamas.

I radicalismi alimentano i radicalismi,per cui la DX xenofoba israeliana trova linfa nella politica criminale di Hamas.

L'articolo afferma se quello non è fascismo! Ancora non siamo a quel punto e dubito che Israele piomberà in un regime dittatoriale.

Ma il firmatario dell'articolo ha qualcosa da dire sulla "democratica repubblica" al potere a Gaza?

Paolo
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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda ranvit il 12/02/2009, 12:09

Da Repubblica.it :

L'ANALISI
L'incognita dell'estremismo
di BERNARDO VALLI

GERUSALEMME - È qualcosa di simile a un limbo politico la situazione post-elettorale in Israele. Il voto ha generato un'incertezza che si presta a tanti pronostici. Troppi.

Dalla mischia nascerà un governo di unità nazionale? Una coalizione di destra? Una di centrodestra? Per ora il risultato del 10 febbraio ha creato due pretendenti alla carica di primo ministro. L'intrepida Tzipi Livni basa la pretesa sul più cospicuo numero di seggi (28 sui 120 della Knesset) ottenuto da Kadima, il suo partito di centro.

Il concorrente, il tenace Benjamin Netanyahu, pur avendo ottenuto il suo partito conservatore, il Likud, un seggio in meno, vanta lo stesso diritto, sentendosi alle spalle un blocco di destra nel suo insieme, partiti religiosi compresi, largamente maggioritario (65 seggi). Insomma, Tzipi Livni è vincente ma senza truppe. Benjamin Netanyahu conta su un esercito che per il momento è soltanto virtuale.

Esiste infatti un'incognita: l'estremista Avigdor Lieberman, il cui partito ultranazionalista, Israel Beitenu (Israele casa nostra), ha ottenuto un numero di seggi indispensabile ai due pretendenti alla carica di primo ministro, per avere una maggioranza, e quindi per formare un governo. Lieberman è il kingmaker. È un personaggio decisivo. I suoi elettori sono in larga parte di origine russa, ma anche giovani favorevoli a un governo forte. A un "dittatore democratico". Lieberman comunque esita. Si fa desiderare. Pensa a quel che può ottenere in cambio del suo sostegno, meglio della sua partecipazione a una delle coalizioni.

La logica dovrebbe far pensare a un'intesa tra Lieberman e Netanyahu, entrambi appartenenti al blocco di destra. Tanto più che Lieberman ha cominciato la sua carriera con Netanyahu. Ma egli è stato anche ministro di un governo dominato da Kadima. Quindi è un politico ricco di principi. Ad esempio: finirla una volta per tutte con Hamas usando la forza militare; niente negoziati con i palestinesi; imporre agli arabi israeliani, venti per cento della popolazione, un giuramento di fedeltà allo Stato ebraico. Al tempo stesso Lieberman è un jolly disponibile, anche se pronto a ritirare il suo appoggio se qualcosa non gli va a genio. Per protestare contro la ripresa dei negoziati con i palestinesi abbandonò bruscamente il governo Olmert, in cui Tzipi Livni era ministro degli Esteri.

Capita nell'agitata vita politica israeliana che il pragmatismo prevalga su tutto, e consenta le alleanze più insolite, più contraddittorie. Stravaganti, scandalose fin che si vuole, ma spesso rese inevitabili dalla frantumazione dei partiti e dal sistema elettorale. Le prime, precipitose consultazioni avviate dai leader dei due principali partiti, quando ancora non si conoscono i risultati definitivi (poiché non si è concluso lo scrutinio dei più di 150 mila voti dei militari, di solito favorevoli alla destra) illustrano abbastanza bene il clima politico post-elettorale. E rivelano la natura del risultato uscito dalle urne nella notte tra martedì e mercoledì. Sia Tzipi Livni, sia Benjamin Netanyahu sono corsi da Avigdor Lieberman al fine di conquistarne il sostegno. Ma per ora l'incognita resta.

Le decine di migliaia di elettori che hanno votato per Kadima, disertando il Partito laburista (ridotto a 13 deputati), o voltando le spalle al partito della sinistra sionista Meretz (quasi dimezzato), al fine di dare un suffragio utile e sbarrare la strada a Benjamin Netanyahu, quegli elettori, ieri mattina, al risveglio, hanno scoperto Tzipi Livni che corteggiava apertamente il leader di estrema destra. Stupiti? Perplessi? Indignati? Non tutti. Un governo con un primo ministro come Tizpi Livni è più auspicabile di un governo con un primo ministro come Benjamin Netanyahu. Livni è favorevole a un'intesa con i palestinesi, è pronta a parlare di pace (sia pure accompagnando l'espressione con frasi e propositi degni di un militare) e ha come ultimo obiettivo la nascita di uno Stato palestinese. Netanyahu è favorevole alle colonie israeliane in Cisgiordania, che giudica intoccabili, è contrario alla cessione di un semplice sobborgo di Gerusalemme ed è disponibile a uno sviluppo economico palestinese (una specie di Bantustan), ma non accetta uno Stato indipendente.
Un Lieberman compreso in un governo guidato da Livni non sarebbe la stessa cosa di un Lieberman accoppiato a Netanyahu. Le passioni di una società angosciata dal problema della sicurezza, che si sente in guerra, si sciolgono spesso in pragmatismo, spesso indice di intelligenza politica.

Il futuro governo nascerà in piena "era Obama". Dovrà gestire nuovi rapporti con la superpotenza alleata e protettrice. Netanyahu sa essere pragmatico, lo ha dimostrato, e parla l'americano come un americano. Ma non è l'interlocutore ideale del nuovo presidente degli Stati Uniti. Martedì, proprio mentre gli israeliani votavano, Mahmud Ahmadinejad, il presidente iraniano, ha dichiarato che il suo popolo "è pronto al dialogo" proposto dal presidente americano. Il giorno prima Obama aveva espresso la speranza di creare "nei prossimi mesi" un clima che consenta al suo paese e all'Iran di "sedersi a un tavolo faccia a faccia". La risposta immediata di Teheran annuncia una svolta storica? Lascia intravedere sul serio un futuro dialogo diretto, dopo trent'anni, tra gli Stati Uniti e la Repubblica islamica?

Il cammino da percorrere è lungo, incerto, ricco di incognite. Ma con Bush era impensabile e la politica di Bush coincideva con quella di Israele. Anzi l'assecondava. Obama non si è ancora pronunciato sul rapporto che intende avere con Gerusalemme. Resterà senz'altro un alleato stretto e leale (il Dipartimento di Stato l'ha ribadito ieri), ma lo si può immaginare come un alleato critico, esigente. Sarà più fermo nel chiedere lo sfoltimento, e comunque il non aumento, delle colonie in Cisgiordania. Sarà più insistente nel domandare trattative costruttive con l'Olp. L'apertura americana verso il mondo arabo, e musulmano in generale, implica un cambiamento nel rapporto tra israeliani e palestinesi. Essendo quel rapporto essenziale per migliorare il clima tra l'Occidente e le società arabe. Il nuovo primo ministro israeliano deve essere pronto ad affrontare, a gestire, questo mutamento senz'altro traumatizzante per la società israeliana. Tzipi Livni sembra più adeguata a questo ruolo di Benjamin Netanyahu. Ma non è certo che le venga assegnato. Al momento il concorrente sembra favorito. Nessuno osa tuttavia escludere che, nel nome del pragmatismo, dopo lunghe trattative, diventino loro stesso alleati.

(12 febbraio 2009)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda ranvit il 12/02/2009, 12:15

Dal corriere.it :


ISRAELE DOPO IL VOTO
La sfida Livni-Netanyahu Israele, governo difficile
Peres cerca una soluzione. Forse unità nazionale
Tra i due poli, quello intorno al Likud si sta coagulando. Yisrael Beiteinu: «Inclinazione naturale verso destra»

GERUSALEMME — Ipotesi uno: si governa a turno, due anni Tzipi Livni e due anni Bibi Netanyahu, come fecero Shamir e Peres negli anni Ottanta (peccato che Bibi dica no). Ipotesi due: si fa un governo d'unità nazionale, premier Livni o Netanyahu, con Kadima, Likud, l'ultradestro Lieberman, il laburista Barak, i religiosi di Shas (peccato che si bloccherà il processo di pace coi palestinesi). Ipotesi tre: governa Bibi con una maggioranza di destra (peccato che chi ha vinto, Tzipi, finisca all'opposizione: sarebbe la prima volta). Ipotesi quattro: governa Tzipi con una maggioranza a pelle di leopardo, Kadima più laburisti più Lieberman più destra Torah (peccato che si finisca a litigare al primo consiglio dei ministri). Ipotesi cinque: si fa finta che ci siano le consultazioni e fra due mesi si torna a votare. Comunque lo si giri, il cubo di (Shimon) Peres sembra un Rubik senza soluzione.

Il pallino del dopo-voto è nelle mani del presidente israeliano, che sta cominciando a sentire tutti i partiti ed entro mercoledì dovrà dare l'incarico a un premier. I 28 seggi del Kadima, i 27 del Likud fanno cantare vittoria a tutti. «La maggioranza è inequivoca, con l'aiuto di Dio formerò il prossimo governo», reclama Netanyahu. «Israele ha scelto Kadima — è irremovibile la Livni —, Israele non appartiene alla destra, come la pace non appartiene alla sinistra ». I 15 deputati di Avigdor Lieberman ne fanno il più corteggiato dei leader. In un giorno solo, lo convocano sia Tzipi, sia Bibi. Ed entrambi, nelle stesse ore, s'incaricano da soli di formare un «governo d'unità nazionale»: la prima invitando il secondo a parteciparvi, il secondo evitando d'invitare la prima. Il barometro sembra virare verso destra, in realtà.

E per molti osservatori, Peres (che ieri ha ricevuto pure una telefonata di congratulazioni da Obama per «l'esempio di democrazia» offerto da queste elezioni) non ha grandi possibilità di manovra: è difficile che l'ex ministra riesca a spuntarla in una simile tempesta. Anche perché, fra i due poli, quello intorno al Likud si sta già coagulando. Lieberman non si sbilancia ancora, ma dice che la sua «inclinazione naturale è stare nella destra». Lo Shas, che pure l'aveva definito un Satana, apre subito le braccia all'astro d'Yisrael Beiteinu: «In fondo, ci sono state combinazioni politiche ancora più estreme». Gli arabi, invece, sono indisponibili a qualsiasi appoggio del Kadima. Pure i disastrati laburisti, precipitati da 19 a 13 seggi, annunciano «un'opposizione battagliera» assieme ai tre deputati di Meretz (modesta proposta del giornale Haaretz: ma perché la sinistra sionista di Barak, quella che si sentiva unta dal Signore nella sua missione di governo, non chiude bottega e finalmente confluisce nel Kadima?). «Chiunque governi — è l'amaro commento di Nemer Hamad, storica voce palestinese —, sarà la destra a condizionarlo. Gli israeliani non hanno votato pensando alla pace da fare con noi: hanno pensato alla guerra da fare con l'Iran». Chiunque governi, ha ancora un po' da sospirare. Allo spoglio definitivo mancano 175 mila schede, quelle dei militari (filodestra, probabilmente), dei carcerati, degli invalidi e dei diplomatici. Un seggio o due che ballano. Un pareggio possibile, che renderebbe ancora più complicato il cubo di Peres. O forse no.

Francesco Battistini
12 febbraio 2009
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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda Stefano'62 il 12/02/2009, 12:18

Paolo65 ha scritto:Stevin,ma trovi veramente sorprendente che in Israele trovino spazio e consenso partiti sempre più radicali che sconfinano nel razzismo?

Io no, perchè si tratta di un paese e di una popolazione che combatte per la sua sopravvivenza da sempre.

Quindi asserisci che se nasce una formazione politica che propugna l'annientamento del nemico che costringe la sua popolazione a vivere in una situazione così estrema,la colpa è di detto nemico e non della cattiveria innata dei militanti di questa formazione.
Accidenti,è la prima volta che giustifichi l'esistenza di Hamas.

Stefano.
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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda Paolo65 il 12/02/2009, 12:54

Stefano, dico una cosa molto semplice: un paese da sempre in guerra ed in mezzo a nemici che lo vogliono distruggere è facile che crescano partiti estremisti, fino al razzismo. Di fronte alla paura può succedere di tutto.

Questi decenni di guerra ed oggi Hamas sono stati il miglior fertilizzante per l'estremismo israeliano: negarlo sarebbe troppo anche per il più filo-palestinese.

Resta evidente anche la responsabilità degli israeliani che hanno votato quel partito,ma sono certo che senza "l'aiuto " di Hamas, oggi si parlerebbe di una minoranza estremista e xenofoba, prensente in ogni nazione, anche quelle democratiche nostrane.

Paolo
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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda Stefano'62 il 12/02/2009, 13:13

Paolo non te la prendere;condivido quello che avevi scritto prima,e anche quello che hai appena scritto.
Volevo solo far notare come il discorso fosse ribaltabile nel caso qualcuno continuasse a considerare i palestinesi brutti e cattivi solo perchè hanno prodotto e poi votato Hamas.
Chi considera criminale Hamas (Io per esempio) non può fingere che i suoi omologhi nell'altro campo siano brave persone momentaneamente esasperate solo perchè mangiano ogni giorno e assomigliano a noi.

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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda guidoparietti il 12/02/2009, 13:42

Stefano'62 ha scritto:Paolo non te la prendere;condivido quello che avevi scritto prima,e anche quello che hai appena scritto.
Volevo solo far notare come il discorso fosse ribaltabile nel caso qualcuno continuasse a considerare i palestinesi brutti e cattivi solo perchè hanno prodotto e poi votato Hamas.
Chi considera criminale Hamas (Io per esempio) non può fingere che i suoi omologhi nell'altro campo siano brave persone momentaneamente esasperate solo perchè mangiano ogni giorno e assomigliano a noi.

Come al solito il discorso ricade sempre sulla questione, hanno ragione i palestinesi (tipo Hamas) che vogliono la distruzione di Israele, o hanno ragione gli Israeliani che vogliono lo stato di Israele? Se Israele ha diritto di esistere, è chiaro che il torto commesso da chi lo ha sempre attaccato dal '48 ad oggi può essere usato per spiegare lo scivolamento verso la destra anti-araba (comunque condannabile, anche se per nulla omologa ad Hamas). Se invece Israele non ha diritto ad esistere, è chiaro che tutti gli eccessi anti-israeliani, compreso il terrorismo di Hamas, sono comprensibili, se non giustificabili, in forza della violazione iniziale costituita dall'esistenza di Israele.
Ma invece si preferisce perdersi a discutere nei dettagli, lasciando sul fondo l'unica questione dirimente per un giudizio complessivo sulla situazione.
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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda Stefano'62 il 12/02/2009, 13:53

Gli israeliani hanno diritto alla Patria.
I Palestinesi hanno diritto alla Patria.
Chiunque (Israeliano,palestinese,o altri) pretenda di negare questo diritto anche solo ad una di queste parti,ha torto.

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Re: Manifestazione nazionale contro i massacri di Gaza

Messaggioda franz il 12/02/2009, 14:47

Stefano'62 ha scritto:Gli israeliani hanno diritto alla Patria.
I Palestinesi hanno diritto alla Patria.

Ogni popolo ha diritto ad una patria, su questo credo che non ci siano dubbi.
Ragionando ad alta voce, mi pare che ci siano pero' due problemi da conciliare.
1) chi ha negato il diritto agli ebrei di avere una patria siano noi (cristiani e soprattutto cattolici) per circa 2000 anni. Vero pero' che prima ci avevano provato un po' tutti, assirobabilonesi, egiziani e compagnia cantente, romani compresi.
2) chi ha negato il diritto ai palestinesi sono stati principalmente i popoli arabi e turcomanni, oltre che agli inglesi di passaggio.
Il senso di colpa nostro è quindi piu' forte verso il popolo ebreo, soprattutto dopo l'olocausto (prima ce ne sbattevamo allegramente sia degli ebrei che dei palestinesi).
Oggi sembra una gara tra sensi di colpa .... ma non è forse questo il vero nocciolo del problema?
Prima pensavamo solo a combattere, sterminare o disperdere i popoli attorno a gerusalemme, con diaspore o crociate.
Oggi facciamo a gara con una carità pelosa che è al servizio della propaganda di parti avverse.

Forse per trovare una soluzione occorre uscire dal gioco di ruolo che ci vede per forza o carnefici o salvatori.

Ciao,
Franz
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