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Discussioni sul referendum costituzionale

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Re: De Bortoli: No alla riforma

Messaggioda diffidente il 04/05/2016, 7:44

Secondo me, é prioritario impedire che il ttolare dell'Esecutivo abbia troppo potere, soprattutto considerando che uno dei protagonisti della politca é anche proprietario o co-proprietaro, insieme con Urbano Cairo, di quasi tutti i mass media, rispetto alla "governabilità", perché vediamo che anche con il sistema attuale le leggi, sia pure con un po' di tempi tecnici, sono approvate ed i decreti-legge, emanati. Rispetto alla Prima Repubblica gli Esecutivi hanno già adesso durate lunghe e anche i periodi decisamente turbolenti dell'ultimo governo-Prodi, turbolenze che in molti ipotizzano essere state causate da attività corruttive da parte di Berlusconi, sembrano appartenere al passato.
Il sistema attuale già permette una discreta governabilità, razionalmente parlando credo che chi ne invoca d piu' voglia piu' che altro far sparire il concetto di opposizione, tanto é vero che i rimi a volere riforme costituzionali volte a rafforzare l'Esecutivo sono stati i discepoli di Berlusconi ,purtroppo, vi si sono accodati anche esponenti di altri partiti. Penso che il mantenimento dell'attuale stato di cose anche con il bicameralismo pefett, sia migliore che quanto prospettato dalla riforma costituzionale,come lo era rispetto alla riforma presentata dal governo Berlusconi nel 2005.
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Re: De Bortoli: No alla riforma

Messaggioda mariok il 04/05/2016, 8:53

«Vedo tre diverse attitudini. Quella conservatrice: la Costituzione è intoccabile, non c’è urgenza né bisogno di rivederla. Quella politica e strumentale: si colpisce la riforma per colpire Renzi. E quella dottrinaria “perfezionista”. Dubito molto che tutti i 56 costituzionalisti e giuristi che hanno firmato il manifesto contro siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma. Ma questa è una posizione insostenibile: perché il No comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione».

Di Napolitano è stato detto di tutto (io sono tra quelli che sostengono che nel 2011 ci ha salvato le chiappe), ma su questo punto non si può non dargli ragione.

«Se vince il no per le riforme è finita»
Secondo il presidente emerito «è sbagliato personalizzare, ma è in gioco il governo»
di Aldo Cazzullo

Presidente Napolitano, in Europa si alzano muri e si tengono referendum per uscire dall’Unione. Si sta sfasciando tutto?
«Viviamo una grave crisi dell’unità europea e del processo di integrazione. Ma abbiamo appena vissuto un intervento storico del presidente degli Stati Uniti, che non è stato sottolineato abbastanza. Obama si è rivolto ai popoli europei e alle leadership. Ha fatto capire che gli Usa non vogliono più trattare con i singoli Stati europei, ma con l’Europa nel suo insieme. Ha detto che la relazione speciale tra Washington e Londra non avrebbe più senso se Londra non restasse nell’Ue. E ha usato un’espressione che mi ha colpito per la sua durezza: “È nella nostra natura umana l’istinto, quando il futuro appaia incerto, di ritrarsi nel senso di sicurezza e di conforto della propria tribù, della propria setta, della propria nazionalità». Insomma, Obama ha messo gli impulsi neonazionalistici sullo stesso piano degli istinti tribali».
Eppure proprio gli istinti tribali sembrano prevalere, soprattutto nell’Est europeo.
«Il problema è come i Paesi dell’Europa centro-orientale sono entrati nell’Unione. Quando si decise l’allargamento non si ebbe un chiarimento pieno su principi e valori fondamentali dell’integrazione: la cessione di sovranità, l’esercizio di una sovranità condivisa, l’interesse comune europeo. Anche da questi nodi non sciolti dipende il comportamento di Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, e purtroppo ora anche Polonia».
Il vero nodo è la Germania. Che ha ottenuto con la pace l’obiettivo fallito scatenando due guerre mondiali: l’egemonia in Europa.
«Non usi queste categorie. La Germania di Hitler non voleva l’egemonia, ma il dominio, da imporre con il ferro e il fuoco. Con la pace i tedeschi hanno scelto la strada della Germania europea e non dell’Europa tedesca, secondo la formula del grande Thomas Mann. Si può discutere se nell’esercizio di questo ruolo il Paese più popoloso e potente d’Europa abbia teso in anni recenti a far pesare politiche non sempre accettabili per gli altri partner».
Lei stesso nel 2014 denunciò a Strasburgo i rischi dell’eccesso di austerity.
«Precisamente. Ma lo stock di debito pubblico accumulato nei decenni non è mica un’invenzione tedesca. Si può discutere se il pareggio di bilancio possa essere da noi rinviato di uno o due anni; ma è evidente che l’Italia debba continuare il risanamento avviato con Monti, come dice anche Padoan. Non possiamo convivere per l’eternità con un rapporto tra debito e Pil superiore al 100 per cento. Certo, più otteniamo crescita, più quel rapporto si riduce».
Sentite anche le parole di Obama, è giunta l’ora di un intervento in Libia, anche per impedire che diventi una base dell’Isis?
«Per troppo tempo l’Europa ha poggiato sulle spalle degli Stati Uniti per difesa e sicurezza. Questo non è più possibile, nemmeno finanziariamente, per Washington. Sono maturi i tempi per una difesa comune europea: se ne discute dal 1952».
Sì, ma la Libia?
«Mi pare che dopo qualche confusione iniziale sia stata tracciata una linea abbastanza netta: l’Italia è pronta ad assumersi un ruolo per stabilizzare la Libia, costruire istituzioni e forze armate degne di questo nome. Occorrono un invito da parte del governo libico — purché non sia il governo di una parte ma della Libia intera —, e un passo da parte dell’Onu, che pare orientato a conferire il mandato all’Italia. E nella lotta all’Isis dobbiamo fare la nostra parte ovunque secondo una divisione di compiti all’interno della grande coalizione mondiale contro il terrorismo».
Quando era ministro dell’Interno lei prese una posizione dura: disse che i profughi non dovevano affidarsi agli scafisti.
«Mi feci promotore della prima legge organica sull’immigrazione, basata su alcuni assi: lotta all’immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani; un sistema di quote che tenesse conto delle nostre esigenze produttive. Mi pare che oggi l’Italia si stia muovendo per riprodurre in Europa uno schema analogo: condizioni di ingresso legale; impegno fermissimo verso ingressi clandestini manovrati dalla criminalità; grande lavoro per l’integrazione».
Sulla riforma costituzionale emerge un fronte vasto del No. Che impressione le fa?
«Vedo tre diverse attitudini. Quella conservatrice: la Costituzione è intoccabile, non c’è urgenza né bisogno di rivederla. Quella politica e strumentale: si colpisce la riforma per colpire Renzi. E quella dottrinaria “perfezionista”. Dubito molto che tutti i 56 costituzionalisti e giuristi che hanno firmato il manifesto contro siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma. Ma questa è una posizione insostenibile: perché il No comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione».
Intende dire che si sta saldando nel Paese un fronte conservatore?
«Non bisogna fare di ogni erba un fascio tra coloro che esprimono riserve, fanno valutazioni contrarie, fanno campagna per il No. Occorre rispetto per le riserve; per quanto se ne siano espresse in Parlamento con grande abbondanza. Non dimentichiamo quanto tempo è stata discussa dalle Camere la legge di riforma, quante consultazioni sono state fatte con l’esterno, quanti emendamenti sono stati avanzati, sia pure spesso per ostruzionismo. Occorre rispetto per chi obietta che ci sono elementi non ben risolti: del testo approvato si continuerà a discutere. Una volta confermata la legge, bisognerà mettersi al lavoro per costruire davvero questo nuovo Senato, e trarre dall’esperienza ogni possibile conseguenza».
Non sarebbe stato meglio mantenere l’elezione diretta?
«In Europa non esiste quasi più nessun esempio di Senato eletto direttamente dai cittadini: un elemento di base per farne il doppione della Camera. In Germania il Bundesrat è fondato sulla rappresentanza dei Laender, in Austria pure. In Francia esisteva un Senato come in Italia; ora non è più eletto direttamente, ma dai rappresentanti delle Regioni e dei Comuni».
La nostra Costituzione è davvero superata, secondo lei?
«La prima parte esprime in piena luce principi e valori fondamentali di convivenza civile e politica. La seconda parte, sull’ordinamento della Repubblica, ha presentato da subito gravissime fragilità. Nell’equilibrio dei poteri l’esecutivo è stato fin dall’inizio debole. I costituenti avevano previsto la necessità di dispositivi per evitare l’instabilità dei governi e le degenerazioni del parlamentarismo; ma questi dispositivi non sono mai arrivati. Presto apparve chiaro che il bicameralismo paritario era indifendibile. Siamo in ritardo gravissimo. I tentativi sono stati molti: la bicamerale presieduta da Bozzi, la commissione De Mita-Iotti, la commissione D’Alema, che vide collaborare tutte le forze politiche e fu silurata alla fine. Se si affossa anche questo sforzo di revisione costituzionale, allora è finita: l’Italia apparirà come una democrazia incapace di riformare il proprio ordinamento e mettersi al passo con i tempi. E questo lo devono capire tutti; anche quelli che vorrebbero usare il referendum per far cadere Renzi».
Ma Renzi non ha sbagliato a legare le sorti del governo alla vittoria del Sì?
«Renzi non avrebbe dovuto dare questa accentuazione politica personale; ma solo un ipocrita può dire che, se ci fosse un rigetto su una questione così importante, su cui il governo si è tanto impegnato in Parlamento, non si porrebbe un problema per le sue sorti. Renzi ha sbagliato a metterci un tale carico politico: se vince il Sì vince la riforma, vince l’interesse generale del Paese; non è un trofeo che Renzi possa impugnare, non è un’incoronazione personale. Di recente Renzi nel discorso alla Camera prima del voto definitivo sulla legge ha corretto il tiro, ha evitato quella accentuazione, è entrato nel merito».
Esiste in Italia una nostalgia di Mani Pulite, del ’92?
«La condizione del ’92 è irripetibile, se non altro perché allora c’era il vincolo dell’autorizzazione a procedere; e ogni giovedì pomeriggio si doveva affrontare una grossa massa di procedimenti. Da presidente della Camera ricordo che riuscimmo a fare un lavoro serio, rispettoso degli elementi che la magistratura portava al vaglio del Parlamento; anche se per me ci fu una cosa terribile».
Quale?
«Quando si suicidò il deputato socialista Moroni, il giorno dopo lessi la sua lettera in Aula. Moroni era stato perseguito per aver violato la legge sul finanziamento pubblico dei partiti; non per appropriazione personale di denaro. Aveva ottenuto vantaggi impropri per il partito; non aveva rubato per sé. Oggi si rivelano fenomeni di corruzione estesa molto gravi, spesso a fini strettamente di arricchimento personale. E si vorrebbe una capacità di azione del sistema giudiziario incisiva come allora. Ma quel sistema fu per molti aspetti criticabile. Nulla si può ripetere ciecamente».
Cosa risponde a chi le accusa di interventismo?
«Chi lo fa ignora l’articolo della Costituzione che sancisce che il presidente della Repubblica uscente diviene senatore a vita, mettendo la sua esperienza e il suo equilibrio al servizio dell’interesse nazionale. Lasciamo stare le stupidaggini di chi immagina che io abbia poteri che non ho più. Sono in grande sintonia con l’operato del presidente Mattarella, sono suo amico da anni, ho con lui rapporti limpidissimi. Il resto sono sciocchezze che trovo sia su giornali impegnati in una campagna contro di me fin da quando ero al Quirinale, sia in bocca a esponenti del centrodestra che vennero a chiedermi la disponibilità a essere rieletto, forzando la mia volontà».
Se potesse tornare indietro, accetterebbe di nuovo la rielezione?
«Come si fa a rivivere oggi la situazione del 2013? In Parlamento c’era la maggioranza in una Camera e non nell’altra. Tutti i partiti si impegnarono a fare una nuova legge elettorale e la riforma costituzionale. Ritenni di non potermi tirare indietro. E il mio ulteriore sforzo fu riconosciuto con tale ampiezza in Italia e fuori Italia, che posso abbandonare al loro destino quelli che applaudirono il mio polemico discorso alle Camere del 2013 e oggi conducono la loro campagna faziosa».
2 maggio 2016 (modifica il 3 maggio 2016 | 11:45)
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: De Bortoli: No alla riforma

Messaggioda Robyn il 04/05/2016, 11:30

non credo sia un problema di rafforzamento del governo,ma abbia più a che fare che la classe dirigente non sappia usare certi giocattoli.In europa c'è un partito che governa e un governo che lo esprime.Verò è che esiste il problema dell'informazione ad esempio la tv pubblica dovrebbe essere libera dai partiti e dal governo e le tv private una pluralità senza limite ma non si può possedere più del 5% di una rete e l'auorita cieca per il conflitto di interessi.Penso che un solo partito al governo sia meglio rispetto alla frammentazione che rende instabili i governi e che attraverso i veti blocca tutto,bisogna chiedersi se il plebiscitarismo e il populismo non sia dovuto ai veti alle interdizioni e ai governi instabili.Per rendere più forte il parlamento questo ha bisogno di legittimazione popolare e il collegio è uno di questi cioè con un solo partito al governo si rende stabile il governo ma è il parlamento che deve avere l'iniziativa legislativa il governo mette in pratica i ddl del parlamento e raramente interviene nell'attività legislativa per baypassare i veti del parlamento.Attualmente invece l'intervento del governo è molto più frequente perche il parlamento è una palude di interessi.Poi esiste il problema degli equilibri.La camera delle regioni dovrebbe avere 200 membri e dovrebbe essere a rappresentanza paritetica.Il parlamento non dovrebbe intervenire nella sfiducia individuale di un ministro ma è il primo ministro che nomina e revoca i ministri d'ufficio dal presidente
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Re: De Bortoli: No alla riforma

Messaggioda Robyn il 04/05/2016, 13:24

Naturalmente un partito che governa deve ascoltare i suggerimenti dei partiti di minoranza nel parlamento cioè l'opposizione,le minoranze interne al partito,e quelle nel paese,per evitare di andare verso la dittatura della maggioranza.E necessaria cioè una classe dirigente che sappia usare il giocattolo delle nuove istituzioni che non imponga il presidente della repubblica,gli organi di garanzia"per questo servono 200 membri alla camera delle regioni"in breve il modello westminster.Allora è arrivato il momento delle lenzuolate bersaniane con questo parlamento.Pl Bersani resenti un ddl.Il governo non ponga più la fiducia perche il rischio è di cadere
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Re: De Bortoli: No alla riforma

Messaggioda Robyn il 04/05/2016, 19:30

Poi non condivido chi dice che il senato non serve,perche questo oltre ad essere un'organo delle rappresentanze regionali è un'organo di garanzia che serve ad evitare la dittatura della maggioranza quando si manifesta.Infatti può richiedere un ddl alla camera e apportare delle modifiche che la camera può rigettare.Altri organi di garanzia sono il presidente della repubblca che può rimettere una legge al parlamento e la corte costituzionale che giudica l'illegittimità delle leggi o parti di esse.Quindi meglio ascoltare i suggerimenti delle minoranze quando sono giusti per evitare la dittatura della maggioranza
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Si al referendum

Messaggioda Robyn il 08/05/2016, 13:45

Si al referendum ma dopo deve essere perfettibile.Berlusconi dice no ma l'obbiettivo di berlusconi è proteggere le caste e la corruzione.Berlusconi è l'ultimo dei comunisti
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Re: Si al referendum

Messaggioda Robyn il 08/05/2016, 14:42

Berluscoini stà già preparando il programma"le idee impazzite distruggere l'italia"
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Re: Si al referendum

Messaggioda franz il 08/05/2016, 14:55

ecco :cry:
cerchiamo come al solito di non creare decine di thread sullo stesso tema (referendum).
Cosa in cui alcuni sembrano essere veri esperti ;)

Vedo di uniformare in un unico post.

Grazie intanto per ogni vostro contributo :!:
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Discussioni sul referendum costituzionale

Messaggioda franz il 08/05/2016, 15:13

Concentro qui tutte le discussioni sul rema del referendum costituzionale.
Grazie per contribuire all'ordine che aiuta a gestire meglio le discussioni sullo stesso tema.
Franz / Redattore
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Re: Discussioni sul referendum costituzionale

Messaggioda Robyn il 09/05/2016, 12:23

L'ultima parola per quel che riguarda le modifiche costituzionali non è dei cittadini ma della corte costituzionale in quando qualsiasi modifica nella parte seconda non può violare i principi della parte introduttiva della nostra carta in quando inviolabili e quindi immodificabili.Per ex riguarda le province in quanto la repubblica nella parte introduttiva afferma che la repubblica attua il più ampio decentramento amministravo,riguarda l'articolo che regola la composizione del senato in quando contraddittorio perche non si può affermare che è su base proporzionale e allo stesso tempo distorcere la rappresentanza con un'esiguo numero di membri che per ragioni legate anche all'equilibrio per evitare l'assopigliatutto dovrebbero essere duecendo contraddicendo l'articolo che la repubblica tutela le minoranze linguistiche e il principio di uguaglianza dei cittadini nella parte prima parte introduttiva
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