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L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda franz il 16/03/2016, 19:30

flaviomob ha scritto:Considerando che falliscono sia paesi a economia liberista che socialista ...

Giusto per avere un'idea, mi dici quali paesi a economia liberista sono falliti?
Non ne conosco molti e già bisognerebbe iniziare a definire cosa voglia dire un paese ad economia liberista.
Per me , come primo esperimento, potrebbero essere quelli in cui l'economia è più FREE, meno regolamentata, dove è piu' facile e veloce fare impresa e paghi poche tasse, pur avendo a disposizione i principali servizi (difesa, polizia, sanità, sistema educativo, strade, logistica, comunicazioni, ..)
La classifica Doing Business http://www.doingbusiness.org/rankings non a caso vede prima Singapore ed ultimo il Venezuela.
Nelle prime posizioni non vedo paesi falliti. Questa la lista delle insolvenze sovrane: https://it.wikipedia.org/wiki/Insolvenza_sovrana
Classifica, quella di doing business, tra l'altro molto interessante e che non vede l'Italia in buona posizione.
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda mariok il 16/03/2016, 20:18

franz ha scritto:
flaviomob ha scritto:Considerando che falliscono sia paesi a economia liberista che socialista ...

Giusto per avere un'idea, mi dici quali paesi a economia liberista sono falliti?
Non ne conosco molti e già bisognerebbe iniziare a definire cosa voglia dire un paese ad economia liberista.
Per me , come primo esperimento, potrebbero essere quelli in cui l'economia è più FREE, meno regolamentata, dove è piu' facile e veloce fare impresa e paghi poche tasse, pur avendo a disposizione i principali servizi (difesa, polizia, sanità, sistema educativo, strade, logistica, comunicazioni, ..)
La classifica Doing Business http://www.doingbusiness.org/rankings non a caso vede prima Singapore ed ultimo il Venezuela.
Nelle prime posizioni non vedo paesi falliti. Questa la lista delle insolvenze sovrane: https://it.wikipedia.org/wiki/Insolvenza_sovrana
Classifica, quella di doing business, tra l'altro molto interessante e che non vede l'Italia in buona posizione.


Non mi pare che la classifica di Doing Business rispecchi il maggiore o minore livello di "liberismo" di un paese, quanto l'efficienza dell'amministrazione statale.

E' chiaro che se associamo per definizione tutto ciò che è positivo al "liberismo" e tutto ciò che è negativo allo "statalismo" il risultato è scontato.
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda franz il 17/03/2016, 8:20

mariok ha scritto:Non mi pare che la classifica di Doing Business rispecchi il maggiore o minore livello di "liberismo" di un paese, quanto l'efficienza dell'amministrazione statale.

E' chiaro che se associamo per definizione tutto ciò che è positivo al "liberismo" e tutto ciò che è negativo allo "statalismo" il risultato è scontato.

Probabilmente hai in parte ragione ma Singapore e HK sono da tempo un po' la bandiera di posizioni liberali in economia.
Per esempio è nota l'opinione di Milton Friedman su HK, stato leggero e senza dazi (allora, ora non so). Che poi questo stato leggero comporti anche una amministrazione snella ed efficiente è comprensibile. Come è comprensibile che stati con un forte peso dello stato siano tendenzialmente piu' pesanti, invadenti, burocratici, inefficienti. In realtà gioca un ruolo anche la posizione geografica (differenziale nord-sud) e forse la cultura e la religione, per cui paesi a forte peso dello stato (gli scandinavi) riescono ad essere efficienti mentre a parità di "peso" nell'area mediterranea prevale l'inefficienza. In generale rimane tuttavia vero che i paesi socialisti (o sedicenti tali) sono elefanti burocratici inefficienti.

Interessante la posizione di danimarca, svezia, norvegia etc. Vero che sono da tempo emblema della socialdemocrazia (cosa assai diversa dal socialismo) ma dalla fine degli anni 80 sono stato spesso guidati da governi liberal-democratici o conservatori. In pratica la logica democratica dell'alternanza fa si che siano tutti sistemi misti, dove elementi di socialità piu' o meno estesa si coniugano ad elementi di mercato, piu' o meno libero.

Rimane il mistero di stabilire quali paesi a economia liberista sono falliti.
Se doing business non va bene, trovatemi una diversa graduatoria oggettiva.

Io ho trovato anche questi:
http://www.heritage.org/index/ranking
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_c ... ic_freedom
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda mariok il 17/03/2016, 10:51

Rimane il mistero di stabilire quali paesi a economia liberista sono falliti.

Islanda, Portogallo e Irlanda se non sono falliti ci sono andati molto vicini.

Scommetto che verrà fuori qualche buon motivo per sostenere che non sono paesi ad economia liberista doc e che le crisi sono colpa delle politiche statali. :lol:
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda franz il 17/03/2016, 11:12

mariok ha scritto:Rimane il mistero di stabilire quali paesi a economia liberista sono falliti.

Islanda, Portogallo e Irlanda se non sono falliti ci sono andati molto vicini.

Scommetto che verrà fuori qualche buon motivo per sostenere che non sono paesi ad economia liberista doc e che le crisi sono colpa delle politiche statali. :lol:

Irlanda si', è anche in posizione 8 nella classifica dell'economic freedom. Islanda è in posizione 20 e si puo' discutere ma Portogallo assolutamente no (posizione 64, anche se pur meglio dell'Italia che ha pos 86). Definire liberista un paese a lungo dominato dal partito socialista è divertente ma andrebbe scritto nella rubrica "Sorridere ...".
Naturalmente se uno definisce liberista un paese che non è al 100% socialista è chiaro che si parte già con piede sbagliato.

Ma venendo al caso eclatante, l'Irlanda, ebbe si'. La crisi (lo scoppio della bolla immobiliare irlandese del 2007-2008) è frutto di una crescita impetuosa delle tigre celtica. Troppo successo, troppo incremento di lavoratori, troppo reddito in poco tempo, come ben spiegato qui: http://www.homolaicus.com/economia/irlanda.htm e quindi troppe richieste di nuove case. Comunque come giustamente fai rilevare, non c'è stato default ed anzi con la cura delle maledetta troika oggi viaggiano alla grande. http://www.giornalettismo.com/archives/ ... ta-troika/

Comunque vada: maledetti capitalisti, bisognerebbe sterminarli tutti! :twisted:
In fondo un po' di socialismo ogni tanto, per impoverirli, puo' far bene. ;)
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda mariok il 06/04/2016, 17:07

“Podemos ha ricevuto 7 milioni da Chávez”. Bufera sugli indignados
Dopo le voci arrivano i documenti che attesterebbero un flusso di denaro costante e cospicuo da parte di Caracas nelle casse della fondazione di Pablo Iglesias

05/04/2016
francesco olivo
madrid

Le voci sui finanziamenti di Podemos da parte del Venezuela non sono nuove. Ora, però, arrivano i documenti che attesterebbero un flusso di denaro costante e cospicuo da parte di Caracas nelle casse della fondazione di Pablo Iglesias. Secondo il quotidiano spagnolo online El Confindencial il Ceps (centro studi politici e sociali) di Iglesias e Juan Carlos Monedero, avrebbe intascato quasi sette milioni di dollari, come compenso per alcune consulenze per il regime di Chávez e Maduro. La prova starebbe in un documento firmato nel 2008 da Rafael Isea, allora ministro delle Finanze del governo Chávez, con l’obiettivo dichiarato di “favorire un governo in Spagna più affine con i valori della rivoluzione bolivariana”. Nel documento, pubblicato sul sito del quotidiano conservatore Abc, compare la firma dello stesso Hugo Chávez. In quell’anno Podemos non era ancora nato, ma la fondazione Ceps è considerata una sorta di embrione dell’attuale movimento politico.



I soldi da Caracas e Teheran

Gli intestatari dei pagamenti, secondo la testata online, sarebbero il leader di Podemos Pablo Iglesias, Juan Carlos Monedero, il discusso fondatore (dimessosi proprio per una vicenda simile) e Jorge Verstrynge, istrionico politologo dell’università Complutense con un turbolento passato politico.

La somma sarebbe stata ripartita negli anni: nel 2008 2,49 milioni di dollari e 4,2 nel periodo tra il 2009 e il 2012. Questo documento è ora in possesso della sezione anti-corruzione della polizia spagnola che sta indagando sui finanziamenti all’estero di Podemos, da parte del Venezuela e dell’Iran, mediante la produzione del programma televisivo di Pablo Iglesias.



Podemos nega tutto

Il partito degli indignados si difende: “Queste notizie escono puntuali ogni volta che si avvicinano le elezioni - commenta Sergio Pascual della direzione del partito - abbiamo già dato mille spiegazioni”. Ma la polemica politica è inevitabile: “La legge vieta il finanziamento estero dei partiti - attacca la vicepresidente del governo di centrodestra, Soraya Sáenz de Santamaría - serve un chiarimento molto rigoroso”. Ciudadanos, il partito centrista che giovedì incontrerà Podemos per tentare un accordo di governo, chiede lumi: “Hanno l’obbligo di dirci come sono andate le cose, serve responsabilità politica”, dice il capogruppo al Congresso, Juan Carlos Girauta.
http://www.lastampa.it/2016/04/05/ester ... agina.html
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda mariok il 16/05/2016, 10:23

l’emergenza in venezuela
Venezuela, è stato d’emergenza
Carestia e blackout. L’opposizione ha raccolto le firme per convocare un referendum e destituire Maduro Il presidente risponde mobilitando l’esercito e occupando le fabbriche che hanno interrotto la produzione
OMERO CIAI
16/5/2016

DICHIARAZIONE DELLO Stato d’emergenza, mobilitazione dell’esercito, occupazione «da parte del popolo» di tutte le fabbriche che hanno interrotto la produzione. La risposta del presidente venezuelano, Nicolás Maduro, all’opposizione che ha raccolto le firme per convocare il referendum che potrebbe destituirlo è, nella sostanza, un “autogolpe”. Per avere legittimità legale il decreto sullo Stato d’emergenza dovrebbe essere sottoposto e votato dal Parlamento. Procedura istituzionale che Maduro ha evitato visto che il Parlamento, a stragrande maggioranza controllato dall’opposizione, non l’avrebbe approvato. Il presidente ha sospeso le garanzie costituzionali favoleggiando di un «golpe» contro il suo governo. «Ho deciso di approvare il nuovo decreto che mi concede poteri sufficienti per sconfiggere il colpo di Stato e affrontare le minacce, internazionali e nazionali, contro la nostra patria». Maduro ha poi ordinato alle Forze armate di prepararsi ad affrontare «qualsiasi scenario». E, rivolto all’opposizione ha concluso: «Non sanno quello che siamo capaci di fare. Difenderemo il Venezuela con la Costituzione ma anche con i fucili».
L’iper-inflazione, la lunga carestia di alimenti e medicine, i blackout per l’emergenza energetica, il razionamento dell’acqua e gli ostacoli posti da Maduro per un cambiamento democratico della sua gestione, ormai minoritaria, rendono la situazione sempre più critica. L’ultima boutade del presidente è l’occupazione delle aziende che avrebbero interrotto la produzione non per la crisi e l’assenza di materie prime ma «per la guerra economica concepita dall’opposizione». L’esercito, per ora, è con lui. Il generale Vladimir Padrino, ministro della Difesa, ha confermato ieri l’appoggio incondizionato delle Forze armate al presidente.
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda mariok il 16/05/2016, 10:31

16/5/2016
l’emergenza in venezuela
Lo scenario.
Tassi di mortalità alle stelle, crollo dei servizi pubblici, 70% della popolazione in povertà
Il chavismo ha ucciso una nazione ricca questa è una vera crisi umanitaria
MOISÉS NAÍM
Le fabbriche chiudono Maduro invia l’esercito Oppositori: “ Alle urne”
Q UANDO un imprenditore venezuelano che conosco creò un’azienda manifatturiera nel Venezuela occidentale, vent’anni fa, non immaginava che un giorno avrebbe rischiato di finire in prigione per la carta igienica. Ma il Venezuela ha la capacità di trasformare l’impensabile di ieri nella normalità di oggi.
Le traversie dell’imprenditore sono cominciate più o meno un anno fa, quando il sindacato della fabbrica ha cominciato a insistere per far applicare un’oscura clausola del contratto collettivo che prescrive che i bagni della fabbrica siano costantemente riforniti di carta igienica. Il problema era che nella situazione corrente di scarsità di quasi tutti i prodotti di base (dal riso al latte) era quasi impossibile trovare anche solo un rotolo di carta igienica in Venezuela, figuriamoci un rifornimento sufficiente per centinaia di lavoratori.

E QUANDO l’imprenditore ci riusciva, i suoi lavoratori, comprensibilmente, la prendevano e se la portavano a casa. I furti di carta igienica possono sembrare una cosa da ridere, ma per l’imprenditore sono una faccenda seria: se non rifornisce i bagni della fabbrica viola l’accordo con il sindacato, con il rischio di uno sciopero prolungato che a sua volta potrebbe sfociare in una confisca dello stabilimento da parte del governo socialista, guidato dal sempre più impopolare presidente Nicolás Maduro. Così l’imprenditore si è rivolto al mercato nero, che gli ha consentito (così sembrava) di trovare una soluzione: un fornitore in grado di consegnargli un quantitativo di carta igienica sufficiente per qualche mese. Appena la carta igienica è arrivata in fabbrica, è spuntata la polizia segreta, che ha confiscato la merce proclamando di aver sventato una vasta operazione di accaparramento condotta nel quadro di una “guerra economica” spalleggiata dagli Usa all’origine, secondo il governo, della penuria di prodotti di base che affligge il Venezuela. L’imprenditore e tre dei suoi manager sono stati incriminati e ora rischiano il carcere. Tutto ciò per della carta igienica.
Questo imprenditore è una delle tante persone reali dietro a quei titoli della stampa internazionale sulla carta igienica che non c’è più in Venezuela, che sfruttano la crisi del Paese sudamericano per strappare risate e click. L’esperimento del «socialismo del XXI secolo» introdotto dal defunto presidente Hugo Chávez — autoproclamato paladino dei poveri che prometteva di distribuire fra le masse le ricchezze del Paese e ha finito invece per instradarlo, sotto la guida del successore da lui stesso selezionato, Maduro, verso la catastrofe che oggi è sotto gli occhi del mondo intero — è stato un drammatico fallimento.
I Paesi in via di sviluppo, come gli adolescenti, incorrono spesso in incidenti. Crac economici, crisi politiche o entrambe le cose insieme sono eventi che si verificano con una certa regolarità. Le notizie che arrivano dal Venezuela — oltre alla penuria di beni primari, i recentissimi tumulti per i blackout elettrici, l’imposizione di una settimana lavorativa di due giorni per i dipendenti pubblici, mirata teoricamente a risparmiare energia, e l’accelerazione delle iniziative per revocare il presidente — sono drammatiche, ma è facile liquidarle come l’ennesimo esempio di questi episodi ricorrenti.
Sarebbe un errore. Quello che sta vivendo il nostro Paese è mostruosamente fuori dal comune: stiamo assistendo, né più né meno, al collasso di una nazione grande e ricca, apparentemente moderna e apparentemente democratica, a poche ore di volo dagli Stati Uniti.
Negli ultimi due anni abbiamo sperimentato un’implosione che ha pochissimi precedenti, se non in caso di guerra, in un Paese a medio reddito com’è il Venezuela: i tassi di mortalità stanno schizzando alle stelle, i servizi pubblici stanno crollando uno dopo l’altro, un’inflazione a tre cifre ha precipitato oltre il 70 per cento della popolazione nella povertà, un’ondata di criminalità fuori controllo spinge la gente a barricarsi in casa di notte, fuori dai negozi ci sono file di ore per comprare generi alimentari, i bambini, e anche gli anziani e i malati cronici, muoiono in gran numero per la mancanza di medicine semplici e poco costose e di attrezzature negli ospedali.
Ma perché? Non sono i soldi che mancano al Paese. Forte delle più grandi riserve di petrolio a livello mondiale, nell’ultima fase di uno sfrenato boom dell’oro nero, il Governo guidato prima da Chávez e poi, dal 2013, da Maduro, ha incassato oltre mille miliardi di dollari in proventi petroliferi negli ultimi 17 anni, e poteva decidere come spendere questa manna senza precedenti libero, in pratica, da qualsiasi vincolo istituzionale. È vero che da quel momento in poi il prezzo del petrolio è sceso (un rischio che molti avevano preventivato e contro cui il Governo non si era cautelato in alcun modo), ma non può bastare a spiegare quello che è successo. L’eclatante implosione del Paese è cominciata molto prima che il prezzo del greggio sprofondasse: nel 2014, quando il petrolio veniva ancora scambiato a più di 100 dollari al barile, i venezuelani dovevano già fare i conti con una grave penuria di cose fondamentali come il pane o i prodotti da toilette.
Il vero colpevole è il chavismo, la filosofia di governo creata da Chávez e portata avanti da Maduro, e la sua sbalorditiva propensione alla malagestione (il Governo disseminava denaro arbitrariamente in investimenti scriteriati), alla distruzione istituzionale (via via che Chávez, e poi Maduro, diventavano sempre più autoritari azzoppando le istituzioni democratiche del Paese), all’adozione di politiche economiche insensate (come i controlli sui prezzi e sulle valute) e alle ruberie pure e semplici (con il proliferare della corruzione fra una classe di funzionari pubblici in grado di agire in perfetta impunità e i loro amici e parenti).
Un buon esempio sono i controlli sui prezzi, che si sono allargati a un numero sempre maggiore di prodotti: generi alimentari e medicine vitali, sì, ma anche servizi medici essenziali, pannolini e naturalmente la carta igienica. Lo scopo dichiarato era imbrigliare l’inflazione e mantenere le merci accessibili per i poveri, ma chiunque sia dotato di nozioni anche solo elementari di economia avrebbe potuto prevedere le conseguenze: quando vengono fissati prezzi inferiori al costo di produzione, i venditori non possono permettersi di garantire l’approvvigionamento. I prezzi ufficiali sono bassi: ma è un miraggio, perché i prodotti sono spariti.
Il Fondo monetario internazionale ora prevede che i prezzi quest’anno saliranno del 720 per cento, e del 2.200 per cento nel 2017. Esistono molte teorie sulle forze profonde che hanno distrutto l’economia venezuelana, lacerato la sua società e devastato le sue istituzioni, ma il risultato, alla fin fine, è una tragedia umana che rappresenta una delle crisi umanitarie più gravi nell’emisfero occidentale.
La siccità che sta costringendo a razionare le forniture idriche ha provocato un calo allarmante del livello dell’acqua nelle dighe delle centrali idroelettriche. I blackout prima risparmiavano almeno la capitale, ma in questi giorni colpiscono la nazione intera, con le società di servizio pubblico che fanno i salti mortali per mantenere nei serbatoi quantità d’acqua sufficienti a impedire il completo collasso della rete elettrica.
Non era inevitabile. Dal 2009 sono stati stanziati centinaia di milioni di dollari per costruire nuove centrali elettriche a gasolio e a gas, che dovevano servire proprio per allentare la pressione derivante dall’invecchiamento della rete di centrali idroelettriche. Ma gran parte della capacità prevista non è mai arrivata nella rete e nessuno ha mai dato conto dei soldi spesi. Due persone sono state incriminate negli Stati Uniti, ma in Venezuela nessuno sembra avere intenzione di aprire un’inchiesta. È emblematico dell’impunità che regna ormai a ogni livello dello Stato, dai reati più gravi fino alle massime cariche pubbliche.
( Traduzione di Fabio Galimberti)
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Re: L'eredità di Chavez e la sinistra italiana

Messaggioda flaviomob il 16/05/2016, 12:25

Il Venezuela è tra i primi dieci paesi più corrotti del mondo ed anche sui diritti umani se la passa male.

https://www.amnesty.org/en/countries/am ... venezuela/

Although recent official data was not available, the Venezuelan Violence Observatory reported that the country had the second highest homicide rate in the region.

https://www.transparency.org/country/#VEN

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