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l'Europa e la crisi della Cina

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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda trilogy il 26/08/2015, 18:32

Faccio fatica ad immaginare cosa potrebbe fare l'Europa per la Cina, e ammesso che sia possibile fare qualche cosa, sull'opportunità di farla.

L'economia cinese ha raggiunto un certo grado di maturità ed è pressochè inevitabile che la crescita rallenti, è fisiologico.
Il problema che hanno i mercati finanziari con la Cina è che non si fidano dei numeri del governo. L'impressione generale è che il rallentamento sia più forte di quello che dicono le autorità. Di conseguenza c'è molta volatilità ed i prezzi delle materie prime e delle azioni riflettono questa situazione d'incertezza.
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda mariok il 26/08/2015, 19:06

Credo che il problema non sia tanto cosa possa fare l'Europa per la Cina, ma cosa debba fare per se stessa, per evitare che la sua già "miserevole" crescita, in un contesto mondiale in rallentamento, si tramuti in una nuova pesantissima recessione.
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda pianogrande il 26/08/2015, 20:17

La politica non deve solo aiutare nei momenti di crisi.
Non sono qui il primo a dirlo e lo considero un modo di vedere assolutamente riduttivo.

la politica deve fare politica economica e controllare l'economia nel senso di darle delle regole che possono avere vari scopi compresa (almeno in una certa misura) la prevenzione delle crisi.
Potrei prendere come esempio proprio il divieto alle banche commerciali di operare nel mercato finanziario qui citata.
la politica deve proteggere i consumatori da angherie e prepotenze varie da parte dei produttori (e viceversa, certamente).

Senza una regolamentazione da parte della politica (e cioè della collettività) e anche qui mi richiamo a qualcosa di appena detto, non avrebbe nessun senso un pezzo di carta dove c'è scritto che la mia casa è mia, che la mia ditta è mia etc. etc.
Non avrebbe nessun senso firmare un contratto o un impegno di pagamento (che se poi non viene rispettato che faccio? Telefono a babbo natale?)

Governare un paese ma non l'economia?
Lasciare che una crisi butti gente (di solito i più deboli) in mezzo a una strada senza intervenire (che non significa solo regalare soldi ma regolamentare anche quella situazione)?

La politica deve essere coinvolta e in pieno.
Il problema, semmai, è come e di quello si dovrebbe discutere.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda franz il 27/08/2015, 9:28

Concordo con l'impostazione di pianogrande e vorrei aggiungere di piu'.
Tempo fa avevo riflettutto sui vari motivi per cui si scatena una crisi.
Forse è giunto il momento per mettere giu' un po' di paragrafi.
Poi vediamo come e perché lo stato (la cosa pubblica) deve intervenire o non deve farlo.

Ci sono diversi motivi per cui si scatenano crisi.
Per prima cosa ricordo una definizione che mi era molto piaciuta e che piu' o meno suona come: abbiamo una crisi ogniqualvolta larghi settori dell'impresa e/o del commercio realizzano di aver fatto grossi investimenti in qualche cosa che ora si rivela sbagliato. Spesso avviene perché si cavalca una bolla, a volte perché l'innovazione rende obsoleta una tecnica e ne svela altre di promettenti. Questo vuol dire disinvestire rapidamente (cn conseguente perdita di posti di lavoro) e trovare altri settori di investimento. Da questo profilo le crisi sono di solito settoriali. Per esempio il passaggio dalla foto analogica a quella digitale ha distrutto grandi investimenti (fabbriche di pellicole e carta, fabbriche di prodotti per lo sviluppo ed il fissaggio e soprattutto ha reso inutilizzate conoscenze di decine di migliaia di lavoratori e tecnici). Da qui il disinvestimento e la perdita di posti di lavoro. Ma anche sono nate nuove opportunità nel campo della foto digitale. Facendo un esempio piu' in grande, il passaggio dalla locomozione animale a quella del motore a scoppio è stato un grosso momenti di crisi per stallieri, allevatori di cavalli, maniscalchi, produttori di carrozze e di finimenti. Alcuni si sono riciclati (i carrozzieri per esempio) ma altri hanno semplicemente perso il lavoro. Contemporaneamente pero' l'industria dell'automobile ha assunto nel mondo milioni di lavoratori.

L'altro motivo per cui si scatenano crisi, molto piu' grosse ed estese, è l'ambito finanziario legato al valore della moneta.
E qui lo Stato ha grosse responsabilità, nel senso che tende a fare grossi disastri. Il potere infatti di stabilire la massa monetaria circolante e di intervenire sul mercato dei tassi e dei cambi per agevolare le esportazioni (svalutando) è legato alla banca centrale, spesso a sua volta fortemente legata al potere politico (è il caso della Cina o della Russia).

Anche dove la banca centrale è indipendente va detto che solitamente seguirà scuole di pensiero economico come quella keinesiana per cui in effetti una vera indipendenza non esiste.

Immettere forti dosi di liquidità per esempio implica la creazione di bolle speculative finanziarie (gli investitori si chiedono dove convenga di piu' investire tutti questi soldi e la rapidità della decisione è vincente) e quando la bolla scoppia si rientra nella logica precedente: disinvestire e cercare nuovi settori. Solo che in questo caso la crisi è piu' rapida e grande. Spesso i patrimoni investiti delle famiglie (i risparmi) si riducono anche del 50% con ovvie conseguenze sui consumi e quindi sull'occupazione in generale.

Se vediamo i due filoni descritti, il primo caso di crisi necessita unicamente di adeguati ammortizzatori sociali che sostengano il reddito (non il posto di lavoro, ormai decotto) e di strutture che aiutino i lavoratori a riqualificarsi professionalmente. Quindi corsi di formazione in nuovi settori. Lo stato non deve fare di piu'. Non puo' certo impedire l'innovazione e sostenere aziende decotte.

Il secondo caso invece è chiaro che le cose sono piu' complicate. A fronte di una crisi finanziaria o immobiliare (scoppio di una bolla) la classica politica è quella di aiutare iniettando liquidità, per sostenenre i consumi, per svalutare un po' la moneta e quindi aiutare le esportazioni. Ma si entra in un ciclo perverso. Nuova bolla che poi scoppierà. Razionalmente qui credo che l'intervento dello Stato su liquidità, tassi di interesse e tassi di cambio vada fortemente limitato. Anzi impedito.

Se vediamo le ultime grosse crisi, quella dei subprime e quella del debito pubblico, anche qui va detto che alla base c'è un errato intervento dello stato. Per i subprime gli USA hanno fortemente sostenuto per decenni (sotto diverse amministrazioni, democratiche e repubblicane) l'acquisto della prima casa anche a lavoratori che non potaveno permetterselo. Questo ha creato una grossa bolla immobilirare che ha funzionato fin tanto che il valore delle case aumentava. Quello la bolla è scoppiata le banche si sono trovate ad avere in casa oneri superiori al valore commerciale. Il fatto che abbiano cercato di nascondere questo in complessi prodotti strutturati a banche di tutto il mondo (poi rivelatesi titoli spazzatura) non è il vero motivo della crisi. Il motivo è un intervento statale fortissimo a sostegni della proprità abitativa fuori dai valori e dai criteri di mercato. Ritengo che se "avessimo lasciato fare al mercato" non ci sarebbero state cosi' tante ipoteche per persone inadempianti e non ci sarebbe stata crisi.

La crisi del debito pubblico (qui non si scappa) è sicuramente originata da errate scelte di politica economica. Spendere piu' di quanto si incassa lo si puo' fare un anno o massimo 5. Poi bisogna rientrare. Ma se lo si fa per 30 anni poi il conto lo pagano le prossime generazioni.

Riassumendo, le crisi piu' grosse sono create dallo stato, da suoi interventi errati in campo economico e finanziario. Come pensare che un altro intervento statale possa rimediare, se non è quello di tornare sui propri passi ed intervenire di meno?
Un buon intervento statale è quindi quello del rigore di bilancio. Quindi di non fare debito.
È quello di non manipolare il valore della moneta immettendo troppa massa monetaria, creando bolle ed infazione.
È quello di non manipolare i tassi di interesse ed i cambi.

Come vedete si parla di quello che lo stato non deve fare.
Nel primo caso, quello delle crisi legate all'innovazione, lo stato deve fare (ammortizzatori e formazione professionale continua) ma in Italia siamo agli antipodi. La Cassa Integrazione infatti protegge il posto di lavoro di aziende improduttive e decotte e manca invece la politica di sostegno al reddito ed alla riqualificazione professionale. Qualche cosa si sta muovendo (con il naspi) ma alla fine la risposta a crisi globali come vedete è data azioni locali. Solo quando ogni nazione avrà fatto le sue giuste politiche, facendo quello che si deve fare e soprattutto non facendo quello che non va fatto, allora vedrete che la necessità di azioni comuni coordinate sarà pari a zero.
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda Robyn il 27/08/2015, 11:07

Il Bretton Woods non aveva più funzionato perche gli Usa non avevano più sufficenti riserve auree per fare il cambio.Si parla oggi di una nuova Bretton Woods attraverso la creazione di una moneta sovranazionale che mantenga i cambi nellatolleranza del più meno 1%.La separazione fra banca commerciale e banca finanziaria al pari della Tobyn Tax periodicamente rItorna cioè non voglio che i miei risparmi vengano bruciati ma vadano agli investimenti
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda mariok il 27/08/2015, 12:19

franz ha scritto:
Come vedete si parla di quello che lo stato non deve fare.
Nel primo caso, quello delle crisi legate all'innovazione, lo stato deve fare (ammortizzatori e formazione professionale continua) ma in Italia siamo agli antipodi. La Cassa Integrazione infatti protegge il posto di lavoro di aziende improduttive e decotte e manca invece la politica di sostegno al reddito ed alla riqualificazione professionale. Qualche cosa si sta muovendo (con il naspi) ma alla fine la risposta a crisi globali come vedete è data azioni locali. Solo quando ogni nazione avrà fatto le sue giuste politiche, facendo quello che si deve fare e soprattutto non facendo quello che non va fatto, allora vedrete che la necessità di azioni comuni coordinate sarà pari a zero.


La solita storia: lo stato non deve fare nulla se non dare sussidi di disoccupazione, ovviamente nei limiti delle risorse disponibili; e poiché normalmente le crisi comportano una diminuzione delle risorse disponibili, si finisce col non fare nemmeno questo (o almeno non nella misura necessaria).

Non credo che sia così. Lo stato per esempio, in periodi di recessione, può mettere in campo progetti in infrastrutture che hanno un duplice effetto: quello di rimettere in moto l'economia dando lavoro alle imprese, rendere più efficienti alcuni servizi essenziali (come trasporti e comunicazioni) contribuendo indirettamente a rendere più competitive le imprese.

Può inoltre incentivare con benefici fiscali l'innovazione, aiutando le imprese ad adeguarsi alle nuove condizioni di mercato.

Normalmente le crisi finanziarie (che non sono solo le conseguenze di eccessi di liquidità, ma anche dai rischi connessi all'eccessiva speculazione che finiscono con lo scaricarsi sul credito alle imprese e quindi sull'economia reale) si accompagnano a crisi di fiducia. Un'economia in recessione rende più problematica la concessione di crediti alle imprese, che a loro volta rischiano di fallire non per scarsa competitività ma per asfissia finanziaria: si determina così un circolo vizioso attraverso il quale crisi genera crisi. Lo stato può intervenire spezzando questa catena, ridando fiducia attraverso fondi di garanzia o in casi estremi attraverso l'ingresso nel capitale di rischio di alcune imprese strategiche in crisi di liquidità.

Tutto ciò richiede però due requisiti essenziali: la transitorietà degli interventi, il cui protrarsi all'infinito crea forme di economia assistita, e grande trasparenza, che impedisca gestioni clientelari ed alterazioni della libera e leale concorrenza.

Sono due requisiti che molto raramente, soprattutto qui da noi, sono stati assicurati e la cui carenza ha finito col dar ragione a quanti sostengono che è preferibile che lo stato si tenga fuori. Non perché ciò sia vero in linea di principio, ma perché l'esperienza ci porta a ritenere purtroppo inevitabili certe degenerazioni, le cui dimensioni e gravità variano da paese a paese e rispetto alle quali registriamo non invidiabili primati.
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda franz il 27/08/2015, 12:30

Robyn ha scritto:Il Bretton Woods non aveva più funzionato perche gli Usa non avevano più sufficenti riserve auree per fare il cambio.Si parla oggi di una nuova Bretton Woods attraverso la creazione di una moneta sovranazionale che mantenga i cambi nellatolleranza del più meno 1%.La separazione fra banca commerciale e banca finanziaria al pari della Tobyn Tax periodicamente rItorna cioè non voglio che i miei risparmi vengano bruciati ma vadano agli investimenti

Io la so diversamente. Gli stati uniti stampavano troppi dollari (per sostenere i costi della guerra del Vietnam e della corsa spaziale) e non avevano abbastanza oro da dare in cambio a chi, dando dollari, avesse chiesto in cambio l'oro, come da accordi. La Francia, se ricordo bene, aveva chiesto (o minacciato di chiedere) l'oro.
Anche qui va detto che in regime di parità aurea, il sottostante della moneta circolante doveva corrispondere a riserve auree, cioè a qualcosa il cui valore era comunque un riferimento. Una volta svincolate le monete dall'oro, le nazioni hanno iniziato a stampare ed il risultato è stata un'inflazione notevole, che (spero) tutti ricordiamo. Per chi non ricorda, il grafico parla chiaro (purtroppo inizia solo dal 1980 e sarebbe interessante vedere cosa accadde a partire dal 1970.
https://www.google.com/publicdata/explo ... &ind=false

A grandi linee quando gli stati hanno capito che l'inflazione non andava bene, l'hanno bloccata ma hanno iniziato, almeno alcuni, a fare debiti: https://www.google.com/publicdata/explo ... &ind=false

Una moneta sovranazionale mondiale a cambi fissi credo non abbia alcun senso, senza un governo mondiale (la federazione mondiale auspicata da Kant). Le monete devono oscillare liberamente, in funzione della domanda e dell'offerta collegate ad import/export ed al movimento dei capitali. Capisco che agli appassionati del modello super fisso una moneta mondiale fissa (ma senza i doveri di appartenenza ad una federazione mondiale) sia auspicabile .... ma sarebbe un disastro.
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda mariok il 27/08/2015, 12:41

franz ha scritto:Le monete devono oscillare liberamente, in funzione della domanda e dell'offerta collegate ad import/export ed al movimento dei capitali. Capisco che agli appassionati del modello super fisso una moneta mondiale fissa ma senza i doveri di appartenenza ad una federazione mondiale sia auspicabile ma sarebbe un disastro.


Anche qui: l'errore, secondo me, è quello di dare per scontata l'esistenza di un mercato perfetto che in realtà non esiste.

Il cambio non è determinato unicamente dalla domanda e dall'offerta, ma dalle politiche monetarie degli stati attraverso le banche centrali.

Lo scatenarsi di guerre valutarie, attraverso le quali ogni stato crede di salvaguardare i propri interessi e quelli delle proprie imprese, altera il mercato e ne aggrava le condizioni, rischiando di provocare reazioni protezionistiche se non addirittura di minacciare la stessa pace.

Forme di azioni comuni coordinate che cerchino di governare le crisi, almeno per limitarne le conseguenze, fanno arricciare il naso ai teorici del mercato, ma sono realisticamente una necessità nella situazione data.
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda franz il 27/08/2015, 13:15

mariok ha scritto:
franz ha scritto:Le monete devono oscillare liberamente, in funzione della domanda e dell'offerta collegate ad import/export ed al movimento dei capitali. Capisco che agli appassionati del modello super fisso una moneta mondiale fissa ma senza i doveri di appartenenza ad una federazione mondiale sia auspicabile ma sarebbe un disastro.


Anche qui: l'errore, secondo me, è quello di dare per scontata l'esistenza di un mercato perfetto che in realtà non esiste.

Il cambio non è determinato unicamente dalla domanda e dall'offerta, ma dalle politiche monetarie degli stati attraverso le banche centrali.

Appunto il mercato "perfetto" non esiste, proprio perché gli stati agiscono contro (quindi non si vole che esista un mercato prefetto e si usa questo come argomento contro il mercato) tuttavia anche imperfetto è meglio di quello che gli stati hanno fatto fin ora (inflazione al 10-20% e debito pubblico a balla).
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Re: l'Europa e la crisi della Cina

Messaggioda Robyn il 27/08/2015, 13:41

Mi sembra che l'aderenza al bretton wood"dal nome dalla città statunitense da dove nacque" comportasse che i singoli paesi versassero una quota affinche potessero coprire gli squilibri temporanei della loro bilancia commerciale.In aggiunta era prevista una banca internazionale presso l'Fmi che aiutasse attraverso dei programmi i paesi poveri ad innescare un processo di sviluppo
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