franz ha scritto:
Come vedete si parla di quello che lo stato non deve fare.
Nel primo caso, quello delle crisi legate all'innovazione, lo stato deve fare (ammortizzatori e formazione professionale continua) ma in Italia siamo agli antipodi. La Cassa Integrazione infatti protegge il posto di lavoro di aziende improduttive e decotte e manca invece la politica di sostegno al reddito ed alla riqualificazione professionale. Qualche cosa si sta muovendo (con il naspi) ma alla fine la risposta a crisi globali come vedete è data azioni locali. Solo quando ogni nazione avrà fatto le sue giuste politiche, facendo quello che si deve fare e soprattutto non facendo quello che non va fatto, allora vedrete che la necessità di azioni comuni coordinate sarà pari a zero.
La solita storia: lo stato non deve fare nulla se non dare sussidi di disoccupazione, ovviamente nei limiti delle risorse disponibili; e poiché normalmente le crisi comportano una diminuzione delle risorse disponibili, si finisce col non fare nemmeno questo (o almeno non nella misura necessaria).
Non credo che sia così. Lo stato per esempio, in periodi di recessione, può mettere in campo progetti in infrastrutture che hanno un duplice effetto: quello di rimettere in moto l'economia dando lavoro alle imprese, rendere più efficienti alcuni servizi essenziali (come trasporti e comunicazioni) contribuendo indirettamente a rendere più competitive le imprese.
Può inoltre incentivare con benefici fiscali l'innovazione, aiutando le imprese ad adeguarsi alle nuove condizioni di mercato.
Normalmente le crisi finanziarie (che non sono solo le conseguenze di eccessi di liquidità, ma anche dai rischi connessi all'eccessiva speculazione che finiscono con lo scaricarsi sul credito alle imprese e quindi sull'economia reale) si accompagnano a crisi di fiducia. Un'economia in recessione rende più problematica la concessione di crediti alle imprese, che a loro volta rischiano di fallire non per scarsa competitività ma per asfissia finanziaria: si determina così un circolo vizioso attraverso il quale crisi genera crisi. Lo stato può intervenire spezzando questa catena, ridando fiducia attraverso fondi di garanzia o in casi estremi attraverso l'ingresso nel capitale di rischio di alcune imprese strategiche in crisi di liquidità.
Tutto ciò richiede però due requisiti essenziali: la transitorietà degli interventi, il cui protrarsi all'infinito crea forme di economia assistita, e grande trasparenza, che impedisca gestioni clientelari ed alterazioni della libera e leale concorrenza.
Sono due requisiti che molto raramente, soprattutto qui da noi, sono stati assicurati e la cui carenza ha finito col dar ragione a quanti sostengono che è preferibile che lo stato si tenga fuori. Non perché ciò sia vero in linea di principio, ma perché l'esperienza ci porta a ritenere purtroppo inevitabili certe degenerazioni, le cui dimensioni e gravità variano da paese a paese e rispetto alle quali registriamo non invidiabili primati.
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville