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M5S, c'è del marcio anche in danimarca?

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M5S, c'è del marcio anche in danimarca?

Messaggioda franz il 12/06/2015, 10:59

M5S, le case degli uomini di Casaleggio pagate coi fondi pubblici del Senato

I Cinque Stelle hanno speso 160 mila euro per gli appartamenti dello staff comunicazione, 40 mila dei quali per il solo alloggio di Rocco Casalino, l’ex del Grande fratello. Anche se la normativa prevede che i soldi siano usati per “scopi istituzionali”

di Paolo Fantauzzi

Contro gli affitti d’oro di Montecitorio il Movimento cinque stelle ha condotto una delle sue più popolari battaglie. Al motto di “Basta milioni spesi per gli uffici parlamentari, anche gli onorevoli devono fare la loro parte” (e stringersi se necessario), la Camera ha alla fine rescisso parte dei contratti di locazione sottoscritti con la società Milano 90 dell’immobiliarista Sergio Scarpellini. Non a caso il deputato Riccardo Fraccaro, protagonista della “campagna” in Ufficio di presidenza, l’ha definita «una delle più grandi vittorie politiche del Movimento».

Solo che nel loro piccolo anche i grillini, che rivendicano orgogliosamente la loro diversità e morigeratezza, rischiano di impantanarsi proprio su una vicenda immobiliare. Dall’inizio della legislatura, ha ricostruito l’Espresso, al Senato hanno speso infatti 160 mila euro per pagare l’affitto di casa ai dipendenti della comunicazione, la cinghia di trasmissione tra lo staff della Casaleggio associati a Milano e il gruppo parlamentare di Palazzo Madama. Un manipolo di fedelissimi (qualcuno è arrivato a Roma direttamente dalla srl del guru), scelti "su designazione di Beppe Grillo" come recita il codice di comportamento degli eletti e che si è accasato in una delle più belle zone di Roma, compresa fra il Pantheon e via Giulia.

DI CASA IN CASA
L’affittuario più noto è il coordinatore dello staff Rocco Casalino, divenuto celebre come inquilino di un’altra casa: quella del Grande Fratello (all'interno della quale, in tempi pre-Movimento, si dichiarava convinto sostenitore di Rifondazione comunista). Quando a fine 2012 provò a candidarsi per le elezioni regionali in Lombardia, ai militanti che lo criticavano sul blog per il suo passato televisivo rammentò la dura infanzia in Germania, in un piccolo appartamento dove il padre "per risparmiare non accendeva mai i riscaldamenti".

Tempi quanto mai lontani, fortunatamente: dall’estate del 2013 l’ex gieffino ha trovato insieme a un collega il suo buen ritiro al quinto piano di un bellissimo palazzo secentesco in via di Torre Argentina, fatto costruire da una nobile casata viterbese e da due secoli di proprietà di una storica famiglia romana. Una stupenda casa a due passi dal Pantheon: per le sue due camere, il salone e i due bagni il gruppo parlamentare ha speso finora 40 mila euro di affitto.

Altri 50 mila euro, invece, sono andati per la pigione di un grande appartamento abitato fino allo scorso autunno da altri tre dipendenti. Compreso - a quanto risulta a l’Espresso - il fedelissimo Nik il Nero, il camionista-videomaker divenuto celebre per i suoi editoriali politici girati nella cabina del suo tir . Anche in questo caso, un’abitazione assai blasonata: è infatti del conte Emo Capodilista, che - ironia della sorte - essendo fra i proprietari di Palazzo Grazioli, è anche padrone di casa di Silvio Berlusconi .

Prima di lasciare Roma per Bruxelles, invece, il precedente capo della comunicazione Claudio Messora viveva in un grazioso monolocale dietro piazza Navona, anche questo all'interno di uno splendido palazzo nobiliare: 1.600 euro al mese per un quinto piano con angolo cottura. In tutto, circa 26 mila euro di affitto. Andati a un altro proprietario dal sangue blu: una nobildonna appartenente alla famiglia dei marchesi di Sambuci, sposata col discendente di una famiglia di conti partenopei di antico lignaggio.

FONDI PUBBLICI, ALLOGGIO PRIVATO
Solo nel 2014, ha ricostruito l’Espresso, il Movimento cinque stelle ha speso 100 mila euro per le case dei dipendenti della comunicazione. Ai quali vanno aggiunti altri 52 mila nel 2013, 8 mila di agenzia e altri 5 mila di utenze domestiche. Totale: 165 mila circa. Forse troppo per gli stessi grillini, visto che negli ultimi mesi è andata in scena una “spending review” che dovrebbe consentire loro di spendere meno per l’anno in corso: alla fine dell’anno scorso le case affittate erano cinque, i dipendenti che ci vivevano erano sei, e costavano 6.291 euro al mese.

Ma se l’attenzione che i Cinque stelle riservano ai loro dipendenti è lodevole, il problema è che si tratta di fondi pubblici. Il Senato infatti eroga ai gruppi parlamentari una somma in base alla loro consistenza (2,5 milioni l’anno nel caso del M5S) ma i contributi, recita il regolamento all’articolo 16 , “sono destinati esclusivamente agli scopi istituzionali riferiti all'attività parlamentare e alle attività politiche ad essa connesse (…) nonché alle spese per il funzionamento dei loro organi e delle loro strutture, ivi comprese quelle relative ai trattamenti economici del personale”.

Insomma, in teoria il denaro non potrebbe essere utilizzato per stipulare contratti di locazione a uso abitativo ma solo per pagare gli stipendi dei dipendenti. Se poi il Movimento ritenesse la casa un benefit indispensabile, potrebbe sempre aggiungere un extra in busta paga. Come accade alla Camera, dove per alcuni dipendenti è previsto un rimborso a piè di lista per l’affitto (peraltro sottoposto a tassazione). E che l’alloggio non rientri nelle fattispecie previste sembra confermarlo indirettamente il fatto che l’anno scorso questa spesa è stata inserita sotto la voce “godimento di beni terzi”. «Era quella che ci si avvicinava di più» spiega a l’Espresso il senatore Giuseppe Vacciano, ex tesoriere del gruppo: «E comunque quella dell’affitto è una clausola prevista nel contratto come fringe benefit, penso ci sia poco da fare…».

RISCHIO RESTITUZIONE
Nel 2014 il rendiconto del M5S ha superato il controllo di conformità ma la società di revisione (la Bdo) ha rammentato nella sua relazione come “la verifica dell’inerenza delle spese documentate agli scopi istituzionali per i quali i contributi sono erogati ai gruppi parlamentari è demandata al Collegio dei questori ed esula dalla nostra attività”.

Le cose adesso potrebbero cambiare e sul prossimo rendiconto rischia di abbattersi la censura dei tre senatori chiamati a controllare i bilanci dei gruppi (una è la grillina Laura Bottici), che pure lo scorso anno non hanno sollevato obiezioni. «Di recente c’è stata una segnalazione su questo aspetto e, se fosse confermata, siamo intenzionati a chiedere chiarimenti espliciti e approfondimenti» dice a l’Espresso il senatore-questore Lucio Malan. "Il rischio, nel caso le motivazioni addotte dal Movimento cinque stelle non venissero accolte, è che al gruppo siano decurtati i soldi spesi finora per i contratti di locazione".

http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... i-1.202982
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Re: M5S, c'è del marcio anche in danimarca?

Messaggioda mariok il 02/07/2015, 17:01

Le parole di Di Maio nell’assemblea fatta rifare da Casaleggio. Che cosa sta succedendo nel M5S?
ANSA
01/07/2015

Cosa sta succedendo davvero nel Movimento cinque stelle? Cosa c'è dietro la rivolta antiCasaleggio - consumata nel primo voto dei deputati contro Ilaria Loquenzi, responsabile della comunicazione, e poi rientrata con una seconda assemblea, imposta dal manager milanese e finita con la ratifica della sua decisione?

La domanda diventa interessante se consideriamo che stiamo parlando comunque del secondo partito in Italia, ancora al venti per cento dei voti, forse qualcosa in più, e in gioco - almeno teoricamente - per andare al ballottaggio, con l'Italicum. Ma in questa domanda il punto cruciale è: il voto contro Casaleggio delineava una scalata bella e buona (una specie di golpe interno), o qualcosa che è accaduto soltanto per una somma di incapacità (del direttorio e dei deputati), una somma di casualità che hanno portato a un esito irripetibile?


Racconta Javier Cercas in un libro fenomenale, Anatomia di un istante, che i golpe sono tali solo in atto, mentre qualcuno li sta tentando. Quando falliscono, i golpisti negheranno di aver mai anche solo pensato a un golpe. Nel caso del voto contro Casaleggio, bisogna risalire almeno al 20 maggio scorso, per capire le cose, quando La Stampa racconta con qualche anticipo che esiste un caso-Loquenzi, e che, soprattutto, su questo si è consumato uno scontro molto forte tra Casaleggio e il direttorio, in particolare Di Maio. Il gruppo guidato dal giovane leader aveva rappresentato al cofondatore una richiesta dell'assemblea: sostituire o affiancare la responsabile della comunicazione del M5S alla Camera, spiegando che era malvista da quasi tutti i deputati. In sostanza il direttorio, anziché stoppare questa operazione dell'assemblea, provava a rappresentarla. La risposta di Casaleggio fu durissima: "Se fate questo io me ne vado e vi lascio al vostro destino". Di Maio e il direttorio apprendono in quel momento (a maggio) che Casaleggio vive l'attacco a Loquenzi come un attacco alla sua stessa figura di leader. Il direttorio, da allora, sa; dobbiamo pensare che capisca. Non c'è molto da capire, del resto: gli viene detto chiaramente, e a brutto muso, da Casaleggio.


Cosa potrebbero fare allora i cinque? Se stanno con Casaleggio, lavorare subito per far rientrare i malumori contro la Loquenzi. Se vogliono indebolire Casaleggio, assecondare l'assemblea, sapendo che silurerà Loquenzi (è matematico, e La Stampa lo prevede al millimetro). Invece cosa succede? Il direttorio resta in una posizione non chiarissima: nel primo voto vota ovviamente per difendere Loquenzi, ma fa poco e male per convincere i deputati, cioè per fare il suo lavoro di trait d'union tra Milano e Roma. Nella migliore delle ipotesi, lavora male; nella peggiore lascia montare una rivolta stando a vedere cosa ne esce. Magari qualcosa di buono per alcune delle tante ambizioni in campo in questa partita.


Quando Casaleggio, è storia recentissima, cala il pugno di ferro, si riprende incredibilmente il pallone, azzera la prima assemblea e ne fa rifare un'altra, il direttorio è in una tenaglia. Come ne esce? L'assemblea di ieri sera meriterebbe di esser raccontata per filo e per segno, con tanti racconti a parte, e almeno citando un paio di interventi su tutti, quelli di Di Maio e quello di Matteo Mantero, opposti (Mantero fa accuse durissime al direttorio, su cui potremmo tornare in futuro). Ma qui - per la nostra analisi - è importante citare cosa dice il primo, il giovane leader campano. Di Maio si presenta davanti ai deputati e dice, anche con lieve autoironia: "Scusatemi se mi sono permesso in questi giorni di fare qualche telefonata agli amici, per spiegare meglio come stavano le cose. Forse abbiamo sbagliato noi, non siamo stati capaci di far capire abbastanza bene all'assemblea che il voto sulla Loquenzi veniva vissuto a Milano come un voto di fiducia personale su Casaleggio". Per questo, e solo per questo, sostiene Di Maio, si è creato il corto circuito disastroso di questa vicenda.


A questo punto però in sala in tanti si chiedono: dopo che Casaleggio - un mese fa! - aveva chiaramente minacciato il direttorio di andarsene se avessero insistito sul tema della sostituzione di Loquenzi, come mai, fedeli come sono, non si sono messi alacremente all'opera per convincere subito l'assemblea che quello diventava un voto su Casaleggio, e hanno invece lasciato fare? Sono incapaci, poco avveduti, o magari sono stati un po' meno fedeli del previsto, cioè fedeli a metà? Assistevano a un golpe pronti a schierarsi, eventualmente, con chi l'avesse vinto?


Certamente no; questo lo direbbe Cercas.
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Re: M5S, c'è del marcio anche in danimarca?

Messaggioda mariok il 21/07/2015, 14:48

La zarina del M5S choc sui migranti: “Diamo sfogo a rabbia e paura”
Istruzioni agli eletti e nomine: l’irresistibile ascesa di Silvia Virgulti

21/07/2015
JACOPO IACOBONI

«L’argomento immigrazione suscita molte emozioni, tra cui in primis paura e rabbia. Per questo, in tv iniziare ad argomentare o spiegare trattati o proporre soluzioni più o meno realistiche è inutile, perché le persone sono in preda alle emozioni e sentono minacciate loro stessi e la loro famiglia; non si può pretendere che seguano un discorso puramente razionale». La conclusione è cinica, consiglia di puntare tutto sul «ricalco emotivo»: «Diamo sfogo a rabbia+paura». E ancora, parlando della tristissima vicenda dei migranti bloccati a Ventimiglia: «Questa storia di Ventimiglia può farci gioco per ritirare fuori il tema no euro e no Europa dei burocrati. Gli italiani si sentono soli, la Francia ci sta schiacciando, è l’evidenza che l’Ue non ci dà alcun supporto, sia in ambito economico, sia in ambito sociale, possiamo legarci il nostro referendum!».

Chi utilizza in modo così spregiudicato il problema dei migranti e il caso-Ventimiglia, dentro il M5S? La donna più potente in questo momento dentro il Movimento; formalmente è solo una consulente di comunicazione, la coach tv, quella che sta istruendo i parlamentari - con una serie di «schede comunicative» scritte, con le frasi evidenziate in giallo - su come devono esprimersi in tv sui temi di attualità. Immigrati, scuola, taglio delle tasse del premier («Renzi vuole le urne piene e la Merkel felicemente ubriaca»): ma chi è questa donna, che propone scelte così crude e sponsorizza alla Casaleggio le nomine da fare, e quale metamorfosi sta avvenendo nel Movimento?

Si chiama Silvia Virgulti, è una quarantenne della provincia di Parma e, fin dal suo arrivo a Roma, si è fatta notare. Laureata in glottologia a Vienna, racconta di avere un master in economia alla Bocconi, ma se ne hanno pochissime tracce in giro, e moltissimi dei link che riportano a lei su Internet risultano cancellati. Parla quattro lingue (è certificato) ha legami professionali con Canada e Stati Uniti (i legami nordamericani la avvicinano al cofondatore del M5S), e è arrivata a Roma mandata direttamente da Milano. Com’è entrata in contatto con la Casaleggio, che sembra averla in grandissima considerazione? Inizialmente, attraverso i due fratelli Pittarello, Filippo - che seguì la fase aurorale del blog - e Tommaso; e attraverso alcune amicizie comuni con i due fratelli, amicizie riconducibili al mondo dei trainer professionali e dei motivatori (la Pnl, la programmazione neurolinguistica, una tecnica per formare e motivare in campo manageriale, o anche politico).

Silvia non è una formatrice; ama e conosce quel mondo nella sua versione meno accademica e più underground. Regala a importanti deputati il libro di Bandler e Grinder (i fondatori della disciplina che insegnano, anche, controllo e tecniche di seduzione psicologica), La struttura della magia (pubblicato da Il giardino dei libri e sponsorizzato da Tze Tze, un sito legato al blog di Grillo). Il trait d’union con i Pittarello è un esperto di questa Pnl underground, Francesco Cirigliano, in arte «zio Hack». Un mondo che fa il verso al new age e al «movimento arcaico», ma che non impedisce a Cirigliano di guidare, curiosamente, un’agenzia di modelle (primamodella.org).

La prima occasione in cui Virgulti viene fuori in pubblico è potentissima: all’indomani della sconfitta del M5S alle europee, durante un’assemblea molto dura in cui il Movimento fa autocritica sugli errori nella campagna elettorale, è lei, ultima arrivata, ad alzarsi e potersi permettere di dire due cose: «Ci hanno danneggiato il cappellino di Casaleggio, e le uscite di Grillo sui palchi». A fine assemblea Alessandro Di Battista le fa i complimenti e le fa arrivare la sua soddisfazione. Ma come può una «novizia» (neanche eletta) pronunciare critiche così pesanti (anche sul piano umano) ai due fondatori? Lei critica frontalmente Casaleggio eppure cresce. Avanza. Allarga la sua sfera di influenza. Entra nel gruppetto di Luigi Di Maio, al quale è molto vicina politicamente, oggi.

L’ultimo episodio del suo potere sono le nomine del nuovo sistema operativo del M5S Rousseau, che di fatto allargano il direttorio dei cinque: è un caso che molti siano amici di Virgulti, Manlio Di Stefano (coordinerà la scrittura delle leggi proposte dai parlamentari), Danilo Toninelli (proposte di legge degli iscritti), Nicola Morra (e-learning), Alfonso Bonafede (raccolta fondi a tutela legale degli eletti). Mandata da Casaleggio, coccolata da Grillo - che al party dall’ambasciatore americano a Villa Taverna il 4 luglio 2014 porta solo lei - influente consigliera di Di Maio. Ce n’è abbastanza per seguirla con curiosità.

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