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Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda flaviomob il 11/02/2015, 11:26

Accordo sui debiti esteri germanici
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Hermann Josef Abs firma l'accordo sul debito di Londra il 27 febbraio 1953.
L'accordo sui debiti esteri germanici, noto anche come accordo sul debito di Londra (in tedesco rispettivamente Abkommen über deutsche Auslandsschulden e Londoner Schuldenabkommen, in inglese Agreement on German External Debts e London Debt Agreement), è stato un trattato di parziale cancellazione del debito firmato a Londra il 27 febbraio 1953 tra la Repubblica Federale di Germania da una parte e Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia dall'altra.

I negoziati durarono dal 27 febbraio all'8 agosto 1953[1].

Il trattato, ratificato il 24 agosto 1953, impegnava il governo della Repubblica federale di Germania sotto il cancelliere Konrad Adenauer a rimborsare i debiti esterni contratti dal governo tedesco tra il 1919 e il 1945[1] ed era accoppiato al concordato sul rimborso parziale dei debiti di guerra alle tre potenze occidentali occupanti.

Vennero prese in considerazione le esigenze di 70 Stati, 21 dei quali provenienti direttamente dai partecipanti ai negoziati e firmatari del contratto; i Paesi del blocco orientale non vennero coinvolti e le loro richieste furono ignorate.

Il totale in fase di negoziazione ammontava a 16 miliardi di marchi di debiti degli anni 1920 inadempiuti negli anni 1930, ma che la Germania decise di rimborsare per ristabilire la sua reputazione.

Questa somma di denaro venne pagata ai governi e alle banche private di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.

Altri 16 miliardi di marchi erano rappresentati da prestiti del dopoguerra dagli Stati Uniti. Sotto la negoziazione di Hermann Josef Abs, la delegazione tedesca raggiunse un elevato livello di riduzione del debito: con l'accordo di Londra infatti l'importo da rimborsare fu ridotto del 50% a circa 15 miliardi di marchi e dilazionato in più di 30 anni, il che, rispetto alla rapida crescita dell'economia tedesca, ha avuto un minore impatto[2].

L'accordo contribuì in modo significativo alla crescita del secondo dopoguerra dell'economia tedesca e al riemergere della Germania come potenza mondiale economica e permise alla Germania di entrare in istituzioni economiche internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio.

L'accordo normava anche i debiti delle riparazioni della Seconda Guerra Mondiale e questi vennero messi in correlazione con la riunificazione tedesca (evento che nel 1953 sembrava lontano e non certo).

Venne stabilito che i debiti sarebbero stati congelati fino alla riunificazione della Germania.

Quando nel 1990 questo evento si verificò i suddetti debiti vennero quasi totalmente cancellati, questo per permettere al nuovo stato di gestire una costosa e difficile riunificazione.[3]


Del totale rimasero operative solo delle obbligazioni per un valore di 239,4 milioni di Marchi Tedeschi che vennero pagati a rate.


Il 3 ottobre 2010 la Germania terminò di rimborsare i debiti imposti dal trattato[4] con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro[5].


Dopo la fine della guerra fredda, tra il 1991 e il 1998 vennero firmati degli accordi bilaterali di compensazione - simili a quelli degli anni '60 con i paesi occidentali[6] - con la Polonia, la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania.


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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda franz il 11/02/2015, 12:17

trilogy ha scritto:Ora mi spiego certe mosse negoziali dei greci.... Varoufakis è un economista, ma insegna teoria dei giochi. Ci sarà da divertirsi :mrgreen:

Intanto tra palestre, discoteche ed impieghi presso aziende di videogiochi, si è divertito abbastanza pure lui. :-)
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda franz il 12/02/2015, 8:18

Grecia, così si svuotano le casse di Atene: a fine mese forzieri in rosso per 3 miliardi

Si avvicina il momento in cui il governo non sarà più in grado di pagare pensioni e stipendi pubblici. Impossibile onorare la scadenza Fmi di marzo. E moltissimi greci hanno smesso di versare le tasse
di FEDERICO FUBINI

LA LINEA di frontiera si sta avvicinando ogni giorno di più. Più di quanto si pensasse prima delle elezioni, più di quanto si prevedesse anche dopo che Alexis Tsipras ha vinto il suo mandato a guidare la Grecia. La linea di frontiera, è quando tutto si ferma: il punto al quale il governo di Atene si trova privo di liquidità per assicurare gli stipendi pubblici, le pensioni e i più elementari pagamenti che permettono a uno Stato di funzionare. È il confine che separa l'ordine sociale dal caos, distante ormai solo qualche settimana se un accordo fra Tsipras e il resto d'Europa non arriva presto.

Dopo che Syriza ha ottenuto il 36% dei voti il 25 gennaio scorso, nessuno pensava che quella linea d'ombra sarebbe stata così mobile e così vicina. A Bruxelles come ad Atene, era diffusa l'idea che il nuovo governo in qualche modo sarebbe potuto arrivare fino all'inizio dell'estate. Non è più così. Fonti convergenti da Atene e Bruxelles riferiscono di una situazione di cassa che si sarebbe fatta rapidamente molto difficile. Anche dopo il collocamento di titoli a breve per circa un miliardo di euro, il Tesoro greco sembra destinato a trovarsi con il forzieri in rosso per 3 miliardi di euro al 26 febbraio prossimo. A marzo inoltrato, il rosso arriverebbe a 5 o 6 miliardi e il governo sarebbe nell'impossibilità di onorare una pur limitata scadenza di debito verso il Fondo monetario internazionale.

In queste condizioni, un'insolvenza fuori controllo è tutt'altro che inimmaginabile. Nessuno fuori dal governo di Tsipras sa con esattezza, ovviamente. Gli unici ad avere il quadro dei conti sono il premier, il suo ministro finanziario Yanis Varoufakis e i loro staff. Pur di trovare denaro spendibile, tuttavia, di recente il governo avrebbe fatto persino ricorso alla cassa delle società pubbliche e ai loro "repo", le operazioni di rifinanziamento a breve termine con le banche. Soprattutto, sembra al momento chiusa l'altra strada che in molti avevano immaginato per dare a Tsipras un po' di ossigeno: i prestiti di emergenza della Banca centrale europea agli istituti greci, con i quali questi ultimi avrebbero potuto comprare i titoli di Stato a breve termine emessi dal governo. Questo meccanismo semicircolare - dalla Bce, alle banche, allo Stato - ora è quasi bloccato. Il governo ha già raggiunto il limite di bond a breve termine che può emettere e le banche sono ormai schiacciate contro il tetto di circa 60 miliardi relativo ai prestiti di emergenza concessi (per ora) da Francoforte.

Anche per gli istituti greci la situazione si fa dunque ogni giorno più delicata. La strisciante corsa dei risparmiatori a ritirare i propri depositi si era fermata nelle scorse settimane, in attesa del tour europeo del nuovo governo. Da lunedì però l'emorragia è ripartita. Il 79% degli elettori approva la linea del governo Tsipras di sfida all'Europa; nel frattempo però i depositi dei risparmiatori nelle banche sono scesi di oltre il 10%, da 164 a 147 miliardi. Questo deflusso rischia di non poter proseguire a lungo, senza che il governo sia costretto a imporre limiti al ritiro di contante dagli sportelli e al trasferimento di denaro all'estero. Così Tsipras oggi è tanto intransigente verso l'Europa, della quale rifiuta in blocco le condizioni per nuovi prestiti, quanto finanziariamente ogni ora più fragile. Angela Merkel lo sa. La consapevolezza che il tempo della Grecia sta scadendo è la prima pietra - magari l'unica - della strategia negoziale della cancelliera tedesca: restare seduti e aspettare che il naufragio sia a un soffio, per poi indurre Atene a piegarsi.

Nella sua visita a Washington nei giorni scorsi, Merkel ha fatto mostra di tranquillità e ha spiegato che ciò che occupa i suoi pensieri in questa fase è soprattutto la crisi ucraina. Gli ingredienti per un catastrofico malinteso sono dunque tutti sul tavolo. Non è certo che si riuscirà ad evitarlo. La Germania non intende muoversi dalle sue posizioni, aspettando che la Grecia sia a un passo dal caos. Per finanziarsi, Tsipras potrebbe voler tassare i depositi bancari ma per farlo dovrebbe prima bloccarne l'accesso da parte dei risparmiatori. Non è difficile immaginare il panico che seguirebbe. Per parte propria il nuovo premier in parlamento ad Atene lunedì e martedì ha dato l'impressione di essere prigioniero della sua stessa retorica belligerante. Dopo aver cancellato la tassa sulla casa, ha persino promesso ai greci che le scadenze residue si sarebbero potute versare "in cento rate". Ovvio che moltissimi abbiano subito smesso di pagarle, che il bilancio sia sempre più in deficit e il premier popolarissimo. Un'euforia di liberazione si è impadronita dei greci, spinta dall'intransigenza del governo. Dunque per Tsipras il prezzo di una (parziale) marcia indietro sale ogni giorno di più, mentre l'ala sinistra del suo partito è apertamente tentata dall'addio all'euro. Tutti plaudono al premier. Non sarebbe la prima volta che una nazione marcia euforica verso il precipizio.

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ef=HREC1-3


Due considerazioni:
1) Visto che bello quando un partito che ottiene il 36% dei voti ottiene anche, grazie alla legge elettorale, la maggioranza dei seggi?
2) Se si dovesse condonare il debito greco, perché non anche quello italiano? E quello spagnolo, portogese?
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda pianogrande il 12/02/2015, 12:35

E l'Europa dovrebbe finanziare questi pazzi scatenati?

Non si può continuare a raccontare al popolo che per stare bene basta far debiti e non pagarli.

Addirittura (e succede anche in Italia) spacciando questa stupidissima pretesa come l'apoteosi della sovranità nazionale.

E' vero che la gente crede a quello che gli conviene credere ma, in questo caso, conviene davvero credere a queste teorie?

Neanche il ragionamento di dargli un po' di respiro può essere accettato; visto che persistono nell'errore invece di cercare di invertire la tendenza.

Si stanno suicidando ingerendo veleno a noi dovremmo, quotidianamente e a nostre spese, fornirgli il costosissimo contro veleno.

Altro che situazione Kafkiana!
Fotti il sistema. Studia.
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Questa è la Germania che mi piace

Messaggioda Robyn il 12/02/2015, 21:37

Angela Merkel apre alla Grecia
Le mediazioni sono state sempre fruttuose e
positive per l'Europa l'importante è l'affidabilità
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda franz il 12/02/2015, 21:57

Anche Angela conosce la teoria dei giochi (quindi sa come e quando fare concessioni per vedere cosa concede l'altro) e soprattutto vista la sua provenienza conosce i comunisti e sa come trattare con loro. ;)
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda franz il 13/02/2015, 8:12

Riprendo da altro thread.
flaviomob ha scritto:Strano: la borsa di Atene cresce del 4% e a tirarla in alto sono proprio i bancari.

Pagare le tasse a rate? Perché no?

In 6 o 12 va bene, in 100 (mensili) è istigazione a non pagare e crea una voragine negli incassi.

Interessante l'articolo che metto qua sotto, non solo per i numeri ma perché indica che si sta mettendo una particolare enfasi nei danni provocati da un'eventuale uscita della Grecia (Grexit). Il che mette sotto pressione quelli che piu' avrebbero da perderci.
Ma l'articolo dimentica di far notare che a fronte dei danni di un Grexit ci sarebbero quelli di una diga che dilaga, se dopo aver concesso qualcosa lalla grecia, anche altri reclamassero (a questo punto anche giustamente) pari trattamento.



Grexit, l'Italia rischia 61,2 miliardi

Calcolo di Barclays: "Le possibilità di uscita dall'euro della Grecia sono più alte adesso che nel 2012". E le cifre sono da brivido
di EUGENIO OCCORSIO
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13 febbraio 2015

ROMA - Altro che i 30-40 miliardi di cui si è parlato finora: l'esposizione dell'Italia verso la Grecia, che diventa automaticamente a rischio nel caso di uscita di Atene dall'euro, arriverebbe a 61,2 miliardi. Il calcolo è della Barclays, una delle tante banche internazionali che stanno sfornando i loro report in queste ore drammatiche per Atene. In tutti il tono è completamente cambiato rispetto a pochissimi giorni fa: ormai si ragiona esplicitamente delle conseguenze della Grexit, vista come un evento possibile, e forse di più. Nella media dallo 0-10% le possibilità sono salite al 20-30 e ancora peggio. E si fanno i calcoli dei costi per i partner europei.

La Barclays si limita a dire che "le possibilità di uscita sono più alte adesso che nel 2012 (anno della precedente fase acuta della crisi, ndr ) ", ma poi mette nero su bianco delle cifre da brivido. La tabella sull'official exposure per l'Italia recita: 10 miliardi di prestiti bilaterali, 27,2 tramite il fondo salvastati, 4,8 come quota parte dell'operazione Securities Markets Programme del 2012 (l'acquisto di titoli di debito da parte della Bce di cui peraltro beneficiò anche il nostro Paese), 19,2 come passività derivanti dal Target 2 (il sistema di compensazione dei pagamenti fra banche nazionali coordinato dalla Bce che rimarrebbe congelato dalla Grexit). Le ultime due voci sono calcolate sulla base del capital key, la quota dell'Italia nel capitale Bce che è del 17%. Totale: 61,2 miliardi, il 3,8% del Pil. La terza perdita secca d'Europa, dopo i 91,6 della Germania e i 70,1 della Francia, entrambe però limitate al 3,3% del Pil. Molto peggio andrebbe per i soci "minori" dell'eurozona: per l'Estonia l'esposizione è del 4,3% del Pil, per la Slovacchia del 4,2, per Malta del 5,3.

Non è l'unico calcolo allarmante del rapporto. Il problema, dice la Barclays, è che sarebbe un'uscita brusca e traumatica: "La storia insegna che pochi governi sono sopravvissuti in casi del genere". Come negli altri casi, "le più colpite sarebbero le classi medie, senza soldi all'estero né speciali proprietà". La fuga dei depositanti dalle banche sarebbe precipitosa, prima ancora che venga fissato il nuovo cambio della dracma, "e sarebbe quasi inevitabile la statalizzazione degli istituti dopo il loro collasso". Ma gli scenari non sono molto migliori neanche senza uscita dall'euro. Il debito pubblico greco, per esempio, se Atene resterà nel programma della Troika scenderà dal 175 al 120% nel 2020, ma se si chiama fuori nello stesso anno sarà ancora del

155% e bisognerà aspettare il 2030 per giungere al 123%. E tutto questo ammettendo che venga concesso ad Atene l'azzeramento degli interessi per 20 anni. "La Grecia resterebbe per decenni altamente esposta a shock fiscali - si legge nel rapporto - e dipendente da aiuti finanziari".

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ef=HRER2-1
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