Fa piacere anche a me che sia tutto chiarito.
Un piccolo inciso: quando parlo di cultura newyorchese, forse per una deformazione che deriva dalla mia passione per la musica, metto questa arte in primo piano.
Nell'intervista il musicologo Bragalini cita come maggiori compositori e parolieri di "standard" jazz americani quattro nomi: non per caso, sono tutti di famiglie ebree emigrate dall'Europa (i Gerhowitz che poi assunsero il nome Gershwin da Odessa a New York, gli altri presumo vivessero a NY ma non sono sicuro, verosimilmente ci lavoravano data la presenza di Broadway). Oltre ai fratelli Gershwin ci sono Berlin e Hart.
Bragalini stesso in più scritti ha evidenziato le influenze della musica ebraica (soprattutto europea orientale) sulla musica americana (canzoni musical e jazz) del '900.
http://www.jazzitalia.net/articoli/luca ... NE5-Z2G_XoLuca Bragalini è un nome ben noto per jazzisti e jazzofili: musicologo, saggista e didatta di vaglia, è anche un ricercatore senza confini; tant'è che ha scoperto opere inedite di Duke Ellington, Chet Baker e Luciano Chailly. Il suo ultimo lavoro editoriale è "Storie poco standard. Le avventure di 12 grandi canzoni tra Broadway e jazz", edito dall'EDT (pagine 197, euro 12, 50).
Un percorso avvincente che lega dodici immarcescibili standards, in verità tredici, giacché a sorpresa il lettore troverà anche una bonus-track, a sottolineare l'andamento spiccatamente musicale che il libro tiene, anche nella prosa elastica e vigorosa di Bragalini. Vi sono ampie impronte di musicologia afroamericana, ma anche tante storie, di quelle che appassionano e lasciano capire come, giusto per fare degli esempi, siano sbocciati "Georgia On My Mind", "My Favorite Things", "Little Girl Blue", "Autumn Leaves". Le vicende fanno coppia con l'evoluzione musicale e con la collocazione temporale mettendo l'accento sui profili umani dei grandi compositori, sia in gloria che in disgrazia. Ci si accorge, inoltre, di quanto la musica sia sempre e solo una, al di là delle scatole volute dai catalogatori, perché di plagi – se così si vogliono definire – ce ne sono a bizzeffe, senza mai copiare in modo smaccato: frutto dell'evoluzione e del rispetto per chi ha preceduto.
Un libro che non ha un target. O, meglio, l'identikit sarebbe: ama leggere, ama la musica e ama le storie.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Luca Bragalini.
Come è nata l'idea di scriverne un libro?
E' da anni che ho "in repertorio" conferenze monograficamente dedicate a singole composizioni. Una di queste conferenze colpì Luciano Vanni, Direttore di Jazzit, che mi propose di scrivere dei saggi per la sua rivista. Poi ho deciso, dopo un intenso lavoro di editing e aggiungendo nuovi capitoli, di trasformare quel lavoro in un libro. La sfida è stata quella di scrivere un libro leggero e profondo al contempo, fatto di saggi brevi, una sorta di distillato. Che poi, in quanto distillato, sia una strizzabudelle da pochi spiccioli o una libagione di maggior pregio non sta a me dirlo.
Di standards ce ne sono a bizzeffe, perché hai scelto proprio questi dodici? Cosa hanno più di altri?
Perchè quei 12 mi hanno permesso di raccontare 12 storie differenti. Dodici song come 12 spioncini dai quali veder passare in parata George Bernard Shaw e Janis Joplin, Walt Disney e Jacques Prévert, protohippie degli anni Quaranta e osservanti ebrei russi, i giganti del jazz e le star del pop. Il libro parte dalla musica ma spesso prende altre traiettorie.
Una domanda oziosa: perché proprio dodici e non, faccio per dire, undici o tredici?
In realtà sono 13...perchè benchè il sottotitolo reciti "le avventure di 12 grandi canzoni..." io ho aggiunto una Bonus Track, ossia una grande, superba, fragilissima canzone che al contrario delle altre 12 non è diventata uno standard. E in quel capitolo indago le ragioni di quella mancata nomina a classico.
Come hai operato per il reperimento delle fonti, soprattutto per quanto riguarda le storie connesse a ogni singolo brano?
Leggendo un sacco di libri! D'altra parte è il mio mestiere. E come spesso accade i testi non direttamente di argomento musicologico mi hanno condotto verso sentieri inediti di ricerca.
Ti sarebbe piaciuto intervistare qualcuno in particolare degli autori di cui parli? Se sì, perché proprio lui e cosa gli avresti voluto chiedere?
Irving Berlin. Perchè è un genio che raramente ha rilasciato interviste. Ostinato e caparbio come sono (alcuni miei collaboratori, con loquela più colorita e forse più calzante, direbbero rompicoglioni) forse sarei riuscito a strappargli qualcosa di significativo.
Di tanto in tanto, nella narrativa, fa capolino qualche brano musicale che ha "rubato" a chi lo ha preceduto.
In tutta la storia della musica c'è questa idea di "prendere a prestito" e talvolta senza neppure restituire! Nel mio libro in più di una occasione affiora il tema del plagio.
In Autumn Leaves riveli che Joseph Kosma ha attinto dal sacco di Cajkovskij: è una tua "scoperta"?
No, in ambiente musicologico è un dato che si conosceva. Ma nel capitolo su Autumn Leaves io disseppellisco altre cose...
Sarebbe stato bello allegare al libro anche un cd con i dodici brani: non è stato possibile, oppure è stata una tua scelta?
Non è stato necessario. I 39 titoli delle versioni irrinunciabili (riportate in discografia) sono gratuitamente disponibili su Spotify. Il cd avrebbe fatto lievitare il prezzo del libro che invece così è piuttosto contenuto.
Vorrei fare un gioco, se possibile: prendiamo dodici versioni "alternative", differenti rispetto agli originali dei brani in questione. Quali avresti scelto?
Sarò ancora più irrispettoso ed estremo: queste interpretazioni addirittura superano l'originale:
- "Liza", Art Tatum (1934)
- "Georgia on My Mind", Ray Charles (1960)
- "Little Girl Blue", Nina Simone (1957)
- "How Long Has This Been Going On", Ray Charles (1973)
Il resto il lettore interessato lo troverà nel libro al paragrafo "Suggerimenti per l'ascolto: il percorso A".
Narri le avvincenti storie che si legano ad ogni brano. A tuo avviso, qual è la più stravagante circostanza in cui è nato uno standard?
Beh, ci sono diverse origini bizzarre. Nel libro scoprirete che "Nature Boy" ha le sue radici tra la Germania del tardo Ottocento, i protohippie californiani degli anni quaranta, la musica del teatro Yiddish degli anni Trenta (e non si fa mancare neppure un pizzico della filosofia indiana di Yogananda...). "Autumn Leaves", prima di finire nei jazzclub statunitensi, ha origine da un balletto tra Francia e Ungheria. "Liza" devi i suoi natali al minstrel show...insomma di principi bislacchi e imprevedibili ve ne sono tanti tra le mie 12 storie!
Dei brani dell'ultimo quinquennio, a tuo avviso ci potrebbero essere degli standards del futuro? Se sì, quali?
Non credo, perlomeno dal mondo del pop non credo. Non si tratta del valore intrinseco della musica ma delle condizioni culturali che sono profondamente cambiate.
Secondo te, chi è il più grande compositore?
Domanda delle 100 pistole! Permettimi almeno due nomi: Berlin per la melodia, Gershwin per il suo stile, che è tra i più inconfondibili del Novecento.
E il più grande paroliere?
Ancora la deroga a due: Ira Gershiwn e Lorenz Hart, due funamboli della parola; leggerissimi e vertiginosamente profondi.Pensi già al numero 2 di "Storie poco standard"?
Non credo. A meno che con questo libro non faccia un sacco di soldi. Nel caso avrei pronta una enciclopedia di 26 volumi.
E a una versione più vicina ai giorni nostri?
L'aspetto sorprendente degli standard è che essi sono già vicini ai nostri giorni: risuonano dagli spot televisivi, sono reinterpretati da pop star e jazzmen del momento, insomma sono dei classici, quindi appartengono tanto al passato quanto al presente e molto probabilmente rimarranno al loro posto anche nel futuro.
Tu svolgi un'intensa attività didattica: cosa ne pensano e cosa ne sanno i giovani del passato del jazz?
Gli allievi sono molto interessati al passato, e questo interesse è vibrante sia tra gli iscritti del conservatorio sia tra i curiosi che frequentano le mie conferenze divulgative. Il jazzman più amato alla fine dei miei corsi è Louis Armstrong.
A parte ciò, quali sono i tuoi prossimi obiettivi da storico e musicologo? A cos'altro stai lavorando?
Il prossimo lavoro sarà su Ellington, o più precisamente sulle opere sinfoniche di Ellington. E' da molti anni che lavoro su questo tema; le mie ricerche mi hanno condotto al ritrovamento dell'ultima opera sinfonica di Elington; ne ho curato la world premiere che sarà acclusa in CD al mio libro. Il testo sarà pubblicato da EDT e sarà disponibile in libreria da marzo 2015.