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Sorridere...

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Re: Sorridere...

Messaggioda franz il 02/02/2015, 8:37

A proposito di autoironia
https://www.ted.com/talks/maysoon_zayid ... anguage=it

Non la conoscevo. Vale la pena.
Maysoon Zayid (in arabo ميسون زايد‎; New Jersey, 1974) è un'attrice, comica e attivista statunitense di origini palestinesi affetta da paralisi cerebrale. In un'intervista rilasciata alla BBC lei stessa si definisce "una palestinese musulmana vergine con paralisi cerebrale, del New Jersey, che è attrice, comica e attivista"[1]. È considerata una tra le prime attrici comiche statunitensi di religione islamica e la prima persona in assoluto ad essersi esibita in una stand up comedy in Palestina e Giordania[2].


Diciamo che il suo spettacolo, che vedete nel filmato sopra, strappa la risata (spesso amara) proprio perché lei è quello che dice. Fose una persona normale a fare e dire le stesse cose, sarebbe diverso. Direi sarebbe di pessimo gusto.
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Re: Sorridere...

Messaggioda flaviomob il 02/02/2015, 12:30

Sì, vale veramente la pena. Ma se fosse un attore normodotato a recitare un copione, scritto da lei, dicendo le stesse cose; oppure se fosse lei in parte a recitare cose scritte da altri, con lo stesso significato e la stessa sagacia, sarebbe comunque efficace e darebbe da riflettere, da diversi punti di vista.


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Re: Sorridere...

Messaggioda annalu il 02/02/2015, 20:11

flaviomob ha scritto:[...] Detto poi per inciso, il comico da me citato non è newyorchese ma, a quel poco che ho letto, londinese. Per cui anche il tema autoironico / eteroironico potrebbe essere rimesso in discussione.

Questa non l'ho capita. Dembina è un ebreo inglese, perfettamente inserito nella comunità ebraica: quando scherza sugli ebrei fa quindi della autoironia, anche se è inglese.
Quanto a Woody Allen, lui è un ebreo newyorchese, ma quando fa dell'ironia sul record del numero di morti, fa dell'ironia non solo sugli ebrei, ma più in generale sull'umanità nel suo insieme. Dato che gli ebrei fanno parte dell'umanità (pensa un po', lo diceva anche Hannah Arendt), la sua è proprio autoironia nel senso più ampio del termine.
flaviomob ha scritto:... Ma se fosse un attore normodotato a recitare un copione, scritto da lei, dicendo le stesse cose; oppure se fosse lei in parte a recitare cose scritte da altri, con lo stesso significato e la stessa sagacia, sarebbe comunque efficace e darebbe da riflettere, da diversi punti di vista.

Lei può recitare ciò che vuole: se lo fa bene sarebbe ovviamente efficace.
Al contrario, non credo proprio che un attore normodotato potrebbe dire le stesse cose che lei dice nel filmato senza apparire fuori luogo se non addirittura offensivo.
Evidentemente abbiamo sensibilità diverse, ed ovviamente queste differenze si riflettono sul nostro modo di pensare.
Come si suol dire, il mondo è bello perché è vario, ma a me parrebbe giusto tener conto - quando è possibile e se ne è consapevoli - anche delle sensibilità non identiche alla nostra.
Ma probabilmente anche questa frase tu non la condividi, sulla base appunto delle nostre diverse sensibilità.

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Re: Sorridere...

Messaggioda franz il 03/02/2015, 8:33

Tra l'altro quando certa ironia (anche pesante) sulla sinistra viene fatta da chi di sinistra non è, come sappiamo c'è chi a sinistra (anche in questo Forum) si offende. Il fatto è appunto questo. L'autoironia è un registro particolare e le stesse cose dette da altri diventano sfottò e possono offendere (non tutti ma qualcuno sì). Sarebbe meglio evitarlo, si dice, ma poi ognuno è libero d farlo e di essere giudicato.
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Re: Sorridere...

Messaggioda flaviomob il 03/02/2015, 13:24

Io posso condividere o non condividere, fattostà che mi sono attivato per abbassare i toni e non mi pare che a questo mio passo abbia corrisposto un'azione reciproca... Un conto è la diversità di idee e di vedute, un conto il rispetto personale.

PS Corretto l'assunto che facciamo tutti parte dell'umanità: ne consegue quindi che facciamo tutti autoironia.


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Re: Sorridere...

Messaggioda annalu il 03/02/2015, 16:05

flaviomob ha scritto:Io posso condividere o non condividere, fattostà che mi sono attivato per abbassare i toni e non mi pare che a questo mio passo abbia corrisposto un'azione reciproca... Un conto è la diversità di idee e di vedute, un conto il rispetto personale.

PS Corretto l'assunto che facciamo tutti parte dell'umanità: ne consegue quindi che facciamo tutti autoironia.

Se ti pare che io non abbia abbassato i toni, mi dispiace; comunque mi pare che adesso sia stato chiarito tutto.
Continuiamo a discutere così quando ci troviamo in disaccordo, e sarà sempre un piacere.

Ciao
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Re: Sorridere...

Messaggioda franz il 03/02/2015, 22:22

Ma per sul serio .... ??!!??!!
Allegati
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Re: Sorridere...

Messaggioda flaviomob il 03/02/2015, 23:26

Fa piacere anche a me che sia tutto chiarito.

Un piccolo inciso: quando parlo di cultura newyorchese, forse per una deformazione che deriva dalla mia passione per la musica, metto questa arte in primo piano.

Nell'intervista il musicologo Bragalini cita come maggiori compositori e parolieri di "standard" jazz americani quattro nomi: non per caso, sono tutti di famiglie ebree emigrate dall'Europa (i Gerhowitz che poi assunsero il nome Gershwin da Odessa a New York, gli altri presumo vivessero a NY ma non sono sicuro, verosimilmente ci lavoravano data la presenza di Broadway). Oltre ai fratelli Gershwin ci sono Berlin e Hart.

Bragalini stesso in più scritti ha evidenziato le influenze della musica ebraica (soprattutto europea orientale) sulla musica americana (canzoni musical e jazz) del '900.

http://www.jazzitalia.net/articoli/luca ... NE5-Z2G_Xo

Luca Bragalini è un nome ben noto per jazzisti e jazzofili: musicologo, saggista e didatta di vaglia, è anche un ricercatore senza confini; tant'è che ha scoperto opere inedite di Duke Ellington, Chet Baker e Luciano Chailly. Il suo ultimo lavoro editoriale è "Storie poco standard. Le avventure di 12 grandi canzoni tra Broadway e jazz", edito dall'EDT (pagine 197, euro 12, 50).

Un percorso avvincente che lega dodici immarcescibili standards, in verità tredici, giacché a sorpresa il lettore troverà anche una bonus-track, a sottolineare l'andamento spiccatamente musicale che il libro tiene, anche nella prosa elastica e vigorosa di Bragalini. Vi sono ampie impronte di musicologia afroamericana, ma anche tante storie, di quelle che appassionano e lasciano capire come, giusto per fare degli esempi, siano sbocciati "Georgia On My Mind", "My Favorite Things", "Little Girl Blue", "Autumn Leaves". Le vicende fanno coppia con l'evoluzione musicale e con la collocazione temporale mettendo l'accento sui profili umani dei grandi compositori, sia in gloria che in disgrazia. Ci si accorge, inoltre, di quanto la musica sia sempre e solo una, al di là delle scatole volute dai catalogatori, perché di plagi – se così si vogliono definire – ce ne sono a bizzeffe, senza mai copiare in modo smaccato: frutto dell'evoluzione e del rispetto per chi ha preceduto.

Un libro che non ha un target. O, meglio, l'identikit sarebbe: ama leggere, ama la musica e ama le storie.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Luca Bragalini.

Come è nata l'idea di scriverne un libro?
E' da anni che ho "in repertorio" conferenze monograficamente dedicate a singole composizioni. Una di queste conferenze colpì Luciano Vanni, Direttore di Jazzit, che mi propose di scrivere dei saggi per la sua rivista. Poi ho deciso, dopo un intenso lavoro di editing e aggiungendo nuovi capitoli, di trasformare quel lavoro in un libro. La sfida è stata quella di scrivere un libro leggero e profondo al contempo, fatto di saggi brevi, una sorta di distillato. Che poi, in quanto distillato, sia una strizzabudelle da pochi spiccioli o una libagione di maggior pregio non sta a me dirlo.


Di standards ce ne sono a bizzeffe, perché hai scelto proprio questi dodici? Cosa hanno più di altri?
Perchè quei 12 mi hanno permesso di raccontare 12 storie differenti. Dodici song come 12 spioncini dai quali veder passare in parata George Bernard Shaw e Janis Joplin, Walt Disney e Jacques Prévert, protohippie degli anni Quaranta e osservanti ebrei russi, i giganti del jazz e le star del pop. Il libro parte dalla musica ma spesso prende altre traiettorie.

Una domanda oziosa: perché proprio dodici e non, faccio per dire, undici o tredici?
In realtà sono 13...perchè benchè il sottotitolo reciti "le avventure di 12 grandi canzoni..." io ho aggiunto una Bonus Track, ossia una grande, superba, fragilissima canzone che al contrario delle altre 12 non è diventata uno standard. E in quel capitolo indago le ragioni di quella mancata nomina a classico.

Come hai operato per il reperimento delle fonti, soprattutto per quanto riguarda le storie connesse a ogni singolo brano?
Leggendo un sacco di libri! D'altra parte è il mio mestiere. E come spesso accade i testi non direttamente di argomento musicologico mi hanno condotto verso sentieri inediti di ricerca.

Ti sarebbe piaciuto intervistare qualcuno in particolare degli autori di cui parli? Se sì, perché proprio lui e cosa gli avresti voluto chiedere?
Irving Berlin. Perchè è un genio che raramente ha rilasciato interviste. Ostinato e caparbio come sono (alcuni miei collaboratori, con loquela più colorita e forse più calzante, direbbero rompicoglioni) forse sarei riuscito a strappargli qualcosa di significativo.

Di tanto in tanto, nella narrativa, fa capolino qualche brano musicale che ha "rubato" a chi lo ha preceduto.
In tutta la storia della musica c'è questa idea di "prendere a prestito" e talvolta senza neppure restituire! Nel mio libro in più di una occasione affiora il tema del plagio.

In Autumn Leaves riveli che Joseph Kosma ha attinto dal sacco di Cajkovskij: è una tua "scoperta"?
No, in ambiente musicologico è un dato che si conosceva. Ma nel capitolo su Autumn Leaves io disseppellisco altre cose...

Sarebbe stato bello allegare al libro anche un cd con i dodici brani: non è stato possibile, oppure è stata una tua scelta?
Non è stato necessario. I 39 titoli delle versioni irrinunciabili (riportate in discografia) sono gratuitamente disponibili su Spotify. Il cd avrebbe fatto lievitare il prezzo del libro che invece così è piuttosto contenuto.

Vorrei fare un gioco, se possibile: prendiamo dodici versioni "alternative", differenti rispetto agli originali dei brani in questione. Quali avresti scelto?
Sarò ancora più irrispettoso ed estremo: queste interpretazioni addirittura superano l'originale:
- "Liza", Art Tatum (1934)
- "Georgia on My Mind", Ray Charles (1960)
- "Little Girl Blue", Nina Simone (1957)
- "How Long Has This Been Going On", Ray Charles (1973)
Il resto il lettore interessato lo troverà nel libro al paragrafo "Suggerimenti per l'ascolto: il percorso A".

Narri le avvincenti storie che si legano ad ogni brano. A tuo avviso, qual è la più stravagante circostanza in cui è nato uno standard?
Beh, ci sono diverse origini bizzarre. Nel libro scoprirete che "Nature Boy" ha le sue radici tra la Germania del tardo Ottocento, i protohippie californiani degli anni quaranta, la musica del teatro Yiddish degli anni Trenta (e non si fa mancare neppure un pizzico della filosofia indiana di Yogananda...). "Autumn Leaves", prima di finire nei jazzclub statunitensi, ha origine da un balletto tra Francia e Ungheria. "Liza" devi i suoi natali al minstrel show...insomma di principi bislacchi e imprevedibili ve ne sono tanti tra le mie 12 storie!

Dei brani dell'ultimo quinquennio, a tuo avviso ci potrebbero essere degli standards del futuro? Se sì, quali?
Non credo, perlomeno dal mondo del pop non credo. Non si tratta del valore intrinseco della musica ma delle condizioni culturali che sono profondamente cambiate.

Secondo te, chi è il più grande compositore?
Domanda delle 100 pistole! Permettimi almeno due nomi: Berlin per la melodia, Gershwin per il suo stile, che è tra i più inconfondibili del Novecento.

E il più grande paroliere?
Ancora la deroga a due: Ira Gershiwn e Lorenz Hart, due funamboli della parola; leggerissimi e vertiginosamente profondi.

Pensi già al numero 2 di "Storie poco standard"?
Non credo. A meno che con questo libro non faccia un sacco di soldi. Nel caso avrei pronta una enciclopedia di 26 volumi.

E a una versione più vicina ai giorni nostri?
L'aspetto sorprendente degli standard è che essi sono già vicini ai nostri giorni: risuonano dagli spot televisivi, sono reinterpretati da pop star e jazzmen del momento, insomma sono dei classici, quindi appartengono tanto al passato quanto al presente e molto probabilmente rimarranno al loro posto anche nel futuro.

Tu svolgi un'intensa attività didattica: cosa ne pensano e cosa ne sanno i giovani del passato del jazz?
Gli allievi sono molto interessati al passato, e questo interesse è vibrante sia tra gli iscritti del conservatorio sia tra i curiosi che frequentano le mie conferenze divulgative. Il jazzman più amato alla fine dei miei corsi è Louis Armstrong.

A parte ciò, quali sono i tuoi prossimi obiettivi da storico e musicologo? A cos'altro stai lavorando?
Il prossimo lavoro sarà su Ellington, o più precisamente sulle opere sinfoniche di Ellington. E' da molti anni che lavoro su questo tema; le mie ricerche mi hanno condotto al ritrovamento dell'ultima opera sinfonica di Elington; ne ho curato la world premiere che sarà acclusa in CD al mio libro. Il testo sarà pubblicato da EDT e sarà disponibile in libreria da marzo 2015.


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Re: Sorridere...

Messaggioda gabriele il 05/02/2015, 11:52

per stemperare un po' gli animi:

Generatore automatico
di post di Salvini

http://gensav.altervista.org/
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.
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Re: Sorridere...

Messaggioda trilogy il 05/02/2015, 14:05

nuovi strumenti di lotta all'evasione fiscale del governo italiano.... :mrgreen:

il Governo ha già pronto il piano b: nella legge di stabilità è prevista una clausola di salvaguardia che farebbe scattare dal 30 giugno un aumento del prezzo dei carburanti in grado di garantire,sotto la voce lotta all’evasione, ben 988 milioni di euro.

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e- ... d=ABcTxepC
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