Charlie Hebdo, l'11 settembre della satira non va lasciato ai Salvini
Che errore trasformare la strage in arma per chi predica esclusione e intolleranza.
di Lia Celi | 07 Gennaio 2015
Io lo so cosa sono le riunioni di redazione in un giornale satirico.
Un tavolo coperto di carta stampata, una dozzina di buontemponi che arrivano alla spicciolata convocati dal redattore più giudizioso (o meno sciamannato), il rimpallo di battute e ragionamenti eccentrici sulle notizie della settimana, in cerca dell'argomento che 'tenga' fino al giorno della pubblicazione.
Un cazzeggio svagato da eterni ragazzi che nasconde una tigna indefessa e una determinazione teutonica nel cercare - e trovare - la perfetta sintesi, scritta e disegnata, di umorismo, libero pensiero e senso di giustizia che i lettori si aspettano di trovare in prima pagina, la battuta che li sorprenderà e in cui, al tempo stesso, si riconosceranno con compiacimento e, a volte, deliziosa vergogna.
E posso dire per esperienza personale che la felicità di chi trova la battuta giusta è mille volte superiore al piacere di chi la leggerà.
Cuore, il giornale in cui ho lavorato, era spiritualmente gemellato con Charlie Hebdo, come ha ricordato un Michele Serra visibilmente commosso.
E proprio perché posso immaginare così bene quella vita di redazione all'insegna della 'resistenza umana', riesco a immaginarmi altrettanto bene cosa può essere l'irruzione dell'inumano, dell'orrore assoluto.
LA LOTTA FRA IL BENE E IL MALE. Fanatici mascherati di nero che sparano all'impazzata sbraitando formule religiose su un gruppo di uomini e donne armati solo di matite e tastiere, che dedicano la vita (tutta la vita, nel caso degli anziani Cabu e Wolinski) a far sorridere e ragionare e discutere i loro simili: non riesco a figurarmi una rappresentazione più plastica della lotta fra il male e il bene.
C'è voluta l'ecatombe di Charlie Hebdo per chiarire che la satira è il bene, e non un vezzo, un lusso, un cagnolino da appartamento tollerato dalle norme condominiali purché non abbai negli orari di riposo e non ringhi contro la marchesa del terzo piano.
La satira è un'espressione del bene perché annulla la paura suscitando la risata, e il riso ci aiuta a sentirci superiori alle miserie e alle follie umane, anche e soprattutto quando ci vengono spacciate come «sante» o «divine».
Ridere corrobora la forza d'animo e rende più coraggiosi e consapevoli.
Lo stesso effetto che ha l'istruzione sui ragazzi e sulle ragazze: dà loro il senso del proprio valore come persona, esattamente quel che gli integralismi di ogni tipo tendono a schiacciare.
Autori satirici e scuole, soprattutto femminili: ecco i nemici degli integralisti islamici di oggi. Ieri il loro Satana era la bandiera a stelle e strisce, oggi sono solo le strisce, quelle in cui si sfotte la loro religiosità ottusa e sanguinaria.
UN CREDO PUÒ ESSERE SFOTTUTO. Ma quando è così chiaramente stupido e contro natura in quanto ostile alla felicità e alla piena realizzazione umana, un credo può e deve essere sfottuto, religioso o politico che sia, che i suoi accoliti portino barba e turbante, tonaca e crocifisso o qualunque tipo di divisa.
E anche il conformismo, l'abitudine, la pigrizia mentale, l'integralismo della comodità, quello più insidioso e meno riconoscibile, basato sulla difesa strenua di una qualche comfort-zone (la patria, la casa, il conto in banca, il proprio noioso modo di fare sesso) va preso in giro regolarmente con arte tenace e fantasia.
Come faceva dal 1968 George Wolinski, forse il più sovversivo e oltraggioso di tutti, con le sue vignette piene di erotismo e allegro vetriolo che darebbero fastidio a qualunque religione del globo.
Mi viene da pensare che da oggi anche la satira ha il suo 11 settembre e i suoi martiri, e che gli autori capitanati da Charbonnier vanno onorati proprio come onoriamo i partigiani trucidati dai nazisti.
NIENTE PARANOIE SULLA SICUREZZA. Lasciare che questa atrocità diventi un'arma in mano a chi, senza barba né turbante ma con il tailleur o la felpa, predica ugualmente esclusione e intolleranza, sarebbe l'estremo affronto ai caduti di Charlie Hebdo.
Siamo noi che di satira e umorismo viviamo, e chi la ama da lettore, a dover cercare la risposta giusta, e a impegnarci perché l'attacco alla bella libertà disegnata da Cabu e Tignous non venga distorto in una minaccia alla sicurezza, quella gretta e paranoide predicata da Marine Le Pen e Matteo Salvini.
Una cosa è certa e deve darci fiducia: accanirsi a colpi i kalashnikov contro la satira significa sapere di essere già profondamente e irrimediabilmente perdenti.
http://www.lettera43.it/cronaca/charlie ... 153400.htm