Forza Romano!
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http://www.huffingtonpost.it/2014/11/26 ... _hp_ref=twI timori di Renzi nel colloquio con Napolitano: il quadro non tiene, obiettivo minimo Italicum al Senato entro Natale Lo strappo degli oltre 30 deputati Dem ieri alla Camera sul Jobs Act è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Adesso per Matteo Renzi il quadro generale è di “progressiva non tenuta”. Lo dicono i suoi alla Camera, pensierosi sul cammino delle riforme, quella costituzionale già soffocata da oltre mille emendamenti (soprattutto di Pd e Forza Italia) in commissione alla Camera e quella elettorale presa di mira dalla minoranza Pd e da Forza Italia al Senato. “Progressiva non tenuta”, ti dicono. Ed è per questo che stamane il presidente del Consiglio è salito al Colle da Giorgio Napolitano insieme al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi. Un’ora di colloquio sul quale è pesata come un’ombra la paura di non farcela a vincere i veti incrociati di un parlamento balcanizzato, anche se ufficialmente col capo dello Stato il premier si è mostrato ottimista. Di fatto, è un colloquio decisivo per le sorti della legislatura e per i tempi di elezione del nuovo presidente della Repubblica, dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano alla fine dell’anno. E’ un colloquio sul quale pesano le paure del presidente del Consiglio di non riuscire ad eleggere il nuovo capo dello Stato attraverso il Patto del Nazareno con Berlusconi, minacciato dalla stessa fronda Dem nata sul Jobs Act.
Al termine del colloquio con il capo dello Stato una nota del Quirinale parla di un “possibile percorso condiviso” sulle riforme. “Un percorso - conclude la nota - che tiene conto di preoccupazioni delle diverse forze politiche, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra legislazione elettorale e riforme costituzionali”. Che significa? Per quanto gli è possibile in questa fase difficilissima, Renzi ha rassicurato il capo dello Stato sull’approvazione della legge elettorale al Senato al più presto, magari entro dicembre. Anche se le previsioni realistiche di alcune fonti di governo suggeriscono che il traguardo non è a portata di mano. In ogni caso, anche qualora l'Italicum fosse approvato a gennaio, non si tratterebbe della sua versione definitiva, in quanto la legge dovrà tornare alla Camera. Di fatto però anche il semplice approdo in aula a Palazzo Madama prima di Natale sarà considerato un segnale ‘buono’ per permettere a Napolitano di terminare il secondo mandato al Colle alla fine dell’anno. Sono infatti note le ragioni per cui il presidente della Repubblica vorrebbe concludere il suo incarico per la fine del semestre Ue di presidenza italiana. Il presidente della REpubblcia ha sempre legato il suo secondo mandato non solo alla realizzazione delle riforme ma anche alle sue “forze” fisiche: non ha mai fatto mistero del fatto che questo secondo fattore può essere determinante nella scelta sul quando lasciare.
Dunque, ok del Senato all’Italicum entro la fine dell’anno o al massimo a gennaio. E’ l’obiettivo minimo di Renzi, dopo il colloquio con Napolitano. Quello che è certo è che il presidente lascerà il Colle prima dell'approvazione definitiva della nuova legge elettorale. Ad anno nuovo, dunque, è molto probabile che il calendario parlamentare prevederà la pratica dell’elezione del nuovo capo dello Stato, lasciando in stand by legge elettorale e riforme costituzionali. E qui sta il cuore di tutto il ragionamento. Al suo partner sulle riforme Silvio Berlusconi, Renzi chiede di fare il ‘sacrificio’: mandare avanti l’Italicum al Senato, mollare il freno e contribuire alla sua approvazione entro la fine dell’anno. In modo da poter contribuire all’elezione del nuovo presidente della Repubblica a gennaio per salvare il Patto del Nazareno. Per Berlusconi è l’ultima chiamata.
Perché la fronda degli oltre 30 Dem sul Jobs Act ha fatto scattare l’allarme. I renziani temono che la stessa fronda possa riproporsi oltre che sulle riforme, anche e soprattutto nell’elezione quirinalizia. Nella cerchia del premier non sono piaciute le parole di Rosi Bindi nell’intervista di oggi al Corriere della Sera. Non è piaciuto quel riferimento al “bisogno di una forza politica nuova” se il Pd non torna “all’Ulivo” di Romano Prodi. E soprattutto non è piaciuta la puntualizzazione sul prossimo capo dello Stato: “Ci sono molti modi per ridurre il ruolo del Colle, come rinunciare alla ricerca della personalità più autorevole per considerarla strumentale alla politica del governo…”. E poi non piace quello che i renziani descrivono come un “nuovo attivismo” di Prodi, il quale, commentando l’intervista di Bindi, ha ricordato di aver “dato metà della mia vita” all’Ulivo, “vuole che non lo pensi?”. E anche se il professore continua a ribadire di non voler entrare nella “politica attuale”, anche se continua a ripetere che il Quirinale “non è nel mio futuro”, i renziani lo temono ugualmente. Temono che possa essere lui, il prof di Bologna, il candidato ideale della minoranza Pd, Sel ed M5s per mettere i bastoni tra le ruote del Patto del Nazareno sull’elezione del successore di Napolitano. E guardano con sospetto il revival dell'Ulivo nato sull'onda dell'intervista di Bindi. La quale con Pippo Civati sarà protagonista di un'iniziativa a Bologna il 13 dicembre prossimo, all'indomani dello sciopero generale della Cgil. Un'iniziativa nel nome dell'Ulivo, appunto.
Da qui la fretta: via libera alla legge elettorale al Senato per dare un segnale a Napolitano in modo che possa terminare il mandato. Certo, il presidente della Repubblica ha invitato il premier a offrire delle aperture alle altre forze politiche per ricomporre il quadro sull’Italicum a Palazzo Madama. Allo studio c’è la possibilità di ridefinire il rapporto tra capilista bloccati ed eletti con le preferenze, punto molto contestato all’interno del Pd. Renzi sarebbe disponibile a rivederlo, anche per evitare che vengano eletti solo i capilista nominati e che resti fuori dal Parlamento chi viene messo in lista in quota ‘preferenze’. Tale meccanismo infatti potrebbe stritolare tanti portatori di voti e dunque danneggiare anche il Pd e il suo segretario, non solo la minoranza.
Questo il timing. Se sarà rispettato sarà chiaro da subito. Oggi alla seduta sulla legge elettorale in commissione Affari Costituzionali al Senato si sono presentati anche esponenti di minoranza del Pd che non ne fanno parte. Un gesto politico che segnala il massimo interesse per la pratica ‘Italicum’. Sono movimenti che mettono altra carne a cuocere nel calderone delle preoccupazioni della maggioranza renziana. Il sospetto cala anche sul 12 dicembre, giorno dello sciopero generale della Cgil e della Uil. Il dubbio è che la minoranza voglia trasformarlo in un “evento di non ritorno” nei rapporti interni al partito. Perché di certo le relazioni interne ormai sono sfibrate, stremate dallo scontro e chissà se ricomponibili.
Ma Renzi ora si pone l’obiettivo di superare almeno il passaggio dell’Italicum al Senato. Se non si riesce, il campo di battaglia sarà l'elezione del nuovo capo dello Stato. E se in quella fase tutto andrà in malora, si torna al voto: anche con la legge attuale, il Consultellum. Anche se oggi il premier ha rassicurato Napolitano sulla sua volontà di far durare la legislatura fino a scadenza naturale nel 2018. Né gli ha chiesto di poter andare al voto anticipato: con Napolitano questo argomento è fuori discussione.