“Chi me lo fa fare di rimanere in Italia?”. Tanti imprenditori dello shipping, della logistica e dei trasporti si sono posti questa domanda negli ultimi tempi.
Effettivamente come dargli torto? L’Italia spesso fa di tutto per far scappare le aziende… o certamente non fa quasi nulla per trattenerle.
Nel settore dei trasporti, per sua natura internazionale, la tendenza si sta facendo sempre più evidente.
Per chi opera nel campo dei servizi (spedizionieri, broker, trader, ecc.) spostare la sede della società dall’Italia alla Svizzera, ad esempio, è diventata una tentazione molto forte (Paolo Federici ha spiegato molto bene perché…).
Da anni anche l’autotrasporto ha preannunciato (e in molti caso messo in pratica) una delocalizzazione in altri Paesi europei (Michele Latorre su TrasportoEuropa l’ha scritto tempo fa…).
Nel settore del terminalismo portuale, in Italia sono presenti molti gruppi internazionali che non riescono a investire le centinaia di milioni di euro messi sul piatto per nuovi progetti di sviluppo (circa 700 milioni di euro sono in stand by secondo Assiterminal).
Recentemente anche sul fronte armatoriale, complici la maggiore “competitività amministrativa” di altre bandiere estere (come Malta) e vicende assurde come quella della sanzione da 60 milioni di euro inflitta a Italia Marittima dalla Guardia di Finanza (leggi qui), si sta assistendo a una silenziosa ma progressiva migrazione delle navi battenti bandiera italiana. L’ultimo caso in ordine cronologico, quello di Augustea Atlantica (leggi qui), è emblematico.
Secondo voi qualcuno a Roma sta pensando a come fermare questa fuga di massa?!
Nel frattempo complimenti a chi resiste e rimane in Italia…!
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