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Non una parola, non un pensiero...

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 17/01/2009, 19:02

incrociatore ha scritto:
guidoparietti ha scritto:Affermare che le guerre cambino il quadro internazionale, talvolta anche in modo positivo, (cosa ovvia direi, è chiaro ad esempio che la distruzione del nazismo ad opera della guerra ci ha consegnato un mondo migliore, o meno peggiore, di quello pre-bellico) non equivale ad affermare un valore positivo delle guerre in sé.

la caciara la vuoi montare tu... perché Francesco non ha scritto quello che hai scritto tu. Sentiremo la sua circumnavigazione del problema che ovviamente concluderà che non è così.
...
Francesco, per il bene della pace e di un quadro internazionale migliore, fa proprio l'auspicio di non considerare negativamente l'uso della guerra... non sono cretino per non capire cosa uno scrive, mi sembra... e non mi piace nemmeno se uno mi ci vuol far passare. Non considerare negativamente, significa ritenere la guerra tra le opzioni possibili, anzi un utile strumento perché, di solito porta a buoni risultati. Non ditemi che ho capito male perché è esattamente quello che va ripetendo da giorni Francesco... quindi non sto dicendo una novità.

Premesso che io di guerre non ne faccio ma che osservo altri farle, osservo anche che in alcuni casi (soprattutto dopo la caduta del muro) il quadro internazionale cambia in modo positivo, facendolo uscire da una posizione di stallo, a seguito di un evento bellico che si rende necessario (quasi inevitabile) per lo stallo stesso o perché la pace va voluta in due ma per la guerra basta unosolo. Questa è una semplice, sia pur banale, constatatazione di fatto e non implica dare un valore positivo in sé (che significherebbe un valore assoluto).

La mia valutazione è in fatti relativa e parte, lo ripeto ogni volta, proprio dall'analisi dell'esito della seconda guerra mondiale, che fu guerra doverosamente combattuta e con una altissima posta ideale in palio. Noi da quella tragedia siamo approdati alla formulazione dell'art'11 ma altri no e quando vengono attaccati devono difendersi e vanno difesi (caso del kwait, del kosovo, della dissoluzione della ex jugoslavia con le varie pulizie etniche).

Nel caso israelo palestinese c'è un conflitto in atto da 60 anni (anche se i primi conflitti tra villaggi iniziano dopo la prima guerra mondiale) che è ininterrotto (non è un ciclo guerra-pace-guerra ma un ciclo guerra-tregua-guerra) salvo le tre storiche eccezioni che sono l'Egitto, la Giordania e l'OLP di Arafat. Con Egitto e Palestina Giordania la pace è definitiva da quando è stata firmata, con i palestinesi abbiamo una parte moderata che vuole seguire la strada della pace e una parte che segue, con determinazione, quello della guerra (con l'uso del terrorismo come strumento). Evidente che chi guerra vuole, sparando missili, guerra ottiene. Israele puo' anche tollerare 8 anni ma se la comunità internazionale non interviene e nulla fa, Israelel interviene militarmente. Questo non è contestato credo da nessuno, a parte l'iran e gli anti sionisti piu' sfegatati.
Caso mai è contestato da molti l'uso eccessivo dell forza, la sproporzione.
Non il fatto della guerra in sé, perché nel diritto internazionale è previsto il diritto di autodifesa e piu' di 8000 razzi dal 2000 sono un motivo piu' che sufficente per una reazione militare.

Ora siccome la guerra è in atto, l'unico auspicio che posso fare, oltre che finisca presto e faccia meno vittime possibile (ma non potranno mai superare i record che noi europei abbiamo fatto) è che almeno si riveli utile sul piano politico, sia dando una mossa alle cancellerie delle varie nazioni, solitamente inerti perché vittima di uno strabismo petrolifero, sia inducendo maggiore moderazione nella regione edd isolrando gli estremisti, ovunque siano.

Ciao,
Franz
Ultima modifica di franz il 17/01/2009, 21:45, modificato 1 volta in totale.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda guidoparietti il 17/01/2009, 20:29

incrociatore ha scritto:Francesco, per il bene della pace e di un quadro internazionale migliore, fa proprio l'auspicio di non considerare negativamente l'uso della guerra... non sono cretino per non capire cosa uno scrive, mi sembra... e non mi piace nemmeno se uno mi ci vuol far passare. Non considerare negativamente, significa ritenere la guerra tra le opzioni possibili, anzi un utile strumento perché, di solito porta a buoni risultati. Non ditemi che ho capito male perché è esattamente quello che va ripetendo da giorni Francesco... quindi non sto dicendo una novità.

Lungi da me fare il difensore di Francesco, mi interessa però il ragionamento attorno alla questione in sé. Dire che una guerra ha portato cambiamenti anche positivi non significa né dire che la guerra sia una cosa positiva (nel caso specifico dice che è tragica) né dire che nonostante una guerra sia una cosa negativa talvolta bisognerebbe farla, perché si può anche dire che una cosa che non sarebbe dovuta accadere abbia portato alcuni risultati positivi (esempio tra i più estremi: Marcuse ha sostenuto che il nazismo, con il quale evidentemente poteva simpatizzare meno ancora di quanto noi possiamo simpatizzare con la guerra, abbia avuto un sottoprodotto positivo nella rottura di una vecchia mentalità moralizzante e deferente verso l'autorità soprattutto in materia sessuale). Infine, tornando al tema della guerra, il nostro articolo 11 dice: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Ciò vuol dire che sono costituzionalmente escluse le guerre strumentali all'offessa della libertà di altri popoli o alla risoluzione di controverse internazionali. Significa che non si può invadere la Croazia per conquistarla né si può dichiarare guerra alla Francia per una controversia commerciale o di confine. Non significa che se da un territorio vicino partono razzi ad opera di un'organizzazione terroristica con un notevole controllo del territorio non si possono compiere azioni di guerra contro di essa, né implica un giudizio automaticamente negativo su qualsiasi guerra o qualsiasi risultato di qualsiasi guerra. Queste implicazioni ce le metti, retoricamente, tu, ma non ci sono nell'articolo 11, è appunto solo retorica volta a squalificare moralmente (costituzionalmente!) chi non la pensa come te.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 18/01/2009, 13:25

Adesso Guido, basta veramente... non credo che si sia qui per accettare di prendersi anche del falso moralista da te... sei bravo con le parole, ma questo non ti consente, proponendole abilmente, di mascherare quelli che in conclusione sono solo degli attacchi personali al tuo interlocutore... limitati, come cerchiamo di fare tutti, a contestare le tesi altrui.

Se hai l'interpretazione autentica dell'art.11, valla a spiegare a uno dei pochi Costituenti rimasti... Oscar Luigi Scalfaro... e poi vediamo se te la sottoscrive. La retorica non è quella dell'Art.11, la retorica sta diventando quella dei suoi detrattori.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 18/01/2009, 13:34

franz ha scritto:Premesso che io di guerre non ne faccio ma che osservo altri farle...

mi spiace, Francesco, ma per me la questione dell’atteggiamento che l’uomo deve avere verso la violenza e, di conseguenza, la pace, è troppo importante... non la posso piantare qui. Soprattutto in un luogo nato proprio per promuovere anche i valori di uguaglianza nei diritti, di tolleranza, solidarietà e di condivisione alla base dei quali cresce qualsiasi processo di pace.

Non puoi fare “l’italiano”... anch’io non faccio guerre, ma nemmeno dico che è giusto farle o accetto (e con la testa da italiano, magari spero) che a farle sia qualcun altro, convinto come sono che con essa si portino a casa dei benefici che posso incassare senza fare il lavoro sporco (quante volte gli italiani hanno pensato così). La questione non è tanto se si è disposti a farle, ma se servano anche quando ad esse c’è alternativa... come scorciatoia, magari. Io non sono solo non disposto a farle, sono anche per trovare altre soluzioni... come dice la nostra Costituzione... perché convinto, tra l’altro, che alternative ci sono e che non è affatto dimostrata come si vuol far credere che una siffatta guerra migliori (dopo) le cose.

Se si è contro alla guerra bisogna esserlo non dico nemmeno come si diceva: “senza se e senza ma”, ma adoperandosi (come dice la nostra Costituzione) per scongiurarla con ogni mezzo al fine che diventi veramente l’ultima ratio. E in campo, oggi, ci sarebbero alternative solo si volesse attuarle... non lo dico io lo dice Olmert, ad esempio, colui che, guarda caso, è stato praticamente messo fuori gioco politicamente (potrebbe finire in galera per un finanziamento illecito di 150.000 dollari... roba che in Italia lo si trasformerebbe in santone e lo si farebbe camminare su tappeti di petali di rose) ed è evidentemente costretto a rispondere ai “falchi” che in Israele mai hanno smesso di volare. Olmert in fondo sarebbe solo l’ultimo che ha detto quale è la soluzione, a sparire... e nel modo meno cruento... a quelli che l’hanno preceduto è andata peggio.

Quindi, vedi, nemmeno io escludo le armi a priori.

Ma come non vedere le anomalie di questa guerra.

Intanto già i contendenti... una guerra, di solito la fanno due eserciti di due Stati... ma qui?
C’è uno dei più potenti eserciti del mondo contro una banda? delle organizzazioni? dei movimenti di pericolosi straccioni. Gli Stati non esistono ce n’è uno, Israele, e la guerra viene fatta sul suo e sul territorio che comunque quello Stato, di fatto, controlla... sembra più un immenso problema di ordine pubblico che una guerra con tutti i crismi... però quell’unico esercito vero la combatte come fosse tale... con bombe, cannoni, missili, aerei... addirittura sperimentando gli armamenti più sofisticati e micidiali... anche oltre le convenzioni internazionali.

È una questione di proporzionalità, ma ormai nemmeno più quello, assolutamente, secondo me, si è persa la bussola. Perché dovrebbe essere imperativo per un grande Paese quale Israele, non rischiare di essere considerato con un giudizio tranciante come quello del Ministro Egiziano ieri: "ubriaco di potere e violenza"

L’esercito di Israele combatte questa guerra come chiunque di noi potrebbe combattere per il titolo mondiale dei pesi massimi ma se la regola fosse quella di fare solo il 15° round e intervenire dopo che il nostro avversario si è rincoglionito di pugni per le 14 riprese precedenti con altrettanti sparring partner... entreremmo sul ring con la stessa baldanza di quei ragazzini che Israele manda a volte anche a morire, ma il più delle volte gli insegna a massacrare gente che nell’80% dei casi non ha nessuna responsabilità vera. Ce lo racconta l’israeliano Ari Folman nel suo bellissimo “Valzer con Bashir”.

Libera di Don Ciotti ha stimato che le mafie, nel nostro Paese, facciano 5 morti al giorno ... molti più di quelli provocati, in Israele, da Hamas e tutta la galassia di organizzazioni terroristiche palestinesi... che dovremmo fare? Usare gli elicotteri d’attacco Agusta e marciare con colonne di blindati su Napoli, Bari, Reggio Calabria e Palermo e raderle al suolo? visto che almeno la manovalanza non la "cupola" sta in gran parte li... ed è anche un “esercito” meno straccione di Hamas... a ben vedere... forse anche più armato... visto che forse hanno usato più esplosivo a Capaci di quanto ne sia mai stato utilizzato per tutti gli 4000 razzi e 4000 colpi di mortaio che sono finiti sulla testa (poche volte per fortuna) dei cittadini israeliani negli ultimi 8 anni. E che quella della mafia sia una guerra allo Stato nessuno lo dubita. Anche tanta collateralità ai colonnelli e all’esercito mafioso da tanta gente che criminale, nel senso vero del termine, non è, mostra come si può andare a trovare una inqueitante analogia anche con la follia criminale di Hamas.

In proporzione fanno più danni 20 capodanni napoletani (in termini di vite umane) che i 4000 razzi Al-Qassam e 4000 colpi di mortaio sparati su Israele... e certo la cosa non vuole essere una battuta sprezzante... anche perché i primi sembrano far divertire come scemi un sacco di poveri di spirito e i secondi, invece, a dispetto del loro effettivo risultato... terrorizzano. Ma vorrebbe tentare di portare alla misura delle cose.

Perché non è facendosi sempre più gendarmi che si risolvono problemi che, per gran parte riconducono proprio al non riconoscimento di quella stessa autorità... si incide sugli effetti, ma ostinatamente non si modifica la causa.

Così con i muri si contengono i kamikaze (diminuiti non solo per questo, però... ma per una sempre più convinzione palestinese di essere controproducenti... credo), e si perpetua e accresce l’odio verso l’occupante o comunque colui che è individuato come nemico.

Nelle tanto criticate interviste agli abitanti di Gaza nella trasmissione di Santoro un’altra cosa mi ha colpito... nessuno che parlasse dei propri morti come tali, ma come “martiri”... l’ho trovato sorprendente. “Scappavamo con mio figlio e girandomi mi sono accorto che era diventato martire”... non uno, tutti riferivano pressoché così... queste dichiarazioni mi hanno scosso profondamente.

Ora la considerazione di un padre o di una madre che parla del proprio figlio ucciso come di un martire avrà pure un significato... non mette a disagio solo me... prima di me persone come Ovadia e Grossman hanno detto in proposito parole inequivocabili, in tempi diversi, ma che raffigurano una realtà che potrebbe essere quella di oggi... in questo dimostrando che questa strategia non porta da nessuna parte... e non credo che si possa accusare anche loro di essere faziosi o strabici.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 18/01/2009, 13:37

Moni Ovadia, attore italiano di radici ebraiche, è da sempre un pacifista, un sostenitore del dialogo e delle trattative di pace con i palestinesi. “Al punto che qualcuno mi ha accusato di antisemitismo"

nel 2002 rilasciava questa intervista Renzo Parodi de "IL SECOLO XIX"

“Ho sempre penato che la politica di Sharon avrebbe provocato solo lutti e non avrebbe risolto il problema del terrorismo, provocando un incremento di ostilità e di dolore nelle due parti”

Il pedigree di Sharon lasciava presagire una svolta militare, no?

Sharon è un militarista. Rabin era un militare. Mi colpisce l'ostinazione cieca con cui Sharon persegue la sua politica il terrorismo ha colpito duramente Israele. Ma è anche vero che si tratta di terroristi, Sharon invece è il primo ministro di uno stato democratico. Dovrebbe comportarsi in modo diverso. E' in gioco l'identità di una democrazia, pur nata e cresciuta in stato di belligeranza. Una democrazia non può colpire alla cieca e fare vittime innocenti su una popolazione stremata e vessata da coprifuochi, limitazioni e dall'occupazione militare. Ciò a danno dell'identità e della reputazione di Israele. Per ottenere che cosa, poi?

Già. Un perenne stato di guerra.

Il terrorismo è spaventoso, dieci bambini morti su sedici vittime sono cose che nobilitano le azioni dei terroristi, li incoraggiano a perseverare. Così non si danno alternative ai palestinesi, si alimenta una devastante spirale di violenza, sangue che chiama sangue. Bisognerà pure che qualcuno abbia il coraggio di spezzarla...

Possono essere Sharon e Arafat?

Israele ha gli strumenti per spezzare questa spirale, molto più dei palestinesi. Questo non significa che la dirigenza palestinese non porti le sue responsabilità. La prima Intifada, quella delle pietre, aveva provocato reazioni molto forti nella coscienza di Israele. Il sangue acceca. La cosa drammatica di Sharon è che definisce importante l'operazione di Gaza. Mi aspettavo dicesse: abbiamo cercato di colpire un terrorista, siamo inorriditi dalle conseguenze del nostro gesto che giudicavamo un'azione militare contro Hamas. Mi domando: a che serve tutto questo? Non è sensato tentare altre opzioni, rimettersi con accanimento al tavolo delle trattative? Se si imbocca la logica della rappresaglia contro le azioni terroristiche si finisce per legittimare il terrorismo, riconoscerlo come interlocutore e rilanciarlo di continuo. Il terrorismo non ha bisogno di legittimazioni. Ci furono attentati deflagranti anche quando Rabin trattava ad Oslo con l'Anp. Ma non c'è dubbio che azioni come queste, da parte israeliana, fomentano il terrorismo.

Il missile è piombato sulle case proprio mentre sembrava che qualche milizia stesse per dichiarare una tregua negli attentati kamikaze. Una coincidenza?

Il terrorismo ha un vantaggio che non gli si può togliere: ha a disposizione gente che non ha paura di morire, c'è qualcosa di sinistro in questo continuo rilancio della contabilità della morte. E' fallimentare anche la logica di mettersi in guerra con il nemico. Le vittime saranno quasi sempre innocenti. E quando, prima o poi, ci si metterà al tavolo delle trattative, lo si farà con una catasta immensa di morti alle spalle. E quel che più mi angoscia, saranno morti completamente inutili.

Arafat ebbe l'occasione di firmare la pace con Barak, auspice Clinton. Da lì cominciò il dramma, vero?

In effetti da molti israeliani quel no di Arafat è considerato la prova che non voleva procedere verso la pace. Io non lo credo. La proposta di Barak era certamente coraggiosa, forse il massimo possibile, ma non ciò che certi circoli della destra israeliana, che allora la rifiutarono, cerca ora di far passare. “Le monde diplomatique” la analizzava ed escludeva che Israele fosse disposta a cedere il 93% dei territori. Era meno, forse il 77-78%. Io ritengo che lo stato palestinese debba essere uno stato vero, non un Bantustan. A quello bisognerà arrivare. La pace si farà soltanto al tavolo della trattativa. L'idea palestinese di distruggere lo stato di Israele di risolvere la questione palestinese con un muro che disegna una prigione a cielo aperto per una popolazione vessata da 35 anni di occupazione. Un progetto devastante anche per l'identità democratica del Paese. Cos'è destinata a diventare Israele? Un gendarme permanente che si corrompe sempre più?
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 18/01/2009, 13:41

Lo srittore israeliano David Grossman nel 2006 scriveva questo...

Dobbiamo svegliarci

L’immagine della ragazzina sulla spiaggia di Gaza, la cui vita é stata mandata in pezzi sotto i nostri occhi, deve svegliarci da un ipnotico sonno profondo che dura da anni.
Piuttosto che preoccuparci per “il danno dell’immagine di Israele”, piuttosto che cominciare subito a snocciolare l’automatica conta stereotipata degli argomenti, dovremmo dare un’occhiata a ciò che facciamo.
Abbiamo urgente bisogno di vedere la deriva scivolosa in cui stiamo precipitando e di cominciare a chiederci quale abisso profondo ci aspetta.
E perché e che cosa è tutto questo? Dove siamo arrivati colpendo incessantemente le “rampe di lancio dei missili Qassam” e con “l’arrestare i terroristi ricercati”, cose che accadono notte dopo notte nei Territori Occupati, e con gli “omicidi mirati” che uccidono soprattutto innocenti?
Quanta sicurezza per il nostro futuro ci ha assicurato ognuna di questi azioni? Quanto a lungo resteremo silenziosi e passivi di fronte alla cricca di esperti in “sicurezza” – che risultano del tutto inesperti e incompetenti anche nel campo della loro supposta specifica abilità! – che continuano a bloccarci con il medesimo “cappio” mortale in cui le nostre vite sono intrappolate da decenni: fra raffiche e rappresaglie, rappresaglie e raffiche.
Oggi è la ragazzina di Gaza. Domani i bambini di Gerusalemme e Tel Aviv possono pagare il prezzo della rappresaglia palestinese.
L’esercito israeliano (n.d.t.: IDF: Forze di Difesa Israeliane), che una volta era un’armata audace piena di idee originali, già da molti anni si muove come una pesante macchina da guerra incapace di pensare – che colpisce ancora e ancora i Palestinesi, e si adopera solo a portarli a sentimenti quanto mai profondi di umiliazione, furia, desiderio di vendetta.
Il Primo Ministro va dichiarando in ogni possibile incontro che Israele “farà ogni sforzo in suo potere” per iniziare negoziati con i Palestinesi, prima di rinunciare a questo sforzo e di trasformare in passi unilaterali la “convergenza” o il “riallineamento”:
Ma la sfida della dichiarazione di Abu Mazen di indire un referendum gli è sottratta perché “completamente priva di senso”. Costantemente e ostinatamente, Olmert ignora ogni tentativo di pace da parte palestinese. E’ certo che egli non ha intenzione di iniziare nessun dialogo o di fare una coraggiosa offerta israeliana per sfidare Hamas.
Non si sta facendo nulla di tutto ciò. Solo la macchina pesante continua ad attaccare meccanicamente i Palestinesi, ma anche noi stessi. Il suo movimento ripetitivo, automatico,e torpido offusca anche il nostro basilare istinto vitale. Noi non badiamo più agli allarmi, ai più piccoli e ai più grandi segnali di danno che ci avvertono di svegliarci dall’intorpidimento in cui in cui stiamo scivolando e sprofondando sempre più.
Il capo dell’esercito che normalmente riposa bene la notte mentre scorre il sangue, in questo periodo ha ordinato di fermare l’artiglieria per una notte. Ma non dovrebbe forse essere messa a tacere per un tempo più lungo? Forse questo è proprio questo il momento di ordinare un completo cessate il fuoco e chiedere negoziati immediati e incondizionati.
Una simile richiesta sarebbe interpretata come un segno di debolezza, persino come una sconfitta israeliana? Certamente qualcuno vorrà vederla in questo modo:
Ma la bambina che fugge in uno stato di totale paura sulla spiaggia di Gaza è alla fine la più dura e fondamentale sconfitta di Israele.
Una sconfitta dei valori di Israele e dei suoi fondamenti etici: L’infamia della spiaggia è una disfatta molto più importante di una zuffa di Israele con i Palestinesi. E’ una sconfitta nella lotta per la nostra identità di popolo e di esseri umani.


anche lui deve essere considerato un falso moralista con la retorica dell'Art.11?
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 18/01/2009, 13:43

incrociatore ha scritto:Se si è contro alla guerra bisogna esserlo non dico nemmeno come si diceva: “senza se e senza ma”, ma adoperandosi (come dice la nostra Costituzione) per scongiurarla con ogni mezzo al fine che diventi veramente l’ultima ratio

Cosa abbiamo fatto noi, italiani, europei, occidentali, per scongiurare quello che accade oggi a gaza?
Nulla, assolutamente nulla. Zero al quoto.
Ok, forse qulcuno ha ufficialmente auspicato, altri hanno ufficialmente deplorato.
Ma basta per tenerci libera e pulita la coscienza?
Dove sono questi "scongiurarla con ogni mezzo"?
Io sarà che con l'età ci vedo meno, ma non vedo nulla.

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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda gabriele il 18/01/2009, 13:49

incrociatore ha scritto:Se si è contro alla guerra bisogna esserlo non dico nemmeno come si diceva: “senza se e senza ma”, ma adoperandosi (come dice la nostra Costituzione) per scongiurarla con ogni mezzo al fine che diventi veramente l’ultima ratio.


Caro Incrociatore, prima di capire come risolvere un problema, la guerra, occorre capire com'è nato.

Si può unire la violenza intrinseca nell'uomo con la guerra che egli esercita?

Ricordiamoci che la violenza di un singolo fa parte della storia di quel singolo e della collettività, ma la guerra è un atto sociale che riguarda i singoli, che lo vogliano o meno

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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 18/01/2009, 16:24

franz ha scritto:
incrociatore ha scritto:Se si è contro alla guerra bisogna esserlo non dico nemmeno come si diceva: “senza se e senza ma”, ma adoperandosi (come dice la nostra Costituzione) per scongiurarla con ogni mezzo al fine che diventi veramente l’ultima ratio

Cosa abbiamo fatto noi, italiani, europei, occidentali, per scongiurare quello che accade oggi a gaza?
Nulla, assolutamente nulla. Zero al quoto.
Ok, forse qulcuno ha ufficialmente auspicato, altri hanno ufficialmente deplorato.
Ma basta per tenerci libera e pulita la coscienza?
Dove sono questi "scongiurarla con ogni mezzo"?
Io sarà che con l'età ci vedo meno, ma non vedo nulla.

Ciao,
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Poco... forse nulla... ma la domanda è anche un'altra: cosa ha concesso che si facesse Israele che attraverso gli Stati Uniti e il suo diritto di veto ha tenuto e tiene in ostaggio l'ONU?
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 18/01/2009, 16:26

gabriele ha scritto:
incrociatore ha scritto:Se si è contro alla guerra bisogna esserlo non dico nemmeno come si diceva: “senza se e senza ma”, ma adoperandosi (come dice la nostra Costituzione) per scongiurarla con ogni mezzo al fine che diventi veramente l’ultima ratio.


Caro Incrociatore, prima di capire come risolvere un problema, la guerra, occorre capire com'è nato.

Si può unire la violenza intrinseca nell'uomo con la guerra che egli esercita?

Ricordiamoci che la violenza di un singolo fa parte della storia di quel singolo e della collettività, ma la guerra è un atto sociale che riguarda i singoli, che lo vogliano o meno

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perdonami Gabriele, ma non c'ho capito nulla... ;)
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