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Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda flaviomob il 20/11/2014, 1:04

Franz, se tu non ti ritieni di sinistra è evidente che comunque hai un'idea di che cosa sia la sinistra, e piuttosto precisa visto che non ti senti di appartenere a codesta parte.

Per cui è ovvio che la domanda è rivolta a tutti indipendentemente dal sentirsi / identificarsi / appartenere o meno a questo "insieme".

Per quanto mi riguarda, considero il mio essere di sinistra un'anomalia, sia dal punto di vista personale (o biografico), sia dal punto di vista diciamo così teorico o ideologico, per usare una parolaccia! :lol:

Ho amici di sinistra ma la mia famiglia, nel complesso, non ha mai espresso idee progressiste. Avevo un padre liberale, ho una madre democristiana (che oggi, guarda caso, vota Renzi), altri parenti vicini vanno dal leghismo (persino quello ticinese!) al conservatorismo anche spinto.

Da giovane mi consideravo socialista (e mi considero ancora tale), ma appena maggiorenne mi accorsi della corruzione che si annidava in quel partito (che solo Repubblica e pochi altri denunciavano, prima dell'esplosione di tangentopoli).

Anche sul piano teorico mi sento piuttosto anomalo. Considero socialista, ante litteram, il cristianesimo delle origini per molte sue manifestazioni, quando si basava su scelte democratiche e libere, sulla condivisione (comunione) dei beni, sulla lotta contro la schiavitù e l'abuso del potere. Al netto però delle posizioni sessuofobiche e ginofobiche di Paolo di Tarso, che tanti danni avrebbero generato dopo, quando il cristianesimo si fosse imposto anche nell'esercizio (scellerato) del potere "terreno", prendendo di fatto una strada ben diversa da quella iniziale.

Apprezzo Marx sul fronte del pensiero critico, ma non condivido l'impianto di una teoria che prevede, seppur "di passaggio", una fase di dittatura del proletariato.
Come può una dittatura costituire consapevolmente ed intenzionalmente una "fase"? Chi otterrà la possibilità di esercitare il potere in maniera tirannica non acconsentirà mai a rinunciarvi consensualmente, ma dovrà essere abbattuto con la violenza o attendere la sua morte (come il caso di Franco in Spagna e dei vari segretari del PCUS in URSS, eccetto Gorbaciov). Tuttavia il marxismo funziona ancora bene come strumento di analisi di molti passaggi, anche della società attuale.

Dunque, che cos'è questa sinistra? E' una delle risposte possibili davanti al dilemma del potere: è legittimo che uno disponga di tutto il potere e un altro ne sia completamente privo? La sinistra dice di no.
E' vero tuttavia che anche il liberalismo delle origini nacque con questo medesimo intento: limitare il potere del sovrano, eliminare i privilegi dell'aristocrazia. Eppure, tolta questa fetta di ingiustizia, il liberalismo non ha saputo affrontare quella maggiore. Chi ha di più, chi possiede di più ha molto potere; chi non ha nulla vive nel bisogno e di fatto non è libero. Per cui anche la proprietà privata andava messa in discussione e questo passaggio, considerandola sacra ed inviolabile, il liberalismo non era in grado di farlo. Il progresso ora era rappresentato dalle idee socialiste, nate in un contesto in cui era peraltro normale il latifondo e persino la schiavitù della gleba (in Russia presente anche nell'ottocento), il lavoro minorile, la mancanza di qualsiasi tutela per le donne incinte, condizioni di lavoro salariato in fabbrica intollerabili, insalubri e spesso mortali.
Un'altro elemento antidemocratico del liberalismo "reale" è stata l'ostilità verso il suffragio universale: poteva votare solo chi disponeva di un reddito minimo e solo i maschi capifamiglia, in Italia. Altrove, è vero, ci furono anche liberali più illuminati, ma ai nostri va imputata anche l'iniziale alleanza parlamentare con il fascismo! Si parla tanto di anomalia della sinistra italiana, ma la realtà è piuttosto il contrario: l'elitarismo e il distacco dalle masse dei liberali italiani, che avrebbero potuto fermare il fascismo degli inizi, insieme alla scellerata monarchia.

Sulla questione dei diritti o delle pari opportunità: mi pare che i diritti non possano che essere universali e vadano garantiti a tutti, altrimenti perché non fare un esame di cultura generale per poter votare o un patentino per poter acquistare una casa?

Le pari opportunità saranno sempre un'utopia, perché in una competizione esisteranno sempre delle ingiustizie (per esempio, chi ha fatto una scuola privata carissima certamente sarà più seguito di chi fa una scuola pubblica magari ottima ma con 30 alunni per classe; poi magari chi fa la privata si diploma anche con un bel calcio nel deretano perché "papino paga"). L'eguaglianza va garantita per i diritti. Lo svantaggio va ridotto per garantire pari opportunità. Tuttavia anche l'assenza di competizione è un'ingiustizia, perché toglie opportunità non solo a chi ha più talenti (che magari ha dalla nascita) ma anche a chi ha più merito e soprattutto a chi ha più stimoli e più bisogno: quanto spesso chi è nato povero ha più motivazione ad impegnarsi di chi è nato con la pappa pronta?
In Italia però esiste una peculiarità negativa. La competizione viene falsata dalle bustarelle e questo genera mostri a non finire. Inoltre la competizione viene mortificata dalle parentele e dalle raccomandazioni, per cui da noi c'è un doppio circolo vizioso che favorisce l'emersione... dei peggiori. Questo mostra anche perché tante persone mostrino odio per la competizione in questo paese: perché parlano di qualcosa che è sempre stato molto lontano dal concetto - quello sì liberale - che dovrebbe rappresentare.
Mentre è socialista il concetto di liberazione dal bisogno, per cui prima di pensare a competere ci sono una serie di passaggi per garantire, come dice Pianogrande, dignità a tutti.


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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda franz il 20/11/2014, 8:52

flaviomob ha scritto:Franz, se tu non ti ritieni di sinistra è evidente che comunque hai un'idea di che cosa sia la sinistra, e piuttosto precisa visto che non ti senti di appartenere a codesta parte.

Per rme sinistra o destra non hanno piu' alcun significato, tanto meno descrivo l'una come negazione o antitesi dell'altra.
Sono entrambe molto simili, per intenderci, nel senso che vedo piu' elementi in comune che differenze.
Non mi sento piu' di appartenere ad una parte proprio perché non riconosco piu' la necessità di questo genere di parti.
Comunque mi è piaciuto il tuo approccio, soprattutto nel finale.
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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda annalu il 20/11/2014, 13:13

franz ha scritto:Per rme sinistra o destra non hanno piu' alcun significato, tanto meno descrivo l'una come negazione o antitesi dell'altra.
Sono entrambe molto simili, per intenderci, nel senso che vedo piu' elementi in comune che differenze.
Non mi sento piu' di appartenere ad una parte proprio perché non riconosco piu' la necessità di questo genere di parti.
Comunque mi è piaciuto il tuo approccio, soprattutto nel finale.

Questa tua affermazione mi pare quantomeno estremista, e purtroppo somiglia molto ad una posizione di destra, in quanto in genere viene considerato di destra chi sostiene il liberismo e la concorrenza senza regole, e che il libero mercato possa autoregolarsi senza bisogno di contrappesi.
Inoltre, penso sia "di destra" ritenere che non esistano differenze tra destra e sinistra, perché nega l'esistenza di un contrasto tra chi considera le differenze di censo e di potere come qualcosa di meritato ed acquisito, e chi si batte per i diritti di tutti.
Ma non è delle posizioni di Franz che stiamo parlando, e del resto mi pare che anche lui si lasci talvolta andare ad affermazioni che lui stesso non condivide pienamente.

Detto questo, mi sembra che qui si stiano confondendo due argomenti solo apparentemente simili:
1. Se esistono e cosa sono le idee di destra e quelle di sinistra, che è poi un confronto tra idee progressiste e idee conservatrici, tra il concentrarsi sui vantaggi della competizione, oppure sulla tutela degli svantaggiati.
Su questi argomenti possiamo discutere all'infinito; ognuno di noi ha probabilmente opinioni e scale di valori personali, ed è probabile che ognuno abbia posizioni di sinistra su alcuni aspetti, e meno di sinistra o più di destra su altri.

2. Quello che chiede il titolo del dibattito mi pare invece se ci sia spazio per un partito di sinistra, cosa ben diversa dall'avere opinioni di sinistra.
In questo contesto l'affermazione di Franz, che
franz ha scritto:...non riconosco piu' la necessità di questo genere di parti...
, in quanto siamo davvero certi che un eventuale "partito di sinistra" sia davvero di sinistra al momento attuale?
Per esempio, è certo "di sinistra" un reddito minimo garantito e la garanzia pari opportunità per tutti, ma non si può negare la positività di una sana e corretta competizione, ed ovviamente il migliore ha diritto ad un "premio", cioè ad una posizione che gli conferica un ruolo adatto alle sue capacità e potenzialità.

Quali sarebbero gli obiettivi e i programmi di un eventuale "partito di sinistra" più a sinistra di tutti gli altri presenti in parlamento, e quale potrebbe essere il suo ruolo in questo momento in questo paese?
La sinistra-sinistra (scusate, ma non posso non usare questo termine, che ha una connotazione lievemente ironica) in Italia è spesso caratterizzata dal riferimento ad ideologie del passato senza alcuna capacità i revisione ed attualizzazione; spesso partiti come "Rifondazione comunista" oppure "comunisti italiani" hanno svolto ruoli di opposizione pura e semplice, propugnando obiettivi velleitari, populisti e fuori dal tempo, senza svolgere il ruolo propositivo e concreto che avrebbe potuto rappresentare uno stimolo potenzialmente positivo.
Da questo punto di vista, l'idea di discutere se ci sia "spazio" per un nuovo partito del genere mi sembra fuori luogo. Forse sarebbe prima di tutto il caso di capire dove desideriamo che vada l'Italia.

Per esempio, mi sembra che siamo tutti d'accordo su quali siano le prime cose da fare: riformare e svecchiare la PA per ridurre il peso della burocrazia, ed eliminare, o quanto no idurre a livelli ragionevoli, la corruzione ed il nepotismo.
Questo obiettivi - e qui ha ragione Franz - non sono né di destra né di sinistra, ma sono condivisi da tutte le persone oneste, indipendentemente dalle loro tendenze politiche.
Non è di alcuna utilità creare un nuovo partito (che ci sia o meno "spazio", cioè anche ammesso che possa raccogliere qualche voto), qui bisogna creare un movimento di opinione trasversale ai partiti che i batta per questi risultati. Che poi le realizzi (sia costretto a realizzarle) un Renzi o altri non mi sembra rilevante, ed andare incontro ad una nuova interruzione di ogni azione politica seria per intraprendere una ennesima competizione elettorale, mi sembra un controsenso.

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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda franz il 20/11/2014, 14:02

Ecco, sarebbe meglio forse lasciar perdere quello che si considera "in genere" perché spesso sono pregiudizi.
Il reddito minimo per esempio esiste in tanti paesi liberali e conservatori (se è per capirci ok, diciamo "di destra") e così anche il salario minimo ed il sussidio di disoccupazione. E sono cose che non esistono in Italia.
E qui si potrebbe aprire una diatriba infinita attorno alle tesi: l'Italia è un paese di destra (socialmente, culturalmente, economicamete) o di sinistra?
Io considero solo che quelli di destra dicono che l'Italia è un pase di sinistra (addirittura "comunista") mentre quelli di sinitra non hanno solutamente dubbi nel definire l'Italia un paese di destra.
Abbiamo fatto passi avanti? No, secondo me.

Atra questione:
siamo davvero certi che un eventuale "partito di sinistra" sia davvero di sinistra al momento attuale?

Non lo so ma sono certo che data una qualsiasi posizione X di sinistra ci sarà sempre qualcuno che dirà che non è abbastanza di sinistra e che ci puo' e deve essere qualche cosa piu' a sinistra. Da qui la clonazione, anzi la suddivisione molecolare a sinistra in partiti sempre piu' piccoli che continuamente si scindono, si raggruppano, si riscindono.
C'è spazio allora? Sì, Sempre. Ma i numeri? Da prefisso telefonico. Una cosa che peroò onestamente assomiglia alla galassia del pulviscolo liberale italiano. Anche li' ogni tanto si chiedono se c'è spazio per un nuovo partito liberale e poi arrivano le legnate sui denti a chi ci crede e ci prova.
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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda pianogrande il 20/11/2014, 15:58

La vera sfida per un partito nuovo è la differenza che c'è tra il raccogliere consenso fine a se stesso (far concorrenza agli altri partiti sullo stesso terreno) e l'innovare davvero fidandosi del fatto che una azione innovatrice il consenso lo raccoglierà di sicuro.

Senza consenso non si innova (perché se nessuno ti vota...) ma se deve nascere un partito da pura e semplice caccia al voto e senza idee davvero innovative non se ne sente davvero il bisogno.

Il vero terreno di cultura di un nuovo partito è, quindi, l'innovazione ma che generi anche consenso.

Hai detto un prospero!, si dice in una certa parte del mondo.

Però, il problema è quello.

Almeno diciamolo.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda Iafran il 20/11/2014, 17:28

franz ha scritto:Per rme sinistra o destra non hanno piu' alcun significato, tanto meno descrivo l'una come negazione o antitesi dell'altra.
Sono entrambe molto simili, per intenderci, nel senso che vedo piu' elementi in comune che differenze.

Per fortuna che il nostro Paese non soffre la piaga delle associazioni mafiose, che il nostro parlamento è inattaccabile dalla corruzione e che i nostri parlamentari sono esenti da condanne giudiziarie, altrimenti sarebbe stato veramente arduo marcare la differenza "fra i destri ed i sinistri" (da non confondere con fautori di una politica di destra o di una politica di sinistra).
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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda franz il 20/11/2014, 18:17

Iafran ha scritto:Per fortuna che il nostro Paese non soffre la piaga delle associazioni mafiose, che il nostro parlamento è inattaccabile dalla corruzione e che i nostri parlamentari sono esenti da condanne giudiziarie, altrimenti sarebbe stato veramente arduo marcare la differenza "fra i destri ed i sinistri" (da non confondere con fautori di una politica di destra o di una politica di sinistra).

In effetti proprio perché ne soffre vediamo spesso e volentieri che i personaggi conniventi con mafie, malaffare, corruzione e malgoverno, nonché spreco di risorse pubbliche, hanno tutti i tradizionali colori politici. Forse si potrebbe replicare che qualche colore è piu' rappresentato di altri e che alcuni ritenuti di sinistra proprio di sinistra non sono ma credo che sia un gioco un po' sterile.
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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda Salemi il 20/11/2014, 22:55

flaviomob ha scritto:Franz, se tu non ti ritieni di sinistra è evidente che comunque hai un'idea di che cosa sia la sinistra, e piuttosto precisa visto che non ti senti di appartenere a codesta parte.

Per cui è ovvio che la domanda è rivolta a tutti indipendentemente dal sentirsi / identificarsi / appartenere o meno a questo "insieme".

Per quanto mi riguarda, considero il mio essere di sinistra un'anomalia, sia dal punto di vista personale (o biografico), sia dal punto di vista diciamo così teorico o ideologico, per usare una parolaccia! :lol:

Ho amici di sinistra ma la mia famiglia, nel complesso, non ha mai espresso idee progressiste. Avevo un padre liberale, ho una madre democristiana (che oggi, guarda caso, vota Renzi), altri parenti vicini vanno dal leghismo (persino quello ticinese!) al conservatorismo anche spinto.

Da giovane mi consideravo socialista (e mi considero ancora tale), ma appena maggiorenne mi accorsi della corruzione che si annidava in quel partito (che solo Repubblica e pochi altri denunciavano, prima dell'esplosione di tangentopoli).

Anche sul piano teorico mi sento piuttosto anomalo. Considero socialista, ante litteram, il cristianesimo delle origini per molte sue manifestazioni, quando si basava su scelte democratiche e libere, sulla condivisione (comunione) dei beni, sulla lotta contro la schiavitù e l'abuso del potere. Al netto però delle posizioni sessuofobiche e ginofobiche di Paolo di Tarso, che tanti danni avrebbero generato dopo, quando il cristianesimo si fosse imposto anche nell'esercizio (scellerato) del potere "terreno", prendendo di fatto una strada ben diversa da quella iniziale.

Apprezzo Marx sul fronte del pensiero critico, ma non condivido l'impianto di una teoria che prevede, seppur "di passaggio", una fase di dittatura del proletariato.
Come può una dittatura costituire consapevolmente ed intenzionalmente una "fase"? Chi otterrà la possibilità di esercitare il potere in maniera tirannica non acconsentirà mai a rinunciarvi consensualmente, ma dovrà essere abbattuto con la violenza o attendere la sua morte (come il caso di Franco in Spagna e dei vari segretari del PCUS in URSS, eccetto Gorbaciov). Tuttavia il marxismo funziona ancora bene come strumento di analisi di molti passaggi, anche della società attuale.

Dunque, che cos'è questa sinistra? E' una delle risposte possibili davanti al dilemma del potere: è legittimo che uno disponga di tutto il potere e un altro ne sia completamente privo? La sinistra dice di no.
E' vero tuttavia che anche il liberalismo delle origini nacque con questo medesimo intento: limitare il potere del sovrano, eliminare i privilegi dell'aristocrazia. Eppure, tolta questa fetta di ingiustizia, il liberalismo non ha saputo affrontare quella maggiore. Chi ha di più, chi possiede di più ha molto potere; chi non ha nulla vive nel bisogno e di fatto non è libero. Per cui anche la proprietà privata andava messa in discussione e questo passaggio, considerandola sacra ed inviolabile, il liberalismo non era in grado di farlo. Il progresso ora era rappresentato dalle idee socialiste, nate in un contesto in cui era peraltro normale il latifondo e persino la schiavitù della gleba (in Russia presente anche nell'ottocento), il lavoro minorile, la mancanza di qualsiasi tutela per le donne incinte, condizioni di lavoro salariato in fabbrica intollerabili, insalubri e spesso mortali.
Un'altro elemento antidemocratico del liberalismo "reale" è stata l'ostilità verso il suffragio universale: poteva votare solo chi disponeva di un reddito minimo e solo i maschi capifamiglia, in Italia. Altrove, è vero, ci furono anche liberali più illuminati, ma ai nostri va imputata anche l'iniziale alleanza parlamentare con il fascismo! Si parla tanto di anomalia della sinistra italiana, ma la realtà è piuttosto il contrario: l'elitarismo e il distacco dalle masse dei liberali italiani, che avrebbero potuto fermare il fascismo degli inizi, insieme alla scellerata monarchia.

Sulla questione dei diritti o delle pari opportunità: mi pare che i diritti non possano che essere universali e vadano garantiti a tutti, altrimenti perché non fare un esame di cultura generale per poter votare o un patentino per poter acquistare una casa?

Le pari opportunità saranno sempre un'utopia, perché in una competizione esisteranno sempre delle ingiustizie (per esempio, chi ha fatto una scuola privata carissima certamente sarà più seguito di chi fa una scuola pubblica magari ottima ma con 30 alunni per classe; poi magari chi fa la privata si diploma anche con un bel calcio nel deretano perché "papino paga"). L'eguaglianza va garantita per i diritti. Lo svantaggio va ridotto per garantire pari opportunità. Tuttavia anche l'assenza di competizione è un'ingiustizia, perché toglie opportunità non solo a chi ha più talenti (che magari ha dalla nascita) ma anche a chi ha più merito e soprattutto a chi ha più stimoli e più bisogno: quanto spesso chi è nato povero ha più motivazione ad impegnarsi di chi è nato con la pappa pronta?
In Italia però esiste una peculiarità negativa. La competizione viene falsata dalle bustarelle e questo genera mostri a non finire. Inoltre la competizione viene mortificata dalle parentele e dalle raccomandazioni, per cui da noi c'è un doppio circolo vizioso che favorisce l'emersione... dei peggiori. Questo mostra anche perché tante persone mostrino odio per la competizione in questo paese: perché parlano di qualcosa che è sempre stato molto lontano dal concetto - quello sì liberale - che dovrebbe rappresentare.
Mentre è socialista il concetto di liberazione dal bisogno, per cui prima di pensare a competere ci sono una serie di passaggi per garantire, come dice Pianogrande, dignità a tutti.



Ho aspettato ad intervenire per verificare se ci si era accorti che questo ottimo post di flaviomob, offre spunti di base per definire cos'è la sinistra.
Ultima modifica di Salemi il 20/11/2014, 23:09, modificato 1 volta in totale.
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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda Salemi il 20/11/2014, 22:59

flaviomob ha scritto:Franz, se tu non ti ritieni di sinistra è evidente che comunque hai un'idea di che cosa sia la sinistra, e piuttosto precisa visto che non ti senti di appartenere a codesta parte.

Per cui è ovvio che la domanda è rivolta a tutti indipendentemente dal sentirsi / identificarsi / appartenere o meno a questo "insieme".

Per quanto mi riguarda, considero il mio essere di sinistra un'anomalia, sia dal punto di vista personale (o biografico), sia dal punto di vista diciamo così teorico o ideologico, per usare una parolaccia! :lol:

Ho amici di sinistra ma la mia famiglia, nel complesso, non ha mai espresso idee progressiste. Avevo un padre liberale, ho una madre democristiana (che oggi, guarda caso, vota Renzi), altri parenti vicini vanno dal leghismo (persino quello ticinese!) al conservatorismo anche spinto.

Da giovane mi consideravo socialista (e mi considero ancora tale), ma appena maggiorenne mi accorsi della corruzione che si annidava in quel partito (che solo Repubblica e pochi altri denunciavano, prima dell'esplosione di tangentopoli).

Anche sul piano teorico mi sento piuttosto anomalo. Considero socialista, ante litteram, il cristianesimo delle origini per molte sue manifestazioni, quando si basava su scelte democratiche e libere, sulla condivisione (comunione) dei beni, sulla lotta contro la schiavitù e l'abuso del potere. Al netto però delle posizioni sessuofobiche e ginofobiche di Paolo di Tarso, che tanti danni avrebbero generato dopo, quando il cristianesimo si fosse imposto anche nell'esercizio (scellerato) del potere "terreno", prendendo di fatto una strada ben diversa da quella iniziale.

Apprezzo Marx sul fronte del pensiero critico, ma non condivido l'impianto di una teoria che prevede, seppur "di passaggio", una fase di dittatura del proletariato.
Come può una dittatura costituire consapevolmente ed intenzionalmente una "fase"? Chi otterrà la possibilità di esercitare il potere in maniera tirannica non acconsentirà mai a rinunciarvi consensualmente, ma dovrà essere abbattuto con la violenza o attendere la sua morte (come il caso di Franco in Spagna e dei vari segretari del PCUS in URSS, eccetto Gorbaciov). Tuttavia il marxismo funziona ancora bene come strumento di analisi di molti passaggi, anche della società attuale.

Dunque, che cos'è questa sinistra? E' una delle risposte possibili davanti al dilemma del potere: è legittimo che uno disponga di tutto il potere e un altro ne sia completamente privo? La sinistra dice di no.
E' vero tuttavia che anche il liberalismo delle origini nacque con questo medesimo intento: limitare il potere del sovrano, eliminare i privilegi dell'aristocrazia. Eppure, tolta questa fetta di ingiustizia, il liberalismo non ha saputo affrontare quella maggiore. Chi ha di più, chi possiede di più ha molto potere; chi non ha nulla vive nel bisogno e di fatto non è libero. Per cui anche la proprietà privata andava messa in discussione e questo passaggio, considerandola sacra ed inviolabile, il liberalismo non era in grado di farlo. Il progresso ora era rappresentato dalle idee socialiste, nate in un contesto in cui era peraltro normale il latifondo e persino la schiavitù della gleba (in Russia presente anche nell'ottocento), il lavoro minorile, la mancanza di qualsiasi tutela per le donne incinte, condizioni di lavoro salariato in fabbrica intollerabili, insalubri e spesso mortali.
Un'altro elemento antidemocratico del liberalismo "reale" è stata l'ostilità verso il suffragio universale: poteva votare solo chi disponeva di un reddito minimo e solo i maschi capifamiglia, in Italia. Altrove, è vero, ci furono anche liberali più illuminati, ma ai nostri va imputata anche l'iniziale alleanza parlamentare con il fascismo! Si parla tanto di anomalia della sinistra italiana, ma la realtà è piuttosto il contrario: l'elitarismo e il distacco dalle masse dei liberali italiani, che avrebbero potuto fermare il fascismo degli inizi, insieme alla scellerata monarchia.

Sulla questione dei diritti o delle pari opportunità: mi pare che i diritti non possano che essere universali e vadano garantiti a tutti, altrimenti perché non fare un esame di cultura generale per poter votare o un patentino per poter acquistare una casa?

Le pari opportunità saranno sempre un'utopia, perché in una competizione esisteranno sempre delle ingiustizie (per esempio, chi ha fatto una scuola privata carissima certamente sarà più seguito di chi fa una scuola pubblica magari ottima ma con 30 alunni per classe; poi magari chi fa la privata si diploma anche con un bel calcio nel deretano perché "papino paga"). L'eguaglianza va garantita per i diritti. Lo svantaggio va ridotto per garantire pari opportunità. Tuttavia anche l'assenza di competizione è un'ingiustizia, perché toglie opportunità non solo a chi ha più talenti (che magari ha dalla nascita) ma anche a chi ha più merito e soprattutto a chi ha più stimoli e più bisogno: quanto spesso chi è nato povero ha più motivazione ad impegnarsi di chi è nato con la pappa pronta?
In Italia però esiste una peculiarità negativa. La competizione viene falsata dalle bustarelle e questo genera mostri a non finire. Inoltre la competizione viene mortificata dalle parentele e dalle raccomandazioni, per cui da noi c'è un doppio circolo vizioso che favorisce l'emersione... dei peggiori. Questo mostra anche perché tante persone mostrino odio per la competizione in questo paese: perché parlano di qualcosa che è sempre stato molto lontano dal concetto - quello sì liberale - che dovrebbe rappresentare.
Mentre è socialista il concetto di liberazione dal bisogno, per cui prima di pensare a competere ci sono una serie di passaggi per garantire, come dice Pianogrande, dignità a tutti.





Ho aspettato ad intervenire per verificare se ci si era accorti che questo ottimo post di flaviomob, offre spunti di base per definire cos'è la sinistra.



Ho sbagliato post. Me ne scuso. Si può cancellare?
Salemi
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Re: Un nuovo partito di sinistra: c’è spazio?

Messaggioda Salemi il 21/11/2014, 0:04

flaviomob ha scritto:Ho amici di sinistra ma la mia famiglia, nel complesso, non ha mai espresso idee progressiste. Avevo un padre liberale, ho una madre democristiana (che oggi, guarda caso, vota Renzi), altri parenti vicini vanno dal leghismo (persino quello ticinese!) al conservatorismo anche spinto.

Da giovane mi consideravo socialista (e mi considero ancora tale), ma appena maggiorenne mi accorsi della corruzione che si annidava in quel partito (che solo Repubblica e pochi altri denunciavano, prima dell'esplosione di tangentopoli).

Anche sul piano teorico mi sento piuttosto anomalo. Considero socialista, ante litteram, il cristianesimo delle origini per molte sue manifestazioni, quando si basava su scelte democratiche e libere, sulla condivisione (comunione) dei beni, sulla lotta contro la schiavitù e l'abuso del potere.




E’ la prima volta che mi capita di constatare che qualcuno usa un concetto che io uso da un po’ di anni.

Quello che il socialismo ha un’origine millenaria in Palestina. Questa è stata anche una precisazione recente che ha fatto Francesco qualche mese fa, facendo sapere che prima di Marx certe idee erano già state espresse in Palestina.

Comunque, per evitare fraintendimenti, mentre da quello che spiega flaviomob, si deduce una sua appartenenza al cattolicesimo, io mi colloco in altra posizione che non è neppure quella dell’agnosticismo classico, ma quella in cui qualsiasi pontefice o studioso del cattolicesimo non può dimostrare l’esistenza Dio, ma anche che nessun ateo sia in grado di dimostrare la non esistenza di Dio.

Ma dal punto di vista storico, 2025 anni fa un uomo chiamato Gesù, ha gettato le basi della dottrina socialista. E forse per questo è stato messo in croce. Ripresa nel 1892, il socialismo ha però dimostrato di soffrire di una malattia mortale, il frazionismo perpetuo.
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