gi.bo. ha scritto:Col tuo ragionamento lavori metà e prendi metà chi sostenterà il rimanente che si troverà senza lavoro?
Ecco, tornando al tema (e mi scuso io per aver inescato una divagazione attorno al tema degli ostacoli burocratici alla creazione di nuove imprese, che spiego poi perché c'entra) e ricordando che avevo accennato a cio' che si vede e che non si vede, parto da questa affermazione di gi.bo. per sottolineare il tipico errore in economia che proviene dal modello "superfisso" basato solo su cio' che si vede.
Quello che si vede è che un'azienda con 5000 dipendenti dopo la robotizzazione ne ha solo (per ipotesi) 1000.
Cosa succede ai 4000 che perdono il lavoro?
Quello che non si vede è un pelino piu' complesso ma parte dalla considerazione che se l'azienda è stata robotizzata, sarà stato fatto sulla base di un calcolo di convenienza per cui dato l'investimento iniziale (i robot costano) e la diminuzione delle spese correnti, unita molto probabilmente ad una maggiore qualità (o minori errori) del processo robotizzato (e quindi meno scarti) e forse anche ad una maggiore velocità del processo, l'azienda ottiene un
risparmio nelle spese correnti. Quindi puo' riversare questo risparmio dei costi sul prezzo di vendita, con un vantaggio sulla concorrenza. Oppure il vantaggio è degli altri concorrenti (che si sono già robotizzati) e l'azienda che si robotizza oggi evita di uscire dal mercato e fallire (con la perdita di tutti e 5000 i posti).
Mettiamo che una fabblica non robotizzata produca 40'000 vetture all'anno con 5'000 operai.
Mettiamo che una fabbrica robotizzata produca (della stessa identica vettura) 60'000 veicoli con 1'000 operai.
Facciamo l'ipotesi che nel primo caso la macchina costi dal concessionario 15'000 euro (in linea con quelle della concorrenza) e che nel secondo caso ne costi 12'000, sbaragliandola. Le differenza tra i due casi sono di 120 milioni in piu' di fattorato e di 80 milioni circa in mendo di costi del personale. Se i robot costano 100 milioni già dal primo anno l'unità produttiva ci guadagna.
Intanto abbiamo che 60'000 persone, che pensavano di spendere 15'000 per la macchina, ne hanno spesi 12'000. Ecco quello che
non si vede: ne hanno 3'000 in piu' in tasca. Il classico tesoretto da spendere o da mettere da parte. Da qui si parte per capire cosa possono fare gli operai (4000) che hanno perso il posto.
Complessivamente i 60'000 che hanno risparmiato 3000, hanno li' da spendere 180 milioni. Andranno piu' spesso al teatro, al ristorante? Rifaranno il tetto della casa, che ha un piccolo danno? Compreranno scarpe o vestiti nuovi? Un computer? Andranno in vacanza? Di certo quei soldi non sono stati distrutti e girano ancora nell'economia. Il problema di quei 4000 ex-operai è che sono nel posto sbagliato per intercettare quella massa di soldi. Ma se sono capaci di riqualificarsi (con appositi programmi di formazione) allora trovano un nuovo lavoro proprio dove nascono nuovi lavori grazie al fatto che i consumatori hanno soldi veri in piu' da spendere. E dico vero perché nati da un aumento di produttività, non da iniezioni artificiali di liquidità.
E qui torna in ballo la creazione di nuove attività, cosi' tanto ostacolata in Italia. Da noi non solo non esiste un sussidio serio di disoccupazione a livello degli altri paesi europei, che fornisca anche il sostegno alla riqualificazione professionale. Ma ogni nuova attiività (e spesso dietro una nuova attività ci sono persone che hanno perso un posto fisso e cerano di iniziare in proprio una nuova impresa, mettendo a frutto idee e know-how) è ostacolata da mille paletti burocratici.
Morale: il lavoro non è FINITO ma si è solo spostato verso altri lavori. Ma questo sistema prevede formazione continua ed una grande rapidità nel creare nuove occasioni di lavoro.
Ergo un paese iper-burocratico ad alta fiscalità è la vera FINE DEL LAVORO
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)