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Il nocchiere

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Il nocchiere

Messaggioda flaviomob il 19/10/2014, 14:07

Nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!
di EUGENIO SCALFARI


I titoli dei miei articoli domenicali li faccio utilizzando spesso i versi dei poeti che si attengono secondo me a descrivere il tema meglio d'ogni altra soluzione. Di solito utilizzo Dante ma non sempre. Questa volta m'era venuto in mente paggio Fernando, un bellissimo giovane che gioca una partita a scacchi con una principessa straniera che corteggia e vuole sposare.

Direi che Renzi che gioca e corteggia Angela Merkel sarebbe stato un buon titolo e un bel finale perché Renzi avrebbe vinto la partita e conquistato la principessa. La gioiosa commedia la scrisse a fine Ottocento Giuseppe Giacosa e fu rappresentata con successo in moltissimi teatri italiani. Ma non credo che le cose sarebbero andate e andranno a quel modo. Sicché sono tornato al canto VI del Purgatorio dantesco di qui il titolo che avrete certamente già letto.

C'è però in quel titolo un errore che mi corre l'obbligo professionale di indicare ai lettori: non è vero che la nave Italia sia senza nocchiere. Il nocchiere c'è ed è Matteo Renzi.

Somiglia, è vero, a paggio Fernando ma è molto più duro di lui e esperto principalmente o soltanto in quella che si chiama politica politichese. Una buona parte dei leader italiani di questo periodo ha questa stessa e sola competenza. Per approfondire temi specifici e specializzati si valgono di collaboratori non sempre all'altezza della situazione. I consulenti di Renzi più noti (a parte Padoan che è un caso speciale emanato a suo tempo dalla volontà di Giorgio Napolitano) sono per lo più donne: la Mogherini, la Madia, la Boschi e tante altre ancora.

Intelligenti senza dubbio ma con scarsa esperienza e conoscenza delle questioni che dovrebbero trattare per dar consigli al loro leader il quale peraltro molti consigli e molto autorevoli non sempre li riceve di buon grado; la politica politichese è appunto questo: si inventa da sola le soluzioni.

Talvolta sono buone e danno buoni risultati, tal altre (il più delle volte) sono pessime e travolgono il Paese nel peggio. Voglio sperare che questa sia la volta buona.

Una delle ragioni per le quali Renzi non può essere battuto in un'aula del Parlamento è che mancano le alternative o almeno così si dice.

È curiosa questa mancanza di alternative della quale l'Italia da quando esiste come Stato repubblicano, ma anche prima, non avvertiva l'assenza. Dopo De Gasperi nella Dc venne Fanfani e con lui La Pira e Dossetti e poi De Mita e poi Cossiga. In un momento di estrema difficoltà economica e politica, l'allora primo ministro Giuliano Amato suggerì al presidente Scalfaro di chiamare a formare il nuovo governo Carlo Azeglio Ciampi e fu un vero e proprio trionfo perché tutte le soluzioni che gli erano state poste furono entro un anno portate a compimento e si fecero le nuove elezioni. Naturalmente Renzi ha degli appoggi ed anche importanti e uno di questi è Giorgio Napolitano il quale, prima di lasciare il suo incarico al Quirinale, vorrebbe che le leggi costituzionali fossero state quantomeno ampiamente avviate e tra queste la legge elettorale, la giustizia civile, la riforma del lavoro. Un tema, anzi un numero sterminato di temi, che farli tutti insieme è molto aleatorio.

Quando Renzi arrivò al governo dopo aver conquistato il Pd con un voto di tre milioni di simpatizzanti, e poi con un colpo di mano si mise al posto di Letta, sembrava che non ci fossero alternative di sorta e sembra tuttora, ma non è affatto vero. Ci sono alternative per il Quirinale, ci sono alternative per la Presidenza del Consiglio. Basta pensare ai nomi di Romano Prodi, Enrico Letta, Walter Veltroni, e molti altri che mi sembra inutile ora elencare e che possono essere tratti anche dalla Corte Costituzionale e da altri luoghi dove persone tra i sessantacinque e i settant'anni hanno formato una loro esperienza di vita.

La mancanza di alternative è dunque una scusa che è stata usata infinite volte in tutti i Paesi. Pensate a Obama di fronte alla dinastia dei Bush o pensate a Mitterrand dopo il postgollismo che aveva in mano il Paese e pensate infine a quanto accadde in Germania quando Schroeder diventò cancelliere e fece riforme fondamentali per ammodernare l'economia tedesca; poi perdette le elezioni successive ma ci fu una larga coalizione con la Merkel che non aveva nulla di simile alle larghe intese che tuttora dominano lo scenario italiano.

La posta in gioco in questo momento (lo dicono tutti e in tutti i Paesi) è quella di ravvivare lo spirito del popolo italiano e da questo punto di vista Renzi sembra la persona più adatta: ha coraggio, è spregiudicato, conosce alla perfezione la politica politichese, è un po' scarso nella qualità dei collaboratori.

All'inizio del periodo renziano, quando con un colpo di pugnale alla schiena fece fuori Enrico Letta dopo averlo rassicurato fino a poche ore prima, sembrava che il processo di risanamento e di rifondazione dello Stato sarebbe stato compiuto nientemeno che in quatto mesi, da giugno a settembre: la riforma elettorale, la riforma del Senato e la sua pratica abolizione, il Titolo V, la giustizia soprattutto quella civile ma non soltanto, e, perla tra tutte le perle, il mercato del lavoro. Quattro mesi per questo lavoro.

Renzi ci mise la faccia, poi quando ha visto come andavano le cose la faccia l'ha ritirata immediatamente e adesso non si sa dove quella faccia la conservi. Da quattro mesi passammo a mille giorni cioè all'intera legislatura.

Sembra molto, ma non lo è. Aldo Moro che di queste cose se ne intendeva a fondo, disse in un'intervista che ci volevano almeno vent'anni per rifondare lo Stato italiano e che quei vent'anni lui li voleva passare in alleanza tra il popolo cattolico e quello operaio dei lavoratori comunisti. Purtroppo lo disse quindici giorni prima di esser rapito dalle Br e due mesi e mezzo prima di esserne trucidato. E così quel disegno procedette ancora un poco zoppicando e poi scomparve. Adesso si parla di manovra. All'inizio, quando dai quattro mesi il crono-programma passò ai mille giorni, si parlò di 23 miliardi che poi salirono a 24, poi a 26, poi a 30, poi a 33 e infine, tre giorni fa, a 36.

Ora si spera che restino questi perché non si tratta di ricchezze miliardarie a nostra disposizione.
C'è un punto che resta fisso: il deficit di bilancio non supererà il 3 per cento. Lo sfiorerà, questo sì, cavandone una cifra di 11 miliardi.

Naturalmente speriamo che la caduta di due giorni fa degli spread di tutto il mondo e delle quotazioni di Borsa delle banche sia decisamente superata come è apparso venerdì mattina, ma coi tempi molti bui nei quali viviamo non ci si può contare in modo certo. Potrebbero nuovamente crescere o non diminuire abbastanza nel quale caso il risparmio che ce ne attendiamo almeno in parte si volatilizzerebbe. Speriamo comunque nel meglio.

C'è poi il ricavo dell'evasione fiscale contabilizzato per circa 3 miliardi. Di solito l'evasione fiscale viene contabilizzata quando è stata incassata e non quando è semplicemente prevista, ma capisco che la situazione è tale per cui la politica politichese impone questo strappo e pazienza.

La spending review dovrebbe dare 15 miliardi. Cottarelli aveva studiato a fondo per due anni questo problema, coadiuvato da persone di estrema competenza. Non paragonabile a quella delle ragazze di paggio Fernando. La conclusione era stata una trasformazione delle strutture dello Stato a cominciare dalla sanità, dai piccoli ospedali, dai posti di pronto soccorso, dai piccoli tribunali o preture. Apparentemente potrebbe sembrare che l'idea centrale di Cottarelli fosse quella di abolire fin dove possibile i piccoli insediamenti sanitari o amministrativi o giudiziari concentrando il massimo del lavoro su quelli maggiori.

In realtà, come sa chi ha avuto modo di parlare con lui e con i suoi collaboratori, il progetto non era esattamente questo. I piccoli ospedali se situati in zone di difficile accesso dovevano restare e diventare semmai più efficienti e la stessa cosa dicesi per i pronto soccorsi che ne diventavano in qualche modo una filiale minore. Naturalmente bisognava rimodernare in tutti i sensi (quello edilizio compreso) i grandi ospedali eliminando alcuni dei baroni che ormai avevano fatto il tempo loro e potevano tranquillamente proseguire i loro studi e le loro consulenze a casa propria o nei propri studi privati. Analoghi criteri valevano anche per i tribunali e le preture. Non c'era una lotta ad oltranza per far sparire i piccoli e concentrarsi sui grossi ma c'era una selezione tra piccoli efficienti e necessari e grossi a volte pletorici e invecchiati. Questo era il piano - per quanto risulta a me - di Cottarelli. Ma è un piano che mi ricorda le parole e le previsioni tempistiche di Aldo Moro, che non sono certo mille giorni. Io spero tuttavia che Renzi ce la faccia. Tra l'altro mi fa simpatia, del resto è normale perché la seduzione è il suo requisito principale e su quello basa il suo potere in modo non molto dissimile se non in meglio del Berlusca che l'aveva preceduto.

Il "figlio buono". E speriamo che lo sia. Ma se non lo sarà non portiamo in giro la favola che è insostituibile. I principi azzurri sono delle apparizioni di fantasia. Spesso risvegliano le ragazze, ma spesso no e risvegliano soltanto i Cappuccetti Rossi con i guai che ne vengono appresso.

Post scriptum. Vorrei dedicare qualche parola al tema che mi pare non più citato, dell'articolo 18. Ricorderete tutti come fu messo e perché e come fu salutato dai lavoratori che vedevano finalmente scomparire o attenuarsi i padroni e comparire al loro posto imprenditori capaci e disposti a lavorare come e più di loro.

Naturalmente il tempo passa e la società cambia e quindi il tema della giusta causa doveva necessariamente esser ridotto. Lo fece la Fornero, ministro del Lavoro nel governo Monti, donna di sinistra sociale. Restrinse i motivi di giusta causa alla discriminazione indicando a titolo esemplificativo la discriminazione di genere e di etnia. Ma era esemplificativo perché ci potevano essere una serie di discriminazioni abilmente nascoste ma che pure tali erano. Se per esempio l'imprenditore decide di licenziare un lavoratore perché ha gli occhi azzurri e gli sono antipatici, il lavoratore ha diritto di appellarsi al giudice per sapere se questa è una giusta causa non più esistente o una discriminazione esistente. Francamente non so quale sarebbe la risposta del giudice ma ho dei dubbi che sia certamente negativa per il lavoratore. Si possono fare decine e decine di altri esempi, per esempio quello di un lavoratore che viene licenziato perché fa la corte alla moglie dell'imprenditore la quale lo ricambia. È un problema privato o comporta anche un licenziamento? E se lo comporta, il licenziato non può appellarsi alla giurisdizione? E quale giurisdizione, perché alla fine di tribunale in Corte di appello e di Corte d'appello in Cassazione si arriva inevitabilmente alla Corte costituzionale la quale deve affrontare se la discriminazione sia in realtà una giusta causa oppure no. In molti casi non lo sarà, in altri lo sarà, sempre che sia approvata.

Io mi rendo conto che l'abolizione dell'articolo18 - che non conta assolutamente nulla per le ragioni sopraddette - rappresenti però una mano tesa di Renzi alla Confindustria e agli ambienti che ad essa si riferiscono.

Qui il politichese fa il suo gioco ed è naturale che lo faccia. Ma i lavoratori tuttora protetti, sia pure in modi più labili, sono 6 milioni di persone, che equivalgono a 10 milioni comprese le famiglie, ai quali bisogna aggiungere un indotto quindi si parla di molti milioni di persone. Che faranno queste persone? Scenderanno nelle piazze rispondendo alla Camusso e a Landini? Oppure andranno a farsi una partitina a carte e bere una birra in un parco fresco di qualche città? Mancano ormai pochi giorni e per quanto mi riguarda aspetto con molta curiosità se il vero politichese di chi dirige un partito soi-disant di sinistra democratica abbia convenienza a farsi stringer la mano più e più volte dal presidente della Confindustria e lotti a pugni con Camusso, Landini e dieci o dodici milioni di persone. Ecco un punto che per ora non so risolvere ma tra pochi giorni potremo parlarne con più attenzione.

(Scalfari - Repubblica)


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Re: Il nocchiere

Messaggioda mauri il 20/10/2014, 14:42

la nave va condotta da tutti quanti, dal macchinista al capitano, se il capitano è scarso deve intervenire l'equipaggio e ammutinarsi ma con questa gente in parlamento è impossibile perchè tutti si fanno i cavoletti loro, io non so cosa accada negli altri paesi ma questo dei continui cambi di casacca è vomitevole, e grillo con il gruppo di ragazzi che aveva dato delle speranze oramai è in disintegrazione magari l'unico aspetto positivo è l'aver messo dentro giovani volenterosi che chissà potrebbero influire per un cambiamento nel futuro, ma nutro ben poche speranze
ciao mauri

http://www.lastampa.it/2014/10/20/itali ... agina.html

Il Senato dei transfughi, già 79 cambi di casacca
Nuovo gruppo per un onorevole su quattro: la maggioranza è mobile
In Senato, per dire, sono già 79 quelli che hanno cambiato gruppo. Uno su quattro in 20 mesi: se non è un record, poco ci manca.
Numeri impressionanti, se paragonati con quelli della Camera (75 cambi di gruppo, ma i deputati sono il doppio dei senatori) o con il precedente Senato. Nella scorsa legislatura i transfughi erano stati 60 in un arco di cinque anni.
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Re: Il nocchiere

Messaggioda Salemi il 20/10/2014, 15:02

Gli asini volano e i bambini li porta la cicogna. I bambini degli anni ’40 e ’50 erano dubbiosi sul fatto che gli asini volassero e che i bambini li portassero le cicogne. Ci credevano, ma con qualche dubbio. Anche quando a scuola qualcuno più sveglio di altri cercava di riportarli alla realtà, i dubbi in molti persistevano fino agli 8-10 anni. Oggi no, non è più così. I bambini moderni che crescono a nutella e Ipad, a queste fesserie non ci credono per niente. Per contro, sono i bambini invecchiati di allora e i loro figli che persistono a credere ad altre simil fesserie. Silvio Berlusconi non sarebbe mai sceso in politica se sulla piazza politica nel 1994 ci fosse stato Matteo Renzi. Berlusconi, malgrado quello che si crede, non sarebbe mai sceso in politica se avesse potuto continuare la sua ventennale opera di corruzione del potere esercitata comodamente dietro le quinte elargendo sostanziosi benefit ai suoi protettori politici. Soprattutto ai più potenti come il CAF. Ma anche la sinistra migliorista dell’ex Pci di Napolitano, su ordine di Bettino usufruì ai tempi di sostanziosi benefit.
Fu Bettino Craxi a convincere Berlusconi in una drammatica domenica mattina della primavera del 1993, a Villa San Martino, a persuadere l’amico di scendere direttamente in politica perché non c’era più niente da fare e che se voleva proteggere efficacemente le sue aziende e se stesso dalle inchieste che la magistratura aveva avviato tramite il pool di Mani Pulite, doveva battersi in prima persona. Andreotti era stato fatto fuori pochi anni prima. Forlani con la bava alla bocca si era arreso sotto le pressioni del pool. Lui, Bettino, era in procinto di fuggire ad Hammamet. Se in quelle settimane fosse stato presente su piazza Matteo Renzi, sarebbe stato l’uomo giusto per lui. Bisogna dare atto a Berlusconi che è stato comunque abile da non politico a tenere in scacco un intero paese per vent’anni. Elettori ed istituzioni comprese. Non è cosa da poco. L’operazione era riuscita in precedenza solo a suo “padre” Benito, anche se poi la sua avventura è finita male. Berlusconi è consapevole, dopo il fallimento del 2011, la condanna successiva del 2013 e l’espulsione dal Senato, di non avere più gli spazi giusti per un recupero. E qui grazie ai suggerimenti del piduista Denis Verdini, che segue da anni Renzi da vicino, lavorandolo i fianchi, che nasce l’idea del Patto del Nazareno. Quello che politicamente non aveva a disposizione vent’anni fa, ce l’ha a disposizione oggi. Una nuova testa di legno che difenda a livello governativo e parlamentare i suoi interessi, ma soprattutto quelli delle sue aziende. Nessuno delle chiaviche di cui si è circondato in questi anni è in grado di succedergli. Neppure a livello familiare. Renzi invece è la persona giusta. Ha dichiarato ieri Enrico Mentana ad Alessandro Ferrucci del Fatto, dopo lo show da Barbara D’Urso: “Il popolo di B. ha detto: è uno di noi”. (non avevamo dubbi) Se fosse rimasto altre due ore in studio, avrebbe presentato anche le previsioni meteo” spiega di Matteo Renzi, il direttore del Tg de La7, Enrico Mentana. Berlusconi sta uscendo lentamente di scena perché ha trovato finalmente il suo erede. Fitto lo ha capito e sta piantando un sacco di grane perché pensava di essere lui l’erede di Berlusconi, come in precedenza aveva supposto anche Fini, sbagliando nettamente i suoi calcoli. Berlusconi esce lentamente di scena ma il berlusconismo è più forte di prima perché è attecchito anche nella ex presunta sinistra, anche se qualcuno ad oggi non se ne è ancora accorto. L’aspetto nuovo, ma anche tragico e comico contemporaneamente, è che ex sinistri antiberlusconiani più feroci che sono arrivati al punto di voler vedere morto fisicamente l’ex cavaliere, oggi sono i più tenaci ed irriducibili difensori di Renzi, quindi di Berlusconi e del berlusconismo tout court.
Franco Cordero ha spiegato di recente su La Repubblica che questo è il paese del partito unico. Avrebbe dovuto essere più preciso. Da mesi è nato il Partito Unico del Nazareno. Il PUN. Ma molti italiani adulti che credono ancora che i bambini li porta la cicogna non se ne sono ancora accorti. Ieri pomeriggio ha esordito Tele Nazareno per la felicità di tanti.
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Re: Il nocchiere

Messaggioda Iafran il 20/10/2014, 15:17

Salemi ha scritto: Da mesi è nato il Partito Unico del Nazareno. Ma molti italiani adulti che credono ancora che i bambini li porta la cicogna non se ne sono ancora accorti.

Concordo pienamente.
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Re: Il nocchiere

Messaggioda pianogrande il 20/10/2014, 15:40

Vediamo "la cicogna" cosa ci porta.

Magari riusciamo a discutere su qualche elemento concreto.

Diversamente, è solo una gara di poesia, neologismi e parole composte.
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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Re: Il nocchiere

Messaggioda mauri il 20/10/2014, 16:45

Gli asini volano e i bambini li porta la cicogna. I bambini degli anni ’40 e ’50 erano dubbiosi sul fatto che gli asini volassero e che i bambini li portassero le cicogne. Ci credevano, ma con qualche dubbio. Anche quando a scuola qualcuno più sveglio di altri cercava di riportarli alla realtà, i dubbi in molti persistevano fino agli 8-10 anni. Oggi no, non è più così. I bambini moderni che crescono a nutella e Ipad, a queste fesserie non ci credono per niente

guarda che è il contrario, in quegli anni andavano a lavorare a 8 anni e anche prima, sono i bimbi di oggi che ci credono ancora nella cicogna e a babbo natale, per colpa nostra
si vediamo cosa ci porta la cicogna, perchè oggi con renzi c'è la speranza che porti a un risollevamento della nostra nazione, prima di lui il vuoto assoluto e senza speranze e via d'uscita
ciao mauri
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Re: Il nocchiere

Messaggioda flaviomob il 20/10/2014, 17:11

Il lavoro oggi: una guerra tra poveri senza vincitori
di Furio Colombo | 20 ottobre 2014

Per cominciare, come tutti, parliamo del lavoro dei giovani. Viene trattato come un problema sociale, tipo quartiere a luci rosse, la città a dimensione umana, le energie alternative, le piste ciclabili, i presidi sui territori o, se volete, il “jobs act”, che prende il nome americano proprio per sembrare un’altra cosa, ma è poco più di una esortazione. Non è vero che manca il lavoro dei giovani. Il lavoro manca e basta. Infatti, se guardate bene, sono in movimento due scale mobili, una sale, quasi vuota, verso porte chiuse. È quella del lavoro e di tutti i suoi “acts” che dovrebbero garantire la ripresa (invece è il contrario, è la ripresa, se ci fosse, che garantirebbe il lavoro). L’altra scende, gremita di licenziati, esodati, prepensionati e precari già dismessi, che ha due nomi: vista dal basso e tra la gente, è la disoccupazione. Vista dall’alto, da chi spinge giù dalla scala, è risanamento. Si ottiene chiudendo, vendendo, spostando una grande impresa dall’altra parte del mondo, realizzando festosamente un “merger” (fusione) di aziende diverse, in cui metà del personale è in esubero, rendendo smilza e moderna una impresa che va bene in modo da “premiare” investitori e manager liberandosi dalle persone.

Da un certo numero di anni le persone sono sempre in esubero. Sul problema si affacciano due esperti. Uno è il Nobel per l’Economia Paul Krugman che, sul New York Times del 3 giugno scorso, difende e sostiene Thomas Picketty nella sua affermazione che “si consolidano ricchezze sempre più grandi e sempre più lontane dai livelli della povertà, che sono in continua espansione”. E aggiunge: “L’ineguaglianza fra vertici irraggiungibili e condizioni invivibili è stabile in un anno ma anche in dieci. Non si sono viste tassazioni, trovate, espedienti, benefici che abbiano intaccato la diseguaglianza, salvo le tasse sui ricchi che tendono a diminuire il loro contributo e ad aumentare la distanza da coloro che sono esclusi dalla ricchezza”. Cioè il lavoro.

Ed ecco l’altra voce. Alan Friedman (Il Corriere della Sera, 8 agosto). Non fate caso al dislivello. È una buona testimonianza di cultura del tempo. “Il motivo principale per cui l’economia italiana continua a essere anemica, è la mancanza di modernizzazione. (…) Senza un costo del lavoro ragionevole, una vera flessibilità del mercato della occupazione, una migliorata produttività, l’Italia non potrà progredire (…). Ora c’è Renzi, che prova a spingere l’acceleratore ma inciampa nei gattopardi del suo partito, o nelle resistenze di Sel e dei Cinquestelle. Ma Renzi deve, se necessario, ‘sbattere la testa contro il muro’ e proporre cambiamenti strutturali che non faranno piacere a Susanna Camusso”. In altre parole, come in altri tempi si diceva, per descrivere una drammatica alternativa, “O la borsa o la vita”, adesso l’alternativa sembra essere: “O la ripresa o il lavoro”. Ovvero è il lavoro che si mette in mezzo, con le sue ottuse pretese, fra noi e il benessere.

“Noi” È una piazza polverizzata senza partiti e senza movimenti, dove ciascuno diffida di tutti, non appartiene a niente, e si sente personalmente danneggiato dalla paga di A, che ancora lavora, e dalla pensione di B, che è sicuramente un privilegio. Ma non si sente danneggiato dalla ricchezza di C, meglio se immensa, perché è una buona garanzia (come si è visto, infondata) che il ricco non ruba e non depreda lo Stato come insegnanti, giudici e impiegatipubblici. La strategia vincente, al momento, è la guerra tra poveri, tra chi vive di lavoro dipendente o ne ha le pensioni, tra sindacati, tra movimenti che vorrebbero difendere il lavoro. A essa è stata aggiunta la guerra generazionale, in modo da essere sicuri che i vecchi che hanno lavorato e lasciato nel lavoro la loro testimonianza, non abbiano rispettabilevoce in capitolo. Ogni anziano deve apparire come il vero ostacolo ai diritti di un giovane. L’antipolitica è stata poco a poco trasformata in anti-lavoro, e guerra fra chi non ha. Piace che si mandi via gente alla Rai. Certamente sono abusivi. Piace mandar via gli statali, riciclando tutte le storie dell’impiegata che chiude lo sportello, benchè ci sia la coda, per fare la spesa. Circola una curiosa antipatia per l’Alitalia, e la persuasione che le centinaia di esuberi siano perdigiorno finalmente stanati. Tu hai il mio posto. O un posto che io occuperei molto meglio.

Questa acredine può tenere fermo e isolato il lavoro, mentre altri provvedono a spezzarlo, spostarlo, delocalizzarlo, privarlo di dignità, trasformarlo nella implorazione di certi cortei di fronte alla fabbrica vuota. È strano, ma in un momento così drammatico non esiste un partito del lavoro. Non esiste chi dice, con autorevolezza e ascolto, che il lavoro non è elargizione, non è spreco, non è spesa buona ma impossibile, non è una trovata politica e non è neppure classe. È la forma necessaria di un tipo di società, quando ha raggiunto un grado di civiltà che credevamo il nostro presente. Infatti è la società descritta dalle Costituzioni europee del dopoguerra, e – con particolare enfasi e attenzione – dalla Costituzione italiana.

C’è una risposta. Il lavoro (che non sia precariato o lavoro a giornata, per quanto travestito da stage) ha senso nella lunga durata delle strutture sociali, quando si produce ad esso e si investe nella ricerca per il futuro. Ma la vita si è contratta tra lo spasimo delle borse, dove conta solo ciò che si incassa subito, e lo spasimo del potere, che deve compensare subito perché non dura. Nella vita breve conta la tangente, la distanza esagerata fra la base (tutti) e il vertice di ignoti proprietari. Conta la delocalizzazione e la fuga. Tanti ce l’hanno fatta, nel mondo del lavoro negato, abolito o umiliato, vissero a lungo felici e contenti.

Il Fatto Quotidiano, 19 ottobre 2014


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Re: Il nocchiere

Messaggioda Salemi il 20/10/2014, 20:37

“Il popolo di B. ha detto: è uno di noi”
(Alessandro Ferrucci).
20/10/2014
Se fosse rimasto altre due ore in studio, avrebbe presentato anche le previsioni meteo” spiega di Matteo Renzi, il direttore del Tg de La7, Enrico Mentana. Quindi ha visto il premier dalla D’Urso. Certo, e neanche Berlusconi dopo le Europee del ’94 aveva questa forza, questa capacità di comunicare e di includere. Il tutto è avvenuto in casa Mediaset. È già andato in trasmissione da Paolo Del Debbio e da Nicola Porro, evidentemente la sua è una strategia per parlare al corpo profondo del Paese, alla pancia, di provvedimenti che potrebbero provocare malessere nei cittadini, quindi negli elettori. Ne ha bisogno. Renzi sembrava seduto in casa. Lui riesce a parlare e muoversi come una persona senza steccati, è uno spregiudicato, con la capacità di proporre la sua narrazione. Spregiudicato e seduttore. L’atteggiamento piacione è la sua cifra, e riesce a cercare e ottenere il consenso. Ma c’è un punto che mi ha particolarmente colpito…Quale? Renzi dà del “tu” a molti giornalisti, ma è la prima volta che vedo un premier intervistato pubblicamente con il “tu”, anche se il contesto è una trasmissione non giornalistica.

E cosa comporta? Accorcia le distanze con lo spettatore-cittadino. Il senatore Paolo Romani ha twittato: “E ora voglio vedere chi parla di conflitto d’interessi”. Sì, l’ho letto. Romani è un uomo di televisione, evidentemente è rimasto colpito della complicità: sembrava un pesce nella sua acqua, un beniamino. Sembrava “uno di noi” che ce l’ha fatta. E non dimentichiamoci mai che lui è anche e sempre il leader del Pd. Quindi Romani ha le sue ragioni. Vede, Renzi riesce anche a muovere negli avversari una certa invidia e ammirazione. Chissà il pensiero del fu Cavaliere… In questo contesto, la differenza tra Berlusconi e Renzi è una: il primo è divisivo, il secondo no. Non solo, il premier porta gli altri a essere inclusivi con lui. Ed è spesso in televisione. La questione è reciproca: lui deve presentare i provvedimenti, le trasmissioni invece lo chiamano perché alza gli ascolti, fa la differenza. È una questione editoriale. Infatti viene trattato con tutti gli onori, mai in maniera scomoda, da nessuno. E solo lui fa politica, vista l’auto-esclusione dei 5Stelle dai format. Ha campo libero. Eccome, chi gli va contro pubblicamente sono solo Civati, i gufi e Landini, un po’ poco rispetto a quello che Renzi rappresenta. Se al suo posto ci fosse stato Berlusconi… Ripeto: questo livello non è mai stato raggiunto, Berlusconi è stato attaccato per meno, adesso invece nessuno trova strano ciò che accade.

Da Il Fatto Quotidiano del 20/10/2014.
Salemi
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Re: Il nocchiere

Messaggioda Salemi il 20/10/2014, 20:37

“Il popolo di B. ha detto: è uno di noi”
(Alessandro Ferrucci).
20/10/2014
Se fosse rimasto altre due ore in studio, avrebbe presentato anche le previsioni meteo” spiega di Matteo Renzi, il direttore del Tg de La7, Enrico Mentana. Quindi ha visto il premier dalla D’Urso. Certo, e neanche Berlusconi dopo le Europee del ’94 aveva questa forza, questa capacità di comunicare e di includere. Il tutto è avvenuto in casa Mediaset. È già andato in trasmissione da Paolo Del Debbio e da Nicola Porro, evidentemente la sua è una strategia per parlare al corpo profondo del Paese, alla pancia, di provvedimenti che potrebbero provocare malessere nei cittadini, quindi negli elettori. Ne ha bisogno. Renzi sembrava seduto in casa. Lui riesce a parlare e muoversi come una persona senza steccati, è uno spregiudicato, con la capacità di proporre la sua narrazione. Spregiudicato e seduttore. L’atteggiamento piacione è la sua cifra, e riesce a cercare e ottenere il consenso. Ma c’è un punto che mi ha particolarmente colpito…Quale? Renzi dà del “tu” a molti giornalisti, ma è la prima volta che vedo un premier intervistato pubblicamente con il “tu”, anche se il contesto è una trasmissione non giornalistica.

E cosa comporta? Accorcia le distanze con lo spettatore-cittadino. Il senatore Paolo Romani ha twittato: “E ora voglio vedere chi parla di conflitto d’interessi”. Sì, l’ho letto. Romani è un uomo di televisione, evidentemente è rimasto colpito della complicità: sembrava un pesce nella sua acqua, un beniamino. Sembrava “uno di noi” che ce l’ha fatta. E non dimentichiamoci mai che lui è anche e sempre il leader del Pd. Quindi Romani ha le sue ragioni. Vede, Renzi riesce anche a muovere negli avversari una certa invidia e ammirazione. Chissà il pensiero del fu Cavaliere… In questo contesto, la differenza tra Berlusconi e Renzi è una: il primo è divisivo, il secondo no. Non solo, il premier porta gli altri a essere inclusivi con lui. Ed è spesso in televisione. La questione è reciproca: lui deve presentare i provvedimenti, le trasmissioni invece lo chiamano perché alza gli ascolti, fa la differenza. È una questione editoriale. Infatti viene trattato con tutti gli onori, mai in maniera scomoda, da nessuno. E solo lui fa politica, vista l’auto-esclusione dei 5Stelle dai format. Ha campo libero. Eccome, chi gli va contro pubblicamente sono solo Civati, i gufi e Landini, un po’ poco rispetto a quello che Renzi rappresenta. Se al suo posto ci fosse stato Berlusconi… Ripeto: questo livello non è mai stato raggiunto, Berlusconi è stato attaccato per meno, adesso invece nessuno trova strano ciò che accade.

Da Il Fatto Quotidiano del 20/10/2014.
Salemi
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Re: Il nocchiere

Messaggioda mariok il 21/10/2014, 15:02

Eugenio Scalfari: "Ci sono alternative per il Quirinale, ci sono alternative per la Presidenza del Consiglio. Basta pensare ai nomi di Romano Prodi, Enrico Letta, Walter Veltroni, e molti altri che mi sembra inutile ora elencare e che possono essere tratti anche dalla Corte Costituzionale e da altri luoghi dove persone tra i sessantacinque e i settant'anni hanno formato una loro esperienza di vita."

Con tutto il rispetto per un personaggio come Scalfari. Vada per Prodi come possibile candidato alla presidenza della repubblica (peraltro trombato dagli attuali oppositori come D'Alema). Ma Letta e Veltroni proposti come valide alternative a Renzi, danno la conferma che siamo ormai alla frutta.
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