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Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Messaggioda franz il 24/09/2014, 10:53

Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati
Un mix di welfare, tasse basse sulle imprese, alta innovazione e formazione scolastica in stretto contatto con le esigenze economiche. È il miracolo dell'Austria che, con appena il 4,2% di senza lavoro, è il Paese europeo con la disoccupazione più bassa. Dove si può licenziare senza fornire alcuna motivazione.
Giovanni Del Re

Un mix di tasse basse sulle imprese, innovazione, formazione
di alto livello e grande flessibilità nel mercato del lavoro. Se vogliamo un ricetta che funziona per un boom occupazionale, basta andare a guardare appena a nord del Brennero. Perché l'Austria, 8 milioni di abitanti, nel febbraio scorso (ultimi dati Eurostat disponibili) si è confermata prima della classe nell'Ue in termine di disoccupazione: appena il 4,2% di senza lavoro, davanti anche all'Olanda, a lungo in testa alla classifica (ora è al 4,9%), e meglio pure dei "cugini" tedeschi (5,7%). E la media dell'eurozona è ben più alta: 10,8% (l'Italia è al 9,3%). Non basta: la piccola repubblica alpina è in forma smagliante anche nel settore della disoccupazione giovanile (16-25 anni), autentica piaga di questi tempi: se l'eurozona ha una media del 21,6% (l'Italia è al 31,9%), la Felix Austria si ferma all'8,3%, appena dietro la prima in classifica, la Germania (8,2%).

«Essenziale - spiega Helmut Hofer, ricercatore dell'Istituto di Alti Studi (IHS) di Vienna, uno dei due maggiori istituti economici austriaci - è la scuola, che incoraggia chi sceglie gli istituti professionali a trovare prestissimo un posto di apprendista. L'offerta è abbondante perché numerose imprese fanno ricorso a questo strumento. Se sono bravi, spesso i giovani vengono poi assunti». Fino al 20% di riduzione d'imposta, del resto, è assicurato alle imprese che effettuano formazione dei ragazzi. Chi ha fatto il liceo andrà invece, per lo più, all'università, con una qualifica media abbastanza elevata, buoni atenei e un rapporto stretto tra questi e l'industria.

«All'estero molti non lo sanno - spiega Hedwig Lutz, esperta di mercato del lavoro dell'altro grande istituto di studi economici del paese, l'Istituto per la ricerca economica di Vienna (Wifo) - ma l'Austria ha industrie molto competitive, ad esempio nel settore dell'indotto dell'auto, che fanno ottimi affari con la Germania e non solo». Basta fare un salto a Linz, per scoprire che la locale università lavora in strettissimo contatto con la Bmw favorendo anche l'indotto austriaco del colosso bavarese. E giganti come Philips o Siemens sono sponsor di vari atenei.

Secondo uno studio della Deutsche Telekom Stiftung
, l'Austria è ai primi posti nel mondo per innovazione, alla pari addirittura con gli Usa e, nell'eurozona, dietro (di poco) solo a Germania, Finlandia e Olanda. Questo grazie anche a una politica fiscale che concede sgravi fino al 10% per chi effettua ricerca e innovazione. L'aspetto fiscale, in effetti, conta parecchio. Per le imprese, soprattutto i colossi multinazionali, l'Austria è un paradiso. E si vede: nel Paese hanno sede 303 multinazionali, più di quante se ne contano in tutto l'Est Europa. E circa mille società (tra cui Siemens, Beiersdorf, Hewlett- Packard, Henkel, FedEx) hanno scelto l'Austria come base per tutta l'Europa centro-orientale. Se in questa scelta molto c'entrano infrastrutture e alto livello del personale, è indubbio che il trattamento fiscale ha un ruolo notevole.

Nel 2005 il governo ha tagliato l'imposta sulle persone giuridiche (come la nostra Ires) dal 34% al 25%, l'aliquota più bassa in tutta l'eurozona dopo l'Irlanda. Non basta: ai fini fiscali alle società è concesso di detrarre perdite subite in sedi estere, mentre vengono tassati esclusivamente i profitti realizzati in Austria. In questo modo, secondo i calcoli di vari istituti, la tassazione effettiva delle multinazionali scende intorno al 22 per cento. Non finisce qui. L'Austria, spiega infatti Hofer, «è stata attenta a far sì che i costi salariali seguissero la produttività. Anzi, a dire il vero sono rimasti leggermente al di sotto di questa». É la curva esattamente opposta a quanto accaduto in Italia.

« É così che le nostre imprese - dice ancora l'esperto - sono riuscite a restare molto competitive, persino rispetto alla Germania». Cruciale, dice ancora Lutz, «è però anche la grande flessibilità del mondo del lavoro». Ad esempio sul fronte dell'orario, che è molto elastico e consente anche forme di orari ridotti con compensazioni da parte dello Stato. «Ci sono modalità anche informali - aggiunge Hofer -. Anche se abbiamo anche noi i contratti nazionali di categoria, molte aziende fanno accordi singoli con i dipendenti per ridurre orario e ovviamente paga in momenti di cali di ordinativi, salvo poi riprendere la normalità a emergenza finita».

Un clima positivo che paga, evidentemente
: secondo il World Competitiveness Yearbook 2011, l'Austria è terza al mondo per motivazione e impegno dei lavoratori, dietro solo a Danimarca e Svizzera, mentre la Germania è all'8° posto, il Giappone al 15°, gli Usa al 21° e l'Italia al 48°. Flessibilità vuol però dire, sottolinea Lutz, che «il datore di lavoro è anche libero di licenziare senza dover fornire alcuna motivazione». L'articolo 18, insomma, in Austria è del tutto sconosciuto. «Questo - prosegue la ricercatrice - incoraggia molto le assunzioni perché l'impresa sa di poter ridurre il personale se necessario».

La normativa austriaca prevede comunque l'obbligo di preavviso, da un minimo di due settimane per gli operai fino a cinque mesi per i dipendenti ultracinquantenni. Dopo c'è un generoso sussidio di disoccupazione e un'ampia offerta di formazione (in parte obbligatoria per chi riceve il sussidio) per riposizionarsi nel mercato del lavoro. La ricetta funziona visto che, sottolinea Hofer, «la disoccupazione di lunga durata praticamente da noi non esiste».

Di recente anche nel "paradiso" austriaco sono però comparsi alcuni problemi. Si diffondono infatti i lavori sottopagati, mentre cresce costantemente il numero di contratti a tempo determinato. Inoltre permane una grossa sperequazione salariale tra donne e uomini e una crescente difficoltà a conciliare lavoro e famiglia, per la riduzione dell'offerta di nidi e scuole materne. L'Italia, però, forse farebbe volentieri a cambio.

http://www.linkiesta.it/austria-la-rice ... e-funziona
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Re: Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Messaggioda gabriele il 24/09/2014, 14:37

Welfare state per le famiglie: Austria, Germania e Francia a confronto
http://www.conciliazione.cr-aldeno.net/ ... AFIIPL.pdf

questo nel 2009
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Re: Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Messaggioda flaviomob il 24/09/2014, 22:17

Queste fonti smentiscono l'articolo postato all'inizio del thread:

http://www.lettera43.it/economia/macro/ ... 141713.htm

http://www.intrage.it/rubriche/lavoro/l ... ndex.shtml

http://www.cassaintegrazione.it/licenziamento

http://tg24.sky.it/tg24/politica/2012/0 ... uropa.html

In ogni caso è ben diversa la prospettiva di chi viene licenziato (ingiustamente) e può godere di una consistente indennità (fino a 24 mensilità e oltre, in alcuni paesi il giudice può aumentarla) a cui si somma un sussidio di disoccupazione pari a circa l'80% dello stipendio finché non trova un altro lavoro (con corsi di formazione gratuiti). Oltre ad avere un welfare efficiente in altri comparti fondamentali (spesa sociale per scuola materna, scuola, sostegno alle famiglie con figli, politiche abitative).

In Danimarca addirittura è possibile pagare volontariamente un'assicurazione (che si aggiunge a quella obbligatoria con un costo minimo) grazie a cui si usufruisce di un sussidio di disoccupazione anche se ci si licenzia per propria scelta.

In Italia invece esiste un tetto molto basso al sussidio di disoccupazione e voglio proprio vedere una famiglia monoreddito che deve pagare un affitto o un mutuo come ci campa se ci sono i figli di mezzo.

vedi: http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=8292


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Re: Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Messaggioda gi.bo. il 25/09/2014, 0:10

flaviomob ha scritto:Queste fonti smentiscono l'articolo postato all'inizio del thread:

http://www.lettera43.it/economia/macro/ ... 141713.htm

http://www.intrage.it/rubriche/lavoro/l ... ndex.shtml

http://www.cassaintegrazione.it/licenziamento

http://tg24.sky.it/tg24/politica/2012/0 ... uropa.html

In ogni caso è ben diversa la prospettiva di chi viene licenziato (ingiustamente) e può godere di una consistente indennità (fino a 24 mensilità e oltre, in alcuni paesi il giudice può aumentarla) a cui si somma un sussidio di disoccupazione pari a circa l'80% dello stipendio finché non trova un altro lavoro (con corsi di formazione gratuiti). Oltre ad avere un welfare efficiente in altri comparti fondamentali (spesa sociale per scuola materna, scuola, sostegno alle famiglie con figli, politiche abitative).

In Danimarca addirittura è possibile pagare volontariamente un'assicurazione (che si aggiunge a quella obbligatoria con un costo minimo) grazie a cui si usufruisce di un sussidio di disoccupazione anche se ci si licenzia per propria scelta.

In Italia invece esiste un tetto molto basso al sussidio di disoccupazione e voglio proprio vedere una famiglia monoreddito che deve pagare un affitto o un mutuo come ci campa se ci sono i figli di mezzo.

vedi: http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=8292
hai fatto bene a postare tutto questo. Quando si fa informazione bisogna essere molto precisi nel presentare i ns.post. Questo deve essere fatto in modo molto approfondito e il web ci è molto di aiuto. Non farlo non e' informazione ma disinformazione e quindi un modo assai discutibile per far accettare le proprie posizioni. Non è questo lo scopo dei forum ma quello di affrontare confronti che possono in qualsiasi momento farci riflettere e anche cambiare qualche volta le ns. sicurezze.
Il confronto basato sulle cose concrete e' l'anima della democrazia e quindi chi ha più filo da tessere e' giusto che vinca la sua partita fino a che non si presentino fatti nuovi che possono ribaltare la "sorte".
Grazie

Hola
Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all'uomo, non servirà all'uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l'uomo(Giordano Bruno)
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Re: Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Messaggioda franz il 25/09/2014, 7:33

Il fatto che non esista un art.18 in austria non vuol dire che non esistano nel codice civile disposizioni sulle discriminazioni (razziali, di genere etc).valide ovunque, anche sul posto di lavoro.
In questo caso il giudice decide. Ma rimane il fatto che non c'è necessità di una "giusta causa" (questa la matrice determinante dell'Art 18) da indicare come motivazione del licenziamento. Chi ritiene di essere stato licenziato per motivi discriminatori si rivolge al giudice. Il potere giudiziario deciderà e se darà ragione al lavoratore poi si pone il problema del reintegro o dell'indennizzo.

Nel merito l'articolo che ho postato afferma che tra le varie cose "«il datore di lavoro è anche libero di licenziare senza dover fornire alcuna motivazione». Questo non viene affatto smentito dai link inseriti da Flavio, che parlano piu' che altro del fatto (per me piu' che ovvio) che esiste comunque un giudce a cui si puo' impugnare un provvedimento. Naturalmente il fatto che in austria (ma anche in Svizzera, sempre con un 4.2% di disoccupazione) non si debba indicare il motivo del licenziamento, pone la questione in modo molto diverso rispetto all'Italia, in cui questo obbligo (art 18) c'è.

Poi ha assolutamente ragione Flavio a dire che la differenza è l'assenza in Italia di seri sussidi d disoccupazione ma ricordo che è il mondo del lavoro, sindatati compresi, a non averli voluti, fin dagli anni 60 e 70.
I datori perché costano, i sindacati perché preferivano la tutela rigida del posto di lavoro.

PS: il testo attualizzato dell'art 18 http://it.wikisource.org/wiki/L._20_mag ... _di_lavoro
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Re: Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Messaggioda ranvit il 25/09/2014, 10:09

..i sindacati perché preferivano la tutela rigida del posto di lavoro.

E soprattutto perchè gli automatismi tolgono ai sindacati il potere di interdizione!!! ;)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Senza articolo 18 l’Austria non ha disoccupati

Messaggioda flaviomob il 25/09/2014, 20:48

I sindacati non votano in parlamento e in Italia sono divisi e piuttosto deboli politicamente, rispetto alla Francia che ha un grande sindacato unitario (CGT).

Ovvero: dove erano forti, qualcosa hanno ottenuto (cassa integrazione). Ma non sono riusciti a estenderla universalmente: nella fabbrichetta con 5-6 operai il sindacato non entra. Era compito del parlamento utilizzare strumenti universali (peraltro analizzati e proposti da Biagi con la parte più "sociale" della sua autentica proposta di riforma, ignorata dalla classe politica).


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