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Isis it is and terrorist

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda gabriele il 29/08/2014, 18:33

Tanto per capire cosa c'è dietro...
Non è semplicemente una persona che ti punta la pistola contro...e l'Italia non è in pericolo come afferma il Ministro Mogherini

Noto che sulla faccenda il Governo Renzi abbia cambiato di molto l'emozione di base. E' passato dalla speranza, alle europee, alla paura, per il conflitto in Iraq. Una mossa in difensiva. Non si sa bene da cosa però

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16/06/2014
Irak: chi arma l'ISIS e perché gli Usa non interverranno.

MARIA GRAZIA BRUZZONE @MAR__BRU

I commenti di questi giorni sull’avanzata travolgente degli estremisti sunniti dell’ISIS calati dalla Turchia e dal nord est della Siria fino a Mosul, la seconda città irakena con 2 milioni di abitanti, e fin quasi alle porte di Bagdad, non possono evitare ironie o addirittura sarcasmi. La guerra dell’Occidente per “portare la democrazia” in Irak dopo 10 anni (e 5000 morti e 100.000 feriti solo fra i soldati Usa, un milione la stima delle vittime civili) si sta risolvendo in una beffa: dove sventolava la bandiera dell’Irak di Saddam Hussein – non certo immacolata sebbene il raiss non avesse armi di distruzione di massa, né rapporti con Al-Qaeda, al contrario di quanto sostenevano G.W. Bush e Blair – sventola il drappo nero dei quaedisti sunniti dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante (o in Iraq e Siria) ovvero Islamic State of Iraq and Al-Sham, l’ISIS, insomma.

E’ una lettura di gran lunga troppo facile di quel che accade, e non da oggi, in quel settore del Medio Oriente dove le parti in gioco sono tante - Usa, Iran, Siria, Monarchie del Golfo in particolare Arabia Saudita e Qatar, Irak del governo sciita di al-Maliki e Irak dei combattenti sunniti - con interessi in parte in conflitto fra loro, come cerca di chiarire ai lettori una sorta di mappa sul NYTimes. Un coacervo di contraddizioni ben analizzato sulla Stampa da Claudio Gallo (“Nella guerra a distanza Arabia-Iran la Turchia gioca la carta dei curdi”).

Più drastici, i blog “alternativi” vanno oltre e non esitano a puntare il dito sul ruolo degli Stati Uniti. Ruolo peraltro ambiguo. Al punto che il governo Usa sembra molto riluttante a soddisfare la richiesta di aiuto da parte del filo-americano al-Maliki (che ha subito chiesto un intervento con aerei o droni) al quale si è clamorosamente unito l’Iran offrendo agli Usa collaborazione per respingere la minaccia sunnita. “Questa volta no”, ha dichiarato Hillary Clinton, potenziale candidata presidente nel 2016, contraria a ogni tipo di iniziativa ( vedi Politico.com) Il dibattito negli Usa è quanto mai aperto, specie dopo che l’Iran sciita ha proposto agli Usa una collaborazione contro i sunniti dell’ISIS.


Mr President: is the US still arming ISIL in Syria? Chiedeva provocatoriamente un tweet di @zerohedge venerdì scorso (13/6 ). Il giorno prima lo stesso blog postava un pezzo, senza punti interrogativi, intitolato Come gli Usa armano i due fronti del conflitto irakeno, ripreso da Infowars.



Armi all’Irak di Maliki. Il primo, sulla scia di una notizia Reuters, si dava conto del primo F-16, del contingente di ben 36 aerei ordinati dal governo irakeno di al-Maliki, 18 nel 2011 per $3 miliardi, altrettanti nel 2012. Per meglio proteggere l’Irak in marzo gli Usa hanno fornito all’Irak 100 missili Hellfire, e fucili d’assalto e munizioni, si aggiungeva. E in aprile avevano mandato altre armi, e 11 milioni di rotoli di munizioni e altre forniture.
“L’Irak è un grande paese con 3600 km di confini, e dobbiamo proteggerli”, dichiarava l’ambasciatore Usa, in procinto di priedere alla cerimonia di consegna alla Lockeed. Il paese non ha più un’aviazione dopo l ‘invasione del 2003 che rovesciò Saddam, dopo aver distrutto l’esercito del raiss, ora tocca ricostituirlo, fantastico - osservava il post.


E armi ai jihadisti combattenti sunniti . “Qualcuno mente. Obama dichiara di non armare i 'ribelli 'siriani, loro affermano il contrario”, titolava due settimane prima (28/5) lo stesso blog economico-finanziario ( ad influenzare Borse, valute, petrolio e materie prime e Borse come si sa sono le notizie più varie). Riferendosi da una parte alle affermazioni del presidente (stiamo pensando di addestrare e armare i ribelli siriani “moderati” che combattono cotro Assad, come fosse solo un’intenzione), dall’altro al servizio della tv pubblica PBS, Frontline dove ribelli volutamente non identificati ma apparentemente moderati al giornalista che li ha seguiti per vari giorni sul terreno asserivano di avere contatti con Americani che ordinavano loro di mandare contingenti di 80-90 militi in Turchia dove vengono addestrati all’uso di armi sofisticate e tecniche di combattimento.
Chi guadagna da questo duplice gioco? Sicuramente il complesso militar-industriale, conclude zerohedge, e qui si ferma.

“ Susan Rice ammette che gli Usa danno armi ad Al Qaeda in Siria” arrivava a titolare ad effetto Infowars il 7 giugno con video di YouTube incorporato in cui il consigliere n. 1 del presidente parla alla CNN. Dice di avere il “cuore spezzato” per le distruzioni in atto in Siria. “ E’ per questo che gli Stati Uniti hanno accresciuto il sostegno alle opposizioni moderate fornendo armi letali e non letali dove possiamo appoggiare sia l’opposizione civile sia quella militare”. Gruppi moderati spesso sotto finanziati, frammentati e caotici, sembrano servire a poco rispetto alle unità islamiste più radicali e organizzate, scriveva l’agenzia Reuters già un anno fa. E oggi? Nonostante le dichiarazioni di Rice l’amministrazione Usa è rimasta vaga, rifiutando di dare dettagli.

A chi finiscono le armi? L’autore del post ricorda di aver scritto già ad aprile che gli Stati Uniti fornivano armi ad al-Nusra ( fazione jihadista vicino ad al Qaeda) e altri gruppi terroristi in Siria attraverso gruppi moderati. “Se quelli che ci sostengono (Usa, Arabia Saudita, e Qatar) ci dicono di madare le armi a un altro gruppo le mandiamo. Un mese fa ci dissero di mandare molte armi a Yabroud, (una città siriana) e lo abbiamo fatto”, ha raccontato Jamal Marouf, che guida il Syrian Revolutionary Front (SRF) creato dalla CIA e intelligence di Arabia e Qatar.

Ora viene citato Barak Barfi, ricercatore della New America Foundation, a sua volta certo che al Nusra, uno dei gruppi jihadisti più feroci, riceve armi indirettamente dal SRF . “Si sa che il primo ministro turco Erdogan appoggia l’ al-Nusra Front e altri gruppi terroristi, ha scritto del resto lo scorso aprile il giornalista Premio Pulitzer Seymour Hersh, parlando degli appoggi da parte dei paesi vicini della Siria, specie la Turchia, alle milizie terroriste.

E al-Nusra Front un mese fa ha dichiarato che avrebbe obbedito all’ordine del leader di al-Quaeda Al-Zawahiri di fermare gli attacchi ai rivali dell’ISIS , raccontava a inizio maggio Asharq Al-Awsat , primo giornale panarabo, stampato in 4 continenti. Al-Nusra è una branca di al-Qaeda in Siria mentre l’ISIS è considerato l’ala irachena, viene specificato.

Ma chi c’è dietro l’ISIS che dice di guidare la ribellione dei sunniti contro le ingiustizie commesse dagli sciiti del dopo Saddam? Chi lo sostiene, chi lo arma, chi lo finanzia? Se lo chiede l’autore di un altro articolo dello stesso giornale, che si dice sorpreso di aver visto il suo capo Abu Bakr Al-Baghdadi addirittura sulla copertina di TIME alla fine dell’anno scorso.

Baghdadi - secondo un blog francese assai “cospirazionista” ma informato - comanderebbe la milizia per conto dei Saudiani (sunniti-wahabiti), sarebbe legato direttamente a un principe della famiglia reale fratello di un ministro, ma il gruppo sarebbe co-finanziato da americani, saudiani e anche francesi. Irakeno, Baghdadi nel 2013 se ne è partito a combattere in Siria, radicandosi nel nordest a Raqqa. Salvo dirigersi recentemente verso l’Irak , arrivando al distretto di Ninive, a Mosul e a Baliji, sede della maggiore raffineria irakena, oggi circondata dalle sue truppe.

Gli alleati segreti dell’ISIS. Senza nemmeno trovare troppa resistenza, racconta qui Global Research: a Mosul l’esercito irakeno – addestrato per 10 anni dagli americani (costo $20 miliardi)- non solo non è stato capace di fermare 2-3000 militi ISIS, ma i soldati hanno disertato in massa lasciando sul campo uniformi e armi per i guerriglieri, dove già militavano ex ufficiali e commilitoni dell’esercito di Saddam, sunniti come loro. E come gran parte della popolazione della regione, che infatti pare abbia applaudito la rotta dell’esercito di Al Maliki. (“Gli alleati segreti dell’ISIS”, titola un post del Daily Beast, raccontando cose simili).

Una campagna non da poco , quella di Mosul, pensata e preparata con cura e per tempo. L’ISIS del resto è un vero esercito ben organizzato e pagato, scrive un post di Land Destroyer/Infowars .





E mostra la foto di un lunghissimo convoglio di guerrieri con i loro vessilli neri a bordo di veicoli Toyota tutti uguali e nuovi, a quanto sembra. “Gli stessi usati dai miliziani che la Nato ammette di armare”, osserva l’autore. Che non crede alla “sorpresa” che i media americani raccontano.


Davvero la CIA non sapeva niente dell’avanzata di giugno? Vogliono far credere che l’intelligence sia stata colta di sorpresa, malgrado la sua presenza in Irak, e che l’ISIS sia un gruppo che si autofinanzia con furti alle banche e donazioni via twitter (sui giornali è uscito anche questo). La CIA ha da tre anni un programma di droni che sorveglia il confine fra Siria e Turchia. Poteva almeno leggere i giornali: il Lebanon Daily Start in marzo riferiva che il gruppo si era dislocato dalla Siria del nord verso est lungo il confine con l’Irak.

L'autore cita Seymour Hersh che già nel 2007 ( articolo The Redirection) documentava "l'intenzione di Stati Uniti, Arabia Saudita e Israele, di creare e dispiegare una rete regionale di estremisti settari che avrebbero dovuto confrontarsi con Iran,Siria e Hezbollah in Libano. "L'armata ISIS è la manifestazione finale di questo disegno", scrive. Accreditando la tesi complottista avanzata dall'autorevole giornalista.



L’ ISIS non è più da tempo una mera organizzazione terroristica. E’ una forza militare convenzionale che occupa un territorio e pretende di governarne una parte. La campagna di Mosul è stata bel pianificata e ha richiesto anni per metterne a punto le condizioni. Le operazioni hanno permesso di tagliar fuori i media dalla città, limitare le attività delle Forze di Sicurezza irachene, e guadagnarsi libertà di movimento all’interno. Un lavoro sul terreno per arrivare il 10 giugno alla presa di Mosul e del territorio, all’apprezzamento del suo attacco, all’aspirazione a governare uno stato tra Irak e Siria (non va dimenticato che l’ISIS controlla già l’area nel nord della Siria intorno a Deir el Dzor, ndr).
Così un report del 10 giugno dell’Institute for the Study of War, (istituto di ricerca indipendente, no partisan e no profit, specializzato in Medio Oriente). A citarlo è un post di Counterpunch online, mensile ormai storico di orientamento “radicale”, che non esita di criticare dem o rep. Il report – commenta il post - suggerisce che l’ISIS non è affatto quell’amalgama di fanatici rabbiosi che si vuol far credere, ma un esercito altamente motivato e disciplinato con chiari e definiti obiettivi politici e territoriali.
Come andrà a finire? Interessante la convergenza fra analisi assai diverse.
“Vi sono indicazioni crescenti che la crisi innescata dall’offensiva ISIS possa portare alla completa frattura dell’Iraq secondo linee settarie, cambiando la mappa politica del Medio Oriente”,
scrive Global Research. E Claudio Gallo sulla stampa.it:
“Paradossalmente, il crollo dell’Iraq ha riportato in voga le cartine apparse sul web all’indomani dell’Operazione Iraqi Freedom lanciata da George W. Bush nel 2003. Mostravano un paese diviso in tre stati: uno curdo al nord, uno sunnita al centro e uno sciita a sud. Più o meno la mappa attuale” .

Counterpunch è il più esplicito:
“Se le cose stanno così allora è verosimile dopo che non marcerà su Bagdag, ma stringerà la sua presa sulle aree a predominanza di sunniti, costruendo uno stato nello stato. E questo è precisamente il motivo per cui l’ amministrazione Obama potrebbe scegliere di star fuori del tutto dalla conflagrazione, perché gli obiettivi dell ’ ISIS coincidono con un piano assai simile di creare una “ partizione soft " che data dal 2006"
"Il piano fu proposto per la prima volta da Leslie Gelb, ex presidente del Council of Foreign Relations ( il suo articolo sul NYTimesrisale in realtà al 2003 ndr), e dal senatore Joe Biden (nel 2006). Secondo il New York Times “ il cosiddetto piano della ‘ partizione soft’ prevede di dividere l’ Irak in tre regioni semi-autonome. Ci sarebbe un Kurdistan arrendevole, un morbido Shiastan, e un altrettando soft Sunnistan , tutti sotto un grande, debole ombrello Irak".
"Ed è per questo motivo che gli Stati Uniti probabilmente non dispiegheranno truppe da combattimento per confrontarsi coi miliziani sunniti a Mosul. E’ perché gli obiettivi strategici dell ’ amministrazione Obama e quelli dei terroristi sono quasi identici. Cosa che non dovrebbe sorprendere nessuno”, conclude Counterpunch.
Va sottolineato che il Sunnistan comprenderebbe una parte del territorio siriano, peraltro già sotto il controllo dell’ISIS. I siriani (e il presidente Assad) sarebbero d’accordo? E l’Iran sciita che oggi infatti offre collaborazione agli Stati Uniti?

http://www.lastampa.it/2014/06/16/blogs ... agina.html
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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda franz il 30/08/2014, 8:50

flaviomob ha scritto:Nel gioco circolare di cui parla a ragione Trilogy tuttavia il ruolo dell'occidente non è affatto trasparente, anzi è più spesso a favore dei regimi autoritari e ha sempre grandi interessi nella proliferazione delle industrie delle armi, grandi lobbiste dei governi USA..

In quella regione, a parte Israele, non ci sono democrazie. Solo regimi autoritari. Quindi il ragionamento pre-muro e post-muro è identico, o riesci ad averli dalla tua parte oppure stanno dall'altra (salvo cambi di fronte). Vedendo l'armamento di quei pesi bisognerebbe anche capire che l'industria delle armi e dell'acciao (carri armati) non è solo occidentale ma è anche ex-sovietica, russa e cinese. Solo l'Iran ha sviluppato, partendo da armi occidentali (che sono le migliori sul piano tecnologico) un armamento in parte proprio.
Il gioco circolare è quello di certi paesi "non allineati" o meglio col piede in due scaprpe, come la Libia e L'irak, ma tutto è stato scompaginato dalla rivoluzione islamica iraniana del 1979.
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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda gabriele il 30/08/2014, 11:53

franz ha scritto:
flaviomob ha scritto:Nel gioco circolare di cui parla a ragione Trilogy tuttavia il ruolo dell'occidente non è affatto trasparente, anzi è più spesso a favore dei regimi autoritari e ha sempre grandi interessi nella proliferazione delle industrie delle armi, grandi lobbiste dei governi USA..

In quella regione, a parte Israele, non ci sono democrazie. Solo regimi autoritari. Quindi il ragionamento pre-muro e post-muro è identico, o riesci ad averli dalla tua parte oppure stanno dall'altra (salvo cambi di fronte). Vedendo l'armamento di quei pesi bisognerebbe anche capire che l'industria delle armi e dell'acciao (carri armati) non è solo occidentale ma è anche ex-sovietica, russa e cinese. Solo l'Iran ha sviluppato, partendo da armi occidentali (che sono le migliori sul piano tecnologico) un armamento in parte proprio.
Il gioco circolare è quello di certi paesi "non allineati" o meglio col piede in due scaprpe, come la Libia e L'irak, ma tutto è stato scompaginato dalla rivoluzione islamica iraniana del 1979.


Ma l'Iraq non era diventata una democrazia?
E la Turchia?

a proposito delle armi, ricordiamoci quello che stiamo inviando ai curdi: "Kalashnikov, completi di munizioni, e degli Rpg in partenza per il nord dell’Iraq"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... i/1095602/
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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda franz il 30/08/2014, 12:16

gabriele ha scritto:Ma l'Iraq non era diventata una democrazia?
E la Turchia?

Per la turkia hai ragione, la considero in effetti piu' europea che islamica.
Comuque un sistema come quello turco che ha una soglia disbarramento del 10% non è proprio una democrazia in senso completo dle termine (e che dire allora dell'Italia che scaturirà dall'italicum).
Per Iraq è presto per parlare di democrazia sostanziale, anche se formalmente lo è.
In teoria anche nell'Iran si vota ma sono veramente garantiti tutti diritti connessi (elettorato attivo e passivo)?
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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda flaviomob il 31/08/2014, 10:29

http://www.infoaut.org/index.php/blog/a ... io-oriente

Domenica 03 Agosto 2014 16:37
La rivoluzione in Rojava: costruire autonomia nel Medio Oriente



Tratto da Roarmag.org

di Sardar Saadi 25 Luglio, 2014

I ribelli curdi stanno instaurando l'autogoverno nella Siria dilaniata dalla guerra, ricordando l'esperienza Zapatista e fornendo un'alternativa democratica per la regione.

Con l'ascesa dei gruppi jihadisti in Medio Oriente, mi sono ritrovato turbato alla domanda rispetto al come la politica dell' "insorgenza" in questa regione fosse così sensibilmente mutata da una tendenza secolare di sinistra - abituata a sfidare l'Islam politico e le regole islamiche della vita sociale - ad una tendenza islamista estremista che trova la propria società ideale nell'epoca del Profeta Maometto di centinaia di anni fa. Non è che la sinistra non sia presente o senza alternative, ma non si può ignorare quanto sia stata emarginata.

Non molto tempo prima, c'erano molti movimenti radicali e di sinistra in tutta la regione. Da Kabul alla Palestina, gruppi studenteschi radicali, organizzazioni femministe, lotte di liberazione nazinoale ed anticoloniali, movimenti operai e contadini ed intellettuali di sinistra erano quelli nella prima linea della lotta contro i regimi autoritari, le credenze religiose regressive ed il dominio delle potenze imperialiste nella regione. Dove sono adesso? Cosa è accaduto a rendere i gruppi jihadisti gli attori in grado di cambiare la geopolitica della regione?Come mai gli orientamenti delle generazioni più giovani si sono rovesciate dalla critica dell'Islam alla promozione della sua lettura più estrema?

Sono alcune domande per tutti noi della regione che desideriamo un altro futuro per essa. Tuttavia, la risposta a queste domande ha anche radici profonde nella storia del colonialismo e dell'imperialismo nell'area. Senza dubbio, quanti in Occidente seguono con emotività la copertura dei media mainstream della brutale avanzata dello Stato Islamico (generalmente noto con il suo precedente acronimo ISIS) verso le grandi città irachene e siriane non si preoccupano di esaminare il ruolo dei loro governi nel caos attuale. Per non parlare di come i media mainstream rappresentino la popolazione della regione come fanatici divisi in gruppi etnici e religiosi settari, che non possano coesistere assieme e che non abbiano alcun rispetto dei valori umani.



Un secolo di oppressione e dominio

Dando un'occhiata alla storia contemporanea del Medio Oriente, si può cercare la causa principale dietro all'ascesa di questi gruppi celata nelle politiche dei poteri coloniali della regione dall'inizio del 20° secolo fino ad oggi. L'imminente centenario dell'accordo segreto Sykes-Picot del 1916 che divise l'Impero Ottomano in stati nazione artificiali segna un secolo di dominio coloniale seguito da governi corrotti in mano ai signori del petrolio e controllati e sostenuti dalle potenze imperiali.

Questo sistema di controllo attraverso i regimi autoritari si è intensificato durante la Guerra Fredda per prevenire l'influenza dell'ex-Unione Sovietica nella regione. Di conseguenza, da quei regimi al potere è partita una crociata permanente contro la sinistra. L'imponente ondata di oppressione, arresti e massacri di attivisti ed intellettuali di sinistra attraverso la regione - specialmente durante gli anni '70 ed '80 - ha avuto effetti irreversibili sulle sue dinamiche sociali e sui suoi movimenti.

Le organizzazioni di sinistra sono state sciolte, e decine di migliaia di membri di partiti, sindacati e movimenti studenteschi di sinistra sono stati uccisi, nel corso degli anni '80, nelle prigioni iraniane, turche, irachene, siriane, egiziane e di altri paesi della regione. Parecchi altri sono stati condannati ad una lunga prigionia e molti di quelli rimasti vivi e fuori prigione hanno dovuto lasciare la propria terra natale ed andare in esilio in cerca di sicurezza per sé stessi e per le proprie famiglie. E' nel corso di questo periodo che i gruppi jihadisti sono iniziati a spuntar fuori in conseguenza dell'ampio supporto da loro ricevuto dalle potenze occidentali, quali loro bracci armati per cancellare tutte le tracce della sinistra politica nella regione.

I mujahedeen in Afghanistan sono solo uno di tanti esempi di questa pratica. Questi gruppi hanno fornito ulteriore assistenza nel ridurre al silenzio la sinistra, dopo che hanno iniziato a crescere come cellule cancerogene in ogni angolo della regione. Inoltre, nell'ultimo decennio, questi gruppi (in particolar modo dopo l'occupazione dell'Afghanistan e dell'Iraq) hanno guadagnato una presenza e uno status legittimi tra le persone come coloro che combattono "gli invasori stranieri" e "gli infedeli".

Nonostante la loro apparente resistenza contro l'occupazione statunitense dell'Iraq e dell'Afghanistan, dalla prospettiva delle potenze occidentali essi restano tuttora la miglior scelta per controllare la regione a costi minimi. Allo stesso tempo, ciò ha trasformato la regione nel campo di sterminio in cui gli estremisti islamici possono portare la loro lotta senza creare problemi nei paesi occidentali. Molti notiziari hanno citato i combattenti islamisti stranieri tra i ranghi dell'ISIS.



Islam Neoliberale

I gruppi islamisti estremisti sono solo una componente delle politiche di promozione dell'Islam come nemico naturale della sinistra. Dall'ondata di guerre imperialiste nella regione dopo l'11 settembre 2001, è emerso un nuovo indirizzo volto a promuovere l'Islam politico "moderato” in accordo con l'economia mondiale neoliberale. Il pilastro fondamentale di quest'impostazione è il governo dell'AKP in Turchia. L'AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) è stato percepito come la versione ideale di uno stato islamico moderato con politiche economiche neoliberali che possa sia riconciliare la rabbia del popolo contro l'Occidente e rispondere alle sue preoccupazioni religiose, che operare da agenti del capitale globale nella regione.

Il governo turco, dopo essere stato salutato come modello per il futuro del Medio Oriente, ha guadagnato ancora più potere e fiducia nella propria rivendicazione di un ruolo guida nella comunità islamica sunnita globale. Tuttavia, il ruolo guida della Turchia ha solamente portato ulteriore devastazione e violenza settaria tra Sciiti e Sunniti. L'incauto sostegno del governo dell'AKP, assieme ai governi dei paesi del Golfo, ai gruppi jihadisti in lotta contro il regime di Assad ha fatto sprofondare la Siria in un caos senza precedenti.

Fin dall'inizio della guerra civile in Siria il governo turco ha giocato un ruolo chiave nel peggioramento della situazione trasformando la Turchia, e le province meridionali del paese confinanti con la Siria in particolare, in un luogo di transito per gli estremisti islamisti di tutto il mondo in viaggio verso la Siria. Oltre a fornire un santuario per gli (aspiranti) jihadisti, la Turchia è stata anche accusata di fornire supporto logistico e militare ai gruppi jihadisti.

L'ISIS ed il Fronte Al-Nusra sono i due gruppi jihadisti principali che hanno beneficiato di questo sostegno. Guardando alla situazione attuale, l'unico campo in cui l'agenda islamica "moderata” ha avuto successo è stato quello della prosecuzione dell'oppressione e della marginalizzazione dell'opposizione secolare e di sinistra. La dura repressione della resistenza di Gezi l'estate scorsa, che in qualche modo ha rappresentato la frustrazione della popolazione in Turchia verso l'agenda neoliberale del proprio governo, ne è stata un grave esempio.

Ci sono pochi dubbi sul fatto che i gruppi jihadisti rappresentino una minaccia immediata alla regione. Non solo distruggono ogni traccia di civiltà; ancora più orrendo è il loro ruolo nella banalizzazione del valore della vita, nel lasciarsi dietro una scia di morte e distruzione al loro passaggio ovunque vadano. La domanda del "che fare" per fermare questo assalto non concerne più il desiderio di un futuro migliore - richiede una risposta immediata.

Tuttavia, osservati in un contesto più ampio, è ovvio che questi gruppi siano parte di un problema maggiore. Perciò, qualsiasi alternativa alla situazione attuale deve essere trasformativa per chiunque soffra per mano non solo dei gruppi jihadisti, ma anche della violenza e dell'oppressione dei regimi autoritari e del dominio imperialista nella regione.

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L'alternativa? Sovranità autonoma curda in Siria

I curdi sono noti per essere la più ampia nazione al mondo priva del proprio stato. La storia dei curdi viene spesso associata ad innumerevoli rivolte davanti all'oppressione sistematica degli stati nazione che controllavano le loro terre. Dalla creazione degli stati nazione dopo il collasso dell'Impero Ottomano per mano dei colonialisti britannici e francesi, il Curdistan è stato diviso tra quattro paesi: Iran, Iraq, Siria e Turchia. I curdi sono stati le prime vittime degli accordi coloniali.

L'accordo segreto Sykes-Picot nel 1916 ha ignorato il diritto di sovranità dei curdi sulla propria terra. Ciò ha portato a molti decenni di massacri, oppressione ed assimilazione. La lingua curda è stata bandita, i loro diritti negati, e sono stati sfollati dalle proprie terre ancestrali. I confini artificiali concordati sia nell'accordo Sykes-Picot che nel Trattato di Losanna del 1923 che stabiliva i confini della Turchia continuano a tormentare la popolazione curda che vi vive attorno.

Le persone bisognose di cibo e medicinali nella regione curda della Siria non possono ottenere nessun aiuto dalle loro famiglie che vivono dall'altra parte del confine. Mentre la maggior parte delle armi e dell'equipaggiamento militare sono stati forniti ai ribelli siriani attraverso la Turchia, il confine tra le due regioni curde è stato chiuso, e sono stati costruiti molti nuovi presidi militari.

Come summenzionato, la Siria sta attualmente assistendo alla manifestazione più terrificante di queste storiche politiche di divide et impera nel Medio Oriente. La situazione sociopolitica in Siria non lascia spazio all'immaginazione. Dunque il cercare un'alternativa e rafforzare il proprio fronte è cruciale per la sinistra. Con in mente la convinzione che nei posti pià inconsueti possano emergere le alternative più realistiche, la regione di Rojava in Siria (Rojava sta per “Occidente”, come nella locuzione "Curdistan Occidentale" — un termine utilizzato in riferimento alla regione curda della Siria) può proporre un'alternativa per il futuro dell'area.

I curdi in Siria hanno mostrato la propria abilità e volontà di essere una voce alternativa nel mezzo del tumulto della regione. Da quando il conflitto siriano si è intensificato e si è trasformato in guerra civile, il movimento curdo in Siria guidato dal PYD (Partito di Unione Democratica) ha preso il controllo della maggioranza della regione curda in questo paese. Nel novembre 2013, il PYD ha annunciato di avere ultimato tutte le preparazioni per dichiarare l'autonomia, ed è stata proposta una costituzione chiamata Carta del Contratto Sociale.

La rivoluzione popolare in Rojava ha prodotto la costruzione di una regione autonoma, divisa in tre cantoni autonomi - ciascuno con il proprio autogoverno democratico e autonomo. Il Cantone di Cizire (Al-Jazeera) ha dichiarato l'autonomia il 21 gennaio, seguito dal Cantone di Kobane il 27 gennaio, e dal Cantone di Efrin il 29 gennaio.

Il PYD insiste nel formare un'alternativa per tutti e non perseguire le rivendicazioni e gli interessi specifici di un qualsiasi gruppo etnico. Nel contempo, hanno rifiutato di prendere parte alla guerra civile in Siria, dichiarando che avrebbero utilizzato le proprie forze militari solamente per difendersi da qualsiasi assalto provenisse indistintamente dal regime di Assad o dai gruppi di opposizione sostenuti dalla NATO - inclusi i gruppi jihadisti come l'ISIS ed il Fronte Al-Nusra. Eppure, questi tre cantoni hanno subito innumerevoli attacchi da parte dell'ISIS.

Ad oggi, l'ISIS ha concentrato i propri attacchi sul cantone di Kobane in cui le forze di autodifesa curde dell'YPG (le Unità di Difesa del Popolo) stanno tenendo a bada i determinati militanti radicali dell'ISIS, in uno storico atto di resistenza.



Similitudini intercontinentali

La Rojava sta divenendo il Chiapas del Medio Oriente? E' questa la domanda che pongo ogniqualvolta ascolto ulteriori storie provenienti da questa piccola regione, a proposito dell'unico barlume di speranza in mezzo a questo caos. Seppur difficilmente, accademicamente parlando, i curdi possano essere considerati un "gruppo indigeno", il loro status e la loro situazione politica nel Medio Oriente possono essere paragonati a quelle di alcune popolazioni indigene in America Latina.

Nonostante alcune differenze politiche tra l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) in Chiapas ed il movimento curdo guidato dal PYD in Siria, ci sono molte similitudini tra i due in termini di loro posizioni sia negli affari regionali che internazionali. Il perseguimento della creazione di un governo autonomo, l'ascesa delle assemblee popolari, l'enfasi sull'eguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne in ogni aspetto della vita politica e sociale, l'ideologia anti-imperialista ed anti-autoritaria, l'enfasi sulla salvaguardia dell'ambiente ed il rispetto per tutte le creature viventi, l'autodifesa e molti altri aspetti indicano come la rivoluzione di Rojava ricordi la resistenza degli zapatisti nel Sud del Messico.

La Carta del Contratto Sociale, come fondamento dei cantoni autonomi di Rojava è una svolta storica nella regione in termini di principi democratici che guidino la vita sociale e politica. La Carta, che sta venendo attualmente implementata in tutti e tre i cantoni autonomi, nasce come accordo democratico - inclusivo di tutte le parti coinvolte nel governo di Rojava. Senza esagerazioni, è la costituzione più democratica che la popolazione di questa regione abbia mai avuto.

Il primo paragrafo del preambolo della Carta afferma:

“Noi, popoli delle zone democratiche di auto-amministrazione; curdi, arabi, assiri (assiri caldei, aramei), turcomanni, armeni e ceceni, per nostra libera volontà, annunciamo la presente per assicurare giustizia, libertà, democrazia ed i diritti delle donne e dei bambini in accordo con i principi dell'equilibrio ecologico, della libertà di religione e credo e dell'eguaglianza senza discriminazione sulle basi della razza, della religione, del credo, della dottrina o del genere, per conseguire il tessuto politico e morale di una società democratica al fine di operare nella mutua comprensione e coesistenza nella diversità e nel rispetto per il principio di autodeterminazione ed autodifesa dei popoli.”

E continua,

“Le aree autonome dell'autogoverno democratico non riconoscono il concetto di stato nazione e lo stato basato sul potere militare, la religione ed il centralismo” (traduzione dell'autore).

Il Movimento della Società Democratica, o TEV-Dem come è noto in curdo, è il responsabile per l'implementazione di questi principi nella vita quotidiana. Senza dubbio una società ideale è ancora da conseguire, ed il movimento ammette che è tuttora impegnato nel processo di costruzione. Tenendo in mente che la regione di Rojava è stata sottoposta ad uno spietato isolamento da tutte le parti, tra cui le più importanti sono i governi siriani e turchi, i gruppi ribelli siriani ed il filo-occidentale governo regionale curdo in Iraq. I media occidentali, inclusi quelli indipendenti ed alternativi, hanno in larga parte ignorato la loro resistenza, od hanno altrimenti mancato di prestarvi attenzione. I curdi non hanno ricevuto la solidarità ed il sostegno che meritano.

Ertugrul Korkcu, un parlamentare turco del partito della sinistra filo-curda HDP (Partito Democratico del Popolo), ha affermato di recente che i curdi stiano giocando il ruolo dei russi in Europa nel dopoguerra del primo conflitto mondiale. Politicamente parlando, i curdi non sono un gruppo omogeneo, ma c'è della verità nell'affermazione di Kurkcu, dato che la situazione in Medio Oriente rievoca l'immagine dell'Europa nel primo ventesimo secolo. Più precisamente, i gruppi jihadisti sono diventati strumenti nelle mani delle potenze coloniali e dei regimi autoritari per stabilire e rinforzare la propria egemonia nella regione.

La Rojava può essere un'alternativa, dato che esibisce una potenziale forma di autogoverno che lancia una sfida esistenziale ai rituali oppressivi entro le comunità religiose e propone una traccia di lavoro di coesistenza con tutte le culture e le credenze della zona, senza violare i diritti di nessuna. L'esperienza di autonomia di Rojava può essere un modello per un confederalismo democratico nel Medio Oriente, in cui ogni comunità abbia il diritto all'autodeterminazione ed all'autogoverno. Inoltre, rappresenta un esperimento assai progressista, dato che le donne sono il principale motore del cambiamento. Hevi Ibrahim, a capo del cantone autonomo di Efrin, ne è solo un luminoso esempio.

L'alternativa di Rojava non è né immaginaria né utopica. Questa alternativa ha già provato la propria fattibilità attraverso soluzioni pratiche e la quotidiana realizzazione delle idee presentate nella Carta del Contratto Sociale. Di fatto, Rojava si propone come l'alternativa democratica più realistica nel più inconsueto dei luoghi. Esprimere solidarietà con la rivoluzione di Rojava è un compito urgente per chiunque abbia a cuore il futuro del Medio Oriente.

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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda mauri il 16/09/2014, 18:42

non cambia mai nulla, sempre le solite strategie
ciao mauri

http://www.lastampa.it/2014/09/16/ester ... agina.html
L’Isis vende petrolio anche agli europei
Mentre con straordinaria consapevolezza cinematica la coalizione di trenta paesi comincia a bombardare l’Is (Islamic State, come loro si chiamano, Isis come si chiamavano prima e come li chiama ancora chi non vuole riconoscere il loro pseudo stato, Daish come lo chiamano i nemici con un improvvisato acronimo arabo, il Califfato come s’intitolerebbe se fosse un serial tv...) si dice “pronta a tutto per fermarli”. Viene da chiedersi se è proprio così. All’inizio di settembre un alto funzionario europeo ha ammesso che alcuni (non specificati) paesi europei hanno comprato petrolio dall’Is.
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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda flaviomob il 17/09/2014, 23:44

Come funziona lo Stato islamico

17 settembre 2014



Il New York Times spiega in un approfondimento come funziona lo Stato islamico, il gruppo terroristico che controlla ampie parti della Siria e dell’Iraq. Il quotidiano ricostruisce la struttura dell’organizzazione, prova a capire chi sono i suoi finanziatori, da quali paesi provengono i miliziani e da dove prendono le armi. Il quotidiano statunitense è riuscito nella ricostruzione a partire da alcuni documenti riservati che sono finiti nella mani dell’esercito iracheno e dell’intelligence statunitense.

L’organizzazione.
Abu Bakr al Baghdadi è il capo dello Stato islamico e si è autoproclamato califfo. Sotto di lui ci sono due vice, uno è responsabile per la Siria e l’altro per l’Iraq. Inoltre ci sono una decina di generali che rispondono agli ordini dei vice di Baghdadi in Siria e Iraq. Molti di questi militari erano ufficiali durante il regime di Saddam Hussein in Iraq.

Baghdadi si appoggia a un gruppo di consiglieri con cui ha un rapporto diretto. I membri di questo consiglio gestiscono le questioni religiose, le esecuzioni e garantiscono che le azioni dei miliziani siano conformi alla dottrina del gruppo.

Il finanziamento.
Lo Stato islamico guadagna milioni di dollari dalla vendita del petrolio. Gli esperti stimano che il gruppo guadagni da uno a due milioni di dollari al giorno dalla vendita del petrolio prodotto dai giacimenti e dalla raffinerie che sono sotto il suo controllo in Siria e Iraq.

Reclutamento delle milizie.
La Cia ritiene che lo Stato islamico abbia tra i 20mila e i 31.500 miliziani in Iraq e in Siria e stima che 15mila jihadisti siano reclute straniere. I paesi dove vengono reclutati più miliziani sono la Tunisia, il Marocco, l’Arabia Saudita. Ma anche Regno Unito, Francia e Germania sono tra i paesi di provenienza dei jihadisti dello Stato islamico.

Da dove vengono le armi.
Lo Stato islamico ha rubato armi e attrezzature militari per un valore di centinaia di milioni di dollari a strutture militari irachene e siriane. Inoltre ha intercettato forniture che erano destinate ad altri gruppi di ribelli siriani da parte di governi stranieri come gli Stati Uniti.

L’organizzazione Conflict armament research, una società privata che monitora il traffico di armi, ha dichiararto che le armi e i razzi usati dallo Stato islamico sembrano essere state fornite da Arabia Saudita e Stati Uniti. Probabilmente destinati ad altri gruppi di ribelli.

http://www.internazionale.it/news/medio ... -islamico/


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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda trilogy il 18/09/2014, 14:05

flaviomob ha scritto:Come funziona lo Stato islamico

17 settembre 2014
[..]Da dove vengono le armi.
Lo Stato islamico ha rubato armi e attrezzature militari per un valore di centinaia di milioni di dollari a strutture militari irachene e siriane.Inoltre ha intercettato forniture che erano destinate ad altri gruppi di ribelli siriani da parte di governi stranieri come gli Stati Uniti.
L’organizzazione Conflict armament research, una società privata che monitora il traffico di armi, ha dichiararto che le armi e i razzi usati dallo Stato islamico sembrano essere state fornite da Arabia Saudita e Stati Uniti. Probabilmente destinati ad altri gruppi di ribelli.[..]
http://www.internazionale.it/news/medio ... -islamico/


Che dire....stendiamo un velo pietoso che è meglio
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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda flaviomob il 13/10/2014, 22:52



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Re: Isis it is and terrorist

Messaggioda gi.bo. il 22/10/2014, 14:16

Mercoledì 22 ottobre 2014 aggiornato alle 13.59
Le armi statunitensi in mano allo Stato islamico
22 ottobre 2014 10.35

http://contents.internazionale.it/wp-co ... 0PP-22.jpg
Kobane dopo un bombardamento aereo, il 21 ottobre 2014. (Kai Pfaffenbach, Reuters/Contrasto)

Alcune delle armi paracadutate dagli Stati Uniti il 20 ottobre nel nord della Siria e destinate ai combattenti curdi potrebbero essere finite nelle mani dello Stato islamico.

È quanto afferma un video che mostra alcuni jihadisti mascherati che recuperano parte dell’equipaggiamento militare che è stato lanciato nelle zone controllate dallo Stato islamico vicino alla città di Kobane, al confine con la Turchia.

https://www.youtube.com/watch?v=yOuPX6z50EM#t=26

Il dipartimento della difesa degli Stati Uniti sta esaminando il video e un portavoce del Pentagono ha detto che la maggioranza delle armi è finita nelle mani dei curdi, ma si sta indagando sulla vicenda.

I rifornimenti comprendono diverse scatole di bombe a mano e razzi, che secondo il comando centrale degli Stati Uniti erano destinati ai combattenti curdi “per continuare la resistenza contro i tentativi dello Stato islamico di conquistare Kobane”.

http://www.internazionale.it/news/siria ... -islamico/
Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all'uomo, non servirà all'uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l'uomo(Giordano Bruno)
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