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Perchè l'Europa frena

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Perchè l'Europa frena

Messaggioda Robyn il 15/08/2014, 9:58

L'europa frena perche è la Germania che ha deciso di fare da sola.Quando un paese decide di fare da solo senza coordinamento con gli altri paesi partner europei e se i paesi partner europei non funzionano perche non beneficiano di un coordinamento a livello europeo alla fine freneranno anche i paesi che vanno bene.Questo perche i singoli paesi europei sono collegati negli scambi commerciali e le inefficenze dei singoli paesi si riflettono anche sugli altri,ma si riflettono allo stesso modo gli egoismi come un boomerang sugli stessi paesi che li praticano e non c'è dubbio che l'europa vive una situazione appesantita da debiti pubblici e da mancanza di strategie.Fatte le riforme istituzionali e le riforme economiche l'europa federale oltre ad essere necessaria è sempre più vicina.Inoltre non si può contare sù un paese egemone in europa come la Germania che faccia da treno poiche tutti i paesi partner contano allo stesso modo dalla Grecia,all'Italia,alla Gran Bretagna,all'Islanda,non si può pensare di competere sullo scenario internazionale andando ogni paese partner in ordine sparso
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Re: Perchè l'Europa frena

Messaggioda franz il 15/08/2014, 11:58

L'europa è, economicamente parlando, il malato grave del mondo da almeno un decennio o due.
Qualcuno ha fatto le riforme (germania, UK, svezia, olanda ... ora grecia, spagna e portogallo), altri (francia ed italia) non ancora.
Alla germania si chiedeva proprio di non crescere troppo (soprtattutto nell'export) e di far crescere il mercato interno.
Cosa che è successa ma appena la germania ha smesso di crecere ecoc che i gufi gufeggiano in abbondanza (dimenticando il -5% del giappone e le difficiltà dei brics (cina a parte).
Le difficoltà del PIL tedesco sono legate, in base ai commentatori, a problemi climatici (meno spesa per l'eergia) e sul priano degli investimenti e dell'export (sceso sotto l'import) ma la domanda interna è cresciuta. In breve in DE sono fenomeni contingenti.
Il problema di Francia ed Italia invece è strutturale. Sono anni che la francia non cresce (staziona attorno allo zero) e che l'Italia cala. Non è il problema di un trimestre.




Ue-18: Eurostat, Pil II trimestre fermo, +0,7% su anno
Nell'Ue-28 cresce dello 0,2%. Italia a -0,2%
14 agosto, 11:39
Pil Eurozona fermo nel secondo trimestre Pil Eurozona fermo nel secondo trimestre

(ANSA) - BRUXELLES, 14 AGO - Il Pil dell'eurozona resta invariato nel secondo trimestre 2014, con +0,7% sull'anno.

Così la prima stima flash di Eurostat.

Nell'Ue-28 cresce dello 0,2%, con +1,2% rispetto al secondo trimestre 2013. Nel primo trimestre era cresciuto dello 0,2% in Ue-18 e dello 0,3% nell'Ue-28.
Il Pil dell'Italia -0,2%, dopo -0,1% del primo trimestre, e -0,3% sull'anno.
Il Pil della Spagna cresce dello 0,6% dopo lo 0,4% del primo trimestre, segnando 1,2% sull'anno.
La Francia resta al palo per la seconda volta, con 0,1 sull'anno.
La Germania, segna -0,2% dopo +0,7% del primo trimestre, e 1,3% sull'anno. (ANSA).




Anche limitarsi alle nazioni è sbagliato.

vediamo l'andamento regionale (sub-nazionale)
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statis ... l_level/it
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Re: Perchè l'Europa frena

Messaggioda gabriele il 15/08/2014, 19:20

Tanto per dare un contributo alla discussione. So che Francesco apprezzerà... ;)
PS date un'occhiata al link, ci sono anche ottimi grafici esplicativi
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Stipendi medi in Europa: costo della vita e salari nei Paesi europei

L’attuale quadro socio-politico del continente europeo evidenzia delle rilevanti modifiche all’assetto generale dei vari stati, causate soprattutto dalla nuova ondata migratoria che sta interessando le nazioni più “forti”.

La scelta della destinazione da parte dei migranti del Terzo Millennio viene compiuta in base alle possibilità di lavorare all’estero, ai salari medi percepiti e ai relativi costi da sostenere (qui puoi leggere l’attuale situazione interna del mercato italiano), fattori fondamentali per definire il livello di qualità della vita in una nazione.

Una recente analisi statistica pubblicata sull’ Atlante Geopolitico della Treccani, offre un quadro completo e aggiornato del rapporto tra salari percepiti e costi da sostenere nei principali stati del continente, mostrando chiaramente come, dal punto di vista dei cittadini che vivono e lavorano nel nostro Paese, la situazione sia tra le più sfavorevoli dell’intera Europa.

Il grafico presente in testa all’articolo, ci mostra come la media europea delle entrate medio pro-capite sia pari a 1.904 euro netti al mese (fonte: DestinazioneLavoro.com). Il costo della vita è stato invece quantificato in 39,7 euro al giorno, che si traduce in una percentuale del 68% di incidenza sull’intero reddito.

Il Paese in cui il rapporto tra retribuzione e costi sostenuti è più vantaggioso per i cittadini è la Germania, che si aggiudica il primato europeo con 2.580 euro di stipendio medio mensile e una spesa quotidiana per l’utente di soli di 37,2 euro, che nell’arco del mese incide sul reddito per il 43,2%. Ciò significa che chi vive e lavora in Germania non ha problemi ad arrivare a fine mese e che può condurre una vita soddisfacente e dignitosa.

Al secondo posto della classifica europea c’è il Regno Unito, mentre al terzo si trova la Francia, che pur registrando una media degli stipendi inferiore alle due capolista, mostra comunque un rapporto tra guadagni e spese per i cittadini decisamente sostenibile.

A segnare un distacco netto tra gli stati in cui si vive meglio e quelli in cui si fatica ad arrivare a fine mese è proprio l’Italia, che dimostra di essere indietro persino alla Spagna, nazione che ha subito in maniera più forte il peso della crisi economica.

Il salario medio pro-capite nel nostro Paese è di 1.410 euro (contro i 1.850 della penisola iberica), e il cittadino deve fronteggiare una spesa di 39,4 euro al giorno (contro i 35,9 della Spagna), determinando in questo modo un costo della vita elevatissimo, che impiega ben l’ 83,8% delle risorse di ogni utente.

Questa percentuale è difficilmente sostenibile per molte famiglie, ed è sconcertante constatare come questa superi di quasi 20 punti percentuale la media europea.

Passiamo alla situazione italiana. Perchè la nostra situazione nazionale è così contrastante? Perchè, di conseguenza, un numero sempre maggiore di italiani preferisce lasciare il Paese per lavorare all’estero? Lo spiega in modo chiaro e sintetico il Prof. Francesco Daveri, ordinario di Economia presso l’università degli Studi di Parma, durante un’intervista a L’Espresso:

“Arrivare a fine mese in Italia è più difficile che in altre nazioni ugualmente colpite dalla crisi, come la Spagna, perchè lo Stato pesa troppo sulle spese del Paese”.

Tra le spese che gravano più delle altre sul portafogli degli italiani vi sono acqua, corrente elettrica e gas, aumentate notevolmente a causa della privatizzazione delle imprese erogatrici.

Gli stessi aumenti incontrollati hanno coinvolto anche le imposte indirette come l’IVA e le accise statali sui beni come la benzina), parallelamente a una diminuzione generale degli stipendi.

Coprire i costi esagerati della burocrazia statale italiana per assestare i conti pubblici, fa aumentare drasticamente il costo della vita, penalizzando soprattutto i cittadini i cui guadagni rientrano nella fascia medio-bassa, costretti ad acquistare prodotti e servizi a prezzo maggiorato, spendendo le stesse cifre dei lavoratori benestanti.

Ecco spiegato perchè i nostri connazionali faticano ad arrivare alla fine del mese e l’economia nazionale stenta a riprendersi.

Photo credit: Atlante Geopolitico Treccani

http://economia.leonardo.it/stipendi-me ... i-europei/
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Re: Perchè l'Europa frena

Messaggioda franz il 15/08/2014, 21:16

I cocoriti renziani diventano gufi

Friday, 15 August, 2014

in Articoli, Economia & Mercato, Unione Europea
E festeggiano la frenata tedesca

di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano

Come informa la sempre preziosa Wikipedia, con il termine Schadenfreude si intende, in lingua tedesca, uno “stato di piacere provocato dalla sfortuna altrui”. Una sorta di “compiacimento malevolo”, in pratica. L’antitesi del concetto buddhista di mudita, che indica “felicità per la buona sorte altrui”. In Italia abbiamo visto all’opera questo stato d’animo ieri, in occasione della pubblicazione del dato di Pil tedesco del secondo trimestre. Uguale al nostro, un deprimente meno 0,2%.

Per l’intera giornata, ampia parte del paese rappresentato sui social network pare aver dimenticato la propria miserrima condizione economica di pre-dissesto per brindare al risultato negativo tedesco. E’, questa, soprattutto una antica tradizione italiana dei partiti che esprimono pro tempore il premier. E quindi, ecco esponenti del Partito democratico esibirsi in un gigantesco gesto dell’ombrello all’indirizzo dei perfidi tedeschi, che finalmente pagano il fio per non voler accettare le richieste di Matteo Renzi. Al netto di quella che appare una imponente operazione tafazziana di percussione delle proprie gonadi -ed astraendo dalla endemica tendenza della politica italiana ad alimentare il proprio pensiero magico in economia, scambiando correlazioni per causalità e prendendo un singolo dato e seviziarlo sin quando non confessi il sostegno alla propria tesi- ieri abbiamo avuto una spettacolare esibizione di Schadenfreude (un vero e proprio “trenino” di fine serata ferragostana, di quelli che tanto sarebbero piaciuti a Jep Gambardella, esteta del nichilismo) ed anche un affascinante fenomeno di mutazione ornitologica, in cui torme di variopinti cocoriti, abituati a ripetere in modo delizioso le frasi potentemente motivanti del proprio capo-scout, si sono trasformati in un allevamento di quegli stessi gufi contro cui strenuamente combattono per risollevare il morale del paese, prima ancora del suo Pil.

Eppure, è un vero peccato essersi limitati a guardare il numeretto finale del trimestre, peraltro disinteressandosi del saldo da inizio anno, che continua a vederci pesantemente soccombenti. Ad un esame più accorto si sarebbe notato che, tra aprile e giugno, il Pil tedesco ha comunque ricevuto un contributo positivo da consumi delle famiglie e spesa pubblica, mentre il paese ha importato più di quanto esportato, beneficiando quindi i propri partner commerciali di domanda aggiuntiva. Detto in altri termini, si sarebbe notato che il Pil tedesco è stato molto filo-europeo ed assai poco teutonicamente egoista, fermo restando che un singolo dato non fa una tendenza se non per la nostra democrazia dichiarativa, altrimenti nota come dichiarazia. Meglio così, dopo tutto. Se il Pil tedesco fosse salito ci saremmo fatti un fegato grosso come un melone accusando i crucchi di succhiarci l’anima e la vita, con il loro complotto mercantilista. Volete mettere il piacere di colare a picco facendo il gesto dell’ombrello agli odiati vicini?

http://phastidio.net/2014/08/15/i-cocor ... tano-gufi/
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Ferragosto, onestà intellettual non ti conosco

Messaggioda franz il 15/08/2014, 21:18

15 agosto 2014 • giulio zanella

Infuria il dibattito intorno ai dati sulla crescita del PIL nel secondo semestre 2014 in Europa. In questo breve post non pretendo di fare alcun punto profondo sullo stato delle economie europee, voglio solo sventare il goffo tentativo di Matteo Renzi di prendere impunemente per i fondelli gli italiani.

Si, il PIL nominale in Italia ha fatto -0,2% tra marzo e giugno 2014, ma anche in Germania è successa esattamente la stessa cosa, e neppure la Francia ha brillato con suo 0,0%. Quindi, conclude Matteo Renzi, non c'è un problema Italia, perché tutta l'Europa è in frenata.

Questa a me pare una buona scusa per giustificare il niente di veramente incisivo sul piano delle riforme economiche fatto fin qui dal suo governo (d'altronde come potrebbe, prigioniero com'è di questa maggioranza?). C'è infatti una doppia disonestà intellettuale in questa lettura dei dati, che risulta evidente se poniamo pari a 1 il PIL nominale di Italia, Germania, Francia e Spagna a fine 2011 e tracciamo la dinamica fino alla fine di giugno 2014, come nel grafico qui sotto.

http://www2.dse.unibo.it/zanella/nfa/pil2012_2014.png
pil paesi euro 2012q1-2014q2

La prima disonestà è selezionare il gruppo di confronto in modo da vedere solo quello che si vuole vedere. Non si capisce perché Renzi e molti altri (basta guardare i titoli dei giornali stamattina) stiano bellamente ignorando, per esempio, il fatto che nel secondo trimestre 2014 il PIL nominale in Spagna ha fatto +0,4%. Quantomeno, non tutta l'Europa è in frenata.

La seconda disonestà è ignorare la dinamica durante i 2 anni precedenti. Tra l'1 gennaio 2012 e il 30 giugno 2014 la variazione del PIL nominale (rispetto al quarto trimestre 2011) è stata pari a +2,2% in Germania, +0,5% in Francia, -1,2% in Spagna e -4% in Italia. Quantomeno, se l'Europa è in frenata noi siamo in caduta libera.

Se restringiamo il confronto tra l'1 gennaio 2013 e il 30 giugno 2014 vediamo questo: +1,2% in Germania, +0,1% in Francia, +1,3% in Spagna e -0,3% in Italia. Il confronto più interessante per l'Italia è in realtà proprio con la Spagna, perché la caduta del PIL reale tra il 2009 e il 2012 (rispetto al 2008) è stata simile in questi due paesi: -5,7% in Italia, -5,6% in Spagna. In un articolo apparso su La Repubblica domenica 10 agosto 2014 e intitolato "La lezione della Spagna così ha ripreso a correre", Federico Fubini suggerisce che la mini-ripresa iniziata in Spagna nel 2013 (e che il dato del secondo trimestre 2014 conferma) è dovuta a un misto di riforme strutturali (mercato del lavoro, nello specifico), consistenti tagli alla spesa pubblica che hanno consentito corrispondenti tagli del cuneo fiscale, e ricapitalizzazione delle banche.

Naturalmente l'articolo di Fubini non prova niente (nel senso in cui gli economisti empirici intendono l'evidenza causale) ma suggerisce ipotesi interessanti. È certamente interessante la correlazione tra l'aver fatto quelle cose e i segnali di ripresa in Spagna da un lato, e il non averle fatte (il Jobs Act è per ora fermo a un decreto lavoro che introduce una serie di mini-palliativi e peggiora ulteriormente lo stato dei precari; per la spending review abbiamo visto come è stato trattato Cottarelli e, corrispondentemente, di quanto è stato possibile ridurre il cuneo fiscale; infine, alcune banche si stanno lentamente ricapitalizzando ma il sistema è ancora molto debole) e la cronica recessione in Italia dall'altro.

Sul suo blog, Alberto Bagnai commenta l'articolo di Fubini con un ragionamento tecnicamente corretto ma che non coglie un punto che a mio modo di vedere è più importante in questo momento. Bagnai argomenta che dall'inizio della crisi la produttività (il rapporto tra prodotto e ore lavorate) in Spagna è aumentata perché sono diminuite le ore lavorate (è diminuito il denominatore, cioè). Il punto importante che non coglie è che dal 2013 sta aumentando anche il numeratore (mentre in Italia continua a diminuire), lentamente ma più velocemente che in Germania, Francia e Italia. L'aumento del numeratore (il prodotto) è tipicamente condizione necessaria all'aumento del denominatore (le ore lavorate). Vedremo nei prossimi mesi se ci saranno segnali tangibili sull'occupazione e le ore lavorate in Spagna.

Mi fermo qui: non voglio prendere posizione su cause ed effetti (cosa che richiede serio lavoro scientifico), ma questi sono i dati e le correlazioni che gli italiani devono tenere a mente e che invece Matteo Renzi fa finta di non aver visto. Sarebbe molto bello se iniziare a essere intellettualmente onesti fosse parte del #cambia[r]verso, anche a costo di un po' di voti.

http://noisefromamerika.org/articolo/fe ... on-conosco
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