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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 16/06/2014, 11:48


Proteggere le donne sopravvissute alla violenza sessuale in Maghreb

Data di pubblicazione dell'appello: 23.05.2014
Status dell'appello: aperto

Nel Maghreb (Algeria,Marocco e Sahara Occidentale, Tunisia), misure legali riguardanti lo stupro rimarcano l'aspetto morale piuttosto che l'integrità personale e fisica della vittima. Misure discriminatorie nelle legislazioni algerina, tunisina e, fino a tempi recenti, marocchina, permettono agli stupratori di evitare il processo sposando le loro vittime, se queste hanno meno di 18 anni.

Amina Filali, 16 anni, èstata costretta a sposare l'uomo che la ragazza accusava di averla stuprata; ha visto come unica via di uscita il suicidio, ingoiando veleno per topi nel marzo del 2012. La sua morte ha suscitato un grido di protesta in tutta la regione.Questo gesto è stato la riprova che la legge può essere usata per insabbiare e nascondere uno stupro. Invece di proteggerla in quanto vittima di un crimine, la legge offende la vittima una seconda volta.

Nel gennaio 2014, il Marocco ha abrogato questa misura discriminatoria, ma la storia non finisce qui. Le leggi in Marocco - così come quelle in Algeria e Tunisia - non proteggono le donne e le bambine dalla violenza di genere. Inoltre, non forniscono loro riparazioni effettive quando la violenza ha avuto luogo.

Amnesty International chiede una riforma delle restanti misure che nel Maghreb permettono agli stupratori di sposare le loro vittime per evitare di essere processati, così come le altre misure discriminatorie, e inoltre l'adozione di leggi e misure che proteggono le sopravvissute alla violenza sessuale. Chiede di incrementare l'accesso ai servizi sanitari e le riparazioni giudiziarie per le donne che hanno subito violenze sessuali.

http://www.amnesty.it/maghreb_legge_violenza_sessuale


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 18/06/2014, 18:31

Sbarcò nel siracusano nel 2008. Oggi è il “re” dello yogurt biologico: la storia di Suleman Diaria
ATTUALITÀ / GIANNI CATANIA / 15 GIUGNO 2014 17:24 /


Uno dei migliori giovani imprenditori del 2014 è un immigrato sbarcato nei pressi di Siracusa nel 2008. Si chiama Suleman Diaria, 28 anni, originario del Mali. Dopo lo sbarco un periodo al Cara di Cassibile, poi il foglio di via. Che ha presto cestinato, partendo per Rosarno dove ha zappato la terra, raccolto agrumi. Quindi, da irregolare, l’arrivo a Roma fino all’idea che oggi lo ha trasformato nel “re” dello yogurt biologico. Suleman ha fondato la cooperativa sociale Barikama, dà lavoro a 6 amici e ogni settimana produce 200 litri di yogurt artigianale e biologico nel caseificio del Casale di Martignano, nei pressi della capitale. Ed è finalista del premio MoneyGram Award 2014, categoria imprenditoria giovanile.
Oggi sembrano lontani i giorni della traversata – “diedi 700 dollari allo scafista e partimmo dalla Libia” – e dell’arrivo in Italia, nel siracusano. “Nel 2008 dopo due mesi passati al Cara di Cassibile – ricorda il giovane imprenditore – mi hanno dato un foglio di via. Sono rimasto a Siracusa da clandestino per un mese, con la speranza che un legale mi aiutasse a ottenere il permesso di soggiorno, ma questa persona non ha fatto nulla per me”, il cruccio di quei giorni. “In futuro vorrei tornare in Mali e avviare lì un’attività. E’ il mio sogno, vorrei dare lavoro a tante altre persone”.

http://www.siracusaoggi.it/sbarco-nel-s ... an-diaria/


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 24/06/2014, 15:25

Un regno di terrore di notte in Cisgiordania

24 giu 2014

Il racconto degli studenti dell’Università di Birzeit (vicino Ramallah) sulle incursioni dell’esercito israeliano nei villaggi e città della Cisgiordania

Roma, 24 giugno 2014, Nena News – Noi, studenti palestinesi della Birzeit University nella Cisgiordania occupata da Israele, stavamo appena esaurendo il trauma dell’assassinio e il lutto di un compagno di studi dell’università di Birzeit, Saji Darwish [1] – ucciso dall’esercito israeliano di occupazione nel marzo 2014 – e la preparazione per gli esami finali, quando il regno di terrore notturno dell’esercito israeliano ha attraversato la Cisgiordania.

Tre giovani coloni israeliani illegali nella terra palestinese sono scomparsi il 12-13 giugno 2014, senza che alcuno ne abbia rivendicato la responsabilità. Eppure il governo israeliano continua a insistere che sono stati rapiti da Hamas, senza alcuna prova per confermare questa affermazione.

Questa scomparsa ha portato a incursioni notturne indiscriminate nella città e nei villaggi della Cisgiordania, arresti di massa, uccisioni, demolizioni di case, sparatorie, gravi restrizioni del movimento e un’escalation di violazioni e di misure punitive collettive contro la gente comune, non risparmiando nessuno, compresi noi studenti universitari; il tutto rendendoci difficile di concentrarci sugli studi. Tuttavia, nonostante tutto ciò che sta accadendo intorno a noi, abbiamo cercato di farlo lo stesso perché questo è il modo in cui affrontiamo queste devastazioni: insistiamo sullo studio e sul nostro diritto all’istruzione sotto l’occupazione militare israeliana, e su questa speranza per il nostro futuro sotto continua minaccia.

La notte del 18-19 giugno 2014, mentre eravamo impegnati negli esami finali di laurea, anche il nostro campus universitario è stato perquisito. [2] La maggior parte di noi ha letto la notizia appena successo, intorno a mezzanotte (sembra proprio che debbano venire sempre a mezzanotte per insinuare e intensificare la paura nei nostri cuori). Altri hanno sentito la notizia la mattina presto prima di incamminarsi per le strade della Cisgiordania disseminate di checkpoint dell’esercito israeliano, sperando, anche se molto incerti, di arrivare all’università, scoprire cosa fosse successo, e magari sostenere gli esami.

Mentre accadevano questi fatti, molti di noi stavano ancora studiando, ma hanno continuato a rimanere svegli tutta la notte, leggendo e guardando le notizie, e comunicando su e-mail e altri social media con gli altri studenti e i nostri insegnanti. Alcuni di noi hanno dapprima pensato, increduli, che ciò che era pubblicato su facebook sulla incursione nel campus fosse uno scherzo; tuttavia, contattandoci l’un l’altro, si trasformava ben presto in realtà.

Abbiamo letto e visto le immagini dell’esercito israeliano che riempiva le strade del campus, sfasciando porte di acciaio e di legno, rinchiudendo in una stanza tutte le guardie disarmate dell’Università, confiscando i loro telefoni cellulari, e costringendo la guardia responsabile del turno di notte ad aprire le porte d’acciaio mentre l’esercito che rompeva le porte in legno della facoltà di Scienze e dell’edificio della Student Union; e aumentando anche il caos soprattutto nella sala di preghiera delle donne, e distruggendo ogni cosa presumibilmente per trovare qualche prova della scomparsa dei tre giovani coloni israeliani.

Tuttavia hanno trovato solo le bandiere, i manifesti e gli accessori utilizzati nelle elezioni studentesche, li hanno confiscati e se ne sono andati intorno alle 03:30. I nostri livelli di stress si sono moltiplicati vedendo le immagini riempire le pagine di facebook di tutti. E abbiamo continuato a chiederci: perché stanno facendo questo? Non abbiamo fatto nulla di male? Perché stanno violando il nostro campus universitario e la nostra vita? Perché sconvolgono il nostro studio e i nostri esami? Perché stanno creando e mantenendo la paura, opprimendoci non solo con la forza bruta, ma rendendo la nostra vita quotidiana insopportabilmente insicura, creando incertezze terribili sul futuro, domani compreso, minacciando la distruzione del nostro futuro; accidenti! facendo in modo di negarci il più fondamentale dei diritti, il nostro diritto all’istruzione? Non siamo forse umani? Non abbiamo il diritto all’istruzione? A un futuro di speranza? A una vita in libertà di giustizia e pace? Perché il mondo non ascolta mai noi palestinesi?

E mentre leggevamo e guardavamo il nostro campus invaso, ci siamo chiesti se gli esami si terranno come previsto. Ci siamo chiesti delle strade per l’università e della loro sicurezza, e pensato che è meglio uscire di casa e dirigersi verso l’università diverse ore prima dell’esame, solo per assicurarsi di arrivare in tempo e non perdere gli esami, visti i posti di blocco dell’esercito israeliano e gli ostacoli che attendono la traversata. Abbiamo pensato che dobbiamo riuscire ad arrivare alla Università, semplicemente questo.

Come tutti i palestinesi, la nostra capacità di sopportare e resistere gravi violazioni dei nostri diritti è in genere alta, ma può essere compromessa in momenti come questo poiché vi sono limiti alla resistenza. Ma questa resistenza palestinese non toglie la paura che aleggia nel profondo del nostro cuore, e i ricordi ossessionanti delle violazioni passate o l’esperienza di quello che le incursioni dell’esercito israeliano possono fare alla gente. E così, alcuni di noi semplicemente siamo stati svegli tutta la notte, e abbiamo affrontato le strade molto presto per poi essere trovati da docenti e studenti sulle scale dell’Istituto in attesa che le porte si aprissero alle 08:00.

Ci siamo soltanto abbracciati. Altri che dovevano venire dalla regione meridionale di Betlemme della Cisgiordania, particolarmente sconvolta dall’assalto, non hanno dormito tutta la notte, e hanno affrontato con coraggio il viaggio, stanchi, insonni ed esausti, pregando di riuscire a percorrere la strada e arrivare agli esami con indosso un paio di jeans, scarpe da tennis e uno zaino nel caso che incontrassero un posto di blocco e dovessero salire per un sentiero sterrato di montagna se la strada principale fosse bloccata; e con un gran batticuore e zero aspettative, come hanno raccontato, pregando per un viaggio sicuro e di riuscire a completare degli esami, pensando che questa volta, senza più facebook prima degli esami, sarebbe meglio non sapere. Nena News

Aisha Shalash a nome degli studenti del 2 ° anno del Master in Salute pubblica, Birzeit University, Birzeit, Cisgiordania, territorio palestinese occupato

Haneen Dwaib a nome degli studenti del 1° anno del Master in Salute pubblica, Birzeit, in Cisgiordania, territorio palestinese occupato

* E’ possibile leggere l’articolo nella sua versione originale qui: http://t.co/MZCgfz7Q2A

(Traduzione di Angelo Stefanini)

- See more at: http://nena-news.it/un-regno-di-terrore ... l7V1t.dpuf


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 24/06/2014, 17:40

Una rivendicazione c'è: "The Dawlat al-Islam group, an affiliate of ISIS, called Reuters Jerusalem and said it was behind the kidnapping." Che poi le violenze di polizia ed esercito siano condannabili, ovunque si manifestino, è chiaro ma è anche ovvio che per cercare dei rapiti si fanno perquisizioni a tappeto, dando per scontato che è difficile che abbiano lasciato il terrirorio, visti i meticolosi controlli alle frontiere.
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 25/06/2014, 19:42

http://www.agoravox.it/Vietata-e-negata-da-tutti.html

http://www.agoravox.it/Tortura

Vietata e negata da tutti, praticata da tanti: la tortura nel XXI secolo
di Riccardo Noury - Amnesty International
giovedì 15 maggio 2014


Restare appesi al soffitto per ore. Sentire i muscoli che si stirano, il corpo che vibra per le scariche elettriche, uno straccio bagnato in bocca che induce al soffocamento. La minaccia di un esecuzione, di uccidere i familiari. La minaccia dello stupro. La realtà dello stupro.

Si chiama tortura. Il suo obiettivo è annichilire, distruggere l’identità, spezzare, far firmare una confessione, rivelare nomi. Annientare. Lontano dallo sguardo del mondo, senza un avvocato, un giudice che blocchi questo orrore.

Assolutamente bandita, universalmente praticata. Sistematicamente negata. Negli ultimi cinque anni, Amnesty International ha riscontrato casi di tortura in 141 paesi. A volte è l’eccezione, a volte è la regola.

In nome della sicurezza, della lotta al terrorismo o di altre presunte “buone” scuse, in ogni regione del mondo si continua a torturare con metodi che talvolta ricordano i supplizi descritti così efficacemente nella “Storia della colonna infame” di Alessandro Manzoni, talaltra si giovano della tecnologia più moderna, così dettagliatamente descritta nei manuali d’interrogatorio del centro di detenzione di Guantánamo Bay. A volte non c’è neanche bisogno che il torturatore e il torturato si trovino nella stessa stanza: con un tasto, lasci accese luci accecanti al neon per giorni e giorni, impedendo il sonno; con un altro tasto, porti la temperatura nella cella a -10 gradi o a +40.

Trent’anni fa, Amnesty International ha portato alla luce la dimensione mondiale della tortura e ha ispirato l’adozione, da parte delle Nazioni Unite, di una convenzione che dice, nero su bianco, che la tortura è vietata. Sempre.

Ma sappiamo che non basta un trattato internazionale per fermare le violazioni dei diritti umani, né basta che i parlamenti lo ratifichino se poi le sue disposizioni non vengono attuate (come nel caso dell’Italia, che dopo oltre un quarto di secolo ancora deve introdurre il reato di tortura nel codice penale) o vengono ignorate.

A 30 anni dall’approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, Amnesty International lancia oggi una nuova campagna, “Stop alla tortura”, per chiedere il rispetto di quel trattato e per sollecitare gli stati a introdurre garanzie contro la tortura: prevedere il reato di tortura nel codice penale; assicurare che gli avvocati siano sempre presenti agli interrogatori e che personale medico indipendente sia sempre pronto a visitare i detenuti; processare e condannare i responsabili della tortura.

A livello mondiale, la campagna "Stop alla tortura" si occuperà in particolare di cinque paesi: Filippine, Marocco/Sahara Occidentale, Messico, Nigeria e Uzbekistan.

Nella Filippine, la tortura è diffusa e praticata abitualmente nelle stazioni di polizia. In Messico e in Nigeria, la praticano anche i militari. In Marocco/Sahara Occidentale e Uzbekistan, i giudici emettono condanne basandosi anche, o solo, su prove estorte con la tortura.

In questi paesi, come in tantissimi altri, l’impunità è pressoché totale.

L’impunità permette al torturatore di lanciare uno sguardo di sfida alla persona che sta torturando, e di lanciarlo anche mesi o anni dopo, quando casualmente s’incontreranno. Chi tortura ha un sistema che lo protegge, chi è torturato rischia di rimanere solo.

Gli oltre tre milioni di soci di Amnesty International nel mondo staranno, da oggi, accanto alle vittime di tortura. Per mettere all’angolo, non più protetto e impunito, chi tortura. Per dire, una volta per tutte “Stop alla tortura”.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 27/06/2014, 20:29

STRISCIA DI GAZA – FUOCO SU CASE E MOSCHEE: 6 FERITI

È di sei palestinesi feriti, tra cui donna incinta e un bambino di 11 anni in condizioni gravi, il bilancio di un attacco israeliano nella Striscia di Gaza messo a segno stamattina.

I carri armati hanno aperto il fuoco contro alcune case e due moschee nella zona meridionale della Striscia, a est di Khan Younis, in risposta al lancio di un ordigno contro militari israeliani nei pressi della linea di confine. La dinamica dell’accaduto non è ancora chiara, ma non ci sono stati feriti tra i soldati che hanno dichiarato che i minareti delle moschee attaccate erano utilizzati come posti di vedetta per colpirli.

Da due settimane l’aviazione israeliana sta bombardando Gaza quasi ogni notte e in Cisgiordania sono morti otto palestinesi nei blitz israeliani, mentre in centinaia sono stati arrestati (566 persone) nell’ambito della campagna lanciata da Tel Aviv per ritrovare i tre giovani israeliani scomparsi in Cisgiordania, nei pressi di Hebron, il 12 giugno.

Oggi Israele ha dato un nome a due presunti rapitori dei tre ragazzi. Lo Shin Bet ha parlato di due uomini legati ad Hamas, ritenuto colpevole della scomparsa dei tre israeliani, che sono stati in carcere per “attività terroristiche”. Marwan Qawasmeh e Amer Abu Aisha sono entrambi di Hebron, dove oggi sono rimasti feriti dieci palestinesi in un blitz in un’abitazione dei soldati israeliani accompagnati da alcuni coloni. Altre dieci persone della stessa famiglia sono state arrestate. Nena News


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 02/07/2014, 14:22

Israele, le punizioni collettive non porteranno la giustizia che l'uccisione dei tre ragazzi reclama
2 luglio 2014

Amnesty International ha dichiarato che l'uccisione dei tre ragazzi israeliani rapiti il 12 giugno reclama giustizia, ma la reazione dell'esercito e le punizioni collettive in corso nei confronti dei palestinesi in Cisgiordania - palesi violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani - è lungi dall'ottenerla.
Il 30 giugno, i corpi dei tre ragazzi sono stati rinvenuti a nord di Hebron, nella Cisgiordania occupata. Le autorità israeliane hanno subito annunciato rappresaglie nei confronti del gruppo armato palestinese Hamas, accusato di essere l'autore del rapimento.
"Niente può giustificare il rapimento e l'uccisione dei tre ragazzi israeliani, che condanniamo ancora una volta. I responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia" - ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
"Ma la giustizia non verrà ottenuta attraverso l'imposizione, da parte di Israele, di punizioni collettive o altre violazioni dei diritti umani dei palestinesi. Piuttosto, le autorità israeliane dovrebbero condurre un'indagine approfondita e imparziale che porti all'incriminazione dei presunti responsabili e a un processo condotto secondo criteri di equità" - ha sottolineato Luther.
Le abitazioni delle famiglie di Marwan al-Qawasmeh e Amer Abu Aisheh, i due palestinesi di Hebron sospettati del rapimento dei tre ragazzi e al momento irreperibili, sono state demolite e ne sono derivati danni alle altre famiglie che alloggiavano nei due edifici.
Le autorità israeliane non hanno presentato alcuna prova a sostegno delle dichiarazioni secondo cui Hamas e i due palestinesi sarebbero responsabili del sequestro e dell'uccisione dei tre ragazzi.La mattina del 1° luglio, Israele ha lanciato almeno 34 attacchi aerei su Gaza, provocando feriti tra la popolazione palestinese. I gruppi armati palestinesi hanno lanciato almeno 18 razzi contro il sud d'Israele. Non si ha ancora notizia di feriti tra la popolazione israeliana.

In Cisgiordania Yousef Abu Zagha, 20 anni, è stato ucciso da soldati israeliani durante un'incursione nei campo profughi di Jenin, sempre il 1° luglio, a quanto pare dopo che l'uomo aveva lanciato una granata. Il numero dei palestinesi uccisi dall'inizio delle ricerche dei tre ragazzi israeliani è così salito ad almeno sei, tra cui un bambino.

"La logica dell'occhio per occhio, dente per dente, non farà altro che accrescere il rischio di ulteriori violazioni dei diritti umani, abusi e sofferenze per la popolazione israeliana e quella palestinese. Occorre fermarla immediatamente" - ha proseguito Luther.

L'escalation della risposta militare israeliana si affianca alle punizioni collettive in corso nei confronti dei civili palestinesi dei Territori occupati palestinesi e l'invio illegale di coloni nella Cisgiordania occupata.

Almeno 364 palestinesi sono attualmente sottoposti a detenzione amministrativa (il più alto numero degli ultimi anni) e risultano in aumento i posti di blocco e le restrizioni arbitrarie al diritto alla libertà di movimento dei palestinesi.

Nel frattempo, i coloni israeliani hanno attaccato civili palestinesi nelle zone di Hebron e di Betlemme. Una bambina di nove anni sarebbe rimasta ferita dopo che un colono l'ha investita con la sua automobile. Dopo la scoperta dei corpi dei tre ragazzi israeliani, i coloni hanno istituito nuovi avamposti nella Cisgiordania occupata.

Leggi anche il comunicato "Amnesty International chiede il rilascio dei tre ragazzi israeliani rapiti e la fine delle punizioni collettive nei confronti dei palestinesi" (18 giugno 2014)


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Non aprite questa foto...

Messaggioda flaviomob il 09/07/2014, 21:59

...se non siete pronti per qualcosa di veramente orribile.

====
Ore 01:09 del 10.07.14
Immagine eliminata dalla moderazione.
Il Web è pieno di immagini atroci.
Migliaia di esseri umani muoiono ogni giorno.
Postare immagini di cadaveri qui non ha senso.
Possiamo discutere di politica anche senza esibire i morti.

Ogni eventuale riproposizione comporterà sanzioni.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 10/07/2014, 15:54

E' di 83 morti e 575 feriti il bilancio dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza, in tre giorni di offensiva denomitata 'barriera protettiva'. La metà sono donne e bambini.

http://www.repubblica.it/esteri/2014/07 ... ef=HRER1-1


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 11/07/2014, 15:16

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... i/1056871/

...
Unicef: “Minaccia orribile per i bambini”. Il ritorno delle violenze a Gaza e a Israele costituisce un minaccia terribile per i bambini, dichiara l’Unicef sollecitando moderazione per proteggere i minori. “Già negli ultimi tre giorni, secondo quanto segnalato, almeno 22 bambini palestinesi sono stati uccisi in attacchi aerei su Gaza e molti altri feriti”, continua la nota. “L’enclave costiera è soggetta a blocco, rendendo difficile ai civili la fuga. Ma ci sono minacce anche dagli attacchi di razzi da Gaza”. L’Unicef rilancia quindi l’appello al segretario generale delle Nazioni Unite, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un appello per aiuti finanziari urgenti al ministero della Salute palestinese, che ha ammesso la difficoltà a garantire scorte di farmaci a causa dei debiti ormai cronici, che sono arrivati a oltre 253 milioni di dollari. Le difficoltà riguardano, in particolare, Cisgiordania e Striscia di Gaza, dove già a fine giugno erano vuoti gli stock di quasi il 30% dei farmaci essenziali. Il Marocco si è impegnato a devolvere 5 milioni di dollari in aiuti per sostenere i palestinesi.


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