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Ichino, sul mercato del lavoro

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Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda franz il 24/02/2014, 9:45

PERSEGUIRE IL METODO DEL MERCATO NON SIGNIFICA TORNARE ALLE ORIGINI

Il primo nostro compito è sgombrare il campo da un’idea tanto diffusa quanto sbagliata: quella, cioè, secondo cui il metodo del mercato per governare la convivenza civile costituirebbe un ritorno alle origini, una sorta di primitivismo politico.

Alle origini, allo stato di natura, c’è solo la sopraffazione del più forte sul più debole, del predone sulla sua vittima. Il passo evolutivo successivo è costituito dal sostituirsi al predone nomade, che dove passa lascia soltanto erba bruciata, del predone stanziale, il quale offre alle sue vittime almeno il beneficio della protezione contro il predone nomade e ha interesse a lasciare loro almeno gli strumenti di lavoro e il necessario per sopravvivere e riprodursi, in modo da poter dare continuità nel tempo alla rapina: siamo alla signoria antica e feudale. La storia dell’economia e della politica poi ci offre l’esperienza dell’economia curtense, chiusa nella corte del castello o dell’abazia; poi quella delle corporazioni medioevali, che sono il contrario del libero mercato. Con la rivoluzione francese e la legge Le Chapelier si arriva si al superamento delle corporazioni; ma il libero mercato che ne nasce è un mercato prevalentemente caratterizzato dalla posizione di monopolio dell’impresa industriale nel suo segmento del mercato dei beni; e dalla posizione di monopsonio strutturale nel mercato del lavoro: l’impresa-cattedrale nel deserto è l’unica acquirente di manodopera di fronte a un esercito di disoccupati o sotto-occupati agricoli.

È in questo periodo, all’indomani della prima rivoluzione industriale, che nascono la coalizione sindacale e la tecnica protettiva dello standard minimo inderogabile come correzione della distorsione monopsonistica nel mercato del lavoro. L’una e l’altra, in questa fase, generano benessere generale, perché hanno l’effetto di un aumento congiunto dell’occupazione e delle retribuzioni, quindi della domanda di beni e della produzione generale di ricchezza. Ma è un metodo strettamente legato alla funzione correttiva di quella distorsione del mercato.

In un sistema – come il nostro attuale – nel quale l’impresa non è più la cattedrale nel deserto della sottooccupazione agricola, caratterizzato da una grande pluralità di acquirenti di manodopera manuale e intellettuale in concorrenza tra loro, le forme di protezione del lavoro nate per correggere la distorsione monopsonistica si trasformano in parte in strumenti di protezione degli insiders contro gli outsiders. Intendiamoci, anche in un sistema industriale maturo si possono verificare fenomeni di monopsonio (non più strutturale, ma) dinamico, dovuto ad asimmetrie informative, difetto di mobilità delle persone, difetti di funzionamento del mercato della formazione professionale. Ma il modo in cui si può e deve correggere il monopsonio dinamico è necessariamente diverso rispetto alle tecniche di protezione contro la distorsione del monopsonio strutturale: lo si corregge con gli strumenti dell’informazione, della formazione e del sostegno alla mobilità delle persone. Non è un caso che proprio questi siano gli strumenti di politica sociale e del lavoro attivati dall’ordinamento comunitario – che nasce in un contesto industriale maturo – con il Fondo Sociale Europeo. Viceversa, la vecchia tecnica protettiva consistente nell’ingessamento del posto di lavoro, che genera inamovibilità, oltre a costituire strumento di difesa indebita degli insider contro gli outsider, fa anche danno alla generalità dei lavoratori, perché peggiora l’allocazione delle capacità professionali nel tessuto produttivo, quindi ha un effetto depressivo sulla produttività e conseguentemente anche sulle retribuzioni.

La non contendibilità delle funzioni, poi, reca danno a tutta la collettività producendo un pesante effetto depressivo sui servizi resi dalle amministrazioni pubbliche ai cittadini. Questo è vero non soltanto per servizi pubblici come la fornitura di energia o acqua, i trasporti, la sanità, ma anche per la scuola, l’università e la formazione professionale. Se esaminiamo le terapie migliori che, in ciascuno di questi settori, gli esperti elaborano per realizzare gli standard più elevati di servizio alla cittadinanza, individuiamo facilmente il filo rosso che le unisce nell’instaurazione di un sistema di contendibilità delle funzioni stesse.

Istituire un regime di contendibilità delle funzioni non significa dunque affatto un regresso, un ritorno alle origini: questa contendibilità costituisce il punto di arrivo di una evoluzione sociale plurimillenaria. Ed è un’operazione che richiede tecniche molto evolute e sofisticate sia nella fase istitutiva, sia in quella della manutenzione e messa a punto continua del meccanismo. Questa è una delle principali frontiere del progresso sociale, oggi, insieme a quella della verifica sistematica del titolo del possesso, la quale costituisce un capitolo fondamentale della cultura liberale: quella verifica tanto invisa a molti esponenti dell’economia e della politica, che pure si riempiono la bocca della parola “liberalismo” e “democrazia”. Sono questi i terreni sui quali tutti i veri progressisti possono e devono incontrarsi e cooperare, quali che siano l’ambiente culturale nel quale si sono formati, le radici ideologiche della loro formazione.

Il metodo di questo incontrarsi e cooperare tra persone di buona volontà è la laicità, che consiste essenzialmente in due modi di rapportarsi agli altri e al problema da risolvere: non pretendere di avere la verità in tasca circa la soluzione migliore del problema stesso; e accettare il metodo sperimentale per la verifica della bontà della sua soluzione. Laicità significa dunque non perseguire grandi palingenesi affidate ad altrettanto grandi progetti astratti, ma applicare sempre il protocollo pragmatico del try and go: sperimentare un trattamento in un campo limitato, verificarne in modo rigoroso e senza pregiudizi gli effetti, se funziona bene estenderlo, altrimenti correggerlo o cambiare strada.

Il rifiuto dell’assolutismo ideologico implica anche essere molto attenti alle situazioni nelle quali il mercato si inceppa, non funziona. Per correggerle e studiare all’occorrenza ogni possibile second best disponibile. E poiché una delle cause maggiori di market failure, oltre che di disuguaglianza tra le persone, sono le asimmetrie informative, l’impegno prioritario deve essere diretto a garantire a ciascun cittadino la possibilità di accesso al massimo possibile di istruzione e formazione professionale (anche questo in regime di contendibilità delle funzioni di formazione e insegnamento, oltre che di massima libertà di scelta dei contenuti ragionevolmente possibile).

Per finire osservo come l’Unione Europea costituisca il contesto ideale per superare le pesanti incrostazioni corporative che in Italia ostacolano l’affermarsi del metodo del mercato. Nell’Europa una larga maggioranza degli italiani vede e vagheggia una società socialmente ed economicamente evoluta, salvo dimenticare che la modernità vagheggiata e ammirata nei Paesi europei più avanzati è frutto diretto di un sistema di valori civili e di un insieme di scelte che hanno un nome: liberalismo europeo. Il nostro compito è persuadere questa larga maggioranza che per realizzare il modello di organizzazione economica e sociale che essa stessa sa essere il migliore occorre accettare di eliminare i troppi monopoli privati e pubblici, le troppe incrostazioni corporative che ancora appesantiscono il nostro Paese generando rendite e ingiustizie.
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda Robyn il 25/02/2014, 12:42

Esempio di partnership può essere il parastatale cioè enti pubblici che attraverso regole stabilite dal pubblico sono gestiti dal privato per cercare di eliminare inefficenze nei servizi resi e clientelismo,ma allo stesso tempo garantire a tutti i cittadini un servizio accessibile a prezzi accessibili.La contrapposizione pubblico privato è già stata superata da tanto tempo.Il problema non è più se far entrare o meno il privato nel pubblico,ma come realizzare la partnership del privato nei servizi pubblici.Già il privato può offrire servizi al cittadino in passato forniti dal pubblico ma questi non sono enti parastatali ma enti privati in concorrenza con il pubblico.Poi c'è la partnership del privato nel pubblico,il parastatale.Se un bene per sua natura ha caratteristiche monopolistiche,come si fà a realizzare la partnership del privato in modo tale che un bene oltre ad essere accessibile a tutti ed efficente abbia prezzi accessibili?
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda franz il 25/02/2014, 13:27

Robyn ha scritto:Se un bene per sua natura ha caratteristiche monopolistiche,come si fà a realizzare la partnership del privato in modo tale che un bene oltre ad essere accessibile a tutti ed efficente abbia prezzi accessibili?

Cominciamo ad elencare i beni che per loro natura hanno caretteristiche monopolistiche. Non sono tanti. Se lo stato si riducesse gestire quelli, la cura dimagrante sarebbe enorme. Dal 50% del PIL al 5% o forse meno.
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda Stefano'62 il 27/02/2014, 0:25

Sorvoliamo sulla riduttiva superficialità del riassunto storico di Ichino delle forme di economia ante-feudali,ma solo perché non influisce in minima parte sul resto del discorso del quale costituisce soltanto un incipit,e stendiamoci sopra un velo pietoso evitando un off topic......

Ovviamente sono d'accordo con lui su molti punti ma non su quello principale sul quale intende andare a parare.

Ichino ha scritto:Ma il modo in cui si può e deve correggere il monopsonio dinamico è necessariamente diverso rispetto alle tecniche di protezione contro la distorsione del monopsonio strutturale: lo si corregge con gli strumenti dell’informazione, della formazione e del sostegno alla mobilità delle persone. Non è un caso che proprio questi siano gli strumenti di politica sociale e del lavoro attivati dall’ordinamento comunitario – che nasce in un contesto industriale maturo – con il Fondo Sociale Europeo. Viceversa, la vecchia tecnica protettiva consistente nell’ingessamento del posto di lavoro, che genera inamovibilità, oltre a costituire strumento di difesa indebita degli insider contro gli outsider, fa anche danno alla generalità dei lavoratori, perché peggiora l’allocazione delle capacità professionali nel tessuto produttivo, quindi ha un effetto depressivo sulla produttività e conseguentemente anche sulle retribuzioni.


La prende alla lontana partendo dalle storture monopsonistiche ma alla fine il succo del discorso è che il posto fisso non va bene e possiamo essere tutti felici cambiando lavoro ogni due per tre,e secondo lui è sufficiente che torniamo a scuola e che facciamo l'abbonamento al concorde.

Ebbene come tutte le analisi partorite da gente che vive nei libri ma non nella realtà,vanno a carte all'aria non appena si sostituiscono i soggetti virtuali con le persone vere;non appena i gruppi di lavoratori da ipotesi su carta diventano insiemi composti da individui concreti.

La bella favoletta del lavoratore felice se si riqualifica ogni 4 o 5 anni e cambia lavoro e magari a sentire Ichino anche regione, va bene a Ichinolandia nella costellazione del "non invecchio mai".
Nella vita invece reale accade invece che uno che cambia lavoro a 40 anni poi può riqualificarsi quanto gli pare,sempre ammesso che il lavoro precedente (che non sarà sempre in banca non credete ?) non lo abbia abbattuto al punto da non avere più la forza di tornare a scuola....accade che non trova più un c***o e resterà a casa a fare zero reddito e tutto il bel castello di carte di Ichino fa la fine di tutti i castelli di carte.....

Finchè (per esempio) non esce una legge che stabilisce la pensione a 40\45 anni,questa bella favolina stereotipata di Ichino contro alla spudorata pretesa della gente di avere garanzie solide circa il proprio futuro e circa la possibilità di riuscire ad accedere al credito bancario per comperarsi per esempio una casa o una macchina.......è aria fritta di quella che non esce dalla bocca.
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda Robyn il 27/02/2014, 17:07

La tua è la concezione del nonnismo del tipo aspetta il tuo turno e quando avrai 60 anni mi subentrearai col posto fisso
In realtà ce ne sono due di concezioni.La prima è quella che vorrebbe bloccare tutto tornando alla vecchia rigidità ma così si uccidono i giovani perche su di essi si scarica tutta la flessibilità.La seconda concezione è chi vorrebbe precarizzare tutto distruggendo la competitività e la dignità del lavoro.Queste due concezioni sono estranee al campo della flessibilità europea e il paese deve adattarsi alla flessibilità europea.Poi la pensione a 40 anni.Servono le protezioni,indennità di disoccupazione e reddito minimo garantito.Infine chi esce dal lavoro malmesso.Qui invece sono d'accordo con te serve la legge antimobbing.Si parla tanto di diritti civili di dignità del lavoro ma non si parla mai di legge antimobbing
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda trilogy il 28/02/2014, 9:42

Stefano'62 ha scritto:
[..]La bella favoletta del lavoratore felice se si riqualifica ogni 4 o 5 anni e cambia lavoro e magari a sentire Ichino anche regione, va bene a Ichinolandia nella costellazione del "non invecchio mai".
Nella vita invece reale accade invece che uno che cambia lavoro a 40 anni poi può riqualificarsi quanto gli pare,sempre ammesso che il lavoro precedente (che non sarà sempre in banca non credete ?) non lo abbia abbattuto al punto da non avere più la forza di tornare a scuola....accade che non trova più un c***o e resterà a casa a fare zero reddito e tutto il bel castello di carte di Ichino fa la fine di tutti i castelli di carte.....


Vero, è anche evidente che in Italia non si fa nulla per promuovere la riqualificazione e formazione permanente. Se vuoi farla è tutto a carico del singolo. I soldi pubblici destinati alla formazione servono ad alimentare un apparato burocratico e sindacale che produce poco o nulla per il cittadino. Poi tutti questi discorsi sulla mobilità e cambiamento riguardano solo chi lavora nel privato, nella pubblica amministrazione i termini: mobilità,cambiamento sono bestemmia, una macchina autoreferenziale che pesta l'acqua nel mortaio.
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda Robyn il 28/02/2014, 18:23

Nella PA il problema sono gli scatti di anzianità considerati l'unico rimedio alla promozione del merito.Questi però hanno il difetto di aumentare la spesa e per eliminiare questo inconveniente si ricorre ad assunzioni atipiche di giovani che hanno bassi redditi.Invece il criterio dovrebbe cambiare.Gli scatti sostituiti dal merito e c'è una progressione di livello solo se si è bravi e per fare questo serve promuovere la cultura del merito nella PA.Si dovrebbe aprire anche il job act senza aspettare.Di certo prevede un contratto di ingresso di tre anni riservato alla fascia di età compresa fra i 16 e i 25 anni diverso da quello a protezione crescente in cui per disciplinari e gmo c'è solo l'indennità sostitutiva senza ricorrere alla fase giudiziale.Sarebbe in alternativa al contratto di apprendistato e sostitutivo dei contratti a termine
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda Stefano'62 il 28/02/2014, 23:57

Oh ma che stress....ancora con sta scemenza delle facilitazioni per il lavoro ai giovani ?
E quegli altri che fanno ?
Si suicidano cosi alleggeriscono la situazione dell'INPS ?
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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda flaviomob il 01/03/2014, 14:04

Le facilitazioni si trasformano in cose strane, stranissime. Giovani che si fanno assumere in aziende di amici che dopo pochi anni spariscono. E perché non "facilitare" un 50enne con famiglia a carico, disoccupato, allora? No, in effetti queste sono fesserie che si ripetono (come "novità" del quaqquaraqquà di turno) da secoli. Ci vogliono interventi efficaci di SOSTEGNO DEL REDDITO per chi si trova senza lavoro in difficoltà, giovane o meno giovane che sia.


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Re: Ichino, sul mercato del lavoro

Messaggioda franz il 01/03/2014, 15:13

flaviomob ha scritto:Le facilitazioni si trasformano in cose strane, stranissime. Giovani che si fanno assumere in aziende di amici che dopo pochi anni spariscono. E perché non "facilitare" un 50enne con famiglia a carico, disoccupato, allora? No, in effetti queste sono fesserie che si ripetono (come "novità" del quaqquaraqquà di turno) da secoli. Ci vogliono interventi efficaci di SOSTEGNO DEL REDDITO per chi si trova senza lavoro in difficoltà, giovane o meno giovane che sia.

Concordo pienamente.
Queste politiche di sostegno qua a e là sono le classiche pensate frutto del pensiero superfisso.
La coperta è corta: aiutiamo qualcuno e fa niente se poi altri stanno al freddo.
Bisogna favorire la produttività e questo in italia lo si fa solo con un forte ridimensionamento di uno stato burocratico e parassita. Lo si faccia ed emergeranno anche le risorse per doverosi strumenti di sostegno al reddito.
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