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Alitalia - Storia Infinita

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Alitalia - Storia Infinita

Messaggioda franz il 11/10/2013, 7:19

Perché su Alitalia è meglio non fare nulla, consigli a Letta
Pubblicato: Gio, 10/10/2013 - 15:30 • da: Carlo Stagnaro
da Il foglio.it

Caro premier Enrico Letta, su Alitalia faccia una cosa che nessuno ha osato fare mai: niente. Non convochi riunioni, non cerchi cavalieri, non pietisca dall’Eni un po’ di jet fuel fuori sacco. Se ne impipi, serenamente. Prima delle privatizzazioni del 2008, Alitalia era riuscita ad accumulare perdite stratosferiche: solo durante le lunghe doglie che hanno portato alla sua fuoriuscita dal perimetro pubblico, tra il 2006 e il 2008, ha contabilizzato un passivo pari a 1,8 miliardi di euro. Poi il gruppo ha attraversato la rocambolesca fase del Piano Fenice, dove tra bad company, cassa integrazione, prepensionamenti, costi impliciti delle rotte in monopolio, il paese ha dovuto impegnare una somma stimata da Ugo Arrigo e Andrea Giuricin attorno ai 7 miliardi di euro nel quinquennio 2008-2013. Di questi circa la metà è riconducibile al costo della bad company rimasta statale, la protezione sociale per gli ex dipendenti e i minori introiti dovuti alla differenza tra quanto Air France era disposta a pagare, 1,7 miliardi di euro, e quanto effettivamente sborsato dalla cordata tricolore, circa un miliardo di cui meno di un terzo dalle tasche dei “capitani coraggiosi”.

Un’operazione, quella della privatizzazione, che ne nascondeva un’altra, il salvataggio della principale concorrente di Alitalia, la AirOne di Carlo Toto, anch’essa in gravi difficoltà finanziarie, con la regia del principale creditore di quest’ultima, Intesa Sanpaolo. Nel complesso, non è esagerato dire che la mancata cessione del vettore nazionale al gruppo franco-olandese rappresenta la più fallimentare delle “operazioni di sistema”. Dietro tutte queste costose manovre, che ci portano oggi nella situazione in cui eravamo nel 2008, fatto salvo che enormi risorse sono state bruciate e che Air France potrebbe aggiudicarsi le spoglie di Alitalia a una frazione del prezzo, sta il mantra dell’italianità. Quello dell’italianità è un argomento insidioso: titilla l’orgoglio nazionale anestetizzando la razionalità. La tesi che un vettore straniero danneggerebbe il nostro turismo, o che “un grande paese industriale ha bisogno della sua compagnia di bandiera” (Maurizio Lupi), è evanescente. Viene sempre affermata e mai argomentata, per invocare operazioni strampalate quali l’ingresso di Fintecna o la fusione con Trenitalia. A questo proposito, il capo delle Ferrovie, Mauro Moretti, ha chiesto un’ulteriore sospensione delle regole della concorrenza, dopo quella del 2008-2011.

Trenitalia, al pari di Alitalia, ha infatti già accumulato molte miglia come “passeggero” suo malgrado delle istruttorie Antitrust, verso la cui “ingerenza” è dunque e comprensibilmente sospettosa. Inoltre, la competizione tra aerei e alta velocità sulla rotta più redditizia, la Roma-Milano, è una spina nel fianco di entrambe le compagnie. Che si tratti di Fintecna, Trenitalia o altri, comunque, non sarà certo l’ingresso di un partner pubblico a risolvere problemi che derivano da un modello di business insostenibile. La legge di gravità è un avversario tenace, e gli aerei a corto di carburante – fisico e finanziario – finiscono inevitabilmente per cadere. Con quali conseguenze? L’esperienza della svizzera Swissair, fallita nel 2001 e acquisita successivamente da Lufthansa, fornisce un precedente istruttivo: non solo la Confederazione non è rimasta isolata, ma addirittura la flotta Swissair è cresciuta da 47 velivoli a 55, e ne ha ordinati altri sei. Finché ci sarà gente che vorrà andare in Svizzera (o in Italia), e da lì altrove, cioè finché ci sarà una domanda di trasporto, vi sono pochi dubbi che vi sarà pure un’offerta di mobilità. Se Alitalia dovesse fallire, o finire in mani straniere, gli italiani continueranno a volare come prima, forse meglio, e pagare come prima, forse meno. It’s the economy, stupid.
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Re: Privatizzazioni. Ne servono tante, benedette e subito

Messaggioda franz il 11/10/2013, 7:23

Tutto inutile. Fa parte del DNA della politica italiana usare i soldi degli altri (contribenti o correntisti delle poste) per salvare gli amici degli amici. I consigli dati qui sopra sono caduti nel vento.




il soggetto pubblico individuato dal governo
Poste Italiane in soccorso di Alitalia
Senza aumento da sabato aerei a terra

La nota di Palazzo Chigi: «Bene partecipazione Poste, non senza condizioni». E il ministro Lupi: «Ce l’abbiamo fatta»

Sono le Poste Italiane il soggetto pubblico individuato dal governo per correre in aiuto ad Alitalia. L’azienda - secondo quanto si apprende da fonti vicine al dossier - parteciperà all’aumento di capitale della compagnia da 300 milioni con una cifra intorno ai 75 milioni e una partecipazione fra il 10 e 15%. In serata, giovedì, il Governo esprime «soddisfazione per la volontà di Poste Spa di partecipare, come importante partner industriale, all’aumento di capitale di Alitalia».
Nella nota diffusa da Palazzo Chigi si evidenzia che alla compagnia «servono discontinuità, stabilizzazione dell’azionariato e una importante ristrutturazione attraverso un nuovo progetto industriale». L’entrata di Poste «e’ fondata su queste premesse - spiegano da Palazzo Chigi- Il Governo si aspetta che i soci si assumano appieno le loro responsabilità». La «nostra parte è stata fatta»: è il commento del premier Enrico Letta. E il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi esprime soddisfazione per l’accordo : «Ce l’abbiamo fatta - sottolinea Lupi - Abbiamo lavorato intensamente in queste settimane per ottenere questo risultato». Arriva anche, su La7, il commento del segretario del Pd, Guglielmo Epifani: «Dobbiamo evitare il commissariamento di Alitalia, trovare una soluzione ponte e rinegoziamo al meglio questa alleanza anche con Air France ma difendendo gli interessi del paese».

Soldi freschi per assicurare continuità aziendale, anche perché «serve una ricapitalizzazione o sabato Alitalia rimarrà a terra», dice il presidente dell’Enac, Vito Riggio precisando che la verifica dell’Ente «è sull’ipotesi prospettata che domani (in cda, ndr. ci sia una ricapitalizzazione di almeno 300 milioni più un prestito bancario da 200 milioni». «Nel consiglio di amministrazione di Alitalia di venerdì «penso» arriverà il via libera a una manovra finanziaria «da 500 milioni, di cui 300 come aumento di capitale e 200 di prestiti dalle banche», ma se così non fosse «sabato ci vengono a portare loro la licenza» per poter volare, ha detto Riggio ha ricordando che l’Ente dell’aviazione civile deve applicare in questi casi i regolamenti comunitari e ha aggiunto: «Vediamo se domani vengono fuori questi quattrini, ma se la compagnia non ha né liquidità né fondi per far fronte ai propri impegni i suoi aerei vanno a terra».

E sulla compagnia di bandiera si è espresso anche il direttore Italia di Easyjet: «Non commentiamo le vicende dei competitors», ma certamente «noi siamo in controtendenza rispetto all’andamento del mercato», ha detto Frances Ouseley, interpellata sul dossier Alitalia anche alla luce delle nuove operazioni della compagnia low cost, che ha posto a Napoli la sua terza base dopo Malpensa e Fiumicino. «Confermiamo un percorso di crescita e sviluppo ha detto Ouseley -, così come l’intenzione di continuare ad investire in Italia» in un momento come questo, nel quale «siamo un pò in controtendenza» rispetto ad altri. Il direttore per l’Italia di Easyjet ha poi ribadito l’importanza dell’operazione di Napoli a livello occupazionale, visto che «genererà posti di lavoro con incrementi sia nell’indotto, dove si stimano 400 assunzioni, che diretti», con l’assunzione di 30 persone tra piloti e assistenti di volo.
11 ottobre 2013 (modifica il 11 ottobre 2013) http://www.corriere.it

Vedera anche "C'è Posta per te", su repubblica http://www.repubblica.it/economia/rubri ... ef=HRER3-1
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Re: Privatizzazioni. Ne servono tante, benedette e subito

Messaggioda franz il 11/10/2013, 7:35

Sono le Poste Italiane il soggetto pubblico individuato dal governo per correre in aiuto ad Alitalia

Le poste sono un soggetto pubblico?
Sembrerebbe di si'.
È una società per azioni controllata al 100% dallo Stato italiano tramite il Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Ma allora si tratta di aiuti di stato (vietati) ed il commissario alla concorrenza UE Almunia avrà sicuramente qualche cosa da dire.
Concordo pienamente con l'art di Stagnaro, che ho postato piu' sopra.


PS: non trovando piu' il vecchio thread su Alitalia, ho preferito aprirne uno nuovo.
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Le relazioni dispendiose

Messaggioda franz il 13/10/2013, 11:41

STATO E IMPRESE, NON SOLO ALITALIA
Le relazioni dispendiose
FRANCESCO GIAVAZZI

Se Alitalia fosse un’azienda normale dovrebbe chiedere l’amministrazione straordinaria. Per arrivare a Natale ha bisogno di 500 milioni, senza contare i nuovi investimenti, in assenza dei quali fra sei mesi saremmo da capo. Poiché gli attuali azionisti non intendono metterceli, almeno non tutti, il rischio di non poter approvare il bilancio 2013 rimane concreto.

Così accadde per Swissair, la compagnia di bandiera svizzera, nel 2002, e la belga Sabena nel 2001. Nel giro di qualche settimana però le rotte abbandonate furono sostituite da altre compagnie: a Zurigo Lufthansa creò Swiss, a Bruxelles Virgin creò Brussels Air. E i vecchi azionisti andarono a casa. Non si racconti la storiella dei collegamenti con le isole: ieri mattina fra le 6 e le 14 dall’aeroporto di Catania sono decollati, per destinazioni italiane ed europee, 20 voli (esclusi quelli di Alitalia e AirOne).

L’errore più grave compiuto dal governo non è aver fatto entrare le Poste in Alitalia: è aver salvato i vecchi azionisti. Cinque anni fa venti imprenditori (Pirelli, Benetton, Marcegaglia, Colaninno, Caltagirone Bellavista, Riva e tanti altri) insieme ad Air France e Banca Intesa aderirono al progetto Passera-Berlusconi investendo in un’azienda lontana dalle loro attività principali. Forse lo fecero perché si aspettavano qualche favore da parte del governo (allora guidato da Silvio Berlusconi) e qualche linea di credito da Banca Intesa (allora guidata da Corrado Passera). Ci fu anche chi non aderì, come Luxottica, Prada, Brevini, aziende che vivono di esportazioni e non hanno nulla da chiedere né al governo né a Banca Intesa.

Non sappiamo se favori o linee di credito siano arrivati. Ma l’investimento fatto da quei venti imprenditori è andato male (forse non per colpa loro), e il capitale investito va azzerato.
Se poi lo Stato decidesse di intervenire, ciò deve avvenire in modo trasparente. Durante l’ultima crisi, l’amministrazione Obama è entrata in banche, assicurazioni, persino case automobilistiche. Ma attraverso strumenti chiari, che ne caratterizzavano l’assoluta temporaneità. Invece, nell’ingresso delle Poste in Alitalia si mescolano intervento finanziario e piano industriale. Si dà luogo a una confusione che domani, se l’operazione fallisse, renderebbe meno chiare le responsabilità. (Appaiono poi singolari e risibili le precisazioni sul fatto che le Poste non useranno i denari dei correntisti: l’attività della società è fondata sui depositi postali degli italiani).

Come può nascere una classe di veri imprenditori se ogni volta che si dimostrano incapaci lo Stato li salva? O meglio, li salva se sono grandi, li lascia fallire, magari non pagando i propri debiti, se sono piccoli.

«Anche il capitalismo privato nella Prima Repubblica non ha funzionato?». A questa domanda l’avvocato Agnelli rispondeva ( Corriere , 20 febbraio 1996): «Certamente. Diciamo che gli anticorpi non hanno funzionato. Ma dovevamo scendere a patti con i politici e con l’impresa pubblica. Se in Italia, dopo cinquant’anni, la Fiat non è finita all’Iri o in mani estere è un miracolo».

Non si è trattato di un miracolo, bensì della degenerazione di un rapporto tra Stato e imprenditori privati che in Italia ha radici lontane. Ricordando la figura di Alberto Beneduce, primo presidente dell’Iri (l’Istituto per la ricostruzione industriale), Marcello De Cecco scrive (L’economia di Lucignolo , Donzelli, 2000): «Circondando le banche e i grandi gruppi industriali che da esse dipendevano di un cordone sanitario rappresentato dagli istituti di credito speciale, riuscì a Beneduce di spegnere le fiamme del grande incendio dei primi anni Trenta operando una riforma delle nostre strutture finanziarie che ha dominato la vita economica per i sessant’anni successivi. Si creò così un sistema assai simile a quello dei Paesi del socialismo reale. Alla finanza basata sul rischio si sostituì quella basata sulla garanzia statale». Per decenni, quando un privato falliva comprava lo Stato, solo di rado un concorrente estero. Ma soprattutto lo Stato non interferiva con le regole del mercato in cui si scambiano la proprietà e il controllo delle aziende, rinunciando a imporvi maggiore trasparenza e concorrenza.

La vicenda Alitalia è l’ennesima pessima prova del nostro capitalismo. Ancora una volta ha prevalso il rapporto malsano fra politica e imprese. Una concezione che considera lo Stato un prestatore di ultima istanza cui rivolgersi prima del fallimento e della catastrofe. Ancora una volta viene meno il principio di responsabilità cui ci si dovrebbe attenere in un Paese civile.
Speriamo solo di non dover ripetere queste parole amare fra qualche settimana, commentando l’acquisto da parte dello Stato della parte più rilevante di Telecom Italia (la rete fissa), un’impresa che successive generazioni di imprenditori e di banche (in alcuni casi gli stessi della vicenda Alitalia) hanno solamente caricato di debiti.

13 ottobre 2013 www.corriere.it
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Re: Alitalia - Storia Infinita

Messaggioda pianogrande il 13/10/2013, 13:00

La realtà è proprio la malsana commistione tra stato e privati.

Meno stato e più mercato?
Dipende.
Dipende da come vanno gli affari.

Rischio? Responsabilità?
Come sopra (ahimé).
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Alitalia - Storia Infinita

Messaggioda trilogy il 13/10/2013, 13:48

in Italia quando c'è un problema industriale la soluzione è sempre "la cordata" che è roba da capitalismo del paleolitico. Una impresa per funzionare e crescere ha bisogno di un imprenditore che metta i soldi si assuma i suoi rischi a abbia una strategia da portare avanti. Le cordate non servono a nulla, solo a spostare nel tempo le decisioni e a perdere soldi "nostri".

il secondo aspetto è che ormai la politica fiscale e la voracità dello stato e delle regioni sta devastando l'economia privata. Almeno 50 milioni di perdite alitalia derivano da scelte fiscali slegate dal reddito, tipo la tassa sul rumore.
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Ora basta, vendiamola

Messaggioda franz il 13/10/2013, 14:46

Alitalia è un buco nero: da decenni ingurgita soldi del contribuente, e li fa scomparire. Le abbiamo provate tutte.

Finché era pubblica abbiamo provato scorpori, cambi di management, ricapitalizzazioni; poi le abbiamo comprato i debiti per renderla più appetibile a un gruppo di "privati" legati a filo doppio con la politica, le abbiamo assicurato un monopolio triennale sulla rotta più remunerativa, e le abbiamo trovato persino banche compiacenti disposte a buttar via un po' di soldi dei loro azionisti per fare le solite "operazioni di sistema". Ora basta. Vendiamola, subito. Qualunque prezzo è benvenuto, pur di liberarci di questa palla al piede.
Per molti vendere Alitalia è tabù, perché è un "asset strategico" del paese, come ha ribadito il premier Letta. Ma cosa significa "strategico"? Un argomento portato da molti è che un proprietario straniero danneggerebbe il turismo. Si teme veramente che Air France (che peraltro non ha intenzione di comprare Alitalia) farà sbarcare a Nizza i milioni di turisti stranieri diretti a Roma, e li farà proseguire in treno, al fine di valorizzare un aeroporto francese? Qualcun altro ha in mente (come nel caso Telecom) questioni di difesa, e teme che una vendita di Alitalia ci privi della possibilità di requisire i velivoli per trasportare le truppe a Shanghai in caso di guerra con la Cina. Per altri "strategico" sembra essere equivalente a "prestigioso": per motivi mai meglio specificati un grande paese non può non possedere una compagnia di bandiera. Ma che orgoglio ci può essere nel tenere in vita un'azienda che perde soldi da sempre? Per certi politici e imprenditori regionali "strategico" significa "rafforziamo Malpensa a spese di Fiumicino", o viceversa, oppure ancora "manteniamo in vita questo piccolo aeroporto che non ha ragione di esistere".

Per politici e sindacalisti nazionali "strategico" significa "manteniamo in vita un'azienda dove siamo abituati a farla da padroni". Ma se c'è una lezione che dovremmo aver imparato dalla "privatizzazione" del 2008 è che non ci si può improvvisare manager di una compagnia. Ci vogliono competenze profonde, e se non le si hanno non bastano le connessioni politiche.
Come con un altro fallimento infinito, la Rai, periodicamente i governi sono costretti a spendere quel poco di capitale politico di cui dispongono in discussioni interminabili su un problema senza soluzione. Ogni volta si dice che sarà l'ultima e ogni volta si scopre che era la penultima. Una misura della situazione surreale è il ventilato intervento di Ferrovie dello Stato. In quali paesi del mondo le ferrovie gestiscono compagnie aeree? E non stiamo parlando di ferrovie normali, ma delle ferrovie italiane, la cui gestione è sotto gli occhi di tutti. Alitalia ha sempre avuto un problema con i sindacati, e vorremmo darla a una società che è ancora più loro ostaggio? Senza dimenticare che, se c'è un'azienda che ha interesse a dare il colpo di grazia ad Alitalia, questa è proprio Ferrovie dello Stato, che ha investito 20 miliardi per far concorrenza ad Alitalia sulla tratta Roma-Milano.

Al momento, la soluzione più gettonata è un aumento di capitale di 300 milioni sottoscritto per metà da Fintecna (cioè Cassa Depositi e Prestiti) e per metà dalle immancabili "banche di sistema" Intesa e Unicredit. Se è così, Letta si dovrà assumere la responsabilità di aver gettato al vento 150 milioni di euro del contribuente per fingere di mantenere in vita un cadavere, e i CdA delle banche si dovranno assumere la responsabilità di aver gettato al vento i soldi dei propri azionisti, rompendo il rapporto fiduciario cui si sono impegnati. Il tutto, per di più, per ritrovarci tra sei mesi a riparlare esattamente degli stessi problemi.

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... 3742.shtml
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Renzi: "su Alitalia lo Stato non deve salvare gli azionisti"

Messaggioda franz il 13/10/2013, 15:21

...
Neanche un centesimo per Alitalia Renzi è intervenuto anche sul futuro della nostra compagnia di bandiera: "Lo Stato - ha detto - non deve mettere un centesimo per salvare gli azionisti privati che hanno fallito". E ancora: "Lo stato in Alitalia ha un problema di gestione del personale in esubero". Dunque si "interviene per salvare i lavoratori non gli azionisti", ha chiarito. In prospettiva, invece, "io preferisco un partner coreano che la Cassa depositi e prestiti".

http://www.huffingtonpost.it/2013/10/13 ... 92387.html
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Re: Alitalia - Storia Infinita

Messaggioda pianogrande il 14/10/2013, 1:15

"Lo Stato - ha detto - non deve mettere un centesimo per salvare gli azionisti privati che hanno fallito".

Ha detto una cosa normalissima, banalissima.
Era ora che qualcuno lo dicesse.
In questo, Renzi si distingue da Berlusconi, con mio grande piacere.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Alitalia - Storia Infinita

Messaggioda franz il 14/10/2013, 8:06

pianogrande ha scritto:In questo, Renzi si distingue da Berlusconi, con mio grande piacere.

Si distingue un po' da tutti, direi, nel cd come nel cx fanno tutti a gara a fare i salvatori.
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