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Una "dimenticanza"

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Una "dimenticanza"

Messaggioda flaviomob il 02/08/2013, 20:14

Sarebbe bastato un "errore" di un prefetto di provincia... e il consigliere di SEL sarebbe stato alla mercé degli assassini della Ndrangheta lodigiana.

http://www.fanpage.it/cosi-la-ndranghet ... n-pentito/


Così la ‘ndrangheta voleva uccidere Giulio Cavalli.
La videotestimonianza di un pentito
Luigi Bonaventura descrive l'attentato che la 'ndrangheta ha pianificato per uccidere Giulio Cavalli. Un finto incidente per togliersi da mezzo uno "scassaminchia" che da anni si batte contro la mafia e per questo è costretto a vivere sotto scorta.


Così la 'ndrangheta voleva uccidere Giulio Cavalli. La videotestimonianza di un pentito.

La ‘ndrangheta voleva uccidere Giulio Cavalli non appena gli fosse stata tolta la scorta. E' quanto testimonia in esclusiva a Fanpage Luigi Bonaventura, pentito della cosca Vrenna-Bonaventura. Un pentito “pesante”, che grazie alla sua testimonianza ha portato all'arresto di oltre 130 membri di quella che è la più importante cosca di Crotone nel corso dell'operazione Heracles coordinata dal dott. Pierpaolo Bruni della DDA di Catanzaro. La sua ndrina opera da 60 anni sul territorio e, anche grazie ad alcuni matrimoni, domina il crotonese. Nel corso dell'intervista Bonaventura non ha mai perso il filo del discorso, ha sviscerato fatti ed eventi che conosce da dentro. Luigi Bonaventura ha parlato anche delle responsabilità della ‘ndrangheta sulla morte di Elena Maniera, figlia di Felice Maniero: “Non s'è suicidata”.

Sull'attentato a Cavalli il pentito ha raccontato come una jeep – o un camion – avrebbero dovuto investire l'artista non appena il servizio di tutela gli fosse stato revocato.

Un servizio di scorta che tutela Cavalli dal 2008 e che, in seguito alla testimonianza di Bonaventura, si scopre stava per essere revocato “per errore”. Un cavillo, una mancanza di comunicazione tra Lodi e Roma rischiava di lasciare Cavalli senza scorta. Una “dimenticanza” per la quale Cavalli non avrebbe più dovuto afferire a Lodi per la sua protezione ma nella Capitale. In altri termini a Lodi avrebbero revocato la scorta perché non più domiciliato senza, però, avvertire Roma e, lasciando, de facto, Cavalli scoperto di lì a poco.

“Ho sentito parlare anche di un Prefetto”. Una “dimenticanza” che la ‘ndrangheta era pronta a sfruttare attraverso un finto incidente. Una scelta che avrebbe consentito di far passare l'accaduto come mero fato. Una scelta più sicura – secondo quanto racconta Bonaventura – dell'eventualità di farlo morire d'overdose con una siringa piantata nel braccio; un'ipotesi che sarebbe però stata scartata in quanto Cavalli non è un consumatore di droga e questo sarebbe emerso dalle analisi autoptiche. Pertanto la strada del finto incidente sarebbe stata quella più “semplice”. Un camion rubato avrebbe dovuto investire Cavalli “in una strada già concordata” e l'autista sarebbe dovuto scappare via e “magari sarebbe passato come uno che ruba un camion, fa un incidente e scappa”. Lo volevano uccidere “perché era uno scassaminchia”, “non si faceva i c… suoi”, perché “andava ai processi”. Un'eventualità già emersa nella testimonianza di un carabiniere che già nel 2011 parlava di “un incidente a Cavalli” proprio nell'anno in cui l'allora Prefetto di Lodi voleva revocare la scorta all'artista che ha avuto l'idea di “portare l'antimafia in teatro”.

La testimonianza colpisce per la lucidità con la quale Bonventura racconta come Cavalli “non sarebbe potuto morire per mano della ‘ndrangheta perché se ne sarebbe fatto un martire”, di come ci fosse la necessità di “delegittimarlo”; ma ancora di più colpisce quel suo incedere sulla lingua parlata dagli organizzatori dell'attentato: “parlano tutti in italiano senza accento”, parole crude che vogliono sottolineare come la ‘ndrangheta, ormai, non sia più un fenomeno del sud capace di attecchire al nord ma un vero e proprio cancro i cui membri sono parte integrante della società lombarda.

Le reazioni. Sonia Alfano: “Mi auguro che venga immediatamente verificato dalle autorità competenti quanto dichiarato da Bonaventura, e se corrisponde al vero innalzare il livello di protezione nei confronti di Giulio Cavalli, per il pericolo imminente per la vita di Giulio e per la vita della sua famiglia. Alla luce della spending review sarebbe opportuno tagliare la scorta a politici e giornalisti e altre personalità che godono di tutele sembra più per accompagnamento che
per motivi di sicurezza e darla o innalzarla, nel caso di Cavalli, a persone che rischiano. Le autorità competenti devono verificare immediatamente e agire anche nei confronti di Bonaventura”.

Ingoria. “Le organizzazioni mafiose hanno la memoria lunga, spesso è lo stato che ha la memoria corta. Bisogna tenere sempre la guardia molto alta, gli uomini esposti sono tanti, non solo nella magistratura ma anche nel mondo dell'informazione, della cultura e della politica. In una situazione del genere il pericolo si diffonde, si guarda anche chi denuncia e bisogna tenere in considerazione altri pericoli. Non sono a conoscenza delle modalità di protezione di Bonaventura, certo tocca alle autorità preposte farlo ed è bene che sia tenuto una alto livello di protezione”


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Re: Una "dimenticanza"

Messaggioda Iafran il 03/08/2013, 8:48

Le "dimenticanze", certe "omissioni" o certe "correzioni" e ... si aggirano le leggi.

flaviomob ha scritto:“parlano tutti in italiano senza accento”, parole crude che vogliono sottolineare come la ‘ndrangheta, ormai, non sia più un fenomeno del sud capace di attecchire al nord ma un vero e proprio cancro i cui membri sono parte integrante della società lombarda.

Una precisazione doverosa: "come la 'ndrangheta, ormai, non sia più un fenomeno del sud capace di attecchire al nord ma un vero e proprio cancro i cui membri sono parte integrante della società italiana”.

Sulla faccenda della scorta ho letto queste due chicche, ma aspettiamocene altre:

- Il labrador scortato in giro con D'Alema http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07 ... ma/655090/
- L'ex ministro Severino al mare con la doppia scorta. http://www.ilradar.com/lex-ministro-sev ... -vergogna/

Le scorte, al punto in cui siamo, si dovrebbero togliere a tutti gli "inciucisti" (e conniventi con il potere mafioso) per darle ai cittadini.
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Re: Una "dimenticanza"

Messaggioda flaviomob il 13/08/2013, 12:16



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Re: Una "dimenticanza"

Messaggioda flaviomob il 27/08/2013, 10:47

Il pentito Bonaventura: "Per la 'Ndrangheta, Giulio Cavalli doveva tacere. Con la complicità di politici lombardi"
pubblicato il 26 agosto 2013 alle ore 16:46

Nuove rivelazioni del pentito di Ndrangheta Luigi Bonaventura, collaboratore di giustizia da sette anni: esponenti politici dell'ambiente lombardo avrebbero incoraggiato i piani di delegittimazione e aggressione della Ndrangheta contro l'attore e scrittore Giulio Cavalli, da anni impegnato sul fronte dell'antimafia e della denuncia. Bonaventura è da sette anni senza scorta, se non negli spostamenti utili alla sua attività di collaboratore, Bonaventura rischia per questa e per altre informazioni. Così come rischia Giulio Cavalli, al quale la scorta potrebbe essere revocata a breve.

http://youmedia.fanpage.it/video/al/UhtqQeSwK_83hAFB


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Basta parole: ora salvatemi

Messaggioda flaviomob il 27/08/2013, 19:44

http://www.giuliocavalli.net/2013/08/27 ... salvatemi/

Basta parole: ora salvatemi


Il mio intervento per L’Espresso:

Questa mattina mi sono svegliato leggendomi nelle parole del pentito Luigi Bonaventura che parla di politici lombardi informati del piano che avrebbe dovuto uccidermi.

Un’altra volta: un mese fa sempre l’ex boss della cosca Vrenna-Bonaventura di Crotone aveva descritto minuziosamente il piano che avrebbe dovuto uccidermi.

Un mese fa mi era scoppiata in mano la paura, pensavo di esserci abituato e invece no: la paura ti scoppia in faccia ogni volta con una forma diversa e non riesci proprio ad abituartici, forse meglio così.

Ma leggendo le parole di Bonaventura oggi (e ascoltandolo) mi si accende la rabbia. Rabbia vera, rabbia da scassaminchia nella rilettura di questo ultimo mese di solidarietà come popcorn mentre si proietta il nulla.

Luigi Bonaventura è un collaboratore di giustizia ritenuto “altamente affidabile” dalle Procure di mezza Italia. Ora decide di svelare un disegno che è mafioso ma anche politico per l’eliminazione di qualcuno (lasciamo perdere che sia io, non è importante, ora) e richiama dati, persone e luoghi che sono facilmente riscontrabili davanti ad un magistrato.

Oggi Bonaventura ha anche dichiarato di essere pronto a giocarsi la propria credibilità con queste sue affermazioni e si dichiara disponibile ad uscire dal programma di protezione nel caso in cui non siano riconosciute veritiere.

In un Paese normale (ma noi non siamo un Paese normale) in questo ultimo mese l’ex boss sarebbe stato trascinato davanti ad un magistrato per dire tutto quello che sa (e tutto in un colpo solo, magari) e ci avrebbero già detto se è folle, sincero, manovrato o coraggiosissimo. In un Paese normale, certo: in questo ultimo mese ho incassato solidarietà, tanta, come se piovesse, e più di qualcuno mi dice che dovrebbe bastarmi così.

E invece no, grazie, grazie no, la solidarietà non è affar di Stato ma è movimento di società civile che pretende risposte: rivendermela come una risposta che mi dovrebbe bastare è un gioco da pacchisti di altri tempi.

Non me ne frega più niente a questo punto della solidarietà, non mi serve più avere le pacche sulla spalla come un frate missionario che ha fatto voto di ‘pericolo’ e va rispettato anche solo per questo, basta, no, grazie: ora voglio sapere se il ministro Alfano, la destra, la sinistra, il Movimento 5 Stelle, il governatore Maroni, il ‘lombardo’ Ambrosoli e tutti quelli che hanno ruolo politico in terre interessate da questa storia hanno intenzione di fare qualcosa.

Qualcosa di più di una telefonata perché quella no, non mi protegge dagli attentati.

Vorrei capire se ancora non abbiamo capito che il silenzio è il foyer perfetto per la tragedia e davvero non abbiamo imparato che il silenzio è complice.

Se succederà qualcosa sarà colpa dei silenti. Se Bonaventura arriverà in ritardo con l’appuntamento dei riscontri dovuti o se dovrò perderci la testa dietro a questa paura.

Ditemi che rischio e mi difendete o che il pentito è un bugiardo: il resto è per i ciarlatani.

Non mi interessa essere un eroe, mi interessa riconoscere uno Stato organizzato, non solo organizzata la criminalità.

E’ troppo?

Per me, i miei famigliari e i miei figli è il minimo indispensabile. “Agibilità sociale”, direi, se serve un buon titolo per i giornali.


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Re: Una "dimenticanza"

Messaggioda flaviomob il 29/08/2013, 13:33

A questo dobbiamo arrivare! Per proteggere una persona gravemente minacciata dalla criminalità organizzata, una petizione!

http://www.avaaz.org/it/petition/Rispos ... i/?atkjLab


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Re: Una "dimenticanza"

Messaggioda flaviomob il 03/09/2013, 0:42

Facciamola girare! Se no mi GIRANO!!

http://www.avaaz.org/it/petition/Rispos ... o_Cavalli/


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Profondo Nord

Messaggioda flaviomob il 25/09/2013, 21:51

Cavalli: «Avevo segnalato 3 anni fa le situazioni oggi venute a galla»

Intervista rilasciata a ILCITTADINO

«Chi si ostina a rivendicare che la mafia nella propria città o nel proprio paese non esiste, o è un ebete o è un colluso». Non usa mezzi termini Giulio Cavalli, attore e autore antimafia lodigiano, anche direttore artistico del Teatro Nebiolo di Tavazzano, dove ha ricevuto le prime minacce dalla criminalità organizzata e dove ieri è stato effettuato uno degli arresti “lodigiani” della maxi operazione antimafia della Direzione distrettuale antimafia di Milano. «Avevo parlato già nel 2009 in un incontro pubblico della cooperativa di facchinaggio di Cinzia Mangano e qualcuno se l’era anche presa – ha sottolineato ieri a “il Cittadino” l’autore lodigiano, che vive sotto scorta – : quella di ieri è un’operazione importante per diversi motivi. In primis perché dalla carte emerge che a Cinzia Mangano bastava pronunciare il suo cognome per intimidire e questa è una fantastica novità dal punto di vista della mafia e dell’antimafia. Porgere il cognome per “oliare” meccanismi industriali ed economici, dimostra che anche la regione Lombardia ha già un perfetto substrato paramafioso». Cavalli poi si concentra sulle condizioni di lavoro delle cooperative, «che vengono definite animalesche: questo dimostra che in alcuni settori c’è una latitanza non solo delle forze dell’ordine, ma anche dei sindacati lombardi che dovrebbe aprire una riflessione». Poi c’è il tema della diffusione del sistema delle connivenze nella realtà economica locale. «Il fatto che gli arresti siano stati effettuati in luoghi diversi ha un peso – chiude l’attore ed autore lodigiano – : significa che chiunque si ostini a rivendicare che la mafia nella propria città, o nel proprio paese, non esiste, o è un ebete o è un colluso. In entrambi i casi, inadatto al ruolo che riveste come amministratore. Ora la domanda è: siccome continuiamo a premere sulla politica perché ci sia consapevolezza delle infiltrazioni della malavita, il nostro territorio – dal punto di vista di forze dell’ordine e istituzioni – è pronto ad avere coscienza del problema e ad affinare la sensibilità? Oltre ad un minacciato ed un mafioso arrestato, in un comune deve cadere una bomba atomica per mettere in allarme?».

(Rossella Mungiello)

http://www.giuliocavalli.net/2013/09/25 ... ute-galla/


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Re: Una "dimenticanza"

Messaggioda flaviomob il 05/10/2013, 0:56

Roma, nuova minaccia all’attore antimafia Giulio Cavalli: una pistola in giardino
L'arma ritrovata in una siepe davanti alla porta-finestra dello studio. L'ex consigliere regionale lombardo più volte minacciato e sotto scorta è stato trasferito in una località protetta. Ad agosto il pentito Buonavantura aveva parlato di un piano della 'ndrangheta per eliminarlo. Intervengono il capo della polizia e il viceministro dell'Interno
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 4 ottobre 2013

Una pistola carica nel giardino di casa, a Roma, nascosta in una siepe vicino alla porta-finestra dello studio. E’ l’ennesimo avvertimento lanciato a Giulio Cavalli, attore e autore teatrale da tempo minacciato, e quindi protetto dalle forze dell’ordine, per la sua attività antimafia. Cavalli, 36 anni, lodigiano trasferitosi da qualche mese nella capitale, è stato portato in una località protetta poco dopo il ritrovamento, avvenuto intorno alle 18. Il caso è finito direttamente sulle scrivanie del capo della polizia Alessandro Pansa e del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico.

I guai dell’attore (e blogger di ilfattoquotidiano.it) sono cominciati nel 2006 con lo spettacolo Do ut des, che ironizzava sulla vita dell’immaginario aspirante boss Totò Nessuno. Da lì sono iniziate le email con minacce ai figli, le bare disegnate con lo spray, le gomme dell’auto squarciate, i bossoli ritrovati fuori da un teatro milanese in cui stava recitando. All’inizio di agosto il pentito di ‘ndrangheta Luigi Bonaventura ha rivelato di aver appreso da “emissari” della criminalità calabrese l’esistenza di un piano per eliminare Cavalli. “In pratica – ha spiegato – bisognava trovare qualcuno di basso livello che rubasse un camion, nella fuga poi si provocava l’incidente mortale, quindi il tizio si sarebbe dato alla fuga, solo in un secondo tempo sarebbe stato ucciso e seppellito”. La ‘ndrangheta non voleva “comparire” in un omicidio eccellente (né lasciarne in circolazione il responsabile), afferma il collaboratore di giustizia, altrimenti la vittima sarebbe diventato un martire. E, invece, “quel Cavalli lì, mi dissero, è solo uno scassa minchia”. Una trama confermata da un altro pentito, Francesco Oliverio.

Nella passata legislatura Giulio Cavalli è stato consigliere regionale in Lombardia, prima per l’Idv e poi per Sel, ed è diventato un riferimento importante per il movimento antimafia ormai radicato anche nel Nord Italia. Hanno provocato polemiche alcuni tentativi di cancellare la protezione delle forze dell’ordine nei suoi confronti. E’ anche emerso che uno degli uomini che si sono avvicendati nella sua scorta a Lodi era in contatto con i fratelli Catanzaro, imprenditori lodigiani citati nella recente inchiesta che ha portato all’arresto, fra gli altri, di Cinzia Mangano, figlia dello “stalliere” di Arcore.

di Davide Milosa e Mario Portanova

(Il Fatto)


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