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Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda franz il 05/07/2013, 8:24

Espulse ingiustamente
la moglie e la figlia
del dissidente kazako

+ L’appello di Ablyazov a Letta “Faccia luce su questa storia” Maurizio molinari

L’Italia le consegna in una notte al dittatore Nazarbayev
francesco grignetti

Non andavano espulse, la signora Alma Salabayeva e la figlioletta Alua. È una sentenza del tribunale di Roma che lo stabilisce. Non è stata corretta la procedura perché basata su un presupposto rivelatosi falso, e cioè che la signora avesse un passaporto taroccato. Nossignore, il passaporto diplomatico che la donna aveva esibito agli agenti della Questura di Roma, emesso dalla Repubblica del Centroafrica e intestato fittiziamente a tale Alma Ayan, era vero. Ma è una magra consolazione per il marito della signora, Mukhtar Ablyazov, principale oppositore del padre padrone del Kazakhstan Nursultan Nazarbayev, un uomo in fuga che ha ottenuto asilo politico dalla Gran Bretagna. È infatti una vittoria tardiva. La moglie e la figlia da un mese sono agli arresti domiciliari in Kazakistan e lui può solo urlare al sopruso.

Per capire questa storia che ha il sapore del complotto internazionale occorre fare un passo indietro. Torniamo alla notte del 29 maggio scorso: una squadra di agenti della Digos fa irruzione in una villetta a Casal Palocco, periferia bene della Capitale. Cercano il magnate Ablyazov, ex banchiere, ricercato per truffa, da poche ore oggetto di un mandato di cattura internazionale emesso dal Kazakhstan (dove, detto per inciso, il presidente Nazarbayev ha tutti i poteri). La polizia si muove d’iniziativa, senza un mandato della magistratura; un codicillo della legge lo permette, anche se è rarissimo che avvenga. Nella notte, insomma, cinquanta uomini fanno irruzione nella villetta, non trovano il padrone di casa, bensì la moglie, i domestici, un cognato, la bambina di 6 anni. La casa viene messa a soqquadro. I presenti parlano solo russo. All’inizio c’è anche un grande equivoco: gli Ablyazov pensano di essere finiti tra le grinfie di assassini mandati dal Kazakhstan, vola qualche pugno, ovviamente il cognato ha la peggio. È comprensibile che gli Ablyazov siano terrorizzati. È una ben scomoda posizione essere l’unico oppositore politico di Nazarbayev. Uno che ha già minacciato la Gran Bretagna di far fuori tutte le sue compagnie petrolifere se continuerà a proteggerlo.

E il peggio deve ancora venire: la signora Alma Salabayeva presenta il passaporto del Centroafrica. Le dicono che è falso, che lei ha commesso un reato grave, che è una immigrata clandestina. La denunciano e la sbattono al Cie di Ponte Galeria. Un viceprefetto firma nella notte l’ordine. “Procedura formalmente ineccepibile”, spiega il suo avvocato, Riccardo Olivo. “Peccato però che il passaporto sia valido e che la signora invochi asilo politico: il trasferimento al Cie è una vergogna”.

Con la signora rinchiusa al Cie, e minacciata di espulsione verso il Kazakhstan, vengono attivati gli avvocati, che si presentano a Ponte Galeria all’udienza del 30 maggio. «Nel corso di un’udienza lampo – racconta ancora Olivo – il giudice di pace conferma l’ordine di trattenimento perché anche lui si ostina a considerare falso il passaporto del Centroafrica, nonostante io abbia presentato una dichiarazione giurata dell’ambasciatore competente. Mi concede un colloquio al pomeriggio e mi avverte che avremo 30 giorni per avanzare la richiesta di asilo politico».

L’avvocato Olivo alle 15 dello stesso giorno si presenta al portone del Cie. E lì scopre che da due ore la signora è stata portata a forza a Ciampino, dove l’attende un jet privato, noleggiato dall’ambasciata del Kazakhstan per riportarla tra le braccia di Nazarbayev. Ancora un passaggio formalmente ineccepibile: se la signora è una clandestina, la legge permette le espulsioni forzate. Ma se clandestina non è? Peggio: se piange, si dispera, e se chiede asilo politico? Intanto la Squadra Mobile torna a Casal Palocco, preleva con l’inganno la bambina, fino a quel momento affidata alla zia, per metterla sullo stesso aereo della madre. L’Ufficio Polizia di Frontiera Aerea di Fiumicino, a sua volta, prepara a tempo record una perizia in cui dichiara che il passaporto del Centroafrica è “falso”. Al riguardo, la sentenza del tribunale di Roma è lapidaria: «Lascia perplessi la velocità con cui si è proceduto al rimpatrio in Kazakhstan della indagata e della bambina, congiunti di un rifugiato politico, in presenza di atti dai quali emergevano quantomeno seri dubbi sulla falsità del documento».

Altro che dubbi. L’avvocato Olivo non fa in tempo a rendersi conto di quel che accade e già l’aereo è in Kazakhstan. All’atterraggio, la signora è in lacrime. Scende la scaletta tremando, con la figlia per mano. C’è una telecamera ad immortalare la scena. «Il video dell’arrivo della signora Alma – conclude Olivo – è stato immediatamente messo in Internet perché si sapesse del trionfo di Nazarbayev».

http://www.lastampa.it/2013/07/05/ester ... agina.html
Ultima modifica di franz il 13/07/2013, 8:16, modificato 1 volta in totale.
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 09/07/2013, 11:35

Dal Fatto di oggi:

Caso Kazakistan, il mistero dell’aereo austriaco e dell’informativa scomparsa

Dalle carte del procedimento che ha portato alla rapida espulsione della moglie e della figlia del dissidente Ablyazov emergono fatti che cozzano contro la versione rassicurante del ministro Alfano. L'aereo utilizzato per il rimpatrio è stato noleggiato dall'ambasciata kazaka prima che il provvedimento fosse firmato. E dal faldone manca una carta inviata alla Questura di Roma che confermava la validità del passaporto della donna
di Luca Pisapia | 8 luglio 2013
Commenti

Un aereo pronto a decollare prima ancora che l’Italia abbia deliberato l’espulsione, documenti che avrebbero impedito il rimpatrio che scompaiono, e riappaiono poi solo in Austria. Inquietanti novità si aggiungono alla vicenda del rimpatrio forzato di Alma Salabayeva e di sua figlia Alua di sei anni, rispettivamente moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov, e che sta provocando guai molto seri nel governo delle larghe intese.

Il 31 maggio scorso, quando i parenti delle donne vedono l’aereo pronto con i motori rombanti sulla pista di Ciampino per portare le due ad Astana , capitale del Kazakistan, è della compagnia austriaca Avcon, chiamano Vienna. Qui la procura austriaca apre immediatamente un’inchiesta da cui si verrà poi a sapere che l’aereo è stato pagato dall’ambasciata kazaka in Italia. E, soprattutto, dalla deposizione del pilota si viene a sapere che questi è stato allertato alle 11 di mattina del 31 maggio, ovvero prima ancora che il Giudice di pace del Cie di Ponte Galeria convalidasse il fermo di Alma, dato che l’udienza, come da verbale, è terminata dopo le 11.20 di quella stessa mattina.

C’è da chiedersi come mai l’ambasciata del Kazakistan fosse certa di un rimpatrio non ancora convalidato, e così celere da preparare l’aereo perché non sopraggiungessero altri intoppi. Ma l’apparire sulla scena della procura austriaca è molto importante anche per altre questioni. Un passo indietro. Quando la notte tra il 29 e il 30 maggio Salabayeva è prelevata dalla sua villa di Casal Palocco da una cinquantina di uomini armati della Digos e della Squadra mobile della Questura di Roma, la donna è immediatamente indagata per possesso di documenti falsi (art. 497 bis del codice penale). Reato per il quale è previsto l’arresto facoltativo in flagranza, e in questi casi è prassi comune procedere con l’arresto. Questa volta la Questura di Roma decide diversamente. In caso di arresto si sarebbe aperto un procedimento penale con tutte le garanzie del caso nei confronti dell’indagato. L’espulsione evidentemente doveva essere immediata.

Un altro passo indietro. Come riportato in anteprima da ilfattoquotidiano.it, la nota dell’ambasciata kazaka che avvisava della presenza di Ablyazov sul suolo italiano è stata inviata solo alla Questura di Roma e non, come prassi, anche ai ministeri competenti. Ora, dagli atti depositati in procura di Roma risulta che le note dell’Ambasciata inviate alla questura di Roma sono due: la prima del 28 maggio si riferisce alla presenza sul suolo italiano di Ablyazov; la seconda, del 31 maggio, avvisa della presenza della figlia Alua. E basta. Eppure, agli atti della procura di Vienna, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, c’è anche una terza nota inviata dall’ambasciata kazaka alla Questura di Roma, datata 30 maggio, in cui si avverte che la signora Alma Salabayeva è in possesso di due passaporti validi rilasciati in Kazakistan (N° 0816235 e N°5347890). Passaporti che evidentemente avrebbero permesso il rimpatrio volontario della signora, che non aveva dichiarato il suo ingresso in Italia, e non coatto.

Come mai questa terza nota dell’ambasciata kazaka, fondamentale per permettere a Salabayeva di non essere rimpatriata in fretta e furia su un jet austriaco prenotato ancora prima che si fosse concluso il processo, non è in possesso degli avvocati tra gli atti depositati alla procura di Roma? Ma c’è di più. Conclusa l’udienza dal Giudice di pace, quello stesso 31 di maggio gli avvocati della donna – come strategia difensiva per prendere tempo – chiedono alla Procura di Roma di interrogarla. Eppure nel giro di un’ora arriva un’informativa della Questura, in particolare dall’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma diretto da Maurizio Improta. Dice che, in forza della relazione tecnica della Polizia di Frontiera di Fiumicino (che stabilisce in tempo record che il passaporto di Salabayeva è falso, venendo poi smentita dalla sentenza del 25 giungo Tribunale del Riesame) non c’è bisogno di ulteriori accertamenti e bisogna procedere con il rimpatrio.

Per chiudere il cerchio va sottolineato che si tratta dello stesso Ufficio Immigrazione della Questura di Roma che prima decide di non richiedere l’arresto, e che in un secondo momento riceve da destinatario la nota dell’ambasciata kazaka in possesso solo della procura austriaca. Quella famosa nota del 30 maggio in cui l’ambasciata avvisava che Alma Salabayeva aveva due passaporti validi kazaki. Cosa che la avrebbe salvata dal rimpatrio coatto immediato, come specifica il decreto di trattenimento fatto nel Cie di Ponte Galeria: dove è scritto che la donna non può lasciare volontariamente l’Italia entro termini stabiliti per legge proprio per la mancanza di documenti validi. Sono molti i passaggi oscuri di questa vicenda, e sul fronte politico piovono richieste di chiarimento al ministro dell’Interno Angelino Alfano, che ha frettolosamente avallato l’operazione come perfettamente regolare. E da cui “dipendono” la Questura di Roma e il suo Ufficio stranieri.


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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda franz il 13/07/2013, 8:15

Il tema è dientato di rilevanza nazionale ed alto impotto per il governo, vista anche la mozione di Sfiduca verso Alfano.
Ne ho fatto quindi argomento a se.
[red]
Quel fax della Farnesina che le negò l'immunità
«Shalabayeva può rientrare in Italia»

L'irruzione nella villa di Casal Palocco chiesta dall'Interpol. Il capo della polizia non avvisato

ROMA - Il ministero degli Esteri fu informato che la signora Alma Shalabayeva stava per essere espulsa dall'Italia. La prova è in un fax inviato il pomeriggio del 29 maggio scorso dal Cerimoniale della Farnesina all'ufficio Immigrazione della questura di Roma che chiedeva conferma del fatto che la donna godesse dell'immunità diplomatica. Quanto basta per rendere ancora più fitto il mistero su che cosa sia davvero accaduto in quei giorni e fino al 31 maggio, quando lei e la figlia Alua di 6 anni furono rimpatriate con un aereo privato della compagnia austriaca Avcon Jet messo a disposizione dalle autorità diplomatiche a Roma e non, come generalmente avviene, con un velivolo di linea.

E su quali pressioni siano state esercitate dalle autorità kazake su quelle italiane affinché tutto si svolgesse con la massima urgenza. Del resto Alma Shalabayeva è la moglie di Mukhtar Ablyazov, il dissidente che il 7 luglio 2011 ha ottenuto lo status di «rifugiato» dalle autorità della Gran Bretagna. Come è possibile che questo non risulti negli archivi della Farnesina? E perché, come emerge dai primi accertamenti svolti in questi giorni, la Direzione centrale della polizia Criminale non avrebbe informato il capo della polizia del blitz compiuto nella notte tra il 28 e il 29 maggio? Ruota fondamentalmente intorno a questi due interrogativi l'indagine affidata dal governo al prefetto Alessandro Pansa che al vertice della polizia è arrivato quando la signora era stata ormai rispedita in patria. Un accertamento rapido che dovrà verificare proprio quanto accaduto.

La catena di comando
È l'Interpol, il 28 maggio, a segnalare la presenza di Ablyazov in Italia e sollecitarne l'arresto per una serie di truffe. Il mandato di cattura internazionale firmato dalle autorità kazake e moscovite viene trasmesso alla squadra mobile di Roma con le indicazioni sulla villetta di Casal Palocco dove l'uomo si sarebbe nascosto. Il capo della mobile Renato Cortese concorda con il questore Fulvio Della Rocca di eseguire l'irruzione appena farà buio. Nella nota viene sottolineato che Ablyazov è «armato e pericoloso», dunque si decide di chiedere rinforzi alla Digos.
Il blitz si conclude con un nulla di fatto, visto che l'uomo non viene trovato. Sull'esito il questore Fulvio Della Rocca informa l'Interpol, che dipende direttamente dalla Dac guidata dal prefetto Matteo Chiusolo. Ma secondo la versione accreditata in queste ore, nessuno si preoccupa di avvisare il vertice della polizia e dunque il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Ed ecco l'altro punto oscuro che l'indagine di Pansa dovrà chiarire: come è possibile che l'Interpol abbia sollecitato la cattura dell'uomo senza verificare che si trattava di un rifugiato politico?

I due fax
Gli agenti della Mobile che fanno irruzione nella villetta non trovano Ablyazov, ma sua moglie Alma. E per la donna è l'inizio dell'incubo, come ha più volte sottolineato il suo avvocato Riccardo Olivo che da settimane si batte per farla tornare in Italia e così sottrarla alla possibile vendetta del regime kazako. La signora esibisce un passaporto rilasciato dalla Repubblica del Centroafricana con il suo nome da nubile Alma Ayan. Gli agenti ritengono che il documento possa essere contraffatto e la trasferiscono nel centro di accoglienza di Ponte Galeria. È lì che la signora spiega di godere dell'immunità diplomatica. La mattina del 29 maggio il dirigente dell'ufficio Immigrazione Maurizio Improta chiede conferma al Cerimoniale della Farnesina, come prevede la prassi. La risposta arriva poche ore dopo. Il fax è firmato dall'addetto Daniele Sfregola. Attesta che la signora non gode di alcuna immunità. Precisa che era stata candidata dall'ambasciata del Burundi a diventare console onorario per le regioni del sud Italia, ma che quella candidatura era stata successivamente ritirata. Il ministero degli Esteri ha dunque svolto ricerche sul nominativo. Possibile non abbiano scoperto la circostanza più importante, cioè che si trattava della moglie di un rifugiato politico?

L'iscrizione a scuola
Eppure la presenza della donna in Italia ha certamente lasciato tracce, come risulta dal ricorso presentato dall'avvocato Olivo contro il decreto di espulsione. Ed è proprio questo ad alimentare i dubbi sull'operato delle autorità, soprattutto se si tiene conto che l'ambasciatore del Kazakistan in Italia, Andrian Yelemessov, avrebbe più volte sollecitato il blitz per catturare Ablyazov. E lo avrebbe fatto proprio con alcuni alti funzionari del Viminale che adesso dovranno chiarire la natura di questi contatti.

Scrive il legale: «Alla signora Shalabayeva e a sua figlia Alua sono stati rilasciati dalle competenti Autorità britanniche, in data 1 agosto 2011, regolari permessi di soggiorno, con validità sino al 7 luglio 2016. A seguito di segnalazioni della Polizia Metropolitana di Londra, circa la sussistenza di un concreto ed imminente pericolo per l'incolumità sua e della famiglia e dell'impossibilità per la stessa Polizia di garantire loro un'effettiva e continua protezione onde evitare che Ablyazov venisse assassinato sul territorio Britannico, la signora Shalabayeva, pur in possesso dei permessi di soggiorno britannici, ha deciso di allontanarsi dal Regno Unito. Dopo un periodo in Lettonia, si è trasferita in Italia, facendo ingresso dalla frontiera con la Svizzera, nell'estate del 2012. A partire da tale momento dunque viveva sul territorio italiano, e più precisamente in una villa in affitto a Casal Palocco, con la figlia Alua, unitamente ad alcuni collaboratori domestici. La signora Shalabayeva ha condotto nel territorio italiano una vita assolutamente normale, non ha mai avuto alcun problema con le Autorità italiane, ed ha iscritto la propria figlia Alua ad una scuola di Roma, che ha frequentato regolarmente». Sarebbe bastato questo dettaglio per scoprire chi fosse realmente.

13 luglio 2013 | 7:40 http://www.corriere.it
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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda franz il 13/07/2013, 8:24

Mi sembra una storia che come tante in Italia è una sorta di cartina al tornasole di come impreparazione, leggerezze, incompetenze (dovute alla mancanza di una selezione meritocratica nella PA) si trasformino in sopprusi, violenze ed arbitrio di Stato. Nessuno ha telefonato da Parigi per dire che quelle donne erano parenti di Mubarak.
Anzi, segnalo gli stretti legami di amicizia tra Il caimano italiano ed il capro supremo kazako
leggiere http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07 ... ni/647402/
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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda pianogrande il 13/07/2013, 10:49

Un governo bloccato è un governo debole.
Quando il governo è debole c'è chi si fa i ca.....i propri sapendo che la passerà liscia.
Non sapere non è una giustificazione ma l'accusa più devastante.
E' la dimostrazione che abbiamo (per necessità?) un governo di burattini incapaci di intendere e di volere.
Per il bene del paese?
Comincio a dubitarne.

In particolare, che Alfano fosse un buono a nulla ne ero sicuro da sempre.
Che questo buono a nulla sia il vice premier e ministro dell'interno, mi preoccupa un po' di più.
C'è sempre qualcuno che comanda in quegli ambienti e non è sicuramente Alfano e chi è?
Il sospetto che Berlusconi, tramite il suo ministro, abbia voluto fare questo grosso favore all'amico dittatore, è troppo forte per essere taciuto.

Ripeto la domanda.
Chi comanda in Italia?
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda annalu il 13/07/2013, 11:10

Che tristezza!!!
Come se ne esce, da una situazione in cui tutto il peggio è possibile, e impera il sopruso?
Il Kaimano è amico del capo kazako, ma il vero problema è che anche il nostro kaimano pare avere i poteri del capo Kazako, e gli altri sono lì a contorno, per farci sembrare uno stato democratico.
E' così da tempo.
Ogni tanto, per brevi periodi, abbiamo visto sprazzi di luce e si è accesa la speranza.
Adesso stiamo a vedere cosa succederà a fine mese, quando ci sarà la sentenza tanto temuta dal nostro: dopo è agosto, il mese in cui spesso succedono le peggio cose, tanto la gente è in vacanza.
Quest'anno però di gente in vacanza ce ne sarà meno, e c'è da sperare che ci siano più persone che restano attente.
Basterà?

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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda Iafran il 13/07/2013, 11:43

pianogrande ha scritto:Chi comanda in Italia?

Per le "trovate all'italiana" il cavaliere è insuperabile, per le altre più serie le solite mammasantissime.
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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda franz il 13/07/2013, 13:41

Bene! (si fa per dire) ...
Aver tirato in ballo il caimano ha fatto sì che un tema che la settimana scorsa era sotto tono e senza particolari commenti (a parte il sempre attento Flavio) abbia finalmente attirato l'attenzione dei forumisti.
Buon per moglie e figlia dell'oppositore kazako. Speriamo.
Secondo una versione rinnovata del classico "programma che scrive discorsi casuali per ...." forse anche se con una notevole arrampicata sui vetri fossi riuscito a tirare in ballo Renzi, avrei ottenuto un risultato paragonabile. ;)

Intanto la frittata è fatta.
Letta ritira il provvedimento di espulsione ma intanto la moglie rischia la prigione e al figlia l'orfanotrofio.


“Grazie a Letta per il coraggio
Aiutatemi a salvare mia figlia”

“Caro Mr Letta grazie per questa decisione coraggiosa ma adesso temo che il regime di Nazarbayev reagirà mandando mia moglie Alma in prigione e la mia bambina Alua all’orfanotrofio” impedendo che possano tornare in Italia: l’oppositore kazakho Mukhtar Ablyazov reagisce alla decisione del governo di annullare l’espulsione dei suoi famigliari con queste parole, contenute in un “messaggio al presidente del Consiglio” che consegna al nostro giornale.

“Una settimana fa sulla pagine de La Stampa mi sono appellato a lei affinché facesse luce sulla rendition illegale dell’Italia verso il Kazakistan di mia moglie di mia figlia di 6 anni” esordisce l’oppositore, affermando di “aver voluto credere che in Italia vi sono persone che rispettano i diritti umani e lo Stato di Diritto”. Da qui le parole destinate al presidente del Consiglio: “Mr Letta, lei non ha coperto questo incidente verognoso. Le sono molto grato per questo. Sono grato al suo coraggio ed alle sue convinzioni che, in circostanze estremamente difficili, l’hanno portata a fare quanto era giusto”. Ma la gratitudine nei confronti dell’Italia si sovrappone alla paura per quanto potrebbe avvenire ora: “Il piano del regime di Nazarbayev è di mandare mia moglie in prigione e mia figlia in un orfanotrofio”.

http://www.lastampa.it/2013/07/13/ester ... agina.html
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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda flaviomob il 13/07/2013, 13:56

Kazakhistan, rapporto di Amnesty International: tortura radicata, nessuno è responsabile
CS081 - 11/07/2013



In un nuovo rapporto pubblicato oggi, Amnesty International ha accusato il presidente del Kazakhistan, Nursultan Nazarbaev, di ingannare la comunità internazionale con promesse non mantenute di sradicare la tortura e indagare sull'uso della forza letale da parte della polizia. Il rapporto, intitolato Vecchie abitudini: l'uso regolare della tortura e dei maltrattamenti in Kazakhistan, denuncia come le forze di sicurezza agiscano con impunità e come la tortura nei centri di detenzione sia la norma.

Il documento di Amnesty International prende le mosse dalla repressione delle proteste di Zhanaozen, nel dicembre 2011, quando almeno 15 persone furono uccise e oltre 100 gravemente ferite dalle forze di sicurezza. Decine di persone vennero arrestate, imprigionate in celle sotterranee e sovraffollate delle stazioni di polizia e torturate.

A tale proposito, Amnesty International ha sollecitato il presidente Nazarbaev ad autorizzare e facilitare un'inchiesta indipendente internazionale sull'uso della forza letale a Zhanaozen, come raccomandato dall'Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay.

"A Zhanaozen le forze di sicurezza ferirono e uccisero numerose persone, poi arrestarono e torturarono chi aveva preso parte alle proteste. Ma le autorità hanno garantito l'impunità, venendo clamorosamente meno all'obbligo di indagare su queste violazioni dei diritti umani" - ha dichiarato Nicola Duckworth, direttrice delle Ricerche di Amnesty International.

"Nonostante le autorità asseriscano continuamente di aver svolto indagini approfondite e imparziali, 17 mesi dopo le violenze di Zhanaozen non vi è stata alcuna giustizia per l'uso eccessivo e letale della forza, gli arresti arbitrari, i maltrattamenti e le torture su cui si sono basati innumerevoli processi irregolari" - ha proseguito Duckworth.

Un'indagine avviata nel 2012 ha determinato la condanna a soli cinque di alti dirigenti delle forze di sicurezza per "abuso d'ufficio". Nessun altro provvedimento è stato preso, invece, nei confronti di tanti altri funzionari, anche verso chi aveva pubblicamente ammesso di aver sparato ai manifestanti.

Secondo le testimonianze oculari, le persone arrestate furono detenute in incommunicado in celle sovraffollate, isolate dal mondo esterno. Qui vennero denudate, picchiate, prese a calci e colpite da getti d'acqua fredda. Almeno una persona morì sotto tortura. Tuttavia, il controllo da parte di coloro che sono stati autorizzati ad avere accesso non poteva essere condotto in modo indipendente e approfondito.

Nel corso del suo processo, nel 2012, Roza Tuletaeva, attivista per i diritti dei lavoratori, accusata di essere tra gli organizzatori delle proteste di Zhanaozen, ha denunciato di essere stata appesa per i capelli, di essere stata quasi soffocata con una busta di plastica stretta intorno al capo e di aver subito umiliazioni sessuali. Agenti delle forze di sicurezza minacciarono di fare del male a sua figlia di 14 anni. Al termine del processo è stata condannata a cinque anni di carcere per "incitamento alla discordia sociale".

Le autorità continuano a dichiarare infondate le denunce di tortura, comprese quelle fatte sotto giuramento in tribunale da persone arrestate a seguito delle violenze a Zhanaozen. In una parodia della giustizia, gli stessi inquirenti che avevano ordinato gli arresti sono stati anche incaricati di indagare sulle denunce di tortura.

Il rapporto di Amnesty International cita il caso di Bazarbai Kenzhebaev, morto il 21 dicembre 2011, due giorni dopo essere stato rilasciato dalla custodia di polizia. Ai suoi familiari e a un giornalista russo aveva denunciato di essere stato torturato nella stazione di polizia di Zhanaozen. L'allora direttore ad interim del centro di detenzione, Zhenishbek Temirov, è stata l'unica persona incriminata e condannata. Non è stato fatto alcun reale tentativo per individuare gli altri autori delle torture a Bazardai Kenzhebaev.

"Non solo la tortura e i maltrattamenti sono radicati, ma questi non si limitano alle aggressioni fisiche da parte degli agenti delle forze di sicurezza. Le condizioni di prigionia sono crudeli, disumane e degradanti, i prigionieri vengono puniti con lunghi periodi di isolamento, in violazione degli standard internazionali"- ha proseguito Duckworth.

Aron Atabek, scrittore e poeta dissidente di 60 anni, è stato arrestato nel 2006 e successivamente condannato per aver preso parte a disordini di massa e per l'uccisione di un poliziotto. Da allora, ha trascorso due anni e mezzo in isolamento. Nel novembre 2012 è stato condannato a un altro anno di isolamento, da trascorrere nella prigione di massima sicurezza di Arqalyk, a 1650 chilometri di distanza dalla sua città.

Nel 2010, le autorità del Kazakhistan dichiararono alle Nazioni Unite che "[avrebbero] agito fino a quando tutte le tracce della tortura non [fossero state] totalmente eliminate".

Un anno dopo, tuttavia, il presidente Nazarbaev ha trasferito il controllo dell'intero sistema penitenziario dal ministero della Giustizia a quello degli Affari interni, contro il quale era stata presentata la maggior parte delle denunce di tortura.

"È chiaro che l'asserito impegno del governo di sradicare la tortura è a solo uso della comunità internazionale, un tentativo di ingannare l'opinione pubblica nazionale e internazionale mentre la tortura e i maltrattamenti proseguono senza sosta e senza impedimenti. Le promesse del presidente Nazarbaev alle Nazioni Unite risulteranno vuote fino a quando egli non autorizzerà un'inchiesta indipendente internazionale che potrà chiamare in causa il fallimento della giustizia locale durato oltre un anno. Altrimenti, le forze di sicurezza continueranno ad agire nell'impunità" - ha concluso Duckworth.

http://www.amnesty.it/kazakhistan-tortu ... sponsabile


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Re: Espulsione di moglie e figlia del dissidente Kazako

Messaggioda Iafran il 14/07/2013, 8:26

franz ha scritto:Bene! (si fa per dire) ...
Aver tirato in ballo il caimano ha fatto sì che un tema che la settimana scorsa era sotto tono e senza particolari commenti (a parte il sempre attento Flavio) abbia finalmente attirato l'attenzione dei forumisti.

Se si pensa che il cavaliere, le amazzoni, gli stallieri, i Franceschini (che delusione!), gli Speranza, i Mucchetti, gli Zanda ... i "101 democratici all'acqua di rosa, affossatori di Prodi come PdR" non governino in Italia si può avere speranza che le cose vadano bene per la collettività e le azioni siano rispettose dei diritti umani ... altrimenti bisogna prepararsi a rifare tutto perché "gli è tutto sbagliato …" (per citare Bartali) e si continuerà a perdere tempo, denaro e credito internazionale fino a quando si "tratteranno" gli avventurieri come politici.
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