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Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favole

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favole

Messaggioda franz il 10/07/2013, 21:21

10 luglio 2013 • Luciano Mauro http://noisefromamerika.org/articolo/mo ... ici-favole

Di questi tempi, davanti alla recessione che stiamo attraversando, il rimedio invocato da molti, soprattutto dalla sinistra più estrema, Vendola, Landini, Cofferati solo pochi giorni fa, e che si dice fermamente keynesiana è uno solo: investimenti pubblici! Nei corsi di Macroeconomia dei primi anni si insegna ma soprattutto si insegnava, il modello IS-LM che è una rappresentazione grafico-matematica del pensiero di Keynes. In questo modello, specie nella sua forma più semplice, un aumento degli investimenti pubblici fa crescere il reddito di molto più di quanto viene speso inizialmente. Il motivo? Il motivo è che gli investimenti si trasformano in reddito che si trasforma in consumo che crea altro lavoro e reddito e così via in un ciclo che alla fine si esaurisce ma genera un sostanzioso aumento del PIL (sulla lavagna!!).

Di primo acchito, se non si chiariscono bene le ipotesi alla base, (tipicamente prodotto effettivo di molto inferiore al prodotto potenziale, nessuno effetto sul tasso di interesse e nessun vincolo stringente di bilancio pubblico) gli studenti rimangono sbalorditi come nel paese dei balocchi: ecco la cornucopia, la biblica giara della vedova che non si svuota mai!

Un meccanismo di infinito benessere sembra essere alla portata di tutti.

Di questi tempi, davanti alla recessione che stiamo attraversando, il rimedio invocato da molti, soprattutto dalla sinistra più estrema, Vendola, Landini, Cofferati solo pochi giorni fa, e che si dice fermamente keynesiana è uno solo: investimenti pubblici!

Finanziati come? Con lotta all’evasione (sigh!), una patrimoniale, o a debito (convincendo la Merkel a non rompere sul deficit) e magari con gli eurobond (convincendo la Merkel a metterci del suo).

Insomma, gli investimenti pubblici aumentano nel breve il reddito facendoci uscire dalla recessione e nel lungo periodo aumentano la produttività delle imprese private e quindi la domanda di lavoro grazie all’aumento del capitale infrastrutturale: strade, ponti, ferrovie, telecomunicazioni, etc.

Facile no ? Come è possibile che non si attui una politica così ovvia?

Perché, in realtà, non si vi è un riscontro univoco di una relazione positiva tra investimenti pubblici e crescita, né nel breve né nel lungo periodo.

In un articolo della Banca Centrale a cura di Afonso, A. e M. Aubyn, ( 2008) gli autori trovano che per alcuni paesi l’effetto complessivo è positivo per altri negativo.

Questo perché nel breve periodo l’investimento pubblico può deprimere quello privato vanificando l’intervento. E' qui che l'ipotesi di prodotto effettivo di molto inferiore al prodotto potenziale e' cruciale. Se gli investimenti pubblici in qualche modo si traducono in un effetto sul tasso di interesse allora si posso creare problemi al meccanismo del moltiplicatore. Ma il punto fondamentale e' quello del finanziamento: spesa pubblica oggi significa tasse domani e quindi effetti depressivi domani e forse anche oggi, nella misura in cui famiglie e imprese anticipano le tasse future e risparmiano oggi per pagarle. L'ipotesi del modello IS-LM che tutto sia statico, che si guarda all'oggi e tanto domani non esiste e' cruciale e tremendamente nefasta in generale.

Insomma e' possibile che questo fenomeno di spiazzamento (crowding-out) via tasso di interesse diminuisca l’investimento privato e ridimensioni gli effetti positivi dell’investimento pubblico. Lo stesso potrebbe fare l'anticipazione di tasse future. Se poi invece di finanziare le opere a debito o dall’Europa si immagina di finanziarle con le tasse vi lascio immaginare l’impatto sui consumi. Ma di questo “piccolo” problema del finanziamento nel modello keynesiano base non si fa menzione.

Però, si dirà, nel lungo periodo, le infrastrutture aumentano la produttività delle imprese. Le cose sono un po’ più complicate e, purtroppo, non necessariamente così. Nel bel libro sulla crescita di Barro e Sala-I-Martin (1995) possiamo trovarne la spiegazione. Il capitale pubblico non è di per sé produttivo nel lungo periodo. Anzi, le autostrade possono essere usate anche solo per emigrare più velocemente all’estero! Il punto fondamentale è che, come le autostrade, tutte le varie infrastrutture sono produttive solo se sono al servizio delle famiglie o delle imprese! E’ quindi un armonioso rapporto tra capitale pubblico e privato che genera la crescita. Se il rapporto è squilibrato, perche' le imprese pubbliche servono gli interessi politici e ad essi fanno riferimento, anche nel caso di carenza di infrastrutture per un gran numero di imprese, la crescita latita. Il Nord con un capitale infrastrutturale congestionato ne è un esempio. La spesa pubblica non ha saputo decongestionarlo, essendo stat in larga parte improduttiva appunto. D’altro canto, se anche ci sono le infrastrutture ma mancano le imprese a causa della mancanza delle altre condizioni per l’insediamento, gli investimenti pubblici sono soldi buttati al vento, come è il caso di molte infrastrutture nel Mezzogiorno.

Non deve quindi stupire che le analisi empiriche di lungo periodo non diano risposte univoche in un campione di paesi che differiscono per struttura economica e condizioni di finanza pubblica. Ma vi sono altre considerazioni, altri caveat da aggiungere che ridimensionano ancor più l’effetto positivo anche sul piano occupazionale, in particolare, nel caso italiano:

a) Gli investimenti infrastrutturali importanti non sono più ad alta intensità di lavoro come nel New Deal degli anni ‘30, ma ad alta intensità di capitale. Il rapporto macchine-lavoro è andato aumentando sempre più, così che l’impatto occupazionale è veramente piccolo.

b) La manodopera che viene utilizzata per questa tipologia di investimenti è sempre più manodopera straniera. Quindi l’impatto occupazionale nazionale viene ulteriormente ridimensionato. Inoltre questi lavoratori stranieri inviano spesso gran parte dei redditi alle loro famiglie all’estero non attivando quel ciclo reddito-consumi così auspicato dai nostri Landini e Vendola.

c) I costi delle opere in Italia sono molto più alti che nel resto d’Europa. Ci sono ovvi motivi (la corruzione) e meno ovvi ( l’inefficienza della pubblica amministrazione). La corruzione rampante potrebbe giustificare molti di questi extra costi. Il motivo è che la corruzione esclude, per meccanismi noti, le imprese migliori e quelle che vincono le gare scaricano il costo della corruzione con procedure di revisione di costo e contenziosi. Ma anche le amministrazioni hanno una bella fetta di responsabilità. Le amministrazioni, infatti, cercano di non decidere ma tendono a distribuire la responsabilità delle scelte tra i vari uffici cercando di limitarsi al solo controllo formale. Alla fine i tempi delle opere si allungano e i costi lievitano, perché tener fermi operai e mezzi per mesi ha un impatto terribile sui bilanci. Tutto ciò, corruzione e inefficienze della Pubblica Amministrazione, mette in dubbio la capacità di trasformare, diciamo 100 euro di nostre tasse in 100 euro di infrastrutture reali. Un lavoro molto bello su questo tema è quello di Golden e Picci (2005) che stimano che se tutto il flusso di investimenti, ad esempio, in Calabria, si fosse effettivamente trasformato realmente in infrastrutture la Calabria avrebbe dotazioni per il 28% superiori alla media italiana. Ne ha invece il 35% in meno. Sono numeri semplicemente spaventosi.

d) La distanza temporale tra il momento della decisione politica del fare l’opera e il suo inizio, per i motivi di cui sopra, tende ad essere così incerta e lontana che spesso gli investimenti reali sono prociclici, cioè hanno luogo in fasi di boom anziché di recessione, vanificando la capacità di stimolo sull’economia ma anzi spingendo in alto l’inflazione.

E’ per tutti questi motivi che, quando si cercano prove empiriche dell’impatto positivo delle infrastrutture pubbliche sulla crescita di lungo periodo per l’Italia esse sono ambigue e spesso nulle (La Ferrara, Marcellino M. ,2000; Afonso, A., and M. Aubyn, 2008). Personalmente ho stimato, con un collega, relazioni statistiche tra crescita ed investimenti pubblici infrastrutturali per le regioni italiane non registrando nessun effetto di crescita (Carmeci e Mauro, 2005).

E’ triste questo realismo, me ne rendo conto, è triste non avere la cornucopia keynesiana o la bacchetta di Harry Potter. Tuttavia, forse è anche il tempo di diventare adulti e smettere di leggere, ma soprattutto recitare, favole per bambini.

*N.B.: Gli investimenti pubblici sono nell’aggregato Goverment Outlays (G) nel sistema dei conti US e nell’aggregato Investimenti Fissi Lordi in quello Europeo. Forse gli anglosassoni sono più smaliziati e hanno capito tutto da tempo?

Bibliografia:

Afonso, A., and M. Aubyn, 2008, “Macroeconomic Rates of Return of Public and Private Investment: Crowing-In and Crowding-Out Effects,” ECB Working Paper No. 864.

Barro, R. J. (1990) “Government Spending in a simple model of Endogenous Growth”, Journal of Political Economy, 98, 103-25.

Barro R.J. and Sala-i-Martin X. 1995 “Economic Growth” Mac Grow-Hill

Carmeci G. - Mauro L. (2004), A positive effect of investment on Italian regional

growth, in International Review of Economics and Business (RISEC), 51 (3), pp. 423-445

La Ferrara, Marcellino M. (2000) “TFP, Costs, and Public Infrastructure: an Equivocal Relationship” Mimeo

Golden Miriam A. & Picci, Lucio 2005. "Proposal For A New Measure Of Corruption, Illustrated With Italian Data," Economics and Politics, Wiley Blackwell, vol. 17, pages 37-75, 03.
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda cardif il 10/07/2013, 23:13

"non si vi è un riscontro univoco di una relazione positiva tra investimenti pubblici e crescita, né nel breve né nel lungo periodo."
Ma non vi è nemmeno il riscontro di una relazione negativa.

"Non deve quindi stupire che le analisi empiriche di lungo periodo non diano risposte univoche in un campione di paesi che differiscono per struttura economica e condizioni di finanza pubblica."
Quindi c'è da valutare cosa potrebbe succedere in Italia, nell'ipotesi di aumento degli investimenti pubblici. Soprattutto in funzione della scelta degli investimenti stessi (per esemplificare: 10 mld per realizzare il fatidico Ponte oppure 1000 interventi minori).

a) "Il rapporto macchine-lavoro...".
Ma va considerato che la produzione della macchina ha dato già lavoro: se s'impiega uno scavatore che fa il lavoro di tot uomini-scavatori, la sua produzione ha dato lavoro a tot uomini-meccanici.

b) "La manodopera ... sempre più manodopera straniera."

Vero, però almeno in parte consuma e versa contributi in Italia (se regolari); ed i risparmi non li investe in titoli di Stato, cioè in debito italiano. Però anche la Svizzera, la Germania, gli USA e l'Australia sono cresciuti grazie alla mano d'opera straniera.

c) "I costi delle opere in Italia sono molto più alti che nel resto d’Europa. Ci sono ovvi motivi (la corruzione) e meno ovvi ( l’inefficienza della pubblica amministrazione)".
E c'è pure l'orografia, per prima.
Ma l'alternativa non è non investire; è rendere efficienti ed efficaci i meccanismi di controllo.

d) "La distanza temporale tra il momento della decisione politica del fare l’opera e il suo inizio, per i motivi di cui sopra"
Ma l'alternativa non è non investire; è rendere più rapide e snelle le procedure per avvicinarle a quelle austriache o tedesche.
E' dura la lotta da fare contro il disinteresse del personale della P.A., contro l'assenza del concetto di essere al servizio della società (privati ed imprese). Ma è una lotta che va fatta. Non può servire a giustificare l'assenza di interventi statali.

Boh, punti di vista, aiuti alla riflessione, se serve.
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Sulle favole non so che dire
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda franz il 11/07/2013, 8:01

cardif ha scritto:"non si vi è un riscontro univoco di una relazione positiva tra investimenti pubblici e crescita, né nel breve né nel lungo periodo."
Ma non vi è nemmeno il riscontro di una relazione negativa.

Uno fa un investimento, è di questo che parliamo, solo se è sicuro di avere una relazione positiva. Se è neutra o negativa, butta via i soldi ... che potrebbe investire diversamente ed in modo positivo.
cardif ha scritto:"Non deve quindi stupire che le analisi empiriche di lungo periodo non diano risposte univoche in un campione di paesi che differiscono per struttura economica e condizioni di finanza pubblica."
Quindi c'è da valutare cosa potrebbe succedere in Italia, nell'ipotesi di aumento degli investimenti pubblici. Soprattutto in funzione della scelta degli investimenti stessi (per esemplificare: 10 mld per realizzare il fatidico Ponte oppure 1000 interventi minori).

Io ritengo che in Italia ci sia bisogno di investimenti. Dato che i soldi sono quelli, fissi (mettiamo 1000) o sono i privati a fare i 1000 investimenti, grandi e piccoli, oppure lo stato, che tassa al 68% ed usa quei soldi la gestione (abnorme) e gli investimenti (pochi). Va da se' che se lo Stato tartassa e sperpera (innegabile che in Italia sia cosi' dal dopoguerra con un lento e costante peggioramento) è meglio che siano i privati ad investire, sempre che gli si lascino in tasca abbastanza soldi per farlo.
cardif ha scritto:a) "Il rapporto macchine-lavoro...".
Ma va considerato che la produzione della macchina ha dato già lavoro: se s'impiega uno scavatore che fa il lavoro di tot uomini-scavatori, la sua produzione ha dato lavoro a tot uomini-meccanici.

Vero, il ragionamento pero' è messo in relazione con le politiche degli anni 30, quando in funzione anti disoccupazione quel genere di investimenti impiegava operai a milioni. Se oggi l'Italia producesse scavatrici avremmo in casa i tot uomini che dici ma purtroppo importiamo quasi tutta la tecnologia. L'impatto in termini occupazionali è quindi ridotto. Siamo anche obbligati per ogni lavoro pubblico a fare gare internazionali, quindi possono vincere anche ditte estere.
cardif ha scritto:b) "La manodopera ... sempre più manodopera straniera.".
Vero, però almeno in parte consuma e versa contributi in Italia (se regolari); ed i risparmi non li investe in titoli di Stato, cioè in debito italiano. Però anche la Svizzera, la Germania, gli USA e l'Australia sono cresciuti grazie alla mano d'opera straniera.

Sono cresciuti per gli investimenti privati e cosi' tanto che la manodopera interna non è stata sufficente.
Per gli stranieri i risparmi si trasformano tipicamente in rimesse all'estero.
cardif ha scritto:c) "I costi delle opere in Italia sono molto più alti che nel resto d’Europa. Ci sono ovvi motivi (la corruzione) e meno ovvi ( l’inefficienza della pubblica amministrazione)"
E c'è pure l'orografia, per prima.
Ma l'alternativa non è non investire; è rendere efficienti ed efficaci i meccanismi di controllo.

Giusto, l'orografia come problema c'è anche in Svizzera e Austria eppure i costi sono piu' bassi. Ma significa che prima di investire soldi pubblici bisogna mettere a postola pubblica amminitrazione, che è la vera grande riforma da fare e che puo' liberare risorse per il paese (sia al pubblco sia ai privati).

cardif ha scritto:d) "La distanza temporale tra il momento della decisione politica del fare l’opera e il suo inizio, per i motivi di cui sopra"
Ma l'alternativa non è non investire; è rendere più rapide e snelle le procedure per avvicinarle a quelle austriache o tedesche.

Esatto, il problema è "non investire adesso" perché sarebbe come buttare via i soldi ma riformare lo Stato (e secondo me ci vogliono da 3 a 5 anni come minimo, anche a tappe forzate, per rivoltare l'Italia come un calzino.
Poi rifaremo il punto e magari qualche investimento pubblico sarà positivo. In un sistema che funziona, una certa quota di invenstimenti pubblico è doverosa ma la limiterei a quelli che sono definiti "monopoli naturali" (le infrastrutture di rete, ferrovia, corrente, fogne, strade, Internet, gas, acquedotti).

A proposito di "avvicinarci a procedre come quelle tedesche, austriache e (aggiungeri) svizzere (penso al tunnel di base del gottardo che è già finito) ed al rapporto con la PA, ricordo che stiamo parlando di tre paesi federali.
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda cardif il 11/07/2013, 8:48

franz ha scritto:Uno fa un investimento, è di questo che parliamo, solo se è sicuro di avere una relazione positiva. Se è neutra o negativa, butta via i soldi ... che potrebbe investire diversamente ed in modo positivo.
... lo stato, che tassa al 68% ...
Siamo anche obbligati per ogni lavoro pubblico a fare gare internazionali, quindi possono vincere anche ditte straniere

Nella seconda frase di quelle citate si dice che vi sono casi di riscontro positivo degli investimenti. Percio' dico che non si puo' scegliere di non investire a priori.
Nel 68% ci sono i versamenti contributivi, va sempre ricordato. Sono soldi che ritornano sotto forma di pensione e di assistenza sanitaria, cassa integrazione ed altro. Altrimenti da dove li prenderebbe lo Stato?
Anche gli altri Stati europei devono fare gare internazionali oltre i 5 mln di euro. E molte le vincono ditte italiane.

Fermo restando, ovviamente, che vanno eliminati sprechi, sperperi, ruberie, rallentamenti della P.A.
Non dico che va tagliata la testa a chi tiene ferma ingiustamente una pratica (magistrato o impiegato che sia) ma almeno che gli si tolga lo stipendio.
Pero' non me la sento di dare fiducia ideologica ai privati, visto quello che sanno fare i Tanzi, i Riva, i Thissen....
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda franz il 11/07/2013, 8:56

cardif ha scritto:Pero' non me la sento di dare fiducia ideologica ai privati, visto quello che sanno fare i Tanzi, i Riva, i Thissen....

La fiducia o la sfiducia non va data per via ideologica ma per via pragmatica. Puoi elencare tre casi, anche venti, ma in Italia ci sono milioni di imprese e di imprenditori. Mi pare tra tre o quattro. Se ognuno rischia il suo capitale, non è un problema. Qualche investimento privato va male, molti altri (la maggioranza) vanno bene. Il problema c'è quando si rischiano i soldi degli altri e questo lo Stato lo fa sistematicamente.
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda trilogy il 11/07/2013, 12:36

Su quell'articolo potremmo discutere giorni. comunque in generale tutti i modelli economici sono semplificazioni della realtà, spiegano il funzionamento di alcuni meccanismi date certe condizioni, se modifichi le condizioni funzionano meno.
Inoltre i modelli generalmente vengono costruiti studiando i sistemi economici in condizioni normali, del funzionamento dei sistemi economici in condizioni "estreme", conosciamo meno, i modelli balbettano.

Comunque, ritornando all'articolo, il modello IS LM mette in relazione il mercato della moneta con il mercato dei beni, e mostra in forma grafica e matematica che cosa può accadere variando i parametri nell'uno o dell'altro mercato. Lasciando stare le chiacchiere, Il problema nel nostro caso, è che in Europa non abbiamo una sola curva IS LM, ne abbiamo 28 di cui 17 con una politica monetaria centralizzata e una politica fiscale e di bilancio coordinata ma decentrallizzata.
All'interno di questi 17 paesi abbiamo una serie di politiche di bilancio restrittive che spingono la curva verso sinistra (contrazione) e una politica monetaria comune espansiva che spinge la curva verso destra (crescita). Ma in modo disomogeneo.

Nonostante il grande lavoro fatto da Draghi, in particolare dal 2012, i meccanismi di trasmissione della politica monetaria, non funzionano ancora in maniera adeguata, (è il problema che vediamo nello spread). La politica monetaria è comune, (uguale per tutti) ma il mercato monetario rimane frammentato, le imprese tedesche, olandesi, belghe, francesi ecc., pagano il denaro e ne hanno in maggiore quantià rispetto a quelle itlaiane, spagnole, irlandesi ecc.
In pratica la politica monetaria della BCE ha effetti positivi maggiori per le imprese dei paesi forti dell'Eurozona, che per le imprese dei paesi deboli.
Questo effetto incrementa i divari di reddito tra paesi, i costi di aggiustamento di alcune economie, e riduce le probabilità che l'aggiustamento avvenga realmente. In sintesi incrementa le tensioni politiche tra nord e sud.

Come diceva boldrin nell'altro post che avevi aperto: le imprese con cavolo che assumono con i fatturati in picchiata. E come lo fai ripartire il fatturato? Con le lezioni di economia all'università? Lo fai ripartire anche con investimenti pubblici. Forse non è chiara la situazione, ma con questo trend, nell'arco di 36 mesi buona parte delle aziende private italiane sarà scomparsa dal mercato.

Come finanzi gl'investimenti? Un'area valutaria comune ha bisogno di risorse fiscali comuni....Se non si affronta questo problema, prima o poi, rigore o non rigore, la barca affonda comunque, o per stress economico o per stress politico. o per la somma di entrambi.
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda franz il 11/07/2013, 13:05

trilogy ha scritto: Lasciando stare le chiacchiere, Il problema nel nostro caso, è che in Europa non abbiamo una sola curva IS LM, ne abbiamo 28 di cui 17 con una politica monetaria centralizzata e una politica fiscale e di bilancio coordinata ma decentrallizzata.
All'interno di questi 17 paesi abbiamo una serie di politiche di bilancio restrittive che spingono la curva verso sinistra (contrazione) e una politica monetaria comune espansiva che spinge la curva verso destra (crescita). Ma in modo disomogeneo.

Mi pare che in USA ci sia la stessa situazione. 50 stati e quindi politiche locali disomogenee piu' una federale. Idem in germania, austria e svizzera (con usa e ch che hanno una moneta interstatale unica, come la germania). La disomogeneità non mi pare un problema. Anzi è meglio diversificare che concentrarsi tutti nello stesso sforzo (giusto o sbagliato).
Ma in USA e CH (ed anche in germania, a 20 anni e passa dalla riunificazione) non ci sono sub-entità forti e deboli, questo è il problema. Perché sono federazioni, mentre l'Europa no.

Poi sul come far ripartire il fatturato, la domanda è quella giusta ma qui in questo thread è OT.
Parlare di come un'impresa privata deve riposizioanrsi e ristrutturarsi non c'entra nulla con il discorso sulla efficacia o meno degli investimenti pubblici. Lietissimo di dire la mia opinione ma in un thread apposito.
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda cardif il 11/07/2013, 14:41

franz ha scritto:La fiducia o la sfiducia non va data per via ideologica ma per via pragmatica.
Il problema c'è quando si rischiano i soldi degli altri e questo lo Stato lo fa sistematicamente.


Pragmaticamente l'IRI cedette l'ILVA ai Riva; pragmaticamente loro si sono portati miliardi all'estero.

OK. Ma l'alternativa qual è: chiudere lo Stato?
Così versiamo alle assicurazioni private i premi per gli infortuni, per le cure mediche, per la pensione.
Paghiamo direttamente le imprese per costruire strade, fognature, acquedotti ...
Paghiamo gli istituti privati per scuole e università
ecc ecc
Certo lo farà chi i soldi ce li ha; e gli altri si arrangino ...
Ci liberiamo dello Stato. O al massimo gli affidiamo la politica estera e la difesa, l'acquisto degli F35 ecc ecc
E per il resto ci arrangiamo. E torniamo a prendere le decisioni nelle agorà greche, 'luogo della democrazia per antonomasia, dato che erano sede delle assemblee dei cittadini che vi si riunivano per discutere i problemi della comunità e decidere collegialmente sulle leggi.'
Solo che oggi non penso che si possa tornare alle forme di Città-Stato di allora. Federalismo sì, ma mica così spinto.
Oltretutto chi ci dice che le decisioni che i cittadini romani prenderebbero a piazza Bologna sarebbero uguali a quelle di piazza del Popolo? E dopo un po' si tornerebbe al sistema del mandato rappresentativo e dello Stato, della nomina di amministratori comunali, e, più su, di amministratori statali.
Invece dobbiamo tornare a vedere nello Stato il modo di 'arrangiarci', organizzarci, organizzare i nostri servizi ... E non come ci hanno martellato nell'ultimo ventennio con la storia delle Stato che ci mette le mani in tasca (in primis uno che ci ha frantumato i gemelli su questo).
Se lo si continua a vedere come una entità esterna ed estranea si arriva a Lusi ed a Fiorito, che pensano che, tanto, i soldi sono dello Stato mica degli italiani.
Si arriva a "Non chiederti che cosa fa lo stato per te, ma chiediti cosa fai tu per lo stato" che non condivido perché pone due problemi: separa il cittadino dallo Stato e inverte le cose: il cittadino al servizio dello Stato.
Allora, diamoci da fare per recuperare il concetto di Stato e amministrazioni varie come organizzazioni al nostro servizio, ripulendole dalle impurità (non solo truffatori, ma anche residuale mentalità fascista di detenzione del potere).
Organizzazioni non invasive dei diritti fondamentali dell'uomo, ovviamente.
Altrimenti ai voglia a vincere Grillo, che però mi pare un salto nel buio.

Per tornare all'articolo, d'accordo: il modello matematico IS LM con le applicazioni dei teoremi di Dini e Taylor (manca Lagrange e siamo a posto) cerca di descrivere una realtà che, avendo troppe variabili, viene costretta con le camicie di forza di presupposti semplificativi non tanto e non sempre congrui con la realtà stessa. E' meglio il riferimento a seri e approfonditi studi empirici rilevati in modo statistico.

"investimenti pubblici! Finanziati come? Con lotta all’evasione (sigh!),"
Ebbene sì: c'è Serpico; basta volerlo usare.
Sempre secondo me.
Ma sigh o sic?
Ultima modifica di cardif il 11/07/2013, 16:17, modificato 1 volta in totale.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda trilogy il 11/07/2013, 15:35

franz ha scritto:Mi pare che in USA ci sia la stessa situazione. 50 stati e quindi politiche locali disomogenee piu' una federale. Idem in germania, austria e svizzera (con usa e ch che hanno una moneta interstatale unica, come la germania). La disomogeneità non mi pare un problema. Anzi è meglio diversificare che concentrarsi tutti nello stesso sforzo (giusto o sbagliato).
Ma in USA e CH (ed anche in germania, a 20 anni e passa dalla riunificazione) non ci sono sub-entità forti e deboli, questo è il problema. Perché sono federazioni, mentre l'Europa no.


non è la stessa cosa. C'è un saggio molto bello sull'argomento di Ulric Beck, il quale osserva che la disuaglianza nell'europa a 27 dopo l'ultimo allargamento, è uguale a quella che c'è negli USA a 50 Stati. La differenza è che in Europa sono gli Stati ad essere ricchi o poveri, negli USA sono gl'individui. Questo ha implicazioni politiche ed economiche. L'altro aspetto è che a fronte come una crisi come quella che colpì wallstreet nel 2008 nessuno pensa che sia un problema dello Stato di new york. Se così fosse oggi il mercato finanziario americano non esisterebbe più.

franz ha scritto:Poi sul come far ripartire il fatturato, la domanda è quella giusta ma qui in questo thread è OT.
Parlare di come un'impresa privata deve riposizioanrsi e ristrutturarsi non c'entra nulla con il discorso sulla efficacia o meno degli investimenti pubblici. Lietissimo di dire la mia opinione ma in un thread apposito.


Le due cose sono collegate. Comunque gl'investimenti pubblici sono uno strumento per rimettere in moto l'economia. Poi si può discutere su quali fare, come finanziarli, quando farli, dove farli. Variando questi aspetti varia l'impatto che ottieni.
L'effetto sulle aspettative dei consumatori, che contraggono la spesa perchè si aspettano una maggiore tassazione nel futuro, quella si che è una favola; quella dell'informazione perfetta e razionalità perfetta.
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda franz il 11/07/2013, 17:18

trilogy ha scritto:C'è un saggio molto bello sull'argomento di Ulric Beck, il quale osserva che la disuaglianza nell'europa a 27 dopo l'ultimo allargamento, è uguale a quella che c'è negli USA a 50 Stati. La differenza è che in Europa sono gli Stati ad essere ricchi o poveri, negli USA sono gl'individui.

E dico poco? Una cosa sono differenze geoecomiche, altro è una distribuzione disomogena della ricchezza e della povertà nel territorio. Proprio di questo stiamo parlando, quandi citi stati forti e stati deboli in euripa. Che poi esista una forte federazione in un paese federale come gli USA ed una debolissima nel contesto europeo, tanto che in USA la crisi è compito federale mentre da noi è compito degli stati, è appunto una delle cose che vado sostendo. la differenza è proprio nel sistema.
trilogy ha scritto:Comunque gl'investimenti pubblici sono uno strumento per rimettere in moto l'economia. Poi si può discutere su quali fare, come finanziarli, quando farli, dove farli. Variando questi aspetti varia l'impatto che ottieni.
L'effetto sulle aspettative dei consumatori, che contraggono la spesa perchè si aspettano una maggiore tassazione nel futuro, quella si che è una favola; quella dell'informazione perfetta e razionalità perfetta.

Qui non so tecnicamente che dirti, sarà una favola ma mi pare di osservare che ora i consumatori consumano meno e riducono i consumi non è per qualche paura irrazionale ma per motivi piu' che leciti relativi non solo al presente (pochi soldi) ma anche se non soprattutto sulle aspettative future. Poi è chiaro che chi non è d'accordo sulle aspettative dei consumatori/contribuenti le giudicherà irrazionali, e al contrario chi concorda non avrà problemi a definirle razionali.
Si dovrebbe aprire una discussione sulla razioanlità, magari approfittando degli ozi estivi.

Comunque ovvio che tante cose sono collegate ma solo in parte. Il privato deve fare il suo lavoro per ripartire dopo una crisi, lo stato altro.
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