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Una buona notizia.

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Una buona notizia.

Messaggioda ranvit il 24/12/2008, 12:54

Da Repubblica.it :

D'Alfonso potrebbe ritirare le dimissioni
Dopo dieci giorni agli arresti domiciliari, la revoca da parte del giudice
Pescara, il sindaco oggi libero
Il gip: "Nessuna tangente pagata"
di GIUSEPPE CAPORALE

PESCARA - Libero e sostanzialmente scagionato da quasi tutte le accuse. Sarà un Natale particolare per Luciano D'Alfonso, ex sindaco e segretario regionale del Pd. Oggi, dopo dieci giorni trascorsi agli arresti domiciliari, il giudice per le indagini preliminari, Luca De Ninis, gli notificherà la revoca della misura cautelare e con essa un atto che, di fatto, lo sottrae da una montagna di capi d'imputazione.

Una revoca che appare scontata se si considera quella ottenuta appena due giorni fa, dal suo ex braccio destro, Guido Dezio, finito anche lui agli arresti con l'accusa di essere "l'esattore" del sindaco verso gli imprenditori. Nessuna tangente, nessuna associazione a delinquere - ha stabilito ora il gip ribaltando la sua stessa ordinanza - ma solo contributi illeciti al partito La Margherita per le elezioni politiche del 2006. Resta convinto del contrario, invece, il pubblico ministero, Gennaro Varone, che aveva chiesto e ottenuto l'arresto del primo cittadino. Per il pm, quei soldi in nero, seppure ottenuti in campagna elettorale, sono comunque da considerare "episodi corruttivi", in quanto non si tratterebbe di libere donazioni, ma piuttosto di versamenti da parte di aziende "che avevano interesse a ottenere atti a loro favorevoli dall'amministrazione comunale".

A determinare il cambio di rotta del Palazzo di Giustizia, anche un vertice che si è svolto, ieri mattina, in Tribunale tra il procuratore capo Nicola Trifuoggi, il sostituto Varone e il vicequestore Nicola Zupo. A questo punto D'Alfonso potrebbe anche ritirare le dimissioni e riprendere a svolgere la funzione di sindaco, come se nulla fosse accaduto. Se lo augura anche il presidente del consiglio comunale Vincenzo Dogali (Pd). "Abbiamo esaminato la vicenda in un'apposita riunione. D'Alfonso può ritirare le dimissioni ? ha spiegato Dogali ? e tornare ad assumere il ruolo di sindaco. Il decreto firmato dal ministro dell'Interno Roberto Maroni non influirebbe qualora Luciano decidesse di riprendere la guida della città".

Intanto l'indagine prosegue. Il pm Varone si sarebbe recato a Firenze insieme al capo della mobile Nicola Zupo per seguire da vicino una perquisizione nello studio di un avvocato che avrebbe ricevuto 340 mila euro come compenso per consulenze "sospette" sull'appalto dei servizi cimiteriali. Sempre nei giorni scorsi verifiche sarebbero scattate nei confronti di altri collaboratori di D'Alfonso, sempre legati a doppio filo con l'imprenditore Carlo Toto, proprietario della compagnia aerea Airone, anche lui indagato nella stessa inchiesta.

Il clima politico regionale dopo le dimissioni di D'Alfonso da segretario del Pd è sempre incandescente. Nell'ultima assemblea regionale del partito, alla presenza del commissario inviato da Roma Massimo Brutti, il senatore Franco Marini ha ammonito gli ex Ds: "Con Luciano abbiamo cercato un cambiamento e quando lo abbiamo eletto segretario lo avete amato quanto noi". Dopo le feste non si escludono altri colpi di scena.

(24 dicembre 2008)
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Re: Una buona notizia.

Messaggioda ranvit il 24/12/2008, 12:57

Da Repubblica.it :

L'inchiesta che ha travolto Luciano D'Alfonso e la giunta comunale di Pescara
Corruzione, truffa e associazione a delinquere i reati ipotizzati dal gip De Ninis
Sette giorni e il giudice si smentisce
così scompare la banda dei corrotti
dal nostro inviato CARLO BONINI


Il giudice dell'indagine preliminare Luca De Ninis
PESCARA - In soli sette giorni, l'inchiesta che ha travolto Luciano D'Alfonso e con lui la giunta comunale e il Pd abruzzese, collassa per mano dello stesso magistrato - il giudice dell'indagine preliminare Luca De Ninis - che non più tardi del 15 dicembre ne aveva certificato il rigore "documentale", "probatorio", "logico", traendone conclusioni di straordinaria gravità, in un florilegio di aggettivi e ipotesi di reato ("associazione per delinquere", "corruzione", "truffa", "turbativa d'asta", "abuso"). Perché, ora, quello stesso magistrato, nel riscrivere l'intero canovaccio della vicenda, la degrada ad affare bagatellare. "In definitiva, un finanziamento illecito al partito".

La capriola del gip è spettacolare. Perché non è la semplice ammissione di un errore. Se possibile, è qualcosa di più e di peggio. Luciano D'Alfonso e con lui il suo braccio destro Guido Dezio tornano infatti in libertà per le stesse ragioni per cui, a rigore, non avrebbero mai dovuto perderla. Dal momento che gli argomenti del gip muovono da una rilettura severa di quanto in realtà già noto nel momento in cui la Procura chiese la cattura dell'ex sindaco. E suonano così.

Primo. D'Alfonso, pur non introducendo nuovi elementi di fatto, ha suggerito con "la sua dettagliata e appassionata autodifesa" resa nell'interrogatorio di garanzia una lettura diversa del quadro indiziario."Ridimensionandolo in senso favorevole agli imputati" soprattutto in relazione alle ipotesi di reato più gravi: l'associazione a delinquere e la corruzione. Finendo per "svilire" la seconda e dunque rendendo poco plausibile la prima.

Secondo. Il quadro investigativo appare "scarso" di elementi decisivi. Il lavoro della polizia giudiziaria e della Procura è "insufficiente". Di più: "suggestivo", lì dove ipotizza, con un salto probatorio e persino logico, che la semplice esistenza di contributi versati da imprenditori alla Margherita siano di per sé sufficienti a dimostrare una prassi e una rete di corruzione. Insomma, non esistono prove che il sindaco abbia effettivamente barattato la propria discrezionalità politica e amministrativa "per fini di arricchimento personale". E immaginarlo da parte della pubblica accusa non equivale ad averlo dimostrato.

Terzo. Non esistono elementi indiziari che "supportino la tesi di commesse alle imprese in condizioni di illegittimità amministrativa e dunque la tesi del favoritismo".

Quarto. Dell'intera istruttoria, restano provati solo i "150 mila euro" di contributi in nero versati alla Margherita da una ventina di imprenditori nel corso del 2006. Ma questo denaro, a questo punto, sarebbe "in definitiva, riqualificabile come mero finanziamento illecito del partito".

Quinto. Non esistono più esigenze cautelari. Perché, al netto delle considerazioni sul merito dell'istruttoria, D'Alfonso si è dimesso dalla carica di sindaco. E Dezio non è più parte dell'amministrazione comunale da almeno sette mesi. Non hanno prove da inquinare, né reati da reiterare. Quel che dunque è vero oggi, non lo era ieri. E per comprendere la portata del capovolgimento conviene fare un passo indietro. Alla notte del 15 dicembre. De Ninis ordina la cattura di D'Alfonso e, al "foglio 52" della sua ordinanza, scrive: "Le risultanze investigative, complessivamente valutate, (...) di un'indagine delicatissima (...) hanno ampiamente documentato un meticoloso sistema di illegalità (...) Esiste una sostanziale certezza che gli indagati torneranno a commettere reati (...) Le indagini hanno dimostrato eclatanti irregolarità in almeno due grandi appalti pubblici".

Si potrebbe obiettare che il gip non conosca ancora "l'appassionata difesa" con cui l'ex sindaco è pronto a capovolgere le accuse che lo schiacciano. Ma le cose non stanno così. Il 9 dicembre, infatti, sei giorni prima del suo arresto, D'Alfonso si è presentato spontaneamente al pm che lo indaga, Gennaro Varone, per un'accorata autodifesa, speculare nei contenuti a quella che sosterrà da detenuto. E in quella sede ha consegnato per altro al magistrato la lettera di dimissioni da sindaco, già firmata, che intende rendere nota il 16 mattina, a urne elettorali chiuse. Ebbene, informato dal pm, De Ninis irride la mossa. Meglio, la trasforma in indizio di colpevolezza. Scrive: "Sono dimissioni strategiche che non possono eliminare la capacità di penetrazione e intimidazione del sindaco". Ne ordina dunque la cattura un attimo prima che quelle dimissioni vengano rese note. La notte del 15, appunto.

Non ci vuole un indovino per prevedere, nelle prossime settimane, giorni assai complicati per gli uffici giudiziari di Pescara e per il gip Luca De Ninis. Non fosse altro per un precedente e una coincidenza che lo inseguono. Il 5 aprile di quest'anno ordina l'arresto di un chirurgo che accusa di aver asportato un rene a una paziente, provocandone la morte. La storia fa il giro d'Italia, e trasforma la città nella capitale della malasanità. Il chirurgo è innocente. Sconta 40 giorni di arresti domiciliari fino a quando, in luglio, la riesumazione del corpo della paziente, accerta che il rene non era mai stato rimosso, ma semplicemente affetto da una grave malformazione congenita. Il pm di quell'inchiesta era Gennaro Varone.

(24 dicembre 2008)
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Il commento di D'Avanzo.

Messaggioda ranvit il 24/12/2008, 12:59

Da Repubblica.it :


Tra pm avventurosi e cattivi legislatori
di GIUSEPPE D'AVANZO

PESCARA non è stata governata da una "cupola" mafiosa di politici corrotti e truffaldini. Soltanto dieci giorni fa, il giudice Luca De Ninis ne scriveva decidendo l'arresto di Luciano D'Alfonso, sindaco e segretario regionale del partito democratico. Quel giorno, il 15 dicembre, nella notte del voto abruzzese, il Pd si guarda allo specchio e si scopre indegno. Non solo politicamente in ginocchio, ma eticamente opaco.

Pescara era soltanto l'inizio di una sequela di colpi di maglio alla rispettabilità politica e morale degli amministratori del centro-sinistra (Napoli, Firenze, Basilicata). Ora, con un ripensamento che deve essere stato tormentatissimo e quindi onesto, il giudice ritorna sui suoi passi. Si ricrede. Ha ascoltato le ragioni e gli argomenti di D'Alfonso. Ha riflettuto sulle fonti di prova raccolte dal pubblico ministero e ha concluso che il municipio di Pescara non è una casa corrotta abitata da una associazione per delinquere.

Scrive che "i fatti" che si è ritrovato tra le mani sono soltanto "deduzioni investigative" e la scena accusatoria, a vagliarla meglio, svela soltanto "una originaria scarsità investigativa". Non c'è corruzione. Non c'è associazione per delinquere. Al più, si può parlare di finanziamento illegale alla Margherita, se altre indagini e accertamenti lo confermeranno.

Quel che accade a Pescara non è poi così stravagante. E' accaduto; accade ogni giorno; accadrà ancora (e per fortuna) nei palazzi di giustizia. E' la fisiologica dialettica di un processo. "Iudicium est actus trium personarum": il primo (l'accusatore) domanda; il secondo (l'accusato) resiste; il terzo (il giudice) decide ("il verbo evoca un taglio e la caduta della cosa tagliata").

Dov'è allora la singolarità dell'affare, destinato a sollevare le consuete polemiche tra la politica e la magistratura? E' fuori dalle aula di giustizia in tre scene diverse, tutte politiche.

La prima. Luciano D'Alfonso ritorna libero. Si è dimesso e non è più sindaco nonostante la buona opinione che hanno di lui i pescaresi. Il ministro dell'Interno ha sciolto il consiglio comunale e si andrà a nuove elezioni. Nonostante la mossa del pubblico ministero fosse avventata, D'Alfonso ha fatto la mossa giusta. E' giusto, forse doveroso, addirittura necessario per difendersi senza iattanza, se politico o amministratore, fare un passo indietro e affrontare, senza frapporre ostacoli, la verifica del proprio comportamento e delle proprie decisioni. Erano accuse che pregiudicavano il rapporto di fiducia con gli elettori e i cittadini. Libero ora dal peso, D'Alfonso potrà ritornare a chiedere il consenso della sua città.

La seconda scena interpella il Partito democratico. Sarebbe un errore pensare che, scagionato D'Alfonso dalle accuse maggiori, si può svicolare la questione morale che affligge il Pd, soprattutto nelle amministrazioni del Mezzogiorno. Le indagini giudiziarie, al di là del loro esito processuale che non deve essere dato precipitosamente per scontato (come insegna Pescara), hanno svelato in ogni caso la modesta qualità di un ceto politico abbandonato a se stesso senza alcuna guida, controllo e direzione; un ceto politico autoreferenziale che spesso - in tempi inadatti a bustarelle e denaro contante - si offre all'attore economico più disponibile e più capace di offrire promozione sociale, politica, economica (come si intravede a Napoli).

La terza scena è ancora politica. Evoca il presidente del Consiglio. Con il Pd sotto botta giudiziaria, Berlusconi ha ceduto alla tentazione di coinvolgerlo e convincerlo a una rapida riforma della giustizia che neutralizzi l'autonomia della magistratura. Dice Berlusconi che il pubblico ministero deve diventare "avvocato della difesa", cioè un funzionario che rappresenti in aula le ragioni della polizia. Dice che il pubblico ministero deve andare "con il cappello in mano" dinanzi al giudice.

Perché - accusa - pubblico ministero e giudice oggi sono pappa e ciccia e, domani, con la sua riforma spaventosa diventeranno cane e gatto. L'affare di Pescara ricorda che il racconto non è veritiero. I giudici - anche i giudici delle indagini preliminari - sono altro dal pubblico ministero; non se ne fanno influenzare; non sono subalterni; sanno finanche rivedere le scelte già fatte da loro stessi. L'affare di Pescara ci dice che la fragilità della giustizia italiana non è nell'ordinamento, ma nel processo diventato un arnese arrugginito, tortuoso in cui nessuno crede più. Né i pubblici ministeri né le difese.

Questo strumento ibrido, afflitto da procedure sovraccariche, umiliato da furberie pseudo-garantiste, che impedisce un serio e rapido contraddittorio, deve essere affilato se si vogliono tempi ragionevoli e contraddittorio autentico (come è accaduto a Pescara). Cattivi legislatori, responsabili della morte del processo, cercano al contrario soltanto la vendetta contro le toghe dimentichi di dare al cittadino procedure rapide, eque, efficienti.

A conclusione di questa storia pescarese sarebbe ipocrita però non ritornare nell'aula di giustizia e spendere qualche parola per il pubblico ministero e per le sue accuse grossolane. Non si può chiedere, come un dovere, ai politici un passo indietro se sfiorati dal sospetto e accettare come il vento e la pioggia che ci sia un pubblico ministero che lavori a mano libera alle sue accuse senza alcuna saggezza, senza alcuna autolimitazione, senza alcuna perizia. Di questa spensieratezza, irrispettosa delle regole e addirittura del buon senso, ne abbiamo avuto le prove nell'insensato conflitto tra le procure di Salerno e Catanzaro e ora a Pescara. Pubblici ministeri, così avventurosi da non comprendere che l'autonomia dell'ordine giudiziario è in pericolo se non interpretata con rigore e responsabilità, sono i peggiori nemici della magistratura. Secondi soltanto al presidente del Consiglio. E i suoi migliori alleati.

(24 dicembre 2008)
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Della serie "anche i giudici sono uomini".....da tenere un po' sotto controllo!

Vittorio
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Re: Una buona notizia.

Messaggioda Paolo65 il 24/12/2008, 13:14

Ecco perchè sono contrario alla pubblicazioni delle intercettazioni,non al loro divieto per i reati di corruzione.

Il sindaco sarebbe andato comunque incontro a suoi guai giudiziari,per ora ridimensionati,ma il danno d'immagine al quale anche le intercettazioni publicate hanno contribuito chi le ripaga?

Da ottimo mezzo per indagare le intercettazioni pubblicate sono divenute strumento per una giustizia spettacolo e profondamente deleterie per il soggetto inquisito.

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Re: Una buona notizia.

Messaggioda lucameni il 24/12/2008, 14:18

Certo, meglio non essere informati, a differenza di quello che accade negli altri paesi democratici.
Così stiamo tutti più sereni. Una sana e rasserenante inconsapevolezza.
E poi - diamine - vediamo bene che il vero problema in Italia non è mica la corruzione (propaganda dei giustizialisti illiberali): sono coloro che osano informare delle indagini in corso e che applicano leggi (si esistono anche i proscioglimenti).

replica sarcastica ma davvero non siamo d'accordo su niente.
Mi spiace.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Una buona notizia.

Messaggioda pianogrande il 24/12/2008, 15:15

Paolo65 ha scritto:Ecco perchè sono contrario alla pubblicazioni delle intercettazioni,non al loro divieto per i reati di corruzione.

Il sindaco sarebbe andato comunque incontro a suoi guai giudiziari,per ora ridimensionati,ma il danno d'immagine al quale anche le intercettazioni publicate hanno contribuito chi le ripaga?

Da ottimo mezzo per indagare le intercettazioni pubblicate sono divenute strumento per una giustizia spettacolo e profondamente deleterie per il soggetto inquisito.

Paolo


La magistratura decide se c'è il segreto istruttorio.
Questo è un classico caso di nuove leggi in mancanza di applicazione di quelle esistenti.
Invece di proibire le intercettazioni bisognerebbe, semmai, regolamentare meglio il segreto istruttorio.
Laddove non fosse rispettato, perseguire severamente i colpevoli senza concedere coperture come segreti professionali e quant'altro.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Una buona notizia.

Messaggioda ranvit il 24/12/2008, 16:47

I giudici che sbagliano devono pagare!
L'indipendenza della Magistratura e anche l'obbligatorietà dell'azione penale vanno garantite, ma bisogna evitare le cialtronerie dei magistrati cosi' come quelle di tutti gli uomini delle istituzioni in qualsiasi settore.
Ben venga quindi una riforma se possibile della Magistratura.

Vittorio
Ps Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano... :

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Da Repubblica.it :

Pescara, la rabbia di Veltroni
"Avvenuta cosa gravissima"

ROMA - "Quello che è avvenuto a Pescara è gravissimo. Esprimo a D'Alfonso che torna pienamente libero la mia soddisfazione. Ma la vicenda ha dentro di sé gravi implicazioni che meritano una riflessione più compiuta che ci riserviamo di fare fin dalle prossime ore". Questo il commento di Walter Veltroni alla notizia della scarcerazione del sindaco di Pescara.

"E' sconcertante che il giudice abbia appena nove giorni fa firmato una ordinanza di arresti domiciliari nei confronti di D'Alfonso, sconfessate ora dallo stesso giudice, con una nuova ordinanza che capovolge la precedente" attacca Massimo Brutti commissario del Pd in Abruzzo.

(24 dicembre 2008)
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Re: Una buona notizia.

Messaggioda pinopic1 il 24/12/2008, 17:36

Sai che mi viene un dubbio?
Che ci siano in giro magistrati che la riforma della magistratura la desiderano (non so perché però, dovrei pensarci) e si sforzano di fornire buoni argomenti ai politici che vogliono farla?
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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