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L'Economist: la povertà ha i giorni contati

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

L'Economist: la povertà ha i giorni contati

Messaggioda franz il 01/06/2013, 13:48

L'Economist: la povertà ha i giorni contati
Passato da 1,9 a 1,1 miliardi in 20 anni il numero dei poveri

L'annuncio della Banca Mondiale: scomparirà nel 2030

Immagine

Il grafico realizzato dal settimanale economico britannico Il grafico realizzato dal settimanale economico britannico
Nell’arco di 20 anni il numero dei poveri sull’intero pianeta si è quasi dimezzato, passando da 1,9 miliardi di persone a 1,1. Lo sostiene il servizio di copertina dell’ultimo numero dell’ Economistcitando a sua volta dati dell’Onu. Il settimanale si sbilancia addirittura a titolare sulla sua prima pagina «Verso la fine della povertà», arrivando a dire che mai questo obiettivo,nella storia dell’umanità, è stato così a portata di mano. Una tesi sorprendente e che non mancherà di fare discutere. L’inchiesta ricorda innanzitutto che nel 1990 l’Onu e altre organizzazioni internazionali si erano poste una serie di traguardi da conseguire entro il 2015, tra cui dimezzare il numero degli abitanti dei paesi sottosviluppati che vivono al di sotto della soglia di povertà. Quest’ultima era inizialmente fissata simbolicamente a un dollaro al giorno ma strada facendo è stata ritoccata a un 1,25 dollari.

LO SVILUPPO - «Nel ’90 – racconta l’Economist - il 43% della popolazione dei paesi in via di sviluppo viveva in condizioni di estrema povertà. Il numero assoluto era di 1,9 miliardi di persone. Nel 2000 questa percentuale era diminuita di un terzo e a partire dal 2010 (mentre la soglia era salita a 1,25 dollari) la cifra era del 21%. La povertà globale è stata perciò dimezzata nel giro di 20 anni». Il settimanale britannico ricorda a questo punto che entro il 2030 il tasso potrebbe scendere addirittura all’1% e anzi cita un impegno preso formalmente dalle autorità internazionali.

LA PREVISIONE - «Durante una conferenza stampa nell’aprile scorso il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim scrisse la cifra ‘2030’ su un foglio e la mostrò a tutti annunciando ‘Questo è il traguardo per la fine della povertà’». Ma quanto può essere realistico il progetto di sradicare la miseria dal pianeta nell’arco di una sola generazione? «Il mondo – afferma entusiasticamente il settimanale – non solo ha tagliato di molto la povertà ma ha anche imparato come farlo». Il fattore che ha principalmente contribuito al calo della povertà è stata la crescita economica: una media annuale dell’8% in Cina, del 7% nel Sud Est asiatico e del 5 in Africa. Prima del 1980, ecco un altro dato citato dal rapporto Onu, tale indicatore cresceva appena dello 0,9 all’anno e il mantenimento del tasso di crescita del Pil secondo l’Economist è la base indispensabile per raggiungere il traguardo del 2030. Ma la crisi economica europea non finirà per ostacolare la battaglia contro la povertà? È una possibilità, concludono gli autori del servizio, i quali fanno comunque notare che da anni i paesi in via di sviluppo hanno intensificato notevolmente gli scambi commerciali tra di loro e dunque i venti del declino del Vecchio Continente potrebbero avere un effetto limitato senza contare che la curva demografica metterà a disposizione di molti paesi nel prossimo ventennio un ingente numero di nuova forza lavoro. Il vero problema dei prossimi anni – conclude l’Economist – sarà la distribuzione della ricchezza all’interno dell’area dei paesi poveri».

Claudio Del Frate 1 giugno 2013 | 11:51 http://www.corriere.it
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Re: L'Economist: la povertà ha i giorni contati

Messaggioda Iafran il 02/06/2013, 0:17

franz ha scritto:L'Economist: la povertà ha i giorni contati
Passato da 1,9 a 1,1 miliardi in 20 anni il numero dei poveri
L'annuncio della Banca Mondiale: scomparirà nel 2030

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... 76/612939/

Cgil: “Occupazione ai livelli pre-crisi? Ci arriveremo, forse, nel 2076″
Ci vorranno 13 anni per tornare al Pil del 2007 e 63 per migliorare il problema della disoccupazione in Italia. Il sindacato avverte: "la creazione di nuovi posti di lavoro torni al centro delle politiche economiche".

. . . . . .
Qualcosa non quadra ... ma l'Italia, forse, "fa storia a parte" per l'alta vita media dei suoi abitanti (duri a morire!), mentre il traguardo che si sono posti l'Onu e le altre organizzazioni internazionali (entro il 2015, dimezzare il numero degli abitanti dei paesi sottosviluppati che vivono al di sotto della soglia di povertà) sarà più fattibile ... per la loro morte prematura!
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Re: L'Economist: la povertà ha i giorni contati

Messaggioda franz il 02/06/2013, 9:12

Certo, stiamo parlando di povertà mondiale intesa come guadagnare meno di 1.25 dollari al giorno.
Una soglia assoluta fatta per misurare la povertà del terzo e quarto mondo.
Da noi la poverà è relativa, nel senso che è povero chi guadagna meno di un certo percentile del reddito.
Comunque un certo riequilibrio - a nostro svantaggio - bisogna mettelo in conto, soprattutto se non ci diamo una mossa e dall'altra parte del mondo lavorano duramente, molto piu' di noi, per uscire dalla povertà.
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Re: L'Economist: la povertà ha i giorni contati

Messaggioda pianogrande il 09/06/2013, 10:17

Sono sicuro che la povertà sia il più potente stimolo a "lavorare duramente".
Nessuno lavorerà altrettanto duramente per la casa al mare o per l'auto più potente o l'abito firmato.
La ricchezza rammollisce.
Quello che manca alla nostra civiltà è uno stimolo al di là dei bisogni di sopravvivenza.
Questo stimolo dovrebbe essere di che tipo?
Filosofico? Religioso? Genericamente culturale?
Qualcosa del genere ma prima che questo che diventi una esigenza di intere popolazioni ci becchiamo il rincojonimento ed il degrado da benessere e ce ne stiamo a pancia all'aria mentre gli altri corrono.

Credo che sia questo e non il marxismo e simili, il più potente meccanismo di redistribuzione della ricchezza.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: L'Economist: la povertà ha i giorni contati

Messaggioda franz il 09/06/2013, 10:42

pianogrande ha scritto:Sono sicuro che la povertà sia il più potente stimolo a "lavorare duramente".
Nessuno lavorerà altrettanto duramente per la casa al mare o per l'auto più potente o l'abito firmato.
La ricchezza rammollisce.
Quello che manca alla nostra civiltà è uno stimolo al di là dei bisogni di sopravvivenza.
Questo stimolo dovrebbe essere di che tipo?
Filosofico? Religioso? Genericamente culturale?

La povertà è uno stimolo a "lavorare duramente" solo per chi non ha altro modo di guadaganare abbastanza.
Mi spiego. Se hai muscoli e poca specializzazione tecnica o universitaria, poca creatività e poco ingegno, l'unica cosa che puoi fare è puntare sull'intensità di lavoro. Lavoro tanto e duramente. lasciamo perdere le scorciatorie del mondo dello spettacolo e dello sport, che sono cose rare.

Ma nel mondo occidentale oggi si guadagna molto facendo sempre meno fatica. Progetti oppure utilizzi robot. Ma devi essere capace di progettarli (cosa non facile) o di utilizzarli; anche questo non è del tutto facile perché non puoi dare macchinari che costano milioni in mano a persone che hanno fatto la 5 elementare o la terza media. Erve conoscenza e specializzazione.
Il problema non è "lavorare duramente" ma è la produttività, per cui occorre "studiare duramente" e non solo in età scolastca. Sempre, anche quando si lavora. Lo stimolo è che non lo fai sei in poco tempo al di là del baratro. Non ci sono posizioni di rendita a cui appoggiarsi (solo gli statali e la politica ci riecono, se noi lo permettiamo).
Lo stimolo di cui parli quindi è intellettuale, teso al miglioramento continuo delle conoscenze.
Ovvio che in un paese in cui ti fanno credere ogni tre per due che ci sono pasti gratis, questo stimolo viene meno.
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Re: L'Economist: la povertà ha i giorni contati

Messaggioda pianogrande il 10/06/2013, 0:23

Franz.
Il mio lavorare duramente voleva andare oltre il lavoro manuale.
In ogni caso, siamo d'accordo.
Ad un certo punto diventa questione di stimoli, di motivazione.
Quando la motivazione è la sopravvivenza, il motore gira al massimo.
Superato quello stadio, motivare (culturalmente, sono d'accordo) diventa un'arte più sopraffina e richiede un salto culturale della popolazione (che non è detto sia tra gli obiettivi di chi sta al potere).
Fotti il sistema. Studia.
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