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Il commento di Scalfari.

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Il commento di Scalfari.

Messaggioda pierodm il 22/12/2008, 22:13

Pino
Sì, è vero, la situazione oggettivamente era quella, ed ha avuto una sua importanza: continuo a pensare, però, che non sia stata decisiva.
Torno a dire che il problema originario sia la mancanza storica di uno stato unitario.

La "politica" - nel senso alto, come strategia e istituzioni - a me non sembra particolarmente elevata o "intelligente" negli altri paesi occidentali, rispetto al nostro. E nemmeno la qualità morale o la correttezza complessiva dei politici mi sembra tanto superiore a quella dei nostri, considerato l'intero excursus repubblicano.
Davvero fatiscenti, da noi, sono la pubblica amministrazione, la burocrazia, le istituzioni e i vari "corpi" dello Stato: probabilmente perché è mancata quella lunga "macerazione" dovuto ad uno stato unitario forte, che nel tempo non poteva fare a meno di strumenti efficienti di amministrazione e che quindi in qualche modo li avrebbe elaborati.
Questa efficienza, questa "cultura amministrativa" non si crea in poco tempo, e nemmeno si può importare, si può "inventare" da parte di un manipolo di Padri Fondatori, come può essere per una Carta Costituzionale o per un parlamento di notabili.
Si potrebbe obiettare che la nostra classe dirigente post-bellica non era composta da nobilissimi Padri: vero, ma nell'insieme non erano poi così male.
Questa classe politica di allora, però, fu un cappello dignitoso messo a coronamento di un corpo malato.
Quella classe politica non era l'espressione maturata nel tempo di un popolo coerente e democraticamente maturo, ma era un organo "nobile" e distaccato, com'è sempre stata la classe dirigente italiana per secoli - nei suoi esponenti migliori, s'intende.
Tutto ciò che in quell'Italia non era "classe politica alta", era l'espressione di tante storie diverse, di tanti malgoverni, e soprattutto di una grande varietà di amminitrazioni spicciole, locali, cresciute secondo l'etica del compromesso e dell'arrangiamento, del clientelismo, spesso del populismo.
Nel momento stesso in cui la politica ha cominciato ad agire, si è messa in relazione e comunicazione, in osmosi, con questa vastità indeterminata e consolidata: la realtà ha rapidamente indirizzato la politica, invece del contrario.
La democrazia ha in qualche modo spezzato gli argini che dividevano i diversi livelli sociali, e si è verificato un travaso dal basso in alto, contrariamente a ciò che ci si sarebbe aspettato: in concreto, oltre ai fenomeni locali o dell'amministrazione periferica, il meccanismo democratico ha portato in politica a mano a mano quegli avvocaticchi, quei capetti di contea, quei personaggi che meglio rappresentavano quella cultura e quella pratica secolare di clientelismo e di compromesso.
E' stato questo il modo - a mio avviso - in cui la storia ha pesato sulla nascente Repubblica e sulla formazione della sua classe politica.
pierodm
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