da ranvit il 20/12/2008, 13:16
Da Repubblica.it il commento tutto sommato buonista di Giannini :
Il colpo d'ala ancora non c'è
di MASSIMO GIANNINI
"O innovazione, o morte". Con questo drammatico ultimatum Walter Veltroni ha cercato di ricostruire le macerie del Pd, scosso dall'appannamento identitario e dall'accerchiamento giudiziario. Ci è riuscito, ma solo in parte. Più che una vittoria personale, la direzione sancisce una tregua collettiva.
Dopo troppi mesi di lotte interne al quartier generale, dopo la disfatta del voto in Abruzzo e dopo l'ondata di arresti e di avvisi di garanzia che ha investito le giunte di centrosinistra di mezza Italia, dal leader del "partito riformista di massa" ci si aspettavano risposte chiare e forti su almeno tre fronti. La cosiddetta "questione morale", il rilancio di una piattaforma politica di modernizzazione, la ridefinizione di una strategia delle alleanze. Nella relazione con la quale il segretario ha ricompattato le diverse anime del partito queste risposte sono esaustive nel primo caso, parziali nel secondo, ambigue nel terzo.
Sulla questione morale e sulle inchieste giudiziarie, Veltroni si muove secondo una sana etica della responsabilità. Evita il riflesso autoassolutorio della "giustizia a orologeria", o peggio ancora del "complotto". Ma rivendica con orgoglio legittimo che il Pd è un "partito di gente perbene". E soprattutto ottiene poteri commissariali rispetto ai "disonesti". Non è moltissimo, per un leader che in questi mesi avrebbe forse dovuto affrontare con qualche atto di forza situazioni e posizioni francamente insostenibili, come quelle di Napoli e della Campania. Ma non è neanche poco, per un partito che ora ha un bisogno urgente di rinnovare i gruppi dirigenti locali e di ristabilire così un radicamento più profondo con il territorio.
Sulla modernizzazione economica e sociale, Veltroni ha rilanciato alcune proposte concrete, che per coraggio e fantasia riecheggiano lo "spirito del Lingotto". A partire dalla riscrittura del patto su cui si regge il vecchio Welfare, attraverso il contratto unico, il sussidio unico di disoccupazione e il salario minimo. È un pacchetto non banale, che coniuga le mutate esigenze di assistenza sociale con le consolidate esperienze della flexsecurity, e che richiede un massiccio sforzo riformista a tutta la sinistra politica e, soprattutto, sindacale.
Anche sulla scuola, con l'affermazione dei criteri di valutazione e di merito, c'è un apprezzabile tentativo di non fermarsi alla pura difesa dell'esistente e alla semplice cavalcata dell'Onda studentesca. Ma nel complesso non c'è molto altro, per promuovere con formula piena l'idea di un "Lingotto 2" (a meno di non voler considerare "radicalmente nuova" l'ennesima "Rivoluzione verde" proposta dal segretario).
Sulle alleanze, e dunque sul profilo identitario dell'opposizione reale di oggi e della maggioranza potenziale di domani, Veltroni non è uscito dal limbo in cui staziona da troppi mesi. Al riconoscimento dei danni causati dal dipietrismo al Pd, non corrisponde una scelta di rottura netta, se non il vago riferimento dell'esistenza di "diverse visioni" e di "diverse forme di opposizione", puntualmente contraddetto dalla riconferma dell'alleanza con l'Idv a livello locale.
La stessa cosa vale per l'Udc: si tentano "prove di convergenza", esperite con analoga disinvoltura nei confronti della Sinistra radicale. Insomma, su questo terreno ancora siamo fermi al "ma anche".
Il documento finale suggella dunque la tregua. Ma non è affatto certo che possa durare. Il voto quasi bulgaro, da vecchio comitato centrale, non cancella le requisitorie severe piovute su Veltroni e sulla sua linea. Pesano i giudizi di D'Alema, che benedice l'innovazione ma invoca "autorevolezza" e parla di "amalgama mal riuscito". Pesano i distinguo di Bersani, che plaude all'innovazione ma precisa "dobbiamo intenderci su dove la troviamo". Pesano i dubbi di Chiamparino e del fronte del Nord, che bocciano l'esperienza del governo-ombra e insistono sulla creazione di un "gabinetto di crisi".
Pesano i maldipancia di Follini, che non si piega all'unanimismo e mette ai voti la sua mozione anti-dipietrista (sulla quale, oltre a D'Alema, si astiene l'area moderata di Letta).
Era difficile, per Veltroni, osare di più. Il partito era in piena bufera. Invece di tornare indietro, o implodere, ha fatto un piccolo passo avanti. Quanto basta per reggere l'urto delle procure, e per proiettarsi almeno fino alle elezioni europee. Ma il colpo d'ala no, quello onestamente non c'è stato. E la grande e vera innovazione, anche stavolta, sembra più teorizzata che non praticata. Come diceva Mino Maccari, "o Roma, o Orte".
m. giannini@repubblica. it
(20 dicembre 2008)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.