«Il Cavaliere ha avuto paura. Prodi? Sono l'unico con il quale non se l'è presa»
Renzi: è Berlusconi che non mi ha voluto«Sono stato leale anche con Bersani. Marini non mi pareva l'uomo giusto e l'ho detto apertamente»ROMA - La direzione del Pd è finita, Matteo Renzi esce dall'ingresso laterale per evitare i cronisti, si imbatte comunque in una selva di telecamere, vorrebbe andare a piedi al Vittoriano - «quant'è? Un quarto d'ora, no?» - ma i reporter lo inseguono - «per cortesia, vi ho detto che non parlo!» -, il suo portavoce Marco Agnoletti ferma al volo un taxi, davanti sale il senatore toscano Andrea Marcucci, il sindaco si mette dietro. Il tempo di fare inversione e imboccare via del Tritone, e sul telefonino arriva la chiamata che aspettava: «Ciao segretario». È Bersani.
Il tono di Renzi è cortese, quasi affettuoso. Dall'altra parte si sente una voce stanca, un po' affranta, ma non seccata, anzi. Il «segretario» diventa rapidamente «Pier Luigi». Il sindaco scherza: «Pensa un po', sto andando a una mostra su Machiavelli, indovina chi è il curatore? Giuliano Amato. Cosa devo dirti, sono paraculo fin da piccolo» dice con un sorriso autoironico. La conversazione dura pochi minuti. Chiuso il telefono, Renzi si rilassa, si accorge di non aver ancora salutato il tassista, gli porge la mano mentre l'auto è ferma al semaforo. Poi fa il punto della situazione.
La corsa a Palazzo Chigi è ristretta a due uomini: Enrico Letta e appunto Amato. «Io non sono in corsa. Ma non è stato Bersani a mettere il veto sul mio nome. Lui non ha avuto alcuna obiezione su Letta come su di me. Né tantomeno Napolitano», con cui Renzi ha parlato, e non solo per fargli gli auguri per l'onomastico. «La mia impressione è che, se c'è un veto, sia di Berlusconi». Più tardi Gianni Letta chiamerà per dire che assolutamente no, Berlusconi non avrebbe nulla in contrario a vedere «Matteo» a Palazzo Chigi. Resta il fatto, dice Renzi, che «Berlusconi ha avuto paura. Paura di andare a votare subito. Ma io non ho fretta. Magari si vota tra sei mesi. Magari il governo decolla e va avanti due anni, anche tre. Posso aspettare. Il vero dato della giornata per me è un altro. Ed è stata una giornata davvero inconsueta».
«Per la prima volta - riprende Renzi - gran parte del Pd si è ricompattata sul mio nome. Non era mai successo. Il primo ad avere l'idea di propormi per la presidenza del Consiglio è stato Fassino. Uno a uno, gli altri si sono detti d'accordo. Era d'accordo Walter», che sarebbe Veltroni, «era d'accordo Franceschini. In direzione il mio nome è stato fatto esplicitamente da Umberto Ranieri», l'allievo prediletto di Napolitano, «segno che le perplessità non erano certo del presidente. Mi ha fatto piacere che Orfini e gli amici che voi giornalisti chiamate i "turchi" si siano pronunciati in mio favore, e non da oggi. E' la mia generazione, e questo per me vuol dire molto. Come è della mia generazione Debora» che sarebbe la
Serracchiani, «che in Friuli ha vinto nell'ora più difficile e
ha dimostrato che Grillo si può ridimensionare».
Ma lei, Renzi, non teme che andare a Palazzo Chigi senza passare dalle urne sarebbe stata una forzatura, avrebbe rischiato di bruciarla? «A me piace rischiare. E, se il capo dello Stato chiama, come fai a dirgli di no? In ogni caso, l'ipotesi non esiste. La sensazione è che sia Berlusconi a non volermi. E questo forse aiuta a chiarire l'equivoco una volta per tutte». L'equivoco sarebbe una presunta sintonia tra lui e il Cavaliere; mentre Renzi è convinto che Berlusconi lo veda come il fumo negli occhi perché lo considera il suo avversario più pericoloso, da non attaccare frontalmente perché non sgradito all'elettorato moderato, ma da mettere fuori gioco con il volenteroso contributo dei suoi stessi compagni di partito. E il fatto che in una riunione durissima della direzione Pd, in cui si sono succeduti interventi di tutti contro tutti - Marini contro Franceschini, Bindi contro Marini, Finocchiaro contro Bindi... - il nome di Renzi per una volta non sia stato divisivo, per il sindaco rappresenta una svolta. Quanto a D'Alema, non c'è alcun «patto di ferro», occulto o esplicito; c'è piuttosto un accordo di non belligeranza dopo gli scontri dei mesi scorsi.
In teoria, a Renzi ora converrebbe avere a Palazzo Chigi Amato piuttosto che Enrico Letta, possibile rivale per la candidatura alla premiership, quando ci saranno le elezioni anticipate. «Ma non è questo il momento di fare certi discorsi. E' il momento di avere coraggio e osare. Io non ho mai detto di considerare il voto subito come l'unica opzione. Ho detto un'altra cosa: basta perdere tempo; decidiamo: con Grillo l'accordo è impossibile, e mi pare che le cose da lui dette in questi giorni lo confermino; o facciamo un accordo con Berlusconi, o andiamo a votare. Oggi l'intesa è vicina. L'importante è che entriamo nel governo a testa alta, con alcuni tra i nostri uomini migliori. Facciamo noi, presto e bene, le cose che ci chiedono non tanto Grillo quanto i cittadini: abolizione delle Province e del Senato, taglio ai costi della politica, provvedimenti di emergenza per le piccole imprese e per i giovani». E tra gli «uomini migliori» potrebbe esserci il renziano di maggior peso, il sindaco di Reggio Emilia e presidente dell'Anci Graziano Delrio.
Il taxi è arrivato al Vittoriano. Dentro attende Amato, con cui Renzi converserà per dieci minuti. Resta, al di là della storica rielezione di Napolitano, l'amarezza per il killeraggio contro Prodi. Al solo nominargli il fondatore dell'Ulivo, Renzi scatta: «
Sono stato l'unico con cui Prodi non se l'è presa. Conservo gli sms che mi ha mandato prima, durante e dopo la votazione in cui è stata affossata la sua candidatura. E li conserverò per sempre, perché Prodi è stato molto carino con me, pure nel momento più nero. Io l'ho appoggiato con convinzione, anche se questo mi ha fatto perdere qualcosa nell'elettorato del centrodestra. Non ho nulla da rimproverarmi. I miei l'hanno votato tutti, tranne uno, credo anche di sapere chi è. Sono stato leale pure con Bersani: Marini non mi pareva l'uomo giusto e l'ho detto apertamente. E sono contento di aver tirato fuori il nome di Chiamparino. L'ho proposto anche a Berlusconi, che però non l'ha voluto. Ma sono convinto che tornerà presto utile al Paese».
Aldo Cazzullo 24 aprile 2013 | 8:15
www.corriere.it
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)