E' bello vedere che la lettura orografica della storia incontra la simpatia del colto pubblico e dell'inclita platea: il mio amico hidalgo ne sarebbe fiero.
Probabilmente sarebbe utile, per capire le differenze tra il mondo mediterraneo e quello nordico, andare a scavare nei rispettivi trascorsi, che qui mi limito a elencare: il peso della tradizione germanica, l'influenza dell'arianesimo sfociata poi nella Riforma luterana, la consolidata esperienza degli stati nazionali sovrani, e altri aspetti conseguenziali a questi, per ciò che riguarda il mondo nordico, e la degenerazione dello statalismo romano nel tardo impero e nelle epoche successive, l'integralismo e l'autoritarismo connaturati al cattolicesimo, l'influenza araba e ottomana, la soggezione politica ai grandi "imperi" mitteleuropei dell'Italia, la marginalità economica successiva allo spostamento del baricentro commerciale nell'area atlantica, e infine - una faccenda che interessa gli ultimi quattrocento anni - gli effetti devastanti della Controriforma, per ciò che riguarda il mondo mediterraneo.
Non credo, però, che sia necessario ogni volta riandare ai nostri venti secoli di storia per trovarci d'accordo su alcuni punti fondamentali della nostra identità politica nazionale.
Tuttavia, è impossibile non vedere che c'è una storia della demagogia nel mondo mediterraneo, tanto quanto c'è una storia analoga nel mondo nordico e in quello mitteleuropeo.
Per quello che ci riguarda, anzi, io direi che sarebbe più giusto ripercorrere la nostra storia come una coesistenza tra due sfere troppo lontane tra loro, troppo divise: la sfera della razionalità esasperata - tipica di un popolo reso cinico dall'esperienza e non più innocente, portato come tutti i popoli mediterranei ad una visione "giuridica" e dottrinaria del mondo, più che a quella "mistica" - e la sfera della favola, che discende dal "credo quia absurdum" e che si materializza nella nomenklatura di santi e di madonne lagrimanti, di profeti e visionari d'ogni risma.
Più che la demagogia, in Italia, l'istrumentum regni è stata la favola, gestita con esasperata razionalità.
Per il mondo nordico, a me sembra che ci sia proprio tutto un impianto che è, esso stesso, demagogico alla radice.
La stessa democrazia anglosassone è una quintessenza della demagogia, con il suo perdurare del classismo, che è la negazione della democrazia: e pure il sistema, la cultura, le istituzioni riescono a diffondere l'idea di essere "democratici", anzi un modello di democrazia.
Lo stesso vale per l'american dream, che riesce a far digerire a milioni e milioni di cittadini un'esistenza grama, che sarebbe oggettivamente senza speranza se non ci fosse quel "sogno". Milioni di cittadini che si riconoscono nella Nazione, con la mano sul cuore, e se ne sentono padroni, perché ogni quattro anni vanno ad eleggere il loro "re".
La convinzione diffusa - diffusa, in questo caso participio passato del verbo diffondere - che sia bello scegliere se appartenere al partito dei Verdi o a quello degli Azzurri - come nella Costantinopoli di Giustiniano - e che questa sia l'apoteosi della demo-crazia, è una specie di "incarnazione" della demagogia, se con questo termine intendiamo un'idea opinabile fatta passare con arte per un dogma, un postulato, un assioma, una verità evidente.
Per tutto il resto, basta e avanza quello che dice Pino.