Bersani: Non abbiamo vinto anche se primi
«Ha giocato la crisi e la disoccupazione giovanile. C'è stato un rifiuto della politica come si è presentata in questi anni»
La faccia è scura. Preoccupata. Tirata. È il momento di Pier Luigi Bersani. Il primo commento del segretario del Pd dopo i risultati delle elezioni. Si parte con una verità: «È chiaro che chi non riesce a garantire governabilità non può dire di aver vinto. Non abbiamo vinto anche se siamo arrivati primi e questa è la nostra delusione». E sono «due elementi di fondo» che secondo Bersani hanno influito: «Il primo della crisi: la recessione più grave del dopoguerra. La disoccupazione giovanile».
I PUNTI DEL PD - Ma soprattutto «c'è stato un rifiuto della politica così come si è presentata in questi anni, di istituzioni inefficienti e di una politica apparsa moralmente non credibile». Il pallino, per ora, è in mano al Pd. Ed elenca i tre punti. «Perché non è l'ora della diplomazia». Dunque i temi da affrontare sono: «La riforma delle istituzioni, in particolare la legge elettorale. Il lavoro giovanile». Un programma essenziale. Perché Bersani dice di no «a discorsi a tavolino su alleanze. Ognuno si deve prendere le responsabilità in Parlameno». E una certezza: «Bisogna cambiare».
IN MATTINATA -Una riunione ristretta. Dirigenti del Pd a confronto. Un vertice teso, tesissimo. C'è amarezza, tanta. I numeri parlano chiaro, la maggioranza c'è ma è risicata. Ancora meno al Senato. Qualcuno parla di debacle. E dalla mattina si parla di possibili dimissioni. Una possibilità smentita dal segretario: «Io non abbandono la nave».
Benedetta Argentieri
bargentieri@corriere.it
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