A proposito di saggezza....è disposto il Pd ad attuare quanto evidenziato in questa intervista? E cioè
la madre di tutti i difetti della politica italiana.SE si, la mia saggezza mi dice che voterei PD, qua e là...
Viceversa, mi dice (la saggezza) che i problemi del Paese non li risolve certo Il Pd....checchè ne pensino gli invasati fans del Pd!
http://www.huffingtonpost.it/2013/02/21 ... ostpopularCarlo Stagnaro e Diego Menegon (Fare): "
Ridurre drasticamente i costi della politica" L'Huffington Post | Pubblicato: 21/02/2013 08:24 CET | Aggiornato: 21/02/2013 10:44 CET
Le risposte di Carlo Stagnaro e Diego Menegon (Fare) alle domande del professor Gianfranco Cartei su organizzazione e costi della politica:
1) E' di poche settimane fa il voto parlamentare, con l'astensione del Pdl, a favore del decreto sui costi della politica locale. Sicuramente importanti le novità introdotte: taglio del numero dei consiglieri e assessori regionali, riduzione degli stipendi con la determinazione di soglie massime, cancellazione dei vitalizi, riduzione dell'assegno di fine mandato. Il tutto può compendiarsi nel principio: meno soldi a chi non taglia.
Problemi assolutamente identici, però, si pongono per i parlamentari di Camera e Senato. L'esperienza della Commissione presieduta dal Presidente dell'Istat Giovannini sulla riduzione delle indennità è stata un fallimento. Quale sarà la proposta della candidata/del candidato che fosse eletta/o sull'ammontare dell'indennità parlamentare? E come intende esprimersi sul numero dei parlamentari?
I costi della politica, per gli organi esecutivi e legislativi e per gli affari esteri, ammontano al 2,5% del pil; contro l’1,8% della Germania, l’1,4% del Regno Unito e l’1,7% della Spagna.Vogliamo ridurli drasticamente per allinearli alle spese sostenute nei paesi più virtuosi. Il risparmio per i contribuenti, da convertire in minori tasse, equivale all1,3% del pil, pari a 21 miliardi di euro l’anno. Il taglio degli stipendi e la riduzione del numero dei parlamentari sono il primo passo da fare. 300 deputati e 100 senatori, in luogo degli attuali 945 parlamentari. Abolizione delle varie diarie e altre voci di corredo all’indennità: stipendio base di 2000 euro e il resto sia proporzionato alla reale partecipazione ai lavori parlamentari da parte del senatore o deputato. 2) I recenti scandali in Lombardia e nel Lazio hanno dimostrato che il sistema di finanziamento dei partiti è iniquo e irragionevole: in meno di venti anni è costato 2,3 miliardi di euro agli italiani. Al di là di ogni considerazione spesa a sua difesa da coloro che sinora ne hanno beneficiato vale un dato: il referendum del 1993 non solo non è valso a niente, ma da allora la politica dei partiti ha taciuto, e quindi legittimato, costi e spese che, lungi dal difendere la democrazia, hanno arricchito persone e strutture (giornali di partito inclusi) al di là di ogni previsione e a dispetto di ogni trasparenza.
La riforma di questa estate è stata da molti criticata perché ritenuta insufficiente. E' la candidata/il candidato d'accordo con le misure adottate e che cosa intende fare una volta eletto? Ritiene che l'attuale disciplina giuridica dei partiti, tuttora configurati come associazioni di fatto, li legittimi ad essere beneficiari di somme di denaro pubblico prive di vincoli di destinazione? Quale proposta intende avanzare una volta eletta/o?
Proponiamo l’abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti e all’editoria di partito, come hanno chiesto gli Italiani con il referendum del 1993. La moralizzazione della politica passa necessariamente di qui. I finanziamenti pubblici sono rendite di posizione che ingessano l’offerta politica e costano troppo ai contribuenti. I partiti devono reperire le risorse necessarie alla conduzione delle proprie attività politiche ed elettorali conquistando la fiducia dei cittadini disposti a dar loro volontariamente il proprio contributo. Siamo riusciti a farlo noi in pochi mesi. Possono farlo anche gli altri. Altro punto è la trasparenza: i contributi dati volontariamente ai partiti devono essere resi pubblici per somme superiori ai 1000 euro. 3) Tra gli argomenti dove fiorisce la maggiore disinformazione e, quindi, la migliore demagogia c'è quello dei servizi pubblici. Il referendum del giugno 2011 ha cancellato la disciplina sul servizio pubblico locale che dopo anni di faticose trattative aveva allineato la disciplina italiana a quella europea. La Corte costituzionale ha dichiarato per buona parte illegittima la legge di riforma proprio perché in contraddizione con il risultato del referendum. Fioccano anche in questi giorni le proposte di nazionalizzare tutto: acqua, gas, elettricità, rifiuti, trasporti. Qual è la posizione della candidata/del candidato sulla disciplina dei servizi pubblici? Che significa: torniamo all'esperienza degli anni '90 del secolo scorso o diamo spazio, e come, al mercato?
I nominati dalla politica nazionale e locale vanno a sommarsi ai costi della politica in senso stretto. Chiediamo la privatizzazione delle società partecipate dallo stato, dalle regioni e dagli enti locali e l’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza. In questo modo si contribuisce ad abbattere il debito pubblico, che vogliamo portare dal 124% del pil a sotto la soglia del 100% e a liberare le risorse oggi impegnate per il pagamento degli oneri sul debito pubblico.
Solo con la riduzione del debito pubblico , ricaveremmo un punto percentuale di pil in meno di spesa pubblica (circa 16 miliardi) da destinare alla riduzione delle tasse per imprese e lavoratori. L’apertura alla concorrenza permetterà poi un abbattimento dei costi per l’erogazione dei servizi pubblici. Gare pubbliche e trasparenti e una maggiore partecipazione dei privati all’offerta di servizi porterà a benefici per i consumatori e i contribuenti, che saranno liberi di scegliere l’offerta migliore al costo più basso. 4) Il federalismo all'italiana da anni ha mostrato tutti i suoi limiti: frammentazione territoriale; dispersione amministrativa; paralisi decisionale. A ciò si aggiunga che l'esperienza degli enti locali, comuni e province, non ha segnato un successo né sotto il profilo della partecipazione democratica, né sotto l'aspetto dei conti pubblici. Se poi si rammenta la mancata istituzione delle città metropolitane e la vicenda relativa alle province si comprende l'incapacità della classe politica a ragionare in termini di efficacia della macchina amministrativa. Che cosa intende proporre la candidata/il candidato una volta eletto? Come, e in che misura, intende ridurre i livelli di governo territoriale?
Le forze politiche della seconda repubblica hanno spesso annunciato l’abolizione delle province, senza mai portarla a termine, perché si sono scontrate con gli interessi localistici e clientelari tutti interni alle loro formazioni. Noi partiamo da una piattaforma programmatica che propone una ricetta utile al paese, a chi paga troppe tasse, per tornare a crescere. Vogliamo quindi abolire davvero le province, ridistribuendone le competenze a comuni e regioni.
Il federalismo amministrativo ha portato anche a molte sovrapposizioni di competenza, con un conseguente aumento degli oneri burocratici e dei costi per i contribuenti. Occorre delineare meglio gli ambiti di competenza dei diversi livelli di governo per snellire la burocrazia, rendere più efficiente la funzione dell’amministrazione pubblica e ridurre i costi. 5) Il federalismo fiscale è una riforma voluta strenuamente dal Governo Berlusconi e sostanzialmente accettata dalle altre forze politiche. Siamo soltanto alla metà del guado: la riforma introdotta nel 2009, infatti, avrà bisogno della prossima legislatura e di buona parte di quella successiva per realizzarsi pienamente. Resta un fatto: da anni i tributi locali corrono più di quelli statali. Nel solo 2010 le entrate tributarie dei sindaci sono aumentate di un miliardo e 300 milioni, che significa il 7 percento in più del 2009; e il bilancio del 2011 risulta perfino peggiore, con aumenti continui sotto forma di addizionali, tasse di soggiorno, tariffe sui servizi locali e sui trasporti. Il balletto di questi giorni sull'IMU conferma la totale incertezza sulla questione. Come intende comportarsi la candidata/il candidato una volta eletto? E' giusto che la tassazione insegua i livelli di governo? Quali misure intende proporre?
Una volta definito meglio il riparto di competenze tra i diversi livelli di governo, è possibile rendere più chiare le responsabilità e individuare meglio le mancanze della classe politica ad ogni livello di governo.
Quello che proponiamo è un federalismo più trasparente, più competitivo, più vero, che responsabilizzi la classe politica regionale e gli amministratori locali. Chi sperpera i soldi dei contribuenti e provoca il dissesto finanziario del proprio comune non deve far pagare i propri errori ai contribuenti, ma deve essere sanzionato e allontanato dalla vita politica.
Molti degli aumenti delle imposte locali dipende dalla mancata liberalizzazione dei servizi e dallo sviluppo di un capitalismo municipale che si esenta dalle regole del mercato e scarica sulle tasche dei contribuenti le proprie inefficienze. Il ciclo di privatizzazioni e liberalizzazioni che intendiamo attuare ridurrà la spesa pubblica statale, regionale e locale e permetterà l’abolizione di imposte locali come la tassa sui rifiuti; una tassa che vogliamo eliminare per consentire ai cittadini di scegliere i servizi più economici ed efficienti in un mercato aperto alla concorrenza.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.