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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Il film di Emmott non deve essere censurato

Messaggioda franz il 06/02/2013, 0:37

A Giovanna Melandri
Il film di Emmott non deve essere censurato

Stefano Corradino

Lanciata da

Stefano Corradino

Roma, Italy


Il film "Girlfriend in a coma" realizzato da Bill Emmott, giornalista ed ex direttore dell'Economist e da Annalisa Piras, film-maker e corrispondente da Londra per "l'Espresso", non sarà proiettato nelle sale prima delle elezioni per la sua "valenza politica".

A renderlo noto con un impetuoso tweet è lo stesso Bill Emmott: "INCREDIBLE! MAXXI Rome, on Culture Ministry orders, has revoked Girlfriend in a Coma Feb 13 Italy premiere booking. CENSORSHIP. STUPIDITY". Tradotto: il Ministero della Cultura (Mibac) avrebbe incredibilmente deciso di rinviare la "prima" prevista per il 13 febbraio al Maxxi di Roma.

Censura o stupidità si chiede Bill Emmott e ci chiediamo noi? In realtà il rinvio sarebbe stato deciso da Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi.

Il film di Emmott e Piras riflette sul declino politico e morale dell'Italia degli ultimi 20 anni. Perché non si dovrebbe proiettare un film "politico" prima delle elezioni? Se passasse questo concetto dovrebbe essere cancellata la programmazione dalle sale di decine di film italiani e internazionali, attualmente in circolazione, che hanno "valenza politica" quanto trattano di guerra, di lavoro, di eutanasia...

Sono Stefano Corradino, direttore di Articolo21, un sito internet che si batte da anni contro ogni forma di censura e bavaglio, nei media, nella carta stampata, nel cinema.

Con questa petizione chiediamo a Giovanna Melandri di fare marcia indietro, di riprogrammare l'uscita del film prima delle elezioni, così da evitare l'ennesima brutta figura in Italia e all'estero.
A:
Giovanna Melandri, Presidente della Fondazione Maxxi
Giovanna Melandri, Presidente della Fondazione Maxxi
Il film Emmott non deve essere censurato

Cordiali saluti,
[Il tuo nome]

https://www.change.org/it/petizioni/il- ... tion_alert
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Reinserimento?

Messaggioda flaviomob il 06/02/2013, 1:17


Colmegna in digiuno finchè non sarà liberata la mamma rom

martedì, 5 febbraio 2013


Ha 29 anni e tre figlie. E’ caduta dalle nuvole quando sono andati a prenderla nell’appartamento in cui avevano felicemente ricominciato a farsi una vita, per farle scontare sei mesi di carcere in seguito a una condanna del 2003: induzione di minori all’accattonaggio. Lei non sapeva della condanna, nè tanto meno di risultare in contumacia al Tribunale, nel mentre viveva un lungo percorso di reinserimento alla Casa della Carità di Milano, coronato da successo. Nè lei nè le sue tre figlie che oggi frequentano la scuola dell’obbligo si meritavano questa ricaduta nella precarietà e nella vergogna pubblica. Il fondatore della Casa della Carità, don Virginio Colmegna, ha intrapreso un digiuno di protesta dopo essersi rivolto ai vertici della magistratura milanese: sciopero della fame a oltranza (anche se non gli piace questa espressione) finchè la mamma rom non sarà scarcerata. Non possiamo che stargli accanto, con massima attenzione e totale solidarietà.


http://www.gadlerner.it/2013/02/05/don- ... -mamma-rom


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No alle mutilazioni femminili

Messaggioda flaviomob il 07/02/2013, 12:02

No alle mutilazioni dei genitali femminili!

Si celebra oggi, 6 febbraio, la Giornata internazionale per la tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni dei genitali femminili (Mgf), una pratica brutale che ancora oggi colpisce circa cinque bambine o ragazze al minuto, in ogni parte del mondo, anche in Europa. Nel nostro continente infatti sono circa 500.000 le ragazze che convivono con le conseguenze fisiche e psicologiche delle Mgf; 180.00 bambine ogni anno rischiano di subirle.


La risoluzione adottata dalle Nazioni Unite il 26 novembre 2012 richiede a tutti i governi un maggiore impegno per sconfiggere questa pratica. Nonostante diversi paesi dell'Unione europea abbiano leggi contro la pratica delle Mgf, non sono ancora in grado di tutelare al massimo le bambine e le ragazze perché non ci sono misure coordinate tra servizi sanitari, servizi sociali e quelli in materia di asilo e polizia.

In occasione di questa Giornata, la campagna europea di Amnesty International “END FGM” diffonde un video dal titolo “È tempo di porre fine alle mutilazioni dei genitali femminili” al quale hanno preso parte importanti artisti e designer internazionali, impegnati concretamente, con le loro creazioni, in questa campagna.


Adriana Bertini dal Brasile, Ilaria Venturini Fendi dall’Italia, Nayia Evangelou da Cipro e Walter Van Beirendonck dal Belgio hanno rappresentato le richieste delle 42.000 persone che hanno firmato i petali di rosa in quattro creazioni che saranno esposte il 27 febbraio in una serata di gala a Bruxelles. Il galà riunirà artisti e designer, rappresentanti di governo e organizzazioni della società civile.

Per porre fine alle Mgf occorre l’impegno concreto da parte di tutti i governi. Un primo e importante passo è quello di firmare e/o ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica che indica chiaramente agli stati come prevenire le Mgf e come proteggere e supportare le bambine e le ragazze che le hanno subite. L’Italia ha firmato la Convenzione ma non l’ha ancora ratificata.

Nell’ambito della nostra campagna “Ricordati che devi rispondere. L’Italia e i diritti umani”, chiediamo a chi vuole governare il nostro paese un impegno chiaro e concreto sui diritti umani, compresa la pronta ratifica di questo importante strumento internazionale.

Firma e diffondi il nostro appello!

http://www.iopretendodignita.it/node/1437


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Minorenne(*) decapitata in Arabia Saudita

Messaggioda flaviomob il 07/02/2013, 13:33

(*) Minorenne all'epoca del reato

Arabia Saudita: Rizana Nafeek è stata uccisa tramite decapitazione

Lo scorso 9 gennaio, Rizana Nafeek è stata
decapitata nella città di Dawadmi, a ovest
della capitale saudita. La condanna a morte
era stata confermata nel 2007. La ragazza,
che all’epoca del reato aveva 17 anni, era
stata accusata di aver ucciso un neonato in
sua custodia.
Con un ultimo appello, Amnesty
International e le autorità dello Sri Lanka,
paese di origine della ragazza, hanno
chiesto inutilmente clemenza al re saudita
sottolineando la giovane età di Rizana Nafeek e il timore che il processo fosse stato iniquo.
“Nonostante gli appelli di clemenza, le autorità hanno voluto comunque eseguire la condanna a
morte, violando ancora una volta gli obblighi internazionali sull’uso della pena capitale”, ha
dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty
International. L’Arabia Saudita, infatti, è stato parte della Convenzione sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza che proibisce la pena di morte nei confronti di persone che avevano meno di 18
anni al momento del reato, anche nel momento in cui non sia possibile provare con esattezza l’età
dell’imputato.
Nel 2005 Rizana Nafeek arrivò in Arabia Saudita per cercare lavoro ed essendo minorenne
falsificò la data di nascita sul passaporto. All’epoca dell’incidente, quando il neonato che le era
stato affidato in custodia morì mentre stava bevendo, aveva 17 anni, come fu dimostrato in seguito
tramite il certificato di nascita. La ragazza fu costretta a confessare l’omicidio, poi ritrattò
dichiarando che era stato un incidente. Non le fu concessa assistenza legale né durante
l’interrogatorio né nel corso del processo.
In Arabia Saudita, la valutazione dell’età dell’imputato è a discrezione dei giudici. Il paese è uno
dei pochi al mondo che, ancora oggi, mette a morte minorenni all’epoca del reato. Inoltre, molte
delle sentenze capitali emesse nel paese riguardano lavoratori migranti che provengono da paesi
in via di sviluppo, sottoposti a processi iniqui, in una lingua che non comprendono e, spesso,
senza nessuna rappresentanza legale.
Per saperne di più:
- Leggi il comunicato stampa di Amnesty International (in inglese)
http://www.amnesty.org/en/news/saudi-ar ... rnational-
standards-2013-01-09
- Consulta le pagine di Amnesty Italia sulle esecuzioni di minorenni
http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/Ser ... Pagina/570


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Israele-Azione urgente

Messaggioda flaviomob il 14/02/2013, 13:31

Israele: detenuto in sciopero della fame in pericolo di vita
Data di pubblicazione dell'appello: 14.02.2013
Status dell'appello: aperto
UA: 36/13 Index: MDE 15/003/2013

Da agosto 2012, Samer Issawi, 34 anni, detenuto sotto custodia israeliana è in sciopero della fame. La sua vita è in grave pericolo.

Samer Issawi è sotto custodia delle autorità israeliane dal 7 luglio 2012. Queste sostengono - senza specificarne la modalità - che abbia infranto le condizioni per le quali era stato rilasciato, durante uno scambio di prigionieri avvenuto nell' ottobre 2011. È in sciopero della fame dal 1° agosto 2012 in segno di protesta contro il rifiuto della commissione militare israeliana di spiegare a lui o al suo avvocato le ragioni della sua detenzione.

Samer Issawi ha trascorso la maggior parte del suo tempo in sciopero della fame presso la clinica del carcere di Ramleh. È stato portato in un ospedale civile in Israele diverse volte per essere sottoposto a esami clinici urgenti, l'ultima volta il 22 e il 27 gennaio, ma è sempre stato riportato nella clinica di Ramleh nel giro di poche ore.

Il 31 gennaio, Samer Issawi avrebbe interrotto l'assunzione di vitamine e minacciato di smettere di bere. Ha inoltre minacciato di non sottoporsi a altri esami medici previsti dal servizio penitenziario israeliano, se non verrà rilasciato.

Il suo avvocato ha riferito ad Amnesty International che la salute Samer Issawi si è deteriorata rapidamente nelle ultime settimane a causa del suo sciopero della fame che dura ormai da sei mesi. Quando il suo avvocato lo ha incontrato il 31 gennaio, Samer Issawi pesava solo 47 chili (quasi la metà del suo peso normale) e il personale medico presso la clinica del carcere di Ramleh ha comunicato che potrebbe morire presto.

Amnesty International teme che nella clinica del carcere di Ramleh, Samer Issawi non ricevacure urgenti e specialistiche di cui ha bisogno una persona in sciopero della fame da sei mesi. In questa clinica mancano , strutture o personale specializzato che possa fornire cure appropriate a uno sciopero della fame così prolungato.

http://www.amnesty.it/israele-Samer-Iss ... a-fame?=SN


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Somalia

Messaggioda flaviomob il 21/02/2013, 20:18

http://www.avaaz.org/en/petition/Somali ... ab&v=22215


My name is Laila and I'm a journalist. I recently wrote a story about a young woman brutally gang-raped by government soldiers in Somalia, hoping that her bravery in telling such a painful story would bring attention to the awful rape problem there. Instead, the government used my article to jail a rape victim and another journalist covering the story for ‘insulting the state’!

Rape is horrific, but to be raped when the only authorities you can turn to for justice are your rapists -- it's the most crushing powerlessness. But together I think we can bring her hope. That's why I started a global petition on the Avaaz site, because Somalia's government depends heavily on financing from other governments, so the international community can press them to stop the cover up and bring real reforms to end the epidemic of rape by security forces.

Our call for change could really work, but it needs to be big. UN envoy Zainab Bangura has told us that she will directly deliver our petition to donor countries and Somalia's President. Help by signing and forwarding this email -- let's show these women that they're not alone, and that no one has the authority to rape them:


http://www.avaaz.org/en/petition/Somali ... ab&v=22215

The brave young woman was accused of fabricating her own rape by government officials before she even got a trial. Then, the judge refused to hear witnesses or accept medical evidence proving that she was raped. And she’s not alone: I’ve interviewed too many women who live in constant fear of getting shot or raped, often by the very people charged with protecting them.

But there is hope for Somalia like never before. In just 18 months, it has approved a new constitution, selected a new president, and is finally winning its war against extremists. President Hassan Sheikh Mohamoud is in a position to act to protect women from his own armed forces, if we together give him a big reason to crack down on this state violence.

This innocent rape survivor and Abdiaziz Abdinur, the journalist who spoke to her, are facing a year in jail! Funders hold the key to changing the way Somalia's own soldiers and security forces treat women. Sign now and forward this email to help grow a call big enough to change Somalia forever:

http://www.avaaz.org/en/petition/Somali ... ab&v=22215


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 01/03/2013, 22:53

Su un atollo delle Maldive una quindicenne ripetutamente violentata dal padrino è stata condannata a 100 frustate perché durante il processo è emerso che aveva avuto rapporti sessuali con un altro uomo, cosa proibita dalla Sharia prima del matrimonio.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 02/03/2013, 15:17

Condannato a 15 anni per aver scritto una poesia

Qatar: "attentato a simboli dello Stato e incitamento a sovvertire il potere". Queste le accuse contro Muhammad al-Ajami, poeta che lodò la primavera araba.

di Alessandro Salvia

Tre mesi fa gli fu addirittura dato l'ergastolo poichè "Gelsomino", la sua poesia sulla primavera araba, non è affatto piaciuta all'emiro del Qatar Hamad bin Khalifa Al Thani, in particolare per un riferimento agli "sceicchi che giocano con le loro playstation". Amnesty International e Human Rights Watch, due fra le più importanti organizzazioni per i diritti umani, definirono tale sentenza come "un'oltraggiosa violazione della libertà di espressione", chiedendo la scarcerazione immediata del poeta. Le loro richieste non sono state accolte, ma la Corte d'Appello di Doha ha ridotto la pena a 15 anni. Sentenza contro la quale, in ogni caso, il poeta 36enne ricorrerà in terzo grado fra tre settimane. Per l'avvocato difensore di al-Ajami, Najib al-Naimi, la sentenza d'appello dimostra un "malfunzionamento della giustizia": "Dietro questa decisione c'è la politica -ha spiegato-, vogliono dimostrare ai cittadini del Qatar che chiunque aprirà la bocca subirà lo stesso trattamento".
Il Qatar ha sempre dato l'impressione di essere a favore della difesa dei diritti umani, appoggiando le rivolte in Egitto, Tunisia e Yemen; schierandosi con la Nato nel conflitto in Libia e con i ribelli che si battono contro il presidente Assad in Siria. Nonostante questo, nel piccolo Stato del Golfo, i giornali si auto-censurano e non esiste una vera opposizione politica. Ali al-Hattab, attivista saudita che segue i diritti umani nel Golfo, ha così commentato la decisione della Corte d'Appello: "Parlano tanto di democrazia e di uguaglianza, ma non vogliono che persone come Mohammed abbiano la libertà di parlare perché vivono le sue parole come una minaccia al loro potere e alla voglia di controllo. Tutto quello che ha fatto è recitare una poesia. Come può essere accusato di voler rovesciare il regime?". Una domanda, quella dell'attivista, alla quale nessuna risponderà.

http://www.globalist.it/Detail_News_Dis ... 23&typeb=0


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 06/03/2013, 22:15

India: quattro uomini a rischio esecuzione
Data di pubblicazione dell'appello: 05.03.2013
Status dell'appello: aperto
UA:041/13 Index: ASA 20/007/2013

Mobilitazione contro la pena di morte, Dehli, India, 2007© Amnesty International
Mobilitazione contro la pena di morte, Dehli, India, 2007© Amnesty International

Quattro uomini sono a imminente rischio di esecuzione dopo che il presidente indiano ha respinto la richiesta di grazia. Gli uomini sono stati condannati a morte nel 2004 per il loro coinvolgimento in un attentato che uccise 22 persone. Gli uomini, Meesekar Madaiah, 66 anni, Gnanprakasham, 56 anni, Simon, 46 anni e Bilavendran, 62 anni, sono rinchiusi nella prigione di Hindalga, Belgaum, nello stato di Karnataka. I loro cognomi non sono noti.

L'attentato avvenne nel 1993, quando un'esplosione di mine anti-uomo provocò la morte di 22 persone e il ferimento di altre a Palar, nello stato del Karnakata. L'esplosione fece saltare in aria alcuni veicoli che trasportavano poliziotti e loro informatori. La polizia stava andando ad arrestare un contrabbandiere di legno di sandalo e i suoi complici.

I quattro uomini furono inizialmente condannati all'ergastolo da una corte speciale istituita dalla legge anti terrorismo (Tada Act) che giudicò i reati previsti nell'ambito della stessa legge, nel codice penale indiano e da altre fonti legislative. Nel 2004, la Corte suprema indiana, alla conclusione del processo di appello, ha convertito la condanna all'ergastolo in sentenza capitale. Il presidente ha ora respinto la richiesta di grazia. I procedimenti giudiziari svolti sotto il Tada Act, annullato nel 1995, non hanno mai rispettato gli standard internazionali sul giusto processo.

Da quando è stato eletto nel 2012, il presidente indiano Pranab Mukherjee ha respinto almeno tre altre richieste di grazia, provocando la messa a morte di due uomini. Le esecuzioni sono avvenute in segreto e l'opinione pubblica è stata informata solo in seguito.

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Firma su:

http://www.amnesty.it/india_quattro_uom ... ?p=retepdm


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Kwanliso

Messaggioda flaviomob il 07/03/2013, 11:46

La Corea del Nord diventerà un’unica grande prigione?
di Riccardo Noury

Amnesty International ha diffuso questa mattina una serie di nuove immagini satellitari che mostrano come il governo della Corea del Nord stia annullando la differenza tra un campo di prigionia politica e la popolazione circostante, inglobando parte di quest’ultima nel perimetro del primo.

Di fronte alle notizie sulla possibile costruzione di un nuovo Kwanliso (campo di prigionia politica), adiacente al campo n. 14 di Kaechon, nella provincia di Pyongan Sud, il programma Scienza per i diritti umani di Amnesty International Usa aveva chiesto a DigitalGlobe di fornire immagini satellitari e un’analisi di queste ultime.

Le immagini parlano chiaro e mostrano come la popolazione residente in un perimetro di 20 chilometri intorno alla valle di Ch’oma-bong sia stata inglobata nel sistema di sicurezza e controllo del campo, che ospita oltre 100.000 detenuti. Questi nuovi 20 chilometri presentano una serie di punti d’accesso controllati ed altre strutture che paiono torrette di guardia. Parte della popolazione della valle, insomma, vive in una dimensione ambigua e pericolosa, tra la libertà e la prigionia, sotto sorveglianza permanente. Quali saranno le prossime intenzioni del regime guidato da Kim Jong Un?

La situazione dei diritti umani in Corea del Nord è gravissima. Centinaia di migliaia di persone, bambini compresi, sono detenute nei campi di prigionia politica e in altri centri di detenzione, sottoposte a violazioni dei diritti umani come l’obbligo di svolgere lavori pesanti, il diniego del cibo per punizione, la tortura e altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Molte di esse non hanno commesso alcun reato, essendo unicamente legate a persone ritenute infedeli al regime e dunque sottoposte a una sorta di punizione collettiva.

Nel 2011, Amnesty International aveva diffuso un’analisi di immagini satellitari che mostrava l’espansione del famigerato campo di prigionia politica di Yodok, nel quale si ritiene siano detenute 50.000 persone, bambini e donne compresi. Secondo ex detenuti, a Yodok i prigionieri sono costretti a lavorare in condizioni equiparabili alla schiavitù e sono spesso sottoposti a torture e maltrattamenti. Nonostante queste prove schiaccianti, il governo della Corea del Nord continua a negare l’esistenza del campo.

Alla fine di febbraio, si è diffusa la notizia di un ampliamento, di oltre il 70 per cento, di un altro campo di prigionia politica, il n. 25.

Amnesty International ha ribadito agli stati membri dell’Onu la necessità di adottare una risoluzione, alla 22ma sessione del Consiglio Onu dei diritti umani, che istituisca una commissione indipendente d’inchiesta sulla drammatica condizione dei diritti umani in Corea del Nord. Amnesty International ha anche chiesto che osservatori sui diritti umani abbiano illimitato accesso sia nella valle di Ch’oma-bong che nel campo n. 14 e che le autorità nordcoreane riconoscano ufficialmente l’esistenza di questo genere di strutture.

(Corriere)


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