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Sulla fame non si specula

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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda franz il 29/12/2012, 22:57

trilogy ha scritto:Per come la vedo io, nella pratica ci sono momenti in cui il mercato può essere trainato principalmente dalle aspettative, e di conseguenza dalle operazioni sui derivati, e periodi in cui è trainato principalmente dalla disponibilità e dai costi di produzione agricoli.

Certo, ma senza derivati il mercato sarebbe comunque guidato dalla aspettative. Tutti quelli che investono (anche piantando un seme oggi per raccoglierlo tra 6 mesi) sono guidati da aspettative e cercano strumeti per assicurarsi di raggiungerle.
Solo che non essendoci i derivati la cosa sarebbe piu' complessa ... e qualcuno inventerebbe i derivati.
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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda flaviomob il 30/12/2012, 0:16

Grazie dell'approfondimento, Trilogy :)


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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda trilogy il 30/12/2012, 0:22

franz ha scritto:Certo, ma senza derivati il mercato sarebbe comunque guidato dalla aspettative. Tutti quelli che investono (anche piantando un seme oggi per raccoglierlo tra 6 mesi) sono guidati da aspettative e cercano strumeti per assicurarsi di raggiungerle.
Solo che non essendoci i derivati la cosa sarebbe piu' complessa ... e qualcuno inventerebbe i derivati.


Infatti il mercato dei derivati è nato sui prodotti agricoli 150 anni fa.
Un problema reale c'è sull'argomento aspettative. Queste influenzano i prezzi e vengono a loro volta influenzate da report che sono spesso prodotti dalle stesse banche che operano sui futures. Qui un controllo sui conflitti d'interesse è importante, come è importante un controllo sulla quantità dei contratti in mano ad un singolo operatore. Sulle commodities agricole e non, succede di leggere che un singolo operatore, abbia aperto posizioni speculative enormi, che possono condizionare per un certo periodo l'intero mercato.

Per il resto, dire che la crescita della quantità di futures in circolazione condiziona i prezzi della merce sottostante è molto discutibile.
La quantità di futures esistenti in un dato periodo (ad esempio a fine giornata) si chiama open interest, ed è un dato pubblicato quotidianamente per ogni tipo di future e opzione scambiata. Anche per gli speculatori di professione è uno dei dati più difficili da interpretare per trarre considerazioni attendibili sul futuro. Sono rarissime le situazioni tecniche in cui osservando la variazione della quantità totale di futures in circolazione si può capire in che direzione andranno i prezzi.

Comunque il numero di contratti future in circolazione (open interest) si calcola secondo le regole sotto. Sono possibili 3 casi dai quali si capisce che le affermazioni "tutti vendono" o "tutti comprano" sono fondamentalmente errate ;)

1) se tutte e due le controparti, scambiando il contratto aprono una nuova posizione, (cioè in precedenza erano fuori dal mercato) l'Open Interest aumenta di 1 contratto.
Esempio: se io acquisto un future sul mais (long) e franz lo vende (short) (cioè entrambi apriamo una nuova posizione, prima eravamo fuori dal mercato) l'Open Interest si incrementa di 1

2) se una controparte apre una nuova posizione e un altro ne chiude una precedentemente aperta, l'Open Interest resta invariato.
Esempio: se io entro per la prima volta nel mercato (quindi: apro nuova una posizione) e compro un future da Franz (che vende per chiudere un precedente acquisto). la variazione dell’Open Interest è zero

3) se entrambe le controparti chiudono una posizione aperta in precedenza, avremo una variazione di Open Interest di -1.
Esempio: se io vendo a Franz un future che serve contemporaneamente a me, per chiudere una posizione long aperta in precedenza e a franz per chiudere una posizione short, aperta in precedenza , l'Open Interest diminuisce di 1
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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda flaviomob il 30/12/2012, 2:27

Negli ultimi anni, nei mercati finanziari delle commodities agricole hanno iniziato ad operare altri
attori, oltre gli hedger e gli speculatori, e sono comparsi nuovi strumenti. Sia i nuovi attori sia i nuovi
strumenti avrebbero, per alcuni commentatori, fortemente alterato il funzionamento dei mercati
future
e introdotto oscillazioni dei prezzi non ancorate ai cosiddetti "fondamentali". I nuovi strumenti
sono gli indici delle commodities, mentre gli attori sono hedge funds, fondi pensionistici e altri
investitori il cui principale obiettivo è quello di diversificare il proprio portafoglio e non certamente
quello di coprirsi da rischi sulla transazioni connesse con il commercio dei prodotti agricoli. Il nuovo
strumento, l’indice delle commodities, come ad esempio l'indice S&P and Goldman Sachs o l'indice
Dow Jones-UBS, ha come sottostante un basket di commodities ed è quindi definito a partire dai
prezzi a termine delle commodities stesse che definiscono il paniere. I traders di tali indici (indextraders),
principalmente operatori bancari, vendono tali indici a hedge funds, fondi pensione e altri
investitori che desiderano diversificare il loro rischio acquistando tali indici anziché investire
direttamente nelle commodities. Al fine di controbilanciare la loro esposizione rispetto a possibili
modifiche dei prezzi delle commodities, gli index traders tipicamente acquistano i contratti future
delle commodities su cui l'indice è calcolato. E' attraverso l'acquisto dei contratti future (o, come si
dice in gergo, attraverso la formazione di posizioni nette lunghe) che tali operatori possono
influenzare il prezzo dei mercati future
. Per capire l'importanza di tali investimenti nei mercati future,
è possibile utilizzare la testimonianza di Master (2008) secondo cui il volume di investimenti negli
indici delle commodities ha raggiunto nel marzo del 2008 la considerevole cifra di 260 miliardi di
dollari contro i 13 miliardi investiti alla fine del 2003.
Diversi studi hanno tentato di porre in relazione l'aumento degli investimenti in indici delle
commodities con l'esplosione dei prezzi delle commodities agricole nel periodo 2007-2008. Irwing et
al. (2009), Sanders et al. (2010) e Sanders and Irwing (2010) sulla base sia di considerazioni legate al
funzionamento dei mercati a termine, sia su evidenza empirica, rifiutano l'ipotesi che gli indici delle
commodities abbiano influenzato i prezzi a termine delle materie prime agricole. E' tuttavia
interessante notare che, sulla base di simili considerazioni e metodologie identiche alle precedenti,
Cooke and Robles (2009), Gilbert (2010a; 2010b) e Gutierrez (2010) raggiungono conclusioni
esattamente opposte
. Il dibattito è quindi ancora aperto.
(*)

(capitolo 6)

http://www.cia.it/svl/allegatiRead?reci ... allid=7888

(*) Sarebbe interessare conoscere quali sono i committenti e i finanziatori di codeste ricerche...

Tra l'altro, non è indifferente la ricaduta geopolitica dell'andamento dei prezzi delle derrate alimentari:


In alcuni Paesi dove la quota dei consumi agroalimentari oscilla tra il 70%-80%
del reddito, la maggiore variabilità dei prezzi ha portato a rivolte della popolazione (Indonesia e Haiti
nel 2008, Egitto, Tunisia nel 2010).


(stessa fonte, capitolo 7, pagina 35)


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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda trilogy il 31/12/2012, 14:06

flaviomob ha scritto:[..] I traders di tali indici (indextraders),principalmente operatori bancari, vendono tali indici a hedge funds, fondi pensione e altri investitori che desiderano diversificare il loro rischio acquistando tali indici anziché investire direttamente nelle commodities.
Al fine di controbilanciare la loro esposizione rispetto a possibili modifiche dei prezzi delle commodities, gli index traders tipicamente acquistano i contratti future delle commodities su cui l'indice è calcolato. E' attraverso l'acquisto dei contratti future (o, come si dice in gergo, attraverso la formazione di posizioni nette lunghe) che [f_sfondo]tali operatori possono
influenzare il prezzo dei mercati future.....


I "fondi indice", possono in effetti creare una influenza diretta nei prezzi dei prodotti di cui sono composti.
L'effetto è più evidente negli indici dei metalli preziosi perchè ci sono degli indici ,chiamati ETC physically-backed, che sono garantiti direttamente da materie prime depositate presso i caveau di una banca terza. Il loro valore è quindi strettamente legato all’ andamento del prezzo spot della materia prima. In pratica il creatore del fondo compra materialmente quintali di oro, platino, palladio, argento, lo deposita in una banca che fa da garante, e poi emette sul mercato quote del fondo.

Sulle commodities agricole questo non si può fare perchè lo stoccaggio sarebbe troppo costoso nel tempo, e si tratta di prodotti che tendono a deteriorarsi. Quindi le banche, per fare una esempio, collocano sul mercato quote per 1 miliardo di euro rappresentativo di soya, grano, mais ecc. e bilanciano la posizione di vendita (short) acquistando un miliardo di euro di futures sulle stesse materie prime (long). In questo modo è vero che hanno "posizioni nette lunghe" sui futures, ma al tempo stesso avendo venduto le quote dell'indice hanno una "posizione netta corta" equivalente. In pratica la loro posizione complessiva è "neutrale".

Come fanno a guadagnarci se sono neutrali? :mrgreen: In molti modi. Ogni anno prelevano dal patrimonio del fondo indice che hanno collocato sul mercato una percentuale fissa per la gestione, ad esempio lo 0,5%. Poi i prodotti vengono quotati e loro svolgono il ruolo di market maker, cioè garantiscono in ogni momento una offerta di acquisto e vendita sul mercato. Tra prezzo di acquisto e vendita c'è sempre una piccola differenza (spread) che produce utili. Poi quando vendono il loro indice sul mercato, per ogni miliardo di quote incassano 1 miliardo. Quando si coprono con i futures operano a margine. Per ogni miliardo acquistato versano solo 70/100 milioni e hanno quindi buona parte della liquidità disponibile per altri investimenti. Inoltre ogni indice che creano è coperto da copyright per cui altre banche che lo utilizzano come riferimento per i loro prodotti finanziari pagano i diritti. Insomma che i prezzi salgano o scendano per loro è indifferente, guadagnano sempre.

Sempre sull'argomento c'è una bella analisi di una economista indiana
http://ojs.uniroma1.it/index.php/moneta ... /9620/9500
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