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Sulla fame non si specula

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Sulla fame non si specula

Messaggioda flaviomob il 23/12/2012, 20:01

http://sullafamenonsispecula.org/

http://sullafamenonsispecula.org/campagna

http://www.vita.it/ambiente/attivismo/s ... ula_2.html

Carlin Petrini di Slow Food insieme a don Virginio Colmegna. Lo chef Davide Oldani accanto al comico Diego Parassole. Gad Lerner, Riccardo Bonacina e Gerolamo Fazzini tra gli autorevoli rappresentanti della carta stampata, Loretta Napoleoni e Marco Vitale fra gli economisti. E poi padre Kizito Sesana, missionario in Africa. Sono solo alcuni dei primi firmatari dell’appello “Sulla fame non si specula” (in allegato il testo completo), che dà l’avvio alla Campagna di sensibilizzazione contro le speculazioni alimentari lanciata da Vita, insieme ad Action Aid International, Pime, Fondazione Bridges e Acli, per chiedere un intervento regolativo sui mercati finanziari che protegga un bene essenziale come il cibo dalle mire speculative, unendosi a gruppi, associazioni e singole persone che si stanno mobilitando in Europa e negli Stati Uniti.

Si può diventare fan della Campagna su Facebook digitando “Sulla fame non si specula” e mandare la propria adesione all’appello attraverso il sito di vita.it. Info anche su: sullafamenonsispecula.org, online da lunedì 18 aprile.

«Il rapporto tra speculazione finanziaria e aumento dei prezzi è complesso» spiega Riccardo Moro, economista e fondatore del Progetto Bridges sulla giustizia economica. «La speculazione interagisce con lo squilibrio tra domanda e offerta creato da altri fattori, ma ne moltiplica gli effetti. Leggi di mercato immaginate per rendere efficienti gli scambi tra produttori e consumatori sono falsate dall’entrata in gioco di operatori che non hanno alcun interesse reale ad acquistare o vendere grano, soia o riso, ma mirano solo a ottenere un rendimento finanziario elevato in tempi brevi».

Una delle prime iniziative della campagna “Sulla fame non si specula” riguarderà Milano, sede dell’Expo 2015 che ha a tema proprio: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ai candidati sindaci alle prossime amministrative la campagna chiederà di far compiere alla città un passo concreto, sottoscrivendo un codice di condotta che impegna l’amministrazione a non acquistare più derivati legati al cibo (il alto a destra l'appello).


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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda trilogy il 23/12/2012, 21:47

flaviomob ha scritto:http://sullafamenonsispecula.org/

http://sullafamenonsispecula.org/campagna

[..] Ai candidati sindaci alle prossime amministrative la campagna chiederà di far compiere alla città un passo concreto, sottoscrivendo un codice di condotta che impegna l’amministrazione a non acquistare più derivati legati al cibo (il alto a destra l'appello).


Iniziativa ammirevole. Ma non capisco. I comuni italiani hanno derivati finanziari sui prodotti alimentari? A che titolo? e che se ne fanno?
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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda franz il 24/12/2012, 9:55

trilogy ha scritto:Iniziativa ammirevole. Ma non capisco. I comuni italiani hanno derivati finanziari sui prodotti alimentari? A che titolo? e che se ne fanno?

Prima bisognerebbe capire. Non è la prima vota che parliamo di derivati finanziari. Il loro scopo principale è stabilizzare i prezzi, non aumentarli. Chi li compra ha interesse a proteggere un certo prezzo dalle oscillazioni. Questa non è una "speculazione" anzi di fatto minimizza la speculazione in quanto essa vive di volatilità (continue oscillazioni) mentre i derivati tendono a ridurla, per scopo. Naturalmente la domanda di Trilogy è corretta. Perché mai un ente pubblico dovrebbe comprare derivati nel campo alimentare? Una casa produttrice di pasta invece ha tutto l'interesse a farlo, per assicurarsi un prezzo costante della materia prima tutto l'anno. Io credo che la confusione nasca tra il termine molto vago di "speculazione" (una sorta di monstre a cui si addebitano tutte le cose negative che non si riescono a capire del mercato) ed i derivati finanziari. Entrambi sono ovviamente oggetto degli strali della sinistra anticapitalista, la quale fa un'equivalenza di comodo e sbagliata, ponendo derivati come elemento determinante della speculazione. I prezzi dei cereali sono legati principalmente ancora alla domanda ed all'offerta (siccità incluse http://www.milanofinanza.it/news/dettag ... enzie=TMFI) alla crescita della popolazione ed anche all'andamento di altri prezzi come quello del petrolio, visto che oggi l'agricoltura è fortemente meccanizzata e quindi dipende dal prezzo dell'energia.
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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda flaviomob il 25/12/2012, 12:12

"Fermare questa barbarie è difficile ma non impossibile"

Intervista al professor Riccardo Moro, docente dell'Università Statale di Milano: "Ecco come la finanza condiziona tutto"

Professor Moro, come si sviluppa la dinamica dei futures legati ai cereali e ad altri beni di prima necessità?
Venditore e acquirente si mettono d'accordo oggi per scambiarsi fra un anno una quantità di prodotto a un dato prezzo. Alla consegna, quale che sia il prezzo corrente quel giorno verrà pagata la cifra concordata. Per molti anni il future è stato uno strumento prezioso utilizzato dagli operatori del mercato agricolo: i prezzi erano prevedibili, e i produttori, che hanno costi al momento della semina, ma incassano solo al raccolto, potevano vendere titoli futures e disporre di denaro subito. Oggi però, con la deregulation finanziaria, i futures vengono utilizzati da un numero sempre maggiore di operatori che non hanno alcun interesse nel settore agricolo reale. Si concorda un future e prima della scadenza si 'straccia' (letteralmente!) il titolo scambiandosi praticamente la differenza come in una comune scommessa. L’enorme domanda di futures e di derivati di questo tipo ne ha fatto aumentare il valore di scambio. Tutti li domandano, il prezzo sale e si trascina quello del prodotto reale (un prodotto pronto per la consegna vale sempre un po’ di più di quello disponibile solo in futuro). Analogamente, se la borsa disinveste, com'è avvenuto nel 2008, il prezzo dei futures scende e costringe alla discesa anche quello del prodotto pronto. È la dimensione finanziaria, insomma, a trascinare il prezzo reale e non il contrario come sarebbe normale.

Qual è l'entità del fenomeno?
I calcoli non sono facili, perché non conta solo il valore dei titoli in circolazione, ma anche la velocità con cui passano di mano. Secondo Barclays dai 65 miliardi di dollari movimentati nel 2006 si è passati ai 126 miliardi del 2011. Ma quel che è più perverso è che è mutata l’essenza stessa del rapporto di scambio. Se nel giugno del 1996, infatti, alla Borsa di Chicago si stimava che l’88% dei futures sul frumento fossero contratti da operatori motivati dalla volontà di proteggersi dalle incertezze naturali dei raccolti, contro un 12% legato alla speculazione, nel giugno 2011 le stesse stime valutano che sia quasi il 70% il numero di futures scambiato da gruppi finanziari per fini lucrativi, mentre solo il 39% è detenuto da operatori legati all'economia reale.

La speculazione sul cibo quanto incide sull'andamento dell'inflazione?

Ci sono diverse cause che agiscono contemporaneamente e interagiscono tra di loro. Le dinamiche finanziarie poi sono difficilmente leggibili e i prezzi futuri spesso influenzati da stime e da aspettative a volte irrazionali. È comunque un impatto forte. I derivati si sono sviluppati dal 2006 in avanti, e poco dopo abbiamo avuto la prima crisi dei prezzi alimentari. C'e stato un disinvestimento in massa dai derivati legati al cibo nel 2008, e i prezzi sono crollati. C'è stata in seguito una consistente ripresa sino ad oggi, e abbiamo avuto costanti rincari.

È possibile fermare questa barbarie? Quali sono le possibili vie d'uscita?

Ci sono interessi enormi e trasversali capaci di condizionare niente meno che il Congresso Americano. Inoltre la grande finanza ha tempi di reazione e di adattamento velocissimi e riesce ad eludere le regole quand'anche ci fossero. Ma fare qualcosa è possibile. Ci sono diverse proposte in campo in sede europea e Usa per evitare che futures e derivati non influenzino i prezzi delle materie prime essenziali per la vita dell'uomo. Proposte tecniche accanto alle quali occorre la pressione esercitata dall'opinione pubblica.

E il singolo risparmiatore, cosa può fare?
Chiedere alla propria banca o al proprio promotore finanziario dove investiranno i suoi risparmi e non accontentarsi di risposte superficiali. E poi informarsi, interpellare il proprio Comune, prendere coscienza, aderire a campagne anti-speculazione e anti-spreco. Perché una buona idea, se non è sostenuta dalle gambe degli uomini, non riuscirà a cambiare il mondo.

Claudio Strano

http://www.consumatori.e-coop.it/portal ... elle.dhtml


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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda trilogy il 26/12/2012, 15:12

flaviomob ha scritto: "Fermare questa barbarie è difficile ma non impossibile"
Intervista al professor Riccardo Moro, docente dell'Università Statale di Milano
[..] L’enorme domanda di futures e di derivati di questo tipo ne ha fatto aumentare il valore di scambio. Tutti li domandano, il prezzo sale e si trascina quello del prodotto reale (un prodotto pronto per la consegna vale sempre un po’ di più di quello disponibile solo in futuro). Analogamente, se la borsa disinveste, com'è avvenuto nel 2008, il prezzo dei futures scende e costringe alla discesa anche quello del prodotto pronto. È la dimensione finanziaria, insomma, a trascinare il prezzo reale e non il contrario come sarebbe normale.


Non condivido queste affermazioni . Il future è un prodotto finanziario che viene letteralmente creato dall'incontro tra domanda e offerta, tra un operatore che vuole acquistarlo e uno che vuole venderlo. Per ogni posizione aperta c'è un operatore che è long di un contratto e uno che è short di un contratto. L'idea che la domanda faccia aumentare il prezzo, è un errore molto comune perchè siamo abituati a ragionare per analogia coi beni fisici. Ma qui siamo su beni immateriali, e l'aumento della domanda di per sè, non fa ne' aumentare, ne' diminuire il prezzo. L'aumento della richiesta e dei volumi di scambio può essere dovuta sia a strategie ribassiste che rialziste. In genere sui derivati i picchi di scambio si vedono nelle fasi di panico, con relativo crollo dei prezzi, o sui punti di svolta di un trend.




flaviomob ha scritto:Intervista al professor Riccardo Moro, docente dell'Università Statale di Milano
La speculazione sul cibo quanto incide sull'andamento dell'inflazione?[/b]
Ci sono diverse cause che agiscono contemporaneamente e interagiscono tra di loro. Le dinamiche finanziarie poi sono difficilmente leggibili e i prezzi futuri spesso influenzati da stime e da aspettative a volte irrazionali. È comunque un impatto forte. I derivati si sono sviluppati dal 2006 in avanti, e poco dopo abbiamo avuto la prima crisi dei prezzi alimentari. C'e stato un disinvestimento in massa dai derivati legati al cibo nel 2008, e i prezzi sono crollati. C'è stata in seguito una consistente ripresa sino ad oggi, e abbiamo avuto costanti rincari.[b]...


Qua il discorso è più sobrio. Infatti ci sono molte ricerche che hanno cercato di capire la relazione tra mercati finanziari e prezzi delle materie prime, ma i risultati sono piuttosto discordanti. In particolare per quanto riguarda le commodities dove i futures prevedono la consegna fisica del bene. In altre parole se compro un future sul mais con scadenza dicembre 2012 e mi scordo di rivenderlo prima della scadenza, a dicembre arriva un tir che mi scarica alcune tonnellate di mais in giardino :mrgreen: e mi chiede il pagamento dell'intera fornitura.(nel momento in cui ho sottoscritto il future ho versato solo una piccola % del valore dell'intero contratto) Di conseguenza, una speculazione che volesse incidere stabilmente sul livello dei prezzi alla fine dovrebbe provocare, da qualche parte, un accumulo di scorte di prodotto fisico. Ma di questo non c'è evidenza, anzi i prezzi tendono ad aumentare quando il livello delle scorte scende, e tendono a scendere quando il livello delle scorte sale. Quindi i derivati probabilmente contribuiscono alla volatilità dei prezzi, assieme alla globalizzazione, ma non modificano un trend strutturale dei prezzi che è tendenzialmente rialzista per fattori climatici, aumento della popolazione, e mutamenti nella dieta di miliardi di persone.
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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda franz il 26/12/2012, 16:05

trilogy ha scritto:Non condivido queste affermazioni . Il future è un prodotto finanziario che viene letteralmente creato dall'incontro tra domanda e offerta, tra un operatore che vuole acquistarlo e uno che vuole venderlo. Per ogni posizione aperta c'è un operatore che è long di un contratto e uno che è short di un contratto. L'idea che la domanda faccia aumentare il prezzo, è un errore molto comune perchè siamo abituati a ragionare per analogia coi beni fisici.

Attendevo la tua autorevole spiegazione, trilogy.
Avevo in mente questa cosa ma non avrei saputo spiegarla altrettanto bene.
Sono tutto sommato scommesse in un gioco a somma zero. Per uno che scommette ci deve essere un altro che accetta la scommessa. Non credo che le scommesse sui cavalli incidano sui vincitori reali, a meno che non ci sia una malavita organizzata (e quindi reati penali) che ci mette lo zampino (o lo zoccolo) per modificare l'esito della gara.
Alla base pero' rimane l'economia reale, che non è a somma zero, come lungamente discusso, e che rappresenta il 95% delle transazioni di mercato.
Una cosa pero' mi sembra oggettivamente vera nel discorso introdotto da falviomob. Per quale motivo gli enti locali italiani dovrebbero acquisire strumenti finanziari derivati in campo alimentare? Mi sembra ragionevole l'esortazione a starne alla larga. E non solo alimentari. Per dire... e l'acciaio? Capirei Taranto o altre citta siderurgiche che volessero in qualche modo proteggersi da shock di mercato sul prodotto che è "monocultura" e fondamentale per l'economia della città. ma il grano e la soia?
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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda flaviomob il 26/12/2012, 21:23

Questo non spiega il passaggio dell'intervista:

Se nel giugno del 1996, infatti, alla Borsa di Chicago si stimava che l’88% dei futures sul frumento fossero contratti da operatori motivati dalla volontà di proteggersi dalle incertezze naturali dei raccolti, contro un 12% legato alla speculazione, nel giugno 2011 le stesse stime valutano che sia quasi il 70% il numero di futures scambiato da gruppi finanziari per fini lucrativi, mentre solo il 39% è detenuto da operatori legati all'economia reale.


Per quale motivo questo incremento?


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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda trilogy il 27/12/2012, 3:08

flaviomob ha scritto:Questo non spiega il passaggio dell'intervista:

Se nel giugno del 1996, infatti, alla Borsa di Chicago si stimava che l’88% dei futures sul frumento fossero contratti da operatori motivati dalla volontà di proteggersi dalle incertezze naturali dei raccolti, contro un 12% legato alla speculazione, nel giugno 2011 le stesse stime valutano che sia quasi il 70% il numero di futures scambiato da gruppi finanziari per fini lucrativi, mentre solo il 39% è detenuto da operatori legati all'economia reale.


Per quale motivo questo incremento?


Uno dei motivi è stato il salto tecnologico del 1998 nella piattaforma di scambi elettronici (CME Globex trading system) . Gli operatori di tutto il mondo hanno avuto accesso ai dati del mercato in tempo reale e in modo molto efficiente . Questo ha moltiplicato il numero delle transazioni di breve periodo.
Un altro fattore è stata la fusione tra i due mercati il Chicago Board of Trade e il Chicago Mercantile Exchange avvenuta nel 2007 che ha creato il più grande mercato dei derivati del mondo che rappresenta il punto di riferimento per gli scambi globali.
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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda flaviomob il 27/12/2012, 18:28

trilogy ha scritto:Gli operatori di tutto il mondo hanno avuto accesso ai dati del mercato in tempo reale e in modo molto efficiente . Questo ha moltiplicato il numero delle transazioni di breve periodo.
Un altro fattore è stata la fusione tra i due mercati il Chicago Board of Trade e il Chicago Mercantile Exchange avvenuta nel 2007 che ha creato il più grande mercato dei derivati del mondo che rappresenta il punto di riferimento per gli scambi globali.


Ma le transazioni sui generi alimentari, legate ai future, non dovrebbero avere un orizzonte temporale almeno annuale?
E qual è il rapporto tra i future e i derivati? Quali ricerche affidabili (diciamo accessibili anche ai "non addetti") ci sono riguardo a questi prodotti, relative al mercato dei generi alimentari?
E infine, l'ipotesi di speculazioni su questo mercato specifico sono peregrine o fondate?


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Re: Sulla fame non si specula

Messaggioda trilogy il 29/12/2012, 21:42

flaviomob ha scritto:Ma le transazioni sui generi alimentari, legate ai future, non dovrebbero avere un orizzonte temporale almeno annuale?


Le transazioni sono quotidiane, 22 ore al giorno, è un mercato globale. Noi andiamo al mercato periodicamente e compriamo pane, pasta, riso, carne ecc. La stessa cosa fanno i commercianti di alimenti e i produttori. Il future riflette il prezzo futuro (per questo si chiama future) di un dato bene ad una scadenza prefissata. Supponi di essere un agricoltore che produce grano e avrai il raccolto a giugno. Guardi il prezzo del future alla scadenza che ti interessa. Se il prezzo ti sembra buono puoi vendere un numero di contratti futures pari alla tua produzione e hai bloccato il prezzo di vendita. Supponi che a giugno il prezzo del grano sul mercato fisico sia crollato, anche il future sarà crollato in parallelo. Ma a te non interessa.Il prezzo che ricaverai dal tuo raccolto sarà quello fissato al momento della vendita dei futures. Al contrario se il prezzo è andato alle stelle ti mangi le mani.

flaviomob ha scritto:E qual è il rapporto tra i future e i derivati? Quali ricerche affidabili (diciamo accessibili anche ai "non addetti") ci sono riguardo a questi prodotti, relative al mercato dei generi alimentari?
E infine, l'ipotesi di speculazioni su questo mercato specifico sono peregrine o fondate?


I future sono derivati. Ogni strumento finanziario che deriva il proprio prezzo da un altro prodotto (sottostante) è un derivato (opzioni, futures, etf ecc.). I futures si muovono in parallelo al prezzo del prodotto che rappresentano. Vengono molto utilizzati a livello speculativo perchè al momento dell'acquisto versi solo una piccola parte del valore del contratto. Ad esempio con 7 mila dollari puoi comprare/vendere un contratto future che vale 100 mila dollari. I guadagni e le perdite si calcolano sui 100 mila. Quindi che ci siano speculazioni e investimenti nel mercato dei derivati finanziari sui prodotti agricoli nessuno lo contesta. Il mercato delle commodities agricole è il più antico del mondo e da quando esiste ci sono discussioni sull’argomento.

Quello su cui ci sono molti dubbi è che l’aumento dei derivati in circolazione provochi automaticamente un aumento o un calo dei prezzi dei prodotti sottostanti. Per come la vedo io, nella pratica ci sono momenti in cui il mercato può essere trainato principalmente dalle aspettative, e di conseguenza dalle operazioni sui derivati, e periodi in cui è trainato principalmente dalla disponibilità e dai costi di produzione agricoli. Ma i derivati da soli non riescono a indirizzare stabilmente i prezzi delle commodities agricole verso l’alto o verso il basso in contrasto con quanto avviene sul mercato spot (dei prodotti fisici).

Per fare un esempio. Nel 2011 l’India annuncia il blocco delle esportazioni di zucchero. In attesa di valutare le conseguenze reali della decisione, tutti (commercianti, aziende dolciarie, grandi aziende agricole, speculatori, investitori ecc. ) agiscono sul future facendo impennare i prezzi sia del derivato che dello zucchero fisico. La reazione dei prezzi sul mercato dei future in questi casi è istantanea, avviene nel giro di pochi secondi o minuti. Man mano che gli effetti di mercato della decisione dell’India diventano più chiari i prezzi trovano un nuovo equilibrio.

Di ricerche e dati ce ne sono tantissime in genere di natura statistica e piuttosto complessi.

I mercati americani pubblicano una mole di dati giornalieri impressionante.
http://www.cmegroup.com/trading/agricultural/

Sul sito del mercato di Chicago c’è un intervento interessante di SCOTT H. IRWIN “ WHAT WE’VE LEARNED ABOUT SPECULATION”
http://openmarkets.cmegroup.com/4520/wh ... peculation

ci sono riflessioni interessanti nel rapporto annuale della confederazione italiana agricoltori
http://www.cia.it/svl/allegatiRead?reci ... allid=7888

Anche questo di Agriregioni è interessante
http://agriregionieuropa.univpm.it/dett ... ticolo=510

Per comprendere i mutamenti strutturali in corso nel mercato, accanto alla domanda per consumi alimentari, conviene guardare la strategia dell’Europa verso la bioeconomia. Sostituire il petrolio con altre materie prime ha un costo, e i politici fanno errori, come è successo con i biocarburanti di prima generazione.

http://ec.europa.eu/research/bioeconomy ... wth_it.pdf

[..]«L’Europa deve passare a un’economia ‘post-petrolio’. Un maggiore utilizzo di fonti rinnovabili non è più solo una scelta ma una necessità. Dobbiamo promuovere il passaggio a una società fondata su basi biologiche invece che fossili, utilizzando i motori della ricerca e dell’innovazione. Si tratta di una mossa positiva per l’ambiente, la sicurezza energetica e alimentare e per la competitività futura dell’Europa", ha affermato Máire Geoghegan-Quinn, la commissaria responsabile per la Ricerca, l’innovazione e la scienza.

Il termine "bioeconomia" si riferisce a un’economia che si fonda su risorse biologiche provenienti della terra e dal mare, nonché dai rifiuti, che fungono da combustibili per la produzione industriale ed energetica e di alimenti e mangimi. La bioeconomia comprende anche l’uso di processi di produzione fondati su bioprodotti per un comparto industriale sostenibile. I rifiuti organici, ad esempio, rappresentano un potenziale notevole in alternativa ai concimi chimici o per la conversione in bio-energia, e possono coprire il 2% dell’obiettivo stabilito dall’UE per le energie rinnovabili.

La bioeconomia europea vanta già un fatturato di circa 2 000 miliardi di euro e impiega oltre 22 milioni di persone, che rappresentano il 9% dell’occupazione complessiva dell’EU. Comprende i settori dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, della produzione alimentare, della produzione di pasta di carta e carta, nonché comparti dell’industria chimica, biotecnologica ed energetica. Si calcola che per ogni euro investito in ricerca e innovazione nella bioeconomia la ricaduta in valore aggiunto nei settori del comparto bioeconomico sarà pari a dieci euro entro il 2025.
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