http://www.ilmessaggero.it/primopiano/p ... 0240.shtmlLa nuova Repubblica da costruire sulle riforme
di Virman Cusenza
ROMA - Chiamiamola la Bomba M. Se preferite, la metamorfosi del tecnico. Nella sua lunga mattinata in tv, Mario Monti ha dimostrato quanto invano siano trascorsi gli ultimi vent’anni, almeno per noi cittadini al cospetto dei partiti. Risse continue, flop, riforme mancate e passi avanti perduti. Vent’anni di puro stillicidio bipolare in cui il meglio, la parte più avanzata e riformista, della nostra politica è rifluita maldestramente nei due schieramenti: una diaspora che ha creato fratelli separati capaci di dialogare a distanza, ma incapaci di contaminare con il loro pensiero i rispettivi poli. Un’apartheid politica che oggi il Professore vuole spezzare con la chiamata ai «cespugli riformisti» in una casa comune.
Monti ha offerto la sua Agenda-Italia al Paese,
chiarendo subito che si tratta di un’operazione trasversale che manda in archivio due contenitori logori: il Pdl egemonizzato da Berlusconi e dal suo populismo e il Pd alleato di Vendola. Come superamento di entrambi c’è un fronte neodegasperiano (citazione non a caso ricorrente nei discorsi del premier) che sarebbe errato chiamare moderato, come si usava fino ad oggi. Ma che egli invece battezza «radicale» e «rivoluzionario», quanto di più diverso dai conservatori alla Vendola (parole sue) o della Cgil, a cui il Professore non a caso contrappone la caratura riformista di un giuslavorista come Pietro Ichino. Forte di questa scomposizione, o almeno di questa intenzione di smontare il quadro politico così come lo abbiamo conosciuto, Monti rivendica lo spazio e il filo per tessere al centro degli schieramenti.
Ce n’è abbastanza per capire quanto ampio si sveli il salto del tecnico che vuole fondare qualcosa di nuovo e di inedito, tra rinnovamento ed Europa. A Monti si possono certo contestare i toni freddi e professorali, la mancanza di pathos nel messaggio, i tagli dai costi sociali alti con la connessa mancata crescita. Ma tutta la sua parabola, soprattutto negli ultimi mesi, si discosta nettamente dall’unico precedente che sarebbe giusto scomodare: quello di Carlo Azeglio Ciampi. Il Traghettatore, vent’anni fa, mise in salvo il Paese (e i suoi conti), consegnandolo al ritorno della politica. Tornò al suo posto di governatore, per poi essere richiamato come riserva della Repubblica, alla guida del superministero dell’Economia con il governo Prodi. E, tre anni dopo, assicurato all’Italia lo storico ingresso dell’euro, venne chiamato alla Presidenza della Repubblica. Un percorso che una influente fetta del Pd vorrebbe ritagliare anche per Monti, salvatore dallo spread e anch’egli traghettatore verso una nuova Repubblica, ma che l’ex rettore della Bocconi non sembra interessato a percorrere. Per una ragione fra tutte: la passione politica, non di schieramento ma da rifondatore di una casa che ha perso identità e smalto e che oggi non riesce a raccogliere sotto lo stesso tetto gli appartenenti alla medesima famiglia: popolari, liberali e riformisti.
Certo, c’è chi fa baluginare al Professore orizzonti rosa: l’impegnativa successione a Napolitano sul Colle o ruoli di prestigio europeo. Ma il messaggio che trapela dal Monti di ieri sembra un altro. Lo si capisce dal gelo composto del Pd e di Bersani e dall’ira scomposta di Berlusconi, tornato agli show down televisivi. Di sicuro, però, nemmeno il coraggio pioneristico del premier può sgombrare il campo dalle paure per la legislatura che verrà. Soprattutto nel caso di chiare maggioranze politiche alle urne di febbraio, quale garanzia avremo di un percorso riformatore indispensabile per sveltire e ammodernare il Paese? Per questa ragione servirebbe, a costo di accorciare la prossima legislatura, un’assemblea Costituente: lo stesso strumento che nel ’46 ha consentito di riscrivere e ammodernare le regole. Perché è solo su quel terreno che si possono ricostituire famiglie politiche omogenee e ristabilire quel dna comune che serve a creare partiti coesi dall’identità forte. Speriamo il prossimo anno porti con sé questa consapevolezza. Auguri.
Lunedì 24 Dicembre 2012 - 09:35
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.