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S&P: "Sull'Italia abbiamo sbagliato"

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: S&P: "Sull'Italia abbiamo sbagliato"

Messaggioda trilogy il 15/11/2012, 16:12

pianogrande ha scritto:[..]Sua altezza imperiale S & P o Fitch o chi diavolo sia è sottoposta alle leggi dello stato in cui opera....


Bella immagine riassume perfettamente Il problema che ruota proprio attorno a questi concetti. La vicenda di Trani e delle agenzie di rating è solo un granello di una questione enormemente più grande.

Gli Stati moderni e le relazioni internazionali, come li conosciamo oggi, sono nati con la pace di Westfalia del 1648. Hanno due elementi chiave: gli Stati detengono la Sovranità in un territorio delimitato (non riconoscono nessuna Autorità sopra di loro). Gli Stati sono gli unici legittimati alla politica internazionale.(politica internazionale = politica tra Stati sovrani) Quindi per regolare i problemi sovranazionali e limitare l'anarchia, si costruiscono organizzazioni internazionali tra Stati (ad esempio UE, ONU ecc.) si firmano Trattati, accordi tra Stati, si intrattengono relazioni diplomatiche tra Stati ecc.

La globalizzazione a partire dal crollo dell'URSS del 1991 ha messo pesantemente in crisi questa costruzione politica. Ci sono sempre più ogranizzazioni private sovranazionali ( banche, imprese, ONG ecc.) che si muovono al di fuori della sovranità statale (sono globali) ed entrano in conflitto con gli Stati nel momento in cui agiscono e producono effetti su porzioni di spazio dove uno Stato reclama la sua sovranità. Con l'evoluzione tecnologica si sono poi creati spazi virtuali (la rete) su cui gli Stati faticano ad affermare la loro sovranità.

Ad esempio Fitch può anche non avere nessun ufficio sul territorio italiano, ma un suo rapporto sul debito pubblico italiano, prodotto e distribuito via internet (uno spazio virtuale globale) produce un effetto sul territorio italiano, cioè uno spazio reale delimitato su cui lo Stato italiano reclama la sua esclusiva sovranità. La regolamentazione di internet, il controllo sulle grandi banche d'affari, Trani e le agenzie di rating ecc. sono tante battaglie della medesima guerra. Una tra guerra tra forze che stanno scardinando la sovranità degli Stati nazionali e questi che cercano di riaffermarla. :mrgreen:
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Gli USA contro S&P

Messaggioda flaviomob il 05/02/2013, 12:10

Gli USA fanno causa a Standard & Poor's, con l'accusa di non aver realisticamente valutato le conseguenze dei titoli spazzatura implicati nella crisi dei mutui subprime. Il gruppo che controlla l'agenza di valutazione perde il 14%.
E' la prima volta che il governo americano compie un'azione del genere.

Dal Wall Street Journal:

http://online.wsj.com/article/SB1000142 ... 95142.html

U.S. Sues S&P Over Ratings


Justice Department Says Endorsements of Risky Mortgage Bonds Fueled Crisis

By JEAN EAGLESHAM, JEANNETTE NEUMANN and EVAN PEREZ

The Justice Department sued Standard & Poor's Ratings Services late Monday, alleging the firm ignored its own standards to rate mortgage bonds that imploded in the financial crisis and cost investors billions.

The Justice Department and state prosecutors intend to file civil charges alleging wrongdoing by Standard & Poor's in its rating of mortgage bonds before the financial crisis erupted in 2008. WSJ's Justin Baer has exclusive details on The News Hub.

The civil charges by U.S. Attorney General Eric Holder against the New York company, one of the bond-rating industry's three giants, are the first federal enforcement action against a credit-rating firm over the crisis. Several state attorneys general are likely to join.

S&P said in a statement earlier Monday that the government suit would be "entirely without factual or legal merit," and denied wrongdoing.

After The Wall Street Journal reported Monday afternoon that the government intended to launch the civil case, S&P confirmed the expected lawsuit and said the rating firm was being punished unfairly by the U.S. government for "failing to predict" the housing meltdown or financial crisis.

The two sides have discussed a possible settlement for about four months, according to people close to the negotiations, but S&P balked over concerns that a deal could sink the company.

The government was seeking penalties of more than $1 billion, another person close to the talks said, which would be the biggest sanction imposed on a firm related for its actions in the crisis.

S&P officials also were rattled that the government was pushing the company to admit wrongdoing that could leave it more vulnerable to pending or new lawsuits by investors.

For about three years, the government has been investigating whether S&P managers pushed to weaken company standards for rating mortgage-linked deals or ignored the standards entirely, people familiar with the probe said.

...


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Re: S&P: "Sull'Italia abbiamo sbagliato"

Messaggioda flaviomob il 07/02/2013, 12:38

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... -f/491717/

Standard & Poor’s rischia la F

di Fabio Scacciavillani | 7 febbraio 2013

Il libero mercato, come la democrazia, non è uno stato naturale al quale tendono le società o le economie. In assenza di istituzioni (e di efficaci meccanismi sanzionatori che le preservino), individui, tribù, partiti, aziende, banche, bande si ingegnano per trovare il modo di prevaricare il prossimo. E normalmente ci riescono.

Per questo un mercato (e una democrazia) senza regole stabili (o con regole fasulle, come in Italia) degenera in un’anarchia di stampo somalo dove potentati più o meno occulti si scontrano senza esclusione di colpi bassi. All’occorrenza si alleano per rubare alla collettività, se necessario in combutta con il potere politico.

Affinché le regole siano valide e cogenti devono essere implementate da organismi terzi e indipendenti, con poteri (e bilanci) autonomi rispetto ai controllati (e ai politici) e la capacità di comminare in fretta sanzioni severe. Solo in alcune circostanze (cioè quando gli interessi di tutti i partecipanti sono allineati) i mercati si auto-regolamentano. Ma anche le regolamentazioni possono creare disastri. Ad esempio quando si affidano a istituzioni private controlli a tutela di diritti collettivi e interessi diffusi queste tenderanno inevitabilmente ad utilizzare tali poteri per perseguire il proprio profitto.

E’ questo lo sfondo sul quale si staglia il procedimento civile contro Standard & Poor’s intentato dal Dipartimento di Giustizia americano (e a cui si aggiungeranno prevedibilmente quelli di svariati stati). Dopo 5 anni di tentennamenti (su cui gravano fondati sospetti di mordacchie politiche) le autorità hanno sparato la prima bordata e si apprestano a scoperchiare un verminaio.

Le società di rating con gli anni si sono viste attribuire un ruolo improprio da regolamentazioni mal concepite che imponevano ad esempio a fondi pensione e altri grandi gestori di comprare principalmente asset di comprovata qualità, qualità che veniva certificata appunto dalle agenzie di rating. Per di più i coefficienti di capitalizzazione delle banche venivano ponderati in base ai rating dei vari attivi patrimoniali.

Questa regolamentazione ha avuto tre effetti devastanti: 1) ha deresponsabilizzato i gestori e i consigli di amministrazione dallo svolgere il ruolo per il quale erano stati pagati, 2) ha creato l’incentivo per assegnare rating sballati o truffaldini; 3) ha indotto una concentrazione di rischi sui titoli di stato che le regole prudenziali presupponevano sicuri e quelli giudicati Tripla A con criteri opachi.

Alle regolamentazioni mal concepite si è aggiunta una sorta di licantropizzazione delle banche commerciali, spinte dai bassi tassi di interesse a inseguire rendimenti (e bonus) più alti attraverso strategie non convenzionali (per usare un eufemismo). Nei bei tempi andati le banche americane concedevano il mutuo solo a persone con un impiego e una storia personale affidabile, e per un ammontare sostanzialmente inferiore al prezzo della casa. Poi arrivarono le cartolarizzazioni. Per inciso, in Italia le introdusse Tremonti che oggi sbraita contro la finanza speculativa, così come sbraita contro l’Imu che lui stesso ha imposto e contro il fiscal compact che lui stesso ha firmato a livello europeo.

Con la cartolarizzazione dei mutui una banca concede i mutui e quasi subito li rivende sotto forma di obbligazioni garantite dai mutui a qualcun altro. In pratica ci si sbarazza del rischio che il debitore non ripaghi il debito e lo si passa a chi compra l’obbligazione. Ma come convincere il gonzo di turno? Qui entrano in scena le agenzie di rating. Sulle obbligazioni veniva chiesto il rating. S&P. Quasi sempre il responso era molto lusinghiero, spesso la mitica tripla A, cioè il massimo dell’affidabilità. Come si giustificava? In vari modi. In primo luogo guardavano ai dati storici in cui i fallimenti sui mutui erano rari proprio perché le banche erano attente a selezionare con cura i clienti. Ma questi dati erano non solo inutili, ma fuorvianti per l’analisi del rischio futuro perché era avvenuto quello che gli econometrici chiamano una rottura strutturale. Cioè le condizioni sottostanti a quei dati non esistevano più. Le banche non avevano più interesse a verificare l’affidabilità del mutuatario perché scaricavano il rischio su altri. Anzi, avevano un incentivo a prestare a chiunque respirasse, fosse anche disoccupato, alcolizzato,giocatore d’azzardo incallito o ex galeotto. Dai volumi si generavano i profitti. Ecco come si sviluppò la bolla dei mutui sub-prime.

Alla licantropizzazione delle banche si aggiunsero due altri fattori, male inseriti nei modelli di rating: 1) i prezzi delle case erano in continua ascesa, quindi i rischi di prezzi in forte flessione erano sottostimati; 2) i tassi di interesse sui mutui erano vicino ai minimi storici da diversi anni, e nelle agenzie di rating si minimizzava il rischio di insolvenza dovuto all’aumento dei tassi.

Come ciliegina sul letame sulle obbligazioni cartolarizzate si iniziò a costruire altri strati di derivati rendendo l’intera struttura del comparto obbligazionario ancora più fragile ed esposta al contagio. Bastò un soffio di vento per rendere carta straccia trilioni di dollari. Nel 2009 le obbligazioni fallite in numero e importi maggiori furono proprio quelle della classe Tripla A. Una débacle epocale.

Secondo il Wall Street Journal per tre anni il Dipartimento della Giustizia ha investigato se i manager di S&P hanno fatto in modo di indebolire le regole interne sui rating oppure le abbiano ignorate tout court. In altre parole il caso mira a verificare se si trattò di errori professionali compiuti in buona fede o di brutali conflitti di interesse visto che le agenzie di rating lucravano sulle commissioni. Insomma il governo ipotizza che vi sia stato un deliberato tentativo di frode. S&P nega qualsiasi responsabilità.

A mio avviso la questione – per quanto rilevante dal punto di vista legale e per le conseguenze sui risarcimenti e sulle multe – è irrilevante dal punto di vista sostanziale. Nel diritto romano vigeva il principio “culpa lata dolo aequiparatur” cioé una negligenza grave è equiparata al dolo perché dal punto di vista pratico è impossibile da distinguere le due fattispecie. Questo vale a fortiori nei mercati finanziari dove i criteri devono essere estremamente severi e la negligenza va considerata ipso facto dolo per la delicatezza delle funzioni fiduciarie che si espletano e perché si gestiscono soldi del pubblico.

Secondo il WSJ a S&P era stato offerto un accordo che prevedeva una multa da un miliardo di dollari, ma i vertici della società avrebbero rifiutato perché il colpo sarebbe stato mortale e comunque avrebbe aperto la strada ad altre cause. Difficilmente S&P sopravviverà nella sua forma attuale. E molti si aspettano che non sarà l’ultima agenzia a finire nel tritacarne dell’Amministrazione Obama.

Saranno in pochi, tra i professionisti onesti e competenti, a versare lacrime se le agenzie di rating (almeno come le conosciamo) dovessero finire nella pattumiera della storia.

(*) Fabio Scacciavillani è candidato alla Camera per Fare – Fermare il Declino


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