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Riapre il processo Rostagno
24 anni dopo la sua morte alla ricerca della verità.
26 Settembre 2012
Oggi si torna in aula per il processo sull'omicidio di Mauro Rostagno. Una giornata particolare perchè proprio oggi si commemora l'anniversario della sua morte.
Sono passati 24 anni da quando Mauro Rostagno è stato messo a tacere per sempre. Ventiquattro anni da quando da RTC denunciava la mafia. Ventiquattro anni. E finalmente dopo vari depistaggi, si è iniziato a parlare di mafia.
La sua battaglia sta continuando. Per molti anni non si è stato associato alla mafia. I depistaggi sulla sua morte partirono subito e a partire proprio dagli ambienti di mafia. Rostagno "parlava troppo" e ficcava il naso dove non doveva. Stava indagando su appalti, sulla massoneria, sulla presenza di Licio Gelli a Trapani.
Le minacce per Mauro arrivarono subito. La mafia le mandò a dire con Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina, ora collaboratore di giustizia. In quegli anni novanta, Siino disse a Puccio Bulgarella, editore di Rtc, la televisione che mandava in onda i servizi e gli editoriali di Rostagno, “ la minaccia è seria. Viene da una persona importante”.
Ed era proprio seria la inviava u 'zu Ciccio Messina Denaro che di Mauro diceva: “Si tu lo senti parlare t’arrizzano li carni”…è un cornuto”
Le intimidazioni arrivarono a Rostagno, ma non lo stupirono nè lo fermarono. Era un cane sciolto, diceva Bulgarella, per questo non c'era guinzaglio o museruola che potesse metterlo a tacere. Ma chi parla troppo lo si sa, non piace alla mafia nè ai mafiosi che trattano tutto come fosse "cosa nostra". Bisognava zittirlo. E così è stato. Ventiquattro anni fa, il 26 settembre del 1988, Mauro Rostagno veniva ucciso in un agguato a Lenzi. Mauro, la "camurria" come lo definiva Totò Riina, era stato eliminato.
I suoi funerali sono impressi nelle menti di tutti. Anche di chi, in quegli anni, era soltanto un bambino. Un fiume di gente portò il suo ultimo saluto a quell'uomo che si era battuto per l'informazione, per la verità, per la giustizia.
Un uomo che aveva iniziato la sua rivoluzione culturale contro il silenzio. Un uomo che era stato fatto fuori dalla mafia perchè aveva osato sfidarla e raccontarne i suoi meccanismi, i suoi loschi affari, le sue trame.
Il corteo funebre attraversò le vie di Valderice fino al cimitero dove è sepolto. E chissà, a pochi passi da quella strada principale del paese,via Vespri, in un angolo di una sua arteria, la via Sabaudia, probabilmente qualcuno festeggiava.
Lì, infatti, abitava l'esecutore del delitto Vito Mazzara, campione di tiro al piattello e tutt'ora detenuto per mafia.
La conferma della sua presunta colpevolezza, però, arriva qualche anno dopo da una perizia balistica che collegò i resti dell’arma usata per freddare Rostagno killer della mafia. Leindagini della Squadra Mobile di Trapani e della Polizia scientifica trovarono precise corrispondenze tra alcuni delitti per i quali Mazzara è stato condannato e l’omicidio Rostagno.
Il mandante fu invece identificato in Vincenzo Virga -capo mandamento di Trapani, e tramite della "nuova mafia" di Matteo Messina Denaro, figlio di Ciccio, e la vecchia mafia di Bernardo Provenzano.
Nell’aula bunker ‘Giovanni Falcone’ da due anni si svolge il processo per l’omicidio di Mauro Rostagno (CLICCANDO QUI potete ascoltare integralmente tutte le udienze) . Un processo contro la mafia divenuto tale dopo tanti depistaggi. Ma che anche grazie a importanti dichiarazioni da parte di alcuni pentiti come Francesco Milazzo e Siino, si è riusciti a scrivere nel registro degli indagati Mazzara e Virga, presunti colpevoli della fine di un uomo, un padre, un compagno.
Molte ancora le prove da analizzare come le perizie balistiche che dovevano essere fatte subito. E' vero, tutto doveva essere fatto prima. Senza inquinamenti. Ma la possibilità del riscatto è comunque arrivata.
L'appuntamento è in aula.
M.A.