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Quando Ingroia mi interrogò

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda matthelm il 23/08/2012, 15:02

Alcuni anni fa, fui chiamato dal tribunale di Palermo a deporre come testimone dell’accusa in una non so più quale fase di non so più quale processo a carico di Dell’Utri. A sollecitare la mia testimonianza, erano stati i pm Ingroia e, se ben ricordo Scarpinato, che sostenevano la preesistenza di legami Berlusconi-mafia-Dell’Utri alle stragi. Insieme a Tangentopoli e allo sfacelo dei partiti. Esse indussero Arcore – per dirla con Ferrara – a «tentare una ricomposizione del quadro politico». Erano gli anni 1992-’93. Proprio sui fatti di quei due anni, avevo scritto Il sabato andavamo ad Arcore.
Scritto che fu il primo di tutte le testimonianze, poi fotocopiate a centinaia, sulle discussioni che il presidente di Fininvest teneva coi direttori dei suoi giornali, rotocalchi, tv ed altri media. Il mio libro, dilagato nelle prime settimane ma chissà perché infrattato nelle edizioni successive, era del 1995. Dopo oltre 10 anni i procuratori del processo Dell’Utri lo portarono in dibattimento come ulteriore prova della loro tesi sulle collusioni Palermo-Milano.
Mi recai a Palermo (taxi-Roma-Fiumicino a/r, volo Fiumicino-Favorita a/r, taxi Favorita-palazzo di Giustizia a/r, tutto a mie spese: ma cosa non si farebbe per la patria? insegnavano i nonni). Quel che invece proprio non potei fare né per la patria né per la procura, fu durante l’interrogatorio e il controinterrogatorio, andare un centimetro oltre o fermarmi un centimetro prima rispetto a quel che avevo scritto nel mio “diario”, benché sollecitato dalle parti a farlo: i pm per dimostrare che il mio libro diceva cose che la loro tesi sosteneva, cioè che Forza Italia era nata tra le bombe, i difensori per sostenere il contrario, e cioè che quel partito era nato d’estate, nel ’93, quando l’odore della polvere era già svanito.
Confesso che nonostante la mia simpatia istituzionale per tutti i magistrati, rafforzata nella giornata di Palermo dal comportamento amabile dell’anziano presidente e delle due giovani giudici a latere, mi è rimasta una forte perplessità: non tanto per l’insistenza di Ingroia nello stimolarmi risposte che convalidassero qualche tesi da lui precostituita (si fa anche nel giornalismo politico, una volta si chiamava “minzolinismo”), quanto per l’imbronciamento che notavo in lui se la mia risposta non era quella che forse s’attendeva.
Mi consolavo col vecchio Marx, a proposito dei pubblici amministratori: «Non esiste lo stato, esistono gli statali». Potrebbe voler dire anche: «Non esiste la magistratura, esistono i magistrati». Idem giuristi, costituzionalisti, giornalisti, i mille e mille componenti della “classe politica” e delle professioni. È per questo che il conflitto delle attribuzioni, scriveva ieri Giuseppe Maria Berruti «è un rimedio fisiologico alla dialettica tra grandi istituzioni».
E il 19 settembre la corte costituzionale si pronuncerà su come vada risolto un caso, quello sollevato da Napolitano, non contemplato dalla Carta ma deducibile dal suo contesto. E non dal suo contesto “monarchico” di cui ha parlato Zagrebelsky, ma dal suo contesto “repubblicano”, come intuì fin dall’inizio Einaudi, consapevole – al pari di tutti i liberali, ma non degli azionisti – che trasmettere intatto il prestigio della moglie di Cesare non è qualità ed esigenza solo dinastica, ma anche e innanzitutto istituzionale. «Coprire la corona», ripeteva il repubblicano Giovanni Spadolini.
Sta di fatto che di qui al 19 settembre possono succedere varie cose e non solo in Italia. Per dire, il 12 si riuniranno a Karlsruhe le “toghe rosse” della corte costituzionale tedesca, per stabilire il grado di elasticità dei cordoni della borsa teutonica. Col caos dei partiti italiani, che più la nave affonda e più si attengono alla disposizione borbonica agli equipaggi “facite ammuina”, un tratto di corda di quelle toghe, un po’ troppo doloroso per noi, potrebbe farci piombare nelle elezioni a fine novembre.
Subito dopo, spetterebbe a Giorgio Napolitano, ancora saldamente al Quirinale, di nominare il nuovo presidente del consiglio. Spetterebbe invece al suo successore, se le elezioni si tenessero alla scadenza di primavera. La manovra a tenaglia per indebolire il Colle, mira così a impedire che Napolitano possa gestire pienamente il dopo Monti: cioè la ricerca di un Monti 2. Molti vi hanno interesse. Quello di Ingroia, ideologia “laburista “a parte, è il pereat mundus fiat justitia, come per gli antichi finemondisti del Medioevo. Quello degli house organ è di consentire all’amletico cavaliere di ritrovare un minimo di presentabilità per la leadership sua o almeno di un vice Brancaleone. Analogo è quello del nuovo savanarolismo grillista-fattoide (neologismo di Menichini, che per la nostra democrazia laica e liberale dovrebbe suonare come amanita falloide).
Come facciano i costituzionalisti del partito d’azione a non capire che in questa fase della malattia la loro scienza non aiuta la democrazia, è cosa che non sorprende chi quella scienza l’ha vista operare anche in negativo fin dal 1944-45. Come facciano a non capirlo i magistrati di Palermo, è invece un problema. Nello scontro duro con la mafia essi hanno rappresentato il meglio del paese. Ma, come sapevano i loro predecessori, grandi e malinconici realisti, non si può distruggere il mondo per visioni da apocalisse, proprio quando la salvezza, grazie al sangue di magistrati e tutori della legge, è stata raggiunta.
Stiamo con loro come sempre e stiamo con Scalfari. Stavolta credo che avremmo assistito all’ineffabile: Scalfari e Montanelli avrebbero firmato quell’articolo in due.
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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda flaviomob il 25/08/2012, 21:53

Federico Orlando è un ottimo giornalista ma la valutazione dell'"imbronciamento" di un magistrato è un elemento poco oggettivo e piuttosto debole per costruirci attorno un articolo incisivo. Inoltre se vi fossero veramente dei moventi oscuri riguardo a un presunto attacco al Colle da parte dei magistrati palermitani, la motivazione è illogica ed anzi paradossale: che interesse avrebbe Ingroia ad indebolire Napolitano e rafforzare quindi i berlusconiani nell'attuale fase politica? Poco meno di zero. Analisi errata e sconclusionata.


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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda trilogy il 26/08/2012, 10:28

flaviomob ha scritto:Federico Orlando è un ottimo giornalista ma la valutazione dell'"imbronciamento" di un magistrato è un elemento poco oggettivo e piuttosto debole per costruirci attorno un articolo incisivo. Inoltre se vi fossero veramente dei moventi oscuri riguardo a un presunto attacco al Colle da parte dei magistrati palermitani, la motivazione è illogica ed anzi paradossale: che interesse avrebbe Ingroia ad indebolire Napolitano e rafforzare quindi i berlusconiani nell'attuale fase politica? Poco meno di zero. Analisi errata e sconclusionata.


Penso ci sia un malinteso procedurale. Un PM formula delle ipotesi di reato , cerca di dimostrarle, di far rinviare a giudizio il presunto colpevole e poi farlo condannare. Quindi tutto il suo procedere nel formulare le domande negli interrogatori, nell'utilizzare le prove ecc. sono in questa direzione. La difesa cerca di fare l'esatto contrario. Dalla descrizione dell'interrogatorio riportata nell'articolo questo modo di procedere è evidente. In pratica ognuno cerca di tirare l'acqua al suo mulino e se non ci riesce: "si imbroncia" è una questione di carattere. L'articolo di Orlando quindi non può avvalorare e non può escludere la tesi del complotto perchè tutte le indagini e i porcessi funzionano in quel modo.
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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda franz il 26/08/2012, 12:06

Ok, pero' la giustizia non puo' essere solo un gioco delle parti, in cui il pubblico accusatore cerca conferma delle ipotesi piu' gravi e la difesa difende ad oltranza anche l'indifendibile.
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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda matthelm il 26/08/2012, 15:26

trilogy ha scritto:Penso ci sia un malinteso procedurale. Un PM formula delle ipotesi di reato , cerca di dimostrarle, di far rinviare a giudizio il presunto colpevole e poi farlo condannare. Quindi tutto il suo procedere nel formulare le domande negli interrogatori, nell'utilizzare le prove ecc. sono in questa direzione. La difesa cerca di fare l'esatto contrario. Dalla descrizione dell'interrogatorio riportata nell'articolo questo modo di procedere è evidente. In pratica ognuno cerca di tirare l'acqua al suo mulino e se non ci riesce: "si imbroncia" è una questione di carattere. L'articolo di Orlando quindi non può avvalorare e non può escludere la tesi del complotto perchè tutte le indagini e i porcessi funzionano in quel modo.


Ah! è così che funziona. Nel frattempo l'Ingroia partecipa ad incontri di ben precise parti politiche, concede interviste, parla, discetta e magari alla fine (ieri) si defila dai più scalmanati suoi sostenitori (Fatto e compagnia bella).
Il bel ed opportuno silenzio quando taluni lo metteranno in pratica? Mai!!??
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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda flaviomob il 26/08/2012, 20:06

Ingroia, se per questo, è l'unico "dimissionario" di tutta la compagnia cantante. E Orlando non dimostra molto stile mettendo in bocca a Montanelli presunte parole che non possono essere smentite da chi è tra i più.


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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda matthelm il 26/08/2012, 20:27

flaviomob ha scritto:Ingroia, se per questo, è l'unico "dimissionario" di tutta la compagnia cantante. E Orlando non dimostra molto stile mettendo in bocca a Montanelli presunte parole che non possono essere smentite da chi è tra i più.


Si? e si è dimesso perché è stato costretto oppure si è reso conto di averla fatto fuori del vaso o aveva qualche convenienza? Oppure gli perdoniamo tutto perché è comunque è un potenziale "compagno" generoso al quale un domani gli si potrà offrire un seggio in parlamento?
Qualcuno non gli ha mai ricordato di fare il suo dovere e parlare solo con i fatti? Difendiamoli sempre mi raccomando.
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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda flaviomob il 26/08/2012, 21:26

Le stesse menate che facevano a Falcone... se "se ne va" è perché avrà la sua "convenienza" e amici tra i "politici"... La solita solfa, intanto i magistrati rischiano la vita e la mafia s'ingrassa...


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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda trilogy il 26/08/2012, 23:04

franz ha scritto:Ok, pero' la giustizia non puo' essere solo un gioco delle parti, in cui il pubblico accusatore cerca conferma delle ipotesi piu' gravi e la difesa difende ad oltranza anche l'indifendibile.


ti suggerisco di leggere qualche cosa sui 4 processi sui fatti via D'amelio. C'è gente che su questo "gioco delle parti" si prese l'ergastolo....
ciao

[..]Il falso pentito è Vincenzo Scarantino, un delinquente da quattro soldi del rione della Guadagna, già riformato dal servizio militare perchè non proprio sano di mente, tossicodipendente, semianalfabeta e solito frequentare transessuali del calibro di 'Giusi la sdillibrata'. Certo, condizioni che non sono sufficienti per sancire l'inattendibilità di un dichiarante, ma lo saranno poi le continue ritrattazioni dello stesso e un verbale pieno di annotazioni e correzioni, oggetto anche di una interrogazione parlamentare senza risposta del 1999.

Dall'inizio del racconto di Scarantino per 14 anni i pubblici ministeri e i giudici, dal primo grado alla cassazione hanno creduto alla sua versione, al fatto che fosse stato lui a rubare e portare sul posto la 126 poi esplosa in via d'Amelio, e addirittura a riunirsi per decidere l'esecuzione della strage di via d'Amelio.

Tra forzature degli investigatori (a costruire la versione di Scarantino aveva contribuito il superpoliziotto Arnaldo La Barbera, poi deceduto nel 2002) di allora e cecità dell'apparato giudiziario si è costruita una balla lunga 15 anni. Lo hanno chiamato depistaggio. Eppure, per esempio, quello Scarantino non fu mai messo a confronto in aula con quelli ch'egli accusava. Il caso più clamoroso fu Gaetano Murana, incensurato, professione netturbino, contro di lui la sola parola dello Scarantino. Arrestato nel 1994, scarcerato nel 2011 perchè innocente. Ma ci sono tutta una serie di circostanze che dovrebbero come minimo far porre qualche domanda alla pletore di togati che ha permesso tale scempio giudiziario.[..]

http://www.linkiesta.it/blogs/pizza-con ... -ed-errori
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Re: Quando Ingroia mi interrogò

Messaggioda ranvit il 27/08/2012, 10:09

I Magistrati sono uomini e come tali ogni tanto sbagliano. Vanno tenuti sotto controllo e puniti quando sbagliano con dolo; il che avviene molto spesso per arroganza, presenzialismo e impunità associata al ruolo che svolgono.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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