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I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della finanz

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda ranvit il 06/08/2012, 17:24

http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HRER2-1


il commento
Spread, l'impegno di Draghi diviso tra Bce e Bundesbank
di CARLO CLERICETTI

"Faremo tutto quello che è necessario. E - credetemi - sarà abbastanza". Così disse il dottor Draghi-Jekyll, in difesa dell'euro, nella sua conferenza a Londra. Ma pochi giorni dopo, nella riunione del Consiglio della Bce, sembrò prevalere mister Buba-Hyde, tanto da meritare un titolo assai ironico di Forbes: "Faremo il necessario. Più o meno. In un certo senso. Più in là"...

Chi è Buba-Hyde? Buba è il nomignolo della Bundesbank, quindi il "cattivo" dovrebbe essere il suo presidente, Jens Weidmann. Forse è sua la responsabilità del fatto che non sia stato dato un seguito immediato, come i mercati si sarebbero aspettati, all'annuncio di Londra, con qualche mossa concreta. Ma forse, come nel romanzo di Stevenson, mr. Buba è - anche - l'altra faccia del dr. Draghi, che, in barba alle dichiarazioni di indipendenza politica della Bce, ha deciso di sottostare alla linea politica stabilita da Berlino: nessun sostegno ai paesi sotto attacco senza un'esplicita richiesta e una cessione di sovranità.

Poteva fare altrimenti, Draghi? Sì, poteva. Secondo quanto è stato riferito, solo Weidmann era contrario alla linea "Faremo tutto il necessario". E anche se - di fronte a decisioni operative più incisive - si fossero uniti a lui i "satelliti" della Germania (Finlandia, Olanda, Austria) sarebbe rimasta una larga maggioranza ad approvarle. E doveva, anche, proprio per le ragioni da egli stesso esposte a Londra: c'è una situazione di disordine sui mercati, che impedisce la corretta trasmissione della politica monetaria e che non può essere risolta dalle decisioni di ciascun paese da solo.

Aver avallato la linea imposta dai tedeschi è stato un doppio errore. Del primo si è già discusso abbondantemente. La richiesta ufficiale di aiuto è un preciso segnale ai mercati - il paese che la fa è sull'orlo dell'abisso - , esattamente il segnale che qualsiasi speculatore aspetta per sferrare la spallata finale. Questo effetto potrebbe essere combattuto se poi l'intervento di aiuto fosse illimitato, ma questa è un'altra ipotesi a cui i tedeschi si oppongono e le risorse dell'attuale Fondo salva-Stati (l'Efsf) sono ridicole come arma anti-speculazione; quanto a quelle del suo successore Esm (sempre che la Corte Costituzionale tedesca non lo bocci nella sua riunione di settembre) non sarebbero molte di più. Tanto è chiara l'inadeguatezza di questi strumenti dal punto di vista tecnico che è persino inutile discutere dell'aspetto politico, cioè di una cessione di sovranità del paese richiedente che impegnerebbe anche i governi futuri, impedendo qualsiasi politica alternativa.

Ma il secondo errore è forse anche più grave. Questo meccanismo implica che tutto ciò che c'è da fare per preservare l'esistenza dell'euro spetta ai paesi più in difficoltà, a cui le tecnocrazie assegnano i "compiti a casa" dei quali controlleranno poi lo svolgimento. Questi compiti, come gli esami di De Filippo, non finiranno mai, perché gettano gli "scolari" in una lunga depressione, che strozzerà le loro economie e impedirà il risanamento dei conti pubblici, per quanti sacrifici aggiuntivi si possano fare. Il meccanismo esclude invece che i compiti a casa debbano farli anche i paesi in migliori condizioni, Germania prima di tutto.

Anche di questi compiti un gran numero di economisti ha già parlato, ma sono inspiegabilmente assenti dal dibattito tra i capi di Stato e di governo europei. I compiti consistono nel rilancio della domanda da parte dei paesi che possono permetterselo, potendo usufruire di tassi d'interesse nominali prossimi allo zero e addirittura negativi in termini reali. E in una qualche forma di condivisione nella garanzia dei debiti: di proposte tecniche ne sono state avanzate un gran numero, anche da economisti tedeschi, ed alcune sono congegnate in modo da non pesare se non in piccola parte su questi paesi. Si tratterebbe solo di scegliere.

Al di là di un minimo di rilancio dell'economia europea, senza cui è difficile che si riesca a spezzare la spirale negativa dei paesi in difficoltà, l'accettazione di questi "compiti" darebbe un segnale determinante per i mercati, ossia che la volontà di evitare la disintegrazione dell'euro non è fatta solo di parole, ma anche di comportamenti conseguenti. Gli ormai mitici spread oggi si nutrono in gran parte di questa ipotesi, cioè che l'euro sia destinato a non reggere. Non si spiegherebbe altrimenti che imprese dello stesso settore e analoghe per rating e dimensioni abbiano costi di raccolta sul mercato obbligazionario, come ha evidenziato un'inchiesta del Sole24Ore, che ricalcano i differenziali tra i titoli pubblici dei loro paesi di appartenenza.

Ma come si risponde all'obiezione che la Germania rifiuta un maggior coinvolgimento nella soluzione della crisi per timore che un alleggerimento della pressione dei mercati segnerebbe la fine delle dolorose politiche di aggiustamento? Una prima risposta è che un cavallo può essere frustato a sangue, ma se prima non gli togli le pastoie non riuscirà mai a correre. Le pastoie dei paesi in difficoltà sono i tassi elevatissimi sia per il finanziamento del debito pubblico che per le necessità dell'economia privata. Una seconda risposta è che potrebbe essere rovesciato il meccanismo oggi stabilito. La Bce o il Fondo salva-Stati non intervengono su richiesta, ma di propria iniziativa; il paese oggetto dell'intervento accetta automaticamente i controlli: se non vuole sottostarvi, lo dichiara esplicitamente e gli interventi cessano. In questo modo si risolverebbe almeno uno dei problemi, quello del segnale dato alla speculazione con la richiesta di aiuto.

Bene. Cioè, male: e che si fa se in questo agosto, come molti temono, si scatena un altro attacco ai paesi sotto tiro? Paradossalmente, ci sarebbe forse da augurarselo. Allo stato dei fatti, solo la discesa in campo della Bce potrebbe affrontarlo. Potrebbe essere l'occasione in cui è giocoforza che Draghi-Jekyll prevalga su Buba-Hyde.

(06 agosto 2012)
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda trilogy il 06/08/2012, 23:52

ranvit ha scritto:(II parte articolo del Sole24Ore)

10) Derivati ben oltre i livelli della crisi subprime
C'è chi ama ricordare che l'attuale crisi dei debiti sovrani è un'onda lunga della crisi dei derivati sui mutui subprime propagata nel mondo dagli Stati Uniti dall'estate del 2007. Da allora, secondo le indicazioni della Banca dei regolamenti internazionali, il mercato dei titoli derivati anziché diminuire, si è rafforzato. Tanto che oggi questi contratti valgono nove volte il Pil del pianeta. E questo, per dirla tutta, è il paradosso dei paradossi.


Si può dare una spiegazione "logica o quasi" a ognuno di questi paradossi. La spiegazione al paradosso 10 è di natura tecnica ed è conseguenza del paradosso 9. :mrgreen:

Bisogna infatti tenere conto che uno dei componenti del prezzo di un derivato è "la volatilità" dato che questa negli ultimi tempi è mediamente piuttosto elevata, (vedi ad esempio le violente variazioni dello spread) il prezzo di questi strumenti è "elevato".

[...]L’ammontare nozionale dei derivati negoziati fuori borsa (over-the-counter, OTC) in essere è diminuito dell’8%, a $648 trilioni, nella seconda metà del 2011. Tuttavia, di fronte all’accresciuta volatilità dei prezzi, il valore di mercato
di tali contratti è salito del 40%[..]
( pag. 10 - Rassegna trimestrale BRI, giugno 2012)
fonte: http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt1206b_it.pdf
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda ranvit il 07/08/2012, 9:33

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=Ab5PVZKG


L'11 settembre dell'euro? Per il Wall Street Journal sarà il 12

di Silvia Sperandio

La situazione di Bruxelles è stata tutto sommato tranquilla, ma la tregua non durerà oltre il prossimo 12 settembre. Sempre che riesca ad arrivarci, naturalmente. Questa la previsione contenuta in un blog del Wall Street Journal, firmato da Matis Stevis, che mette in guardia i lettori: perché quella data fatidica potrebbe rappresentare «il simbolico inizio di una nuova stagione di crisi per l'euro, e tutto sembra avviato per un inizio col botto».

Durante tutto il mese di agosto, ricorda, alcuni componenti dello staff della Commissione europea e del Consiglio europeo saranno negli States, mentre il commissario agli affari economici, Olli Rehn, ritornerà al suo ufficio il 12 agosto, rendendo nervosi i giornalisti per questo suo rientro anticipato.

I mercati sono aperti. La Troika - Commissione europea, Banca centrale europea e ispettori del Fondo monetario internazionale - lascerà Atene domenica, ma continuerà il suo lavoro durante l'intero mese fino ai primi di settembre. E la lezione che abbiamo appreso lo scorso anno è che le cose importanti accadono anche in un mese vacanziero come agosto.

Tuttavia, osserva Matis Steves, il 12 settembre si appresta a diventare il simbolico inizio della nuova crisi dell'euro. Tra le ragioni addotte nel blog del Wsj, il fatto che proprio in quella data gli olandesi voteranno per un nuovo governo, mentre la corte costituzionale tedesca deciderà se il fondo di salvataggio permanente - il meccanismo europeo di stabilità - è costituzionale o meno.

Ritornando all'Eurozona, il 13 settembre, si terrà a Cipro un incontro informale dei ministri delle finanze (in agenda il 14 settembre) a cui farà seguito la riunione di tutti i 27 ministri delle finanze dell'Unione europea a Nicosia. A complicare la situazione, il fatto che il Paese ospitante, che ha la presidenza di turno europea per il semestre, sarà in quel momento in trattative per un salvataggio.

Ma i funzionari dell'Ue dicono che il meeting sarà ampiamente dedicato alla Grecia: per quella data, il rapporto della Troika dovrebbe essere pronto, e le decisioni importanti dovrebbero dunque partire da lì. In particolare, potrebbe iniziare sul serio una discussione su come la Grecia può sopravvivere all'interno dell'euro (con ulteriori finanziamenti? con la ristrutturazione del debito?).

Visti anche i recenti segnali provenienti dalla Bce, continua l'articolo del Wall Street Journal, possiamo anche aspettarci sviluppi sul fronte spagnolo e su quello italiano, sempre che nel mese di agosto gli eventi non richiedano interventi più tempestivi.

Madrid, ad esempio, potrebbe decidere che è tempo di chiedere al fondo europeo di stabilità finanziaria di acquistare le sue obbligazioni, alle condizioni che le verranno richieste. Ed è possibile che l'Italia faccia una mossa conseguente, per cercare di migliorare la propria condizione critica sui mercati. Considerando tutte queste variabili, e per quanto il mese di agosto possa essere turbolento, conclude Stevis, è bene arrivare al 12 settembre in forma e riposati.
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda ranvit il 07/08/2012, 11:43

http://www.corriere.it/economia/12_agos ... a7f2.shtml

l'elogio del prestigioso quotidiano
Wsj con Monti: «Parole dure per salvare l'Euro»
Secondo il quotidiano il premier si trova però «in un circolo vizioso» con i partiti che «minacciano di toglierli l'appoggio»


E così a pochi giorni dalla bufera scatenata da un'intervista a Der Spiegel, per Mario Monti è il momento di incassare un po' di sostegno. L'elogio arriva dal Wall Street Journal che in un articolo «The italian job: Premier Talks Tough to Save Euro»: «Il compito dell'Italia: il premier parla duro nel tentativo di salvare l'euro», spiega il quotidiano che dedica due pagine al presidente del Consiglio.

L'ANOMALIA- Secondo il quotidiano finanziario americano, il professore è «un'anomalia in Europa: un leader non eletto chiamato a realizzare impopolari cambiamenti nei cui confronti i politici del Paese erano riluttanti. Monti fa affidamento sulla tolleranza dei principali partiti politici italiani e non ha un suo potere di base, ad eccezione della sua credibilità personale».

«CIRCOLO VIZIOSO»- «La sua natura disciplinata è più tedesca che italiana», prosegue il Wsj, mentre il suo senso dell'umorismo «è decisamente più britannico». Da questa estate il presidente del Consiglio italiano si trova però «in un circolo vizioso», sottolinea il panegirico del quotidiano, a firma Alessandra Galloni e Marcus Walker, visto «che più propone misure impopolari, più i partiti politici minacciano di ritirare l'appoggio al suo governo». Per il Wall Street Journal, «lo spettro dell'instabilità politica ha scosso i mercati e ha spinto ulteriormente verso l'alto i costi dell'indebitamento dell'Italia. A Monti serviva più aiuto dall'Europa per portare l'Italia fuori dal mirino dei mercati, ma nessuno è stato disponibile. La Germania ha invece chiesto riforme interne più dure.».

Redazione Online 7 agosto 2012 | 11:37
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Non è solo una questione di soldi

Messaggioda ranvit il 07/08/2012, 11:50

http://www.corriere.it/editoriali/12_ag ... a7f2.shtml

monti e le polemiche tedesche
Non è solo una questione di soldi

Ormai dovremmo saperlo, ma giova ripeterlo. Abbiamo vissuto per anni indebitandoci allegramente. Per anni l'Italia ha rappresentato un esempio da manuale di colpevole democrazia della spesa non coperta da entrate adeguate; cioè di una classe politica irresponsabile (la stessa, peraltro, che tra poco più di sei mesi ci chiederà il voto), la quale pensava sempre solo al suo consenso e mai al futuro del Paese. E anche un esempio, per favore non dimentichiamolo, di cittadini sempre avidi, ogni volta che ne avevano la forza, di chiedere soldi pubblici e privilegi a carico dell'erario.


Di questi fondatissimi dati di fatto si fa forte Stefano Micossi sul Corriere di ieri, e con lui altri cortesi critici del mio editoriale di domenica scorsa, per sottolineare che è vano «stupirsi - come io avrei fatto - se il condominio dell'euro non si fida di noi e ci mette sotto tutela», imponendoci condizioni lesive della nostra sovranità. Insomma, «chi è causa del suo mal» con quel che segue.


Sennonché le cose - a me sembra - sono un po' più complicate. Cerco di spiegarmi aiutandomi con un paragone. Quello con il Fondo monetario internazionale, il quale, come si sa, presta aiuto finanziario ai Paesi in difficoltà a patto che questi seguano le indicazioni di politica economica che esso di volta in volta suggerisce loro. Anche qui, dunque, è implicata una cessione di sovranità, ma di essa nessuno si è mai meravigliato. Da che mondo è mondo, infatti, la dura condizione d'inferiorità del debitore obbliga questi a stare ai desiderata del creditore. O fa come vuole lui, o niente.


È a tutti evidente, però, la differenza tra questo caso e il nostro attuale. Per due ragioni. La prima - fondamentalissima - è che il fondo monetario non è uno Stato. La seconda sta nel fatto che dal canto suo la Germania (parlo solo della Germania non per spirito antitedesco, ma per comodità discorsiva, in quanto rappresentativa dell'intera area economicamente forte e virtuosa dell'eurozona) non ha né può avere con l'Italia, che le piaccia o meno, un rapporto come quello, a suo modo assai semplice nella sua limpida brutalità, tra chi ha bisogno di soldi e chi ne dispone.

La Germania non è il rappresentante autorizzato né dei sottoscrittori stranieri del nostro debito pubblico né del fondo salva Stati (e tra l'altro in questa fase si sta avvantaggiando rispetto agli altri Paesi finanziandosi a tassi negativi). È un Paese che ha con il nostro (e non solo, naturalmente) un assai antico e complesso rapporto di solidarietà politica a tutto campo qual è da decenni quello definito dalla costruzione europea e da una connessa, amplissima, condivisione istituzionale.

Entrambe queste ragioni hanno una conseguenza decisiva. Squarciano l'involucro economico del discorso e ne fanno emergere con forza il contenuto politico che alla fine è l'unico che conta, dal momento che - qualunque cosa dicano i vari trattati, anche quelli di natura più tecnica - il senso e la ragione ultima dell'Unione Europea sono per l'appunto un senso e una ragione di natura intrinsecamente politica (anche se questa non è mai riuscita a concretizzarsi in istituzioni adeguate).

Ma proprio da un tale punto di vista, proprio se tutto ciò è vero, come si fa allora a non vedere l'immane incidenza politica che nell'ambito di un insieme unitario e paritario di Stati, come finora ha detto di essere la Ue, avrebbe la perdita di sovranità da parte di uno (o più) di essi? Come si fa a non mettere al centro del problema il fatto che alla perdita di sovranità, e dunque di ruolo e di peso politico da parte di uno Stato, corrisponderebbe necessariamente e immediatamente l'accrescimento di ruolo e di peso di un altro (quello della Germania)? E come si fa, infine, a considerare trascurabile l'effetto profondo ma inevitabile che questo spostamento di pesi politici avrebbe sulla natura politica, ma prima di tutto storica, della costruzione europea? Trasformandola definitivamente in un'Unione euro-carolingia a dominazione tedesca, mille miglia lontana da qualunque cosa l'europeismo di qualunque colore abbia mai pensato. È davvero questo che si vuole all'Aia, a Helsinki, e pure a Berlino? Altro che debitori e creditori, «è colpa vostra», «è merito nostro», e chiacchiere simili.

Tutte cose vere, per carità, verissime. Ma che non colgono il punto. Il punto vero è che oggi sullo spread e sull'impiego del Fondo salva Stati a favore dei Paesi dell'Europa mediterranea non si gioca un braccio di ferro finanziario: si decide in realtà la questione, integralmente politica, di che cosa sarà in futuro l'Unione Europea e di che cosa saranno i regimi politici di una parte di essa.

P .S.: Cedendo all'antica tentazione nazionale di apparire sempre, di qualunque cosa si tratti, come i primi della classe, molti politici e commentatori tedeschi si sono trasformati nelle ultime ore in accigliati maestrini di democrazia ai danni del nostro presidente del Consiglio. Accusato - nientedimeno! - di aver manifestato in una intervista a Der Spiegel disprezzo verso il controllo parlamentare sui governi, fondamento di ogni regime rappresentativo. Ma è un gioco che mostra la corda. Estrapolando cinque parole si può far dire qualunque cosa a chiunque. Altro discorso però è darlo a credere davvero a chi conosce bene la personalità di Mario Monti. Come la conosce, per l'appunto, la stragrande maggioranza degli italiani: salvo ahimè i pochi politicanti da quattro soldi prestatisi anche questa volta, come spesso capita, a fare da cassa di risonanza alle maldicenze d'Oltralpe.

Ernesto Galli della Loggia7 agosto 2012 | 10:22
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda matthelm il 07/08/2012, 13:09

Monti è veramente un ottimo presidente del Consiglio.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda trilogy il 07/08/2012, 13:54

matthelm ha scritto:Monti è veramente un ottimo presidente del Consiglio.


Più che altro dobbiamo sperare che la cura produca risultati in tempi brevi. L''economia reale sta andando a picco e abbiamo alcuni milioni di disoccupati che grazie al precariato e alla flessibilità all'italiana senza reti di protezione e politiche attive del lavoro rischiano la fame.....

[..] I DATI CONGIUNTURALI - Nel secondo trimestre del 2012, ha aggiunto l'Istat, anche la produzione industriale è diminuita dell'1,8% rispetto a gennaio-marzo. Nei primi sei mesi dell'anno, invece, la produzione è diminuita del 7% nel confronto con lo stesso periodo dell'anno scorso. A giugno, in particolare, in tutti i principali raggruppamenti di industrie l'andamento è stato negativo. La diminuzione più rilevante su base annua è stata per i beni intermedi (-10,2%), ma cali significativi ci sono stati anche per quelli di consumo (-8%) e per i beni strumentali (-7,5%). Più contenuta la flessione per l'energia (-2,1%). Nei diversi settori economici - aggiunge l'istituto di statistica - rispetto a giugno dell'anno scorso l'unico settore in crescita è l'attività estrattiva (+1%). Le flessioni più rilevanti sono state per i settori delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-14,6%), della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-13,1%) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi (-12,9%).

LA PRODUZIONE - Crolla anche la produzione nel settore dell'auto. A giugno il calo è stato del 22,5% rispetto a giugno 2011, mentre nel semestre la diminuzione tendenziale è del 20,1%. Rispetto a maggio è invece scesa dell'1,4%. Il dato corretto per gli effetti di calendario, tanto che a giugno l'indice è diminuito in termini tendenziali dell'8,2% (i giorni lavorativi sono stati 21 come a giugno 2011). [..]

articolo completo: http://www.corriere.it/economia/12_agos ... a7f2.shtml
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda ranvit il 07/08/2012, 15:51

Più che altro dobbiamo sperare che la cura produca risultati in tempi brevi.


Questo dipende dalla Germania...che "cedendo all'antica tentazione nazionale di apparire sempre, di qualunque cosa si tratti, come i primi della classe" ci vuole "morti"....quindi difficilmente i risultati saranno buoni.

Vedremo cosa accadrà il 12 Settembre....mi auguro di sbagliarmi! Viceversa dovremo uscire rapidamente dall'euro: non sarebbe una passeggiata ma si puo' fare. Del resto continuare a rinnovare il ns debito pubblico ai tassi attuali ci porterebbe dritti al dissanguamento.
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda ranvit il 07/08/2012, 17:02

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... 3528.shtml



I nervi scoperti di Berlino

di Adriana Cerretelli

Di questi tempi sono davvero troppi i nervi scoperti in Europa. Né potrebbe essere altrimenti dopo due anni e mezzo di una brutta crisi che non passa, l'euro sempre in bilico sul vuoto, sfiducia e incomunicabilità crescenti tra gli Stati. In quel clima di «dissoluzione psicologica» europea denunciato da Mario Monti nell'intervista a “Der Spiegel”.

Un'intervista-verità. Politicamente coraggiosa perché parla a un pubblico tedesco non solo del disagio e dei sacrifici mediterranei, del preoccupante scontro Nord-Sud sul quale l'Europa rischia di schiantarsi ma anche di una Germania non priva di zone d'ombra, comunque perfettibile e ben lontana dal rappresentare quella Città del Sole europea che troppo spesso ha la pretesa di essere. Paradossalmente il presidente del Consiglio non dice niente di nuovo sugli attuali tormenti della politica europea (che non c'è) o sui sentimenti anti-tedeschi che da molti mesi covano non solo in Italia ma in tutta l'Unione, anche nei Paesi nordici più virtuosi.

Però li sintetizza in modo conciso ed efficace. Al punto da promuovere di fatto l'Italia a graffiante portavoce delle istanze euro-sud, ora che la Francia di François Hollande ha fatto una scelta di campo decisamente mitteleuropea, prendendo le distanze dalla sua vocazione mediterranea nonostante i tanti spunti emersi in una campagna elettorale ormai dimenticata. Monti però non cerca né vuole creare divisioni. Cerca l'Europa che si sta dissolvendo, tenta di recuperarla per i capelli a forza di coesione, fiducia, solidarietà. Di semplici verità invece di pregiudizi e propaganda: come il fatto che l'Italia ha bisogno di sostegno morale e non finanziario, che finora di aiuti ne ha dati all'Unione e non ne ha mai incassati. Che il debito italiano sarebbe al 120,3% e non al 123,4% se quei soldi non fossero stati versati. Che le banche francesi e tedesche hanno beneficiato degli aiuti dati alla Grecia, quelle italiane no, con il risultato che di fatto Roma ha dato di più di Parigi e Berlino. Che con gli alti tassi che oggi paga sui titoli di Stato l'Italia di fatto sovvenziona i bassi tassi tedeschi. La Germania, si sa, ama impartire lezioni agli altri. Non riceverne.

Soprattutto quando sono puntuali e inattaccabili. La levata di scudi contro Monti è stata dunque immediata, travolgente e by-partisan. Quasi tutta concentrata però sul presunto attentato alla democrazia parlamentare tedesca compiuto dal nostro quando dice l'ovvio e cioè che «se i governi hanno le mani completamente legate dai rispettivi parlamenti, senza nessuno spazio negoziale, sarà più probabile il collasso dell'Europa di una sua maggiore integrazione». Bundestag strapotente e intoccabile: una sentenza della Corte di Karlsruhe oblige.

La stessa Corte che, tra l'altro, di fatto terrà in ostaggio fino a metà settembre euro ed Europa insieme alla nascita dell'Esm, il fondo salva-Stati permanente che dovrebbe intervenire con la Bce per calmierare gli spread italiani e spagnoli. Per nessun europeo, come per nessun tedesco, esiste una causa giusta su cui immolare la sovranità parlamentare. Ma dove era e dove è l'attuale esercito di indignati tedeschi quando con il 6-pack e il fiscal compact si sancisce il diritto europeo di intrusione nelle decisioni parlamentari di bilancio o quando, come propone Angela Merkel, si promuove con l'unione fiscale l'esproprio subito delle sovranità nazionali sulle leve della spesa pubblica in cambio, forse domani, della mutualizzazione del debito dell'eurozona?

Se il sacrificio della normale dinamica democratica è ritenuto uno fondamentale rimedio anti-crisi, perché fa scandalo auspicare qualche spazio di manovra per il Governo di Berlino per rispondere con tempestività alla crisi evitando inutili e spesso astronomici costi aggiuntivi? Forse in Germania vige una legge sul doppiopesismo che consente di fare agli altri quello che non si vuole sia fatto a sé. Dalla Grecia, alla Spagna, all'Italia il sentiero dell'austerità si inerpica sempre più stretto e faticoso. Per salvare l'euro tutti devono fare la loro parte. Se a dirlo è un italiano, si chiami Monti o Draghi, magari sorprende ma rientra nel normale gioco di squadra europeo. O dovrebbe. Sempre che l'Europa non sia diventato un arnese da buttare.
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Re: I 10 paradossi dell'Eurozona nella calda estate della fi

Messaggioda franz il 07/08/2012, 20:54

... ora che la Francia di François Hollande ha fatto una scelta di campo decisamente mitteleuropea, prendendo le distanze dalla sua vocazione mediterranea nonostante i tanti spunti emersi in una campagna elettorale ormai dimenticata.
....Che il debito italiano sarebbe al 120,3% e non al 123,4% se quei soldi non fossero stati versati.

In effetti avevo già pensato che la Francia, con la sua grandeur, non poteva certo allinearsi con i PIIGS. Un "grande francese" deve stare con i grandi, indipendentemente che sia socialista o di destra. Quanto al debito, anche tedeschi e francesi possono dire altrettanto, contando quanto il loro debito sarebbe stato piu' basso se non avessero dovuto alimentare il fondo salva stati.
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