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EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda ranvit il 28/06/2012, 11:51

Condivido totalmente! Ma resta sospeso un dubbio: e se la Ue e la Germania continueranno nel nulla di oggi???


http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -38108563/

IL COMMENTO
Cosa chiediamo alla Germania

di EZIO MAURO
VISTA dall'Italia, l'opinione pubblica tedesca sembra credere che la crisi economico-finanziaria stia attaccando gli Stati sovrani dell'area mediterranea, risparmiando il cuore virtuoso dell'Europa più forte. Io credo invece che la prospettiva sia sbagliata e soprattutto che la verità sia più allarmante. L'attacco è all'Europa stessa attraverso la sua periferia più debole: è alla moneta come strumento e simbolo dell'unità del continente, e dunque è a tutto il processo politico, storico e culturale di costruzione europea che ha evitato conflitti per quasi settant'anni.

Vista dalla Germania, immagino che l'Italia sembri un problema troppo complicato per provare a risolverlo, e troppo serio per essere ignorato. Conviene dunque lasciare che gli italiani vengano a capo dei loro guai, fissando soltanto i binari su cui deve correre il Paese se vuole salvarsi, e la stazione d'arrivo. Nient'altro. Sorprendentemente, come sa il cancelliere Merkel, gli italiani ci stanno provando. Mario Monti ha recuperato credibilità e fiducia al Paese, lo ha schiodato dal livello del pregiudizio dov'era precipitato, non ha chiesto sconti e ha imposto misure molto dure. I cittadini si sono adeguati, accettando i parametri europei, e caricandosi i sacrifici conseguenti. Anche se i parametri sono in qualche misura ciechi, guardano al risultato di saldo e non al percorso in base al quale quel risultato si raggiunge, non conteggiano le ingiustizie, le iniquità di certe misure, il peso
che con la tassazione si scarica sui ceti più deboli, soprattutto in un Paese a forte evasione fiscale.

La Germania tempo fa aveva detto che l'Italia doveva fare i compiti a casa. Bene, li abbiamo fatti e li stiamo facendo. Come già aveva dimostrato al varo dell'euro, quando l'Europa chiama l'Italia risponde: in ritardo, con le sue contraddizioni, con i suoi elementi storici di debolezza (soprattutto il terzo debito pubblico del mondo) ma risponde, pronta a fare gli sforzi necessari per restare dentro quell'Unione Europea di cui è partner fondatore. Ma tagliare - e tassare - è più facile che crescere e sviluppare. Siamo arrivati al punto in cui la politica del rigore e dell'austerità va proseguita, ma da sola rischia di avvitarsi un una spirale di recessione, col pericolo di trasformare l'Europa nella palla al piede dell'economia mondiale, come dimostra l'allarme del presidente Obama.

La risposta a questi attacchi può venire soltanto dall'Europa, nessuno Stato nazionale può riuscire da solo a reggere un attacco alla moneta unica e alla costruzione Europea. La risposta è difensiva, naturalmente, introducendo un principio di salvaguardia centrale e solidale che oggi manca e che sostenga gli Stati e non soltanto le banche sotto attacco; ma è anche strategica, perché serve un piano di sviluppo e di crescita che può essere soltanto europeo, che assomigli al New Deal e che abbia l'ambizione di costruire le basi di una sicurezza economica del continente come condizione per la sua sicurezza politica, e dunque per una crescita del processo di unione.

C'è dunque bisogno di politica, di ambizione e di visione. Non di sconti ai Paesi più deboli e più direttamente nei guai. C'è bisogno che l'Europa prenda coscienza di sé, o che qualcuno le dia questa coscienza. Il limite dell'attuale classe dirigente europea - tutta - rischia di essere proprio la mancanza di visione e d'ambizione, dunque di politica. Come se fosse difficile vedere che si esce dalla crisi solo con più coraggio, con la consapevolezza di dover ripensare alla governance complessiva dell'Europa, perché la crisi ci ha fatto toccare con mano la necessità di un reset democratico del mondo in cui viviamo.

Noi oggi difendiamo con forza e convinzione una moneta europea che è il massimo simbolo di forza del nostro continente, la sua suprema espressione politica, e tuttavia è nello stesso tempo la prova della sua debolezza, un "caffè freddo", come dicevano i tedeschi nel 2001. La moneta è nuda ed esposta al vento della crisi anche perché non ha uno Stato che possa batterla, un esercito che sappia difenderla, un governo che riesca a guidarla, una politica estera che possa rappresentarla e soprattutto non ha un sovrano che sia capace di "spenderla" politicamente nel mondo.

Il vero deficit dell'Europa è dunque politico. Manca una politica capace di fissare un obiettivo oltre i sacrifici e il rigore, rendendoli accettabili nella coscienza dei cittadini e non imposti dai governi. È il momento - drammatico, ma ricco di opportunità - dei costruttori d'Europa. Tocca alla classe dirigente europea riprendere la visione dell'euro e portarla a compimento, usando finalmente la moneta e il suo mercato non come strumenti neutri ma come opportunità politiche, suscitatori e fondatori di vere istituzioni sovranazionali e democratiche. Certo, direbbe il cancelliere Merkel, tutto questo può avvenire solo coi conti in ordine e con le regole europee rispettate e non più disattese. E non c'è dubbio che sia così. Ma bisogna indicare un punto d'arrivo, una posta in gioco per l'austerity, un traguardo che vada oltre la sopravvivenza e ridìa un ruolo politico e ambizioso anche ai sacrifici che i cittadini europei stanno facendo. La politica è proprio questo, la capacità di dare un significato più generale alle azioni che si compiono, di trasformare le difficoltà in opportunità.

Anche perché la crisi, intanto, non è un passaggio neutrale. Agisce, e modifica strutture, comunità, istituzioni, persino diritti. Come risponderemo, ad esempio, alle spinte nazional-sociali che emergono a destra e a sinistra nel fondo delle nostre società? Come argineremo il nuovo populismo, che propone ricette primitive, ritorni all'indietro, semplificazioni elementari davanti alla complessità disarmante dei problemi? Come difenderemo l'idea di Europa davanti ai cittadini se la lasciamo assomigliare sempre più ad una grande banca, un'istituzione a sangue freddo, un arbitro regolatore ma senz'anima? Come armonizzeremo la leadership di fatto dei Paesi più forti economicamente con la leadership di diritto delle istituzioni comunitarie?

L'eccezionalità della crisi finanziaria sembra aver messo tra parentesi il diritto. E qui arriviamo al nodo della democrazia, perché la crisi erode addirittura il lavoro, cioè la base della convivenza sociale e delle obbligazioni volontarie dell'individuo davanti a se stesso, alla propria famiglia, alla propria dignità. Il pericolo è dunque che i cittadini (soprattutto i più deboli, e soprattutto davanti ad uno smantellamento dei sistemi di welfare) si domandino se la democrazia è ancora il sistema più efficiente, se lavora anche per loro oppure solo per i garantiti, se alla resa dei conti non è semplicemente la misura della disuguaglianza: la parola che rischia di diventare la cifra della nostra epoca.

Ecco perché c'è bisogno di leadership, di visione, d'ambizione e di politica. Pensare in grande. Indicare traguardi simbolici per cui vale la pena di attraversare il deserto della crisi. Varare misure concrete per ripensare il rapporto tra le istituzioni e gli Stati sovrani, per dare alla Bce - che intanto da strumento è già diventata un soggetto attivo e autonomo della democrazia europea - un ruolo simile alla Fed. Reimpiantare la sovranità nei cittadini, perché non possiamo continuare a prendere decisioni cruciali per l'Europa prescindendo dal consenso, dalla fiducia e dall'opinione degli europei.

Il problema è che c'è bisogno della Germania per tutto questo, come Berlino ha bisogno dell'Europa. Ma la Germania ha quest'ambizione? Si accontenterà di esercitare un ruolo di potenza con una supremazia economica (come se la riunificazione avesse esaurito ogni bisogno di cambiamento, sospetta Ulrich Beck) o è pronta ad accettare la sfida di una leadership culturale e politica? Questo è il punto. Dobbiamo ripensare l'Europa per governare la crisi e non uscirne dominati e trasformati. Più Europa e più democrazia: non c'è altra strada.

(28 giugno 2012)
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda franz il 28/06/2012, 14:06

Ezio Mauro ha scritto:L'attacco è all'Europa stessa attraverso la sua periferia più debole: è alla moneta come strumento e simbolo dell'unità del continente, e dunque è a tutto il processo politico, storico e culturale di costruzione europea che ha evitato conflitti per quasi settant'anni.

Ma quale attacco e soprattutto da parte di chi?
Gli USA, la Cina, la Spectre, la "perfida speculazione"?
Chi parla di attacco e non vuole fare la figura del Don Chisciotte della Mancia di turno, che lotta contro i mulini a vento, ha il dovere di indicare con precisione chi e perché attacca L'europa. E perché l'Europa è attaccabie e cosi debole.
Altrimenti sta solo facendo come Pierino quando invocava il lupo, con in questo caso l'invenzione di un nemico immaginario per avere il siostegno degli alleati piu' forti.
In pratica Mauro dimostra che stiamo solo cercando scuse, argomenti per indurre chi puo' ad aiutrarci con l'arma del ricatto (se non ci aiuti ti farai male anche tu). Ma abbiamo veramente fatto tutti i compiti a casa, quelli per esempio che la germania ha fatto con Agenda 2010?
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda lodes il 28/06/2012, 15:29

Devo confessare che ho iniziato a leggere l'articolo di Mauro, ma ho anche smesso di leggerlo. Mi è sembrato povero nell'analisi, generico e pieno di frasi che non dicono niente. Franz ha fatto giustamente notare l'inconsistenza politica della denuncia di un attacco all'Europa. Forse l'Italia vincerà le partita di calcio ma perde sicuramente nel confronto con l'altro articolo che esprime il punto di vista dei tedeschi. Insomma di fronte a questa grave situazione servirebbero serie analisi sulle cause del disastro italiano, e una unità in un progetto di ricostruzione del paese. Che detto in soldoni si può attuare solo riformando l'idea di welfare per renderlo compatibile con i mutamenti sociali, economici, produttivi, culturali.
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda trilogy il 28/06/2012, 16:07

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THOMAS SCHMID - Cosa chiediamo all'Italia

Messaggioda franz il 28/06/2012, 16:23

lodes ha scritto:Forse l'Italia vincerà le partita di calcio ma perde sicuramente nel confronto con l'altro articolo che esprime il punto di vista dei tedeschi.

Grazie per avermi segnalato che esisteva anche un alto articlo che esprimeva l'altro punto di vista.
Cercato e trovato, mi pare doveroso metterlo qui a disposizione di tutti.
Personalmente lo trovo di un livello superiore a quello di Ezio Mauro. Invece del vittismo di chi inventa attacchi (satanici) le riflessioni pragmatiche sul che fare e sul ruolo che ognuno deve avere.


Cosa chiediamo all'Italia

di THOMAS SCHMID*
IN MOLTE parti d'Europa oggi Angela Merkel non è amata. Accade che vengano pubblicate su alcuni giornali caricature che raffigurano la Cancelliera in uniforme delle SS. Ma anche laddove, come in Italia, ciò non accade, lo sguardo alla Germania è carico di accuse. Se Mario Monti non fosse una persona così gentile, le parole critiche che il presidente del Consiglio indirizza alla Germania suonerebbero molto più drastiche.

Certo è che in molte parti d'Europa la Germania è percepita come un Paese senza scrupoli né freni, che si preoccupa soltanto dei suoi interessi e dei suoi cittadini, e che mette in campo senza scrupoli la sua forza economica. Davvero è così? Ci sono deficit tedeschi, e non sono certo piccoli. Dipendono prima di tutto dal fatto che Angela Merkel fa troppo poco per spiegare ai cittadini d'Europa (e anche ai tedeschi) che gioco stiamo giocando e che cosa è in gioco oggi.

La forte Angela Merkel, sul piano del discorso e dell'eloquenza, è debole, e a quanto pare pensa di poter puntare tutto sul potere dei rapporti di forza reali e delle cifre. Ma ciò non cambia nulla su un punto: è una grande fortuna per l'Europa che la Cancelliera, con caparbietà quasi mostruosa, resti ancorata al primato della politica di risanamento dei bilanci sovrani. È bene che ella non si lasci convincere a seguire un nuovo keynesismo, che si opponga a programmi di sostegno alla congiuntura e ad ogni altra politica che punti a creare la crescita economica attraverso un nuovo indebitamento. Può sembrare una fisima o una mania, ma in realtà la Cancelliera ci richiama tutti, sebbene solo in modo negativo, a ricordare un problema fondamentale, da cui dipende il futuro dell'Europa.

L'Unione europea nacque e acquisì le sue forme e strutture in un'epoca in cui molti credevano che fosse iniziata un'era di prosperità infinita. C'è stata una coincidenza: con la Ue l'Europa ha detto addio all'epoca dei nazionalismi, delle guerre fratricide, delle devastazioni e delle macerie. In quello stesso periodo, e anche a causa di quella scelta di voltare pagina, si avviò un processo di crescita economica che prima non sarebbe stato immaginabile. Quasi tutti gli Stati d'Europa approdarono in tempo relativamente breve all'equilibrata società del benessere. Ciò dette alla coscienza collettiva dei popoli d'Europa l'impressione che fosse stato creato qualcosa come il Perpetuum Mobile. Ci avviammo e ci azzardammo - gli uni prima, gli altri dopo - sulla via dell'era dell'abbondanza garantita. Ci sfuggì il fatto che questo benessere era bello, ma non solido nelle fondamenta. Come se esistesse solo l'Oggi e non il Domani, puntammo ovunque a un benessere creato con i debiti. Adesso, guardando indietro, capiamo che dominò ovunque la credenza ingenua e infantile che comunque sarebbe andato tutto bene. Abbiamo violato un dettame costitutivo dell'ecologia politica: abbiamo vissuto bene sulle spalle delle generazioni successive, abbiamo permesso che il Presente consumasse il Futuro, si nutrisse del Futuro.

La crisi finanziaria internazionale ci ha chiarito anche questa realtà. E la rigorosa politica di consolidamento di Angela Merkel è segnata e ispirata prima di tutto dalla convinzione che l'Europa debba dire addio a questa insana, sciagurata politica. È un processo doloroso, per affrontare il quale la Germania in realtà è meglio attrezzata rispetto ad alcuni altri Stati europei, inclusa l'Italia. Per questa ragione, tra l'altro, è vergognoso che la Germania stessa violi il dettame del risparmio e che, malgrado il tetto al debito sovrano iscritto nella Costituzione, l'indebitamento pubblico abbia continuato ad aumentare. E che in un Bundesland, il Nordreno-Westfalia, il candidato che aveva fatto del problema del debito il tema decisivo della sua campagna abbia perso le elezioni. Ha vinto invece la sua rivale, che con allegra indifferenza ha schivato quel tema.

Risparmiare e consolidare non è tutto, ma senza risparmio e consolidamento ben presto tutto in Europa potrebbe essere annientato. Ma poiché risparmiare non è tutto, gli sforzi di tutti devono andare ben oltre: ci vuole più Europa, ecco la realtà. Ma questo processo non dovrebbe andare nella direzione di uno Stato federale, o degli Stati Uniti d'Europa. A lungo, non avremo un Demos europeo. L'Italia come la Germania, nel corso del XIX secolo, hanno attraversato un doloroso processo di costruzione dello Stato nazionale. Un processo che ci mostrò quanto sia difficile unire in un legame politico genti che in parte non si sentono appartenenti alla stessa comunità. Tanto più vero è ciò per l'Europa, che è costituita da nazioni che parlano lingue diverse, hanno culture totalmente differenti tra loro e sono condizionate ognuna in modo diverso anche dalle condizioni climatiche in cui vivono. Non è un caso che oggi non esista nemmeno un embrione o accenno di opinione pubblica europea. Ma una comunità senza opinione pubblica comune non può essere una buona comunità.

A ciò si aggiunge l'errore di tanti convinti politici europei: ai dubbi e alle difficoltà degli elettori non reagiscono con riflessioni, bensì chiedendo di andare sempre più avanti sullo stesso corso politico. Una simile reazione è sempre stata sbagliata, ma diventa nociva, dannosa in un'epoca in cui l'Europa è sull'orlo di una catastrofe e anche i principali leader politici, cui vengono richieste fedeltà alle loro scelte, e convinzioni chiare, ammettono di trovarsi a volte come persone che barcollano nella nebbia. L'appello a compiere più integrazione politica è un appello volto a narcotizzare le loro stesse paure.

Che fare, dunque? Paesi - come anche l'Italia - che si trovano sotto sorveglianza speciale, non dovrebbero agire e pensare come sentendosi povere vittime di un crudele Nord protestante. Devono avere la volontà di aiutarsi da soli. Ma è parimenti vero che al tempo stesso il Nord - la Germania prima di tutti - deve assumersi la sua responsabilità. Fin dall'inizio, la Ue è stata anche un progetto idealista, di cui uno dei padri fu il grande italiano Altiero Spinelli. Nella Ue di oggi l'empatia deve giocare un ruolo determinante. E la Germania deve usare la sua forza per aiutare altri, deve diventare un amministratore e garante per la stabilità riconquistata di Stati oggi deboli. Sì, la Germania deve essere egemone, ma in modo amichevole. Il potenziale per farlo, lo ha. Ne ha anche la volontà?
(L'autore è direttore di Die Welt)

(28 giugno 2012)
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda Robyn il 28/06/2012, 17:34

In realtà noi italiani non vogliamo aiuti dalla Germania la cui eccedenza in fatto di ricchezza è sicuramente frutto di sacrifici,ma vogliamo che il nostro spread e quello dei paesi eurodeboli scenda a livelli fisiologici e si stabilizzi,perche vogliamo che si stabilizzi il debito pubblico per poterlo diminuire gradino dopo gradino.Infatti sarebbe un controsenso dismettere il patrimonio pubblico per poi ricominciare a fare debito.Siamo in una fase cruciale e di passaggio in cui il paradigma keynesiano si inverte.Durante tutto il XIX secolo lo sviluppo si è avuto con la spesa pubblica.Keynes affermava che lo sviluppo c'è o incrementanto la spesa pubblica o riducendo le tasse che possono far da stimolo allo sviluppo.La prima parte della fase keynesiana si è esaurita.E invece la seconda parte del paradigma keynesiano della detassazione che è più che attuale e nessuno parli di neo-keynesianismo.Quello che non cambia mai nella teoria keynesiana è la redistribuzione della ricchezza.La ripresa c'è se si aiutano le fasce sociali più deboli e questo non può che essere il welfare europeo,come ad esempio può essere il reddito minino vitale garantito,il welfare familiare,un piano sociale di edilizia pubblica,detassazione del reddito,cioè in sostanza incrementare la domanda.Per rispondere a Shmidt pensare di non andare verso lo stato federale ma verso lo stato unitario significa bloccare sul nascere la costruzione dell'Europa.Gli Usa sono uno stato federale e non manca un'opinione pubblica,ma per non essere uno stato fantasma non possiamo essere la bella copia degli Usa perchè come europei abbiamo le nostre caratteristiche culturali.Inoltre lo stato federale frena in partenza le concentrazioni di potere pericolose per la democrazia.La Germania egemone?La Germania è un partner europeo al pari di tutti gli stati membri.Inoltre c'è bisogno di più europa nel senso di saper guardare lontano.Infatti soddisfare solo il presente è soddisfare solo semplicemente i palati senza calcolare le conseguenze delle scelte che si fanno,questo riferito alla gestione del consenso.Invece si tratta di saper fare delle scelte,ma possibilmente senza traumi sociali e con intelligenza ciao robyn
PS-Di Pietro invoca il referendum sull'articolo 18.Certo il ritorno alla schiavitù,all'apharteid,
dei precari al servizio degli stabili.Il referendum sull'art 18 è una presa in giro perchè il referendum è solo abrogativo,quindi non c'è il ripristino,ma la cancellazione completa di quello che rimane dell'art 18
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda franz il 28/06/2012, 18:08

Robyn ha scritto:Durante tutto il XIX secolo lo sviluppo si è avuto con la spesa pubblica.

Ma chi è che mette in giro queste fandonie?
Lo sviluppo si è avuto con la ricerca scientifica, con l'innovazione tecnologica, con i guadagni di produttività, l'estensione dei commerci, la caduta delle barriere doganali.
Il welfare ha solo ridistribuito tutto cio', in alcuni posti bene, e contribuendo al benessere, in altri malissimo (a debito) e peggiorando la situazione.
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda ranvit il 28/06/2012, 18:34

NOn sono affatto d'accordo con le tesi sostenute dal Die Welt!
Questa è la solita cocciuta visione estremizzata che ha portato allo sfascio l'Europa per due volte.....e questa sarà la terza!

Se è vero che certi Paesi sono tendenzialmente "deboli" perchè la Germania accetto' la moneta unica? Perchè ha continuato, in silenzio, a guadagnarci enormemente sulle caratteristiche "deboli" degli altri Paesi? Le ha fatto comodo il mercato e la moneta unica!
Ora dia tempo ai Paesi che hanno sbagliato di rimettersi in carreggiata. Se non lo fa...l'euro e l'Europa (e forse anche la Germania) andranno a fondo!
La politica non è solo intransigenza cocciuta dei propri pregi (ammesso che lo siano...), ma anche visione lunga...
Non sto certo difendendo le caratteristiche da "cicala" ....ma ci vuole tempo per cambiare!
Ma davvero credete (e crede la Germania) che l'opinione pubblica italiana (ma anche spagnola, greca, portoghese, etc) accetterà ulteriori sacrifici senza mandare all'aria il governo Monti, la germania e l'Europa intera?
Masochisti? Puo' essere, ma quando si parla di tutto un popolo, in un regime democratico, è difficile che il buon senso prenda il sopravvento nella maggioranza della gente. E' piu' facile invece che lo faccia il populismo, l'estremismo, il nazionalismo...

Chi attacca l'Europa??? Ma per piacere!!!
Con un'Europa distrutta con chi pensa di poter competere la Germania se anche restasse forte? Con la Cina, gli Usa, l'India, etc? Loro si che si comprerebbero a prezzi di saldo le Banche e le industrie italiane, ma anche spagnole, francesi e .... tedesche!!!
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda franz il 28/06/2012, 20:02

ranvit ha scritto:Se è vero che certi Paesi sono tendenzialmente "deboli" perchè la Germania accetto' la moneta unica?

In effetti la mia memoria mi fa ricordare che allora i tedeschi (come popolo) erano fortemente scettici sull'euro e non avrebbero voluto abbandonare il loro fortissimo Marco Tedesco. L'Euro pero portava vantaggi a tutti, anche a loro, e se ne fecero una ragione. Mi sembra sbagliato rinfacciare loro questa scelta.
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Re: EZIO MAURO Cosa chiediamo alla Germania

Messaggioda ranvit il 28/06/2012, 21:44

Non rinfaccio, dico solo che sapevano benissimo chi erano i compagni di viaggio ;) . Allora se si accetta la visione lunga degli Stati Uniti d'Europa bisogna anche accettare i tempi necessari a che popoli cosi' diversi abbiano il tempo di maturare i necessari cambiamenti (che essendo culturali richiedono qualche generazione....) :roll: !
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