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Deficit, il piano di Monti alla Ue

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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda franz il 07/05/2012, 22:14

pianogrande ha scritto:Nela situazione italiana il federalismo non è il rimedio del latrocinio.
Il federalismo porterebbe meno controllo e più ,mano libera ai poteri (anche non istituzionali) locali.
Ammesso che oggi i controlli dello stato centrale funzionino.
In pratica, centralizzazione o decentramento della disonestà non è che facciano moltissima differenza.
Il potere del cittadino (le elezioni) è limitatissimo.
Inutile illudersi.
Se il potere, nella attuale situazione, viene decentrato ancora di più, diventerà più forte il controllo sociale (è più probabile che il nemico diventi il vicino di casa).
Forse, qualcuno non ha idea di cosa sia il controllo sociale quando diventa capillare.
Roba da aver paura di uscire di casa.
Paura di aver bisogno di qualche istituzione locale tenuta in mano da un clan diverso.
Questa non è fantascienza.
E' esperienza di vita.

Sarà esperienza di vita ma capisco perché l'Italia è quello che è e si merita di esserlo.
Con questa mentalità, da sindrome di norimberga, siete prigionieri dei vostri carcerieri, li adorate, li proteggete, inventate storie per evitare soluzioni che possano cambiare la situazione.
Mia personale opinione, da persona all'estero che in fondo non è coinvolta e che potrebbe anche pensare il classico "cazzi vostri".
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda Iafran il 08/05/2012, 0:21

franz ha scritto:
pianogrande ha scritto:Nela situazione italiana il federalismo non è il rimedio del latrocinio.
Il federalismo porterebbe meno controllo e più ,mano libera ai poteri (anche non istituzionali) locali.
Ammesso che oggi i controlli dello stato centrale funzionino.
In pratica, centralizzazione o decentramento della disonestà non è che facciano moltissima differenza.
Il potere del cittadino (le elezioni) è limitatissimo.
Inutile illudersi.
Se il potere, nella attuale situazione, viene decentrato ancora di più, diventerà più forte il controllo sociale (è più probabile che il nemico diventi il vicino di casa).
Forse, qualcuno non ha idea di cosa sia il controllo sociale quando diventa capillare.
Roba da aver paura di uscire di casa.
Paura di aver bisogno di qualche istituzione locale tenuta in mano da un clan diverso.
Questa non è fantascienza.
E' esperienza di vita.

Sarà esperienza di vita ma capisco perché l'Italia è quello che è e si merita di esserlo.
Con questa mentalità, da sindrome di norimberga, siete prigionieri dei vostri carcerieri, li adorate, li proteggete, inventate storie per evitare soluzioni che possano cambiare la situazione.
Mia personale opinione, da persona all'estero che in fondo non è coinvolta e che potrebbe anche pensare il classico "cazzi vostri".


Franz, io e gli altri (pianogrande e soloo42001) diciamo cose ben diverse dalle tue facili "deduzioni", tanto gratuite quanto offensive, soprattutto per le molte vittime di mafia, che hanno invocato sempre più Stato (pur con tutti i suoi "acciacchi") nelle loro realtà!
Dall'estero l'Italia può apparire un paese come tanti altri ... e ci si dimentica del parto più recente di "mamma politica": "il berlusca", che ha fatto ridere tanto nel mondo.
Solo chi vive nelle realtà piccole meridionali non è contento del decentramento, sinonimo della proliferazione di tutti i malanni (a livello periferico) che si riscontrano nello Stato centrale (ai "cazzi amari" statali se ne aggiungono altri più amari). Chi vive all'esterno, invece, può fare tesoro di queste testimonianze di vita per rivedere le sue teorie.

Alberto Bisin De Nicola ha visto giusto nello scritto da te riportato (viewtopic.php?f=4&t=4779&p=47699#p47699) :
In un buon terzo del paese la legalità e i diritti di proprietà sul territorio sono sospesi,e lo sono stati essenzialmente dall' Unità ad oggi. E non è finita. Abbiamo un sistema politico a livello statale e a livello locale che è tra i più costosi nel mondo sviluppato, ma anche tra i più corrotti. Politici e dirigenti nel pubblico e nel para-pubblico hanno salari (e soprattutto benefici) dell' ordine di due volte quelli di mercato. E soprattutto non rispondono del proprio operato se non alla politica.

Questa classe "politica" va cercando solo posti di potere da occupare: più ce ne sono più se ne serve per collocarvi parenti, amici ed amici degli amici.
I sardi lo hanno capito ed hanno votato oggi i referendum per l'abrogazione delle provincie e di altri enti ... utili solo a dare privilegi ai "soliti lor signori" e a fare aumentare le tasse per i cittadini!
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda franz il 08/05/2012, 7:32

Iafran ha scritto:Solo chi vive nelle realtà piccole meridionali non è contento del decentramento

Già ma se confondente i malanni (innegabili) del decentramento con il federalismo (unica altra possibilità dal profilo istituzionale di gestione locale del territorio) e pensate che il federalismo non sia un rimedio, se permetti io esprimo tutto il mio disappunto per l'incultura che sottostà a questa vostra convinzione. Federalismo di cui non potete avere esperienza (a meno che non abbiate a lungo vissuto in un paese federale) e che palesemente non conoscete. Ora i metodi istituzionali con cui un grande stato puo' essere amministrato sono esclusivamente due: il decentramento ed il federalismo e sono strutture completamente diverse. Direi quasi antitetiche. Se rifiutate entrambi siete secondo me in una forte contraddizione.
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda Iafran il 08/05/2012, 9:58

franz ha scritto:
Iafran ha scritto:Solo chi vive nelle realtà piccole meridionali non è contento del decentramento

Già ma se confondente i malanni (innegabili) del decentramento con il federalismo (unica altra possibilità dal profilo istituzionale di gestione locale del territorio) e pensate che il federalismo non sia un rimedio, se permetti io esprimo tutto il mio disappunto per l'incultura che sottostà a questa vostra convinzione.

La mia "conoscenza" in materia mi fa pensare che il federalismo richieda prima il decentramento e che, con la proliferazione dei centri decisionali, le persone per bene si aspettano di guadagnare un governo più vicino ai loro bisogni (e buoni servizi); ma gli avventurieri, i prevaricatori e i mafiosi (nelle zone dove abbondano) ci vedono un'altra occasione da sfruttare ... bene.

PS - Il federalismo può essere conosciuto anche a livello teorico, il sistema mafioso se lo vivi è tutt'altra cosa di ciò che si può sapere dalla bibliografia.
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda franz il 08/05/2012, 11:55

La tua conoscenza è imprecisa ma non è certo una "colpa".
Il federalismo non è un tipo di decentramento, eventualmente piu' spinto.
Ho come l'impressione che tu non voglia essere amministrato dai tuoi concittadini ma vorresti una sorta di commissariamento da parte di qualche stato straniero, cose che infatti ha connotato gran parte della storia della penisola.
Magari con l'annessione alla germania, alla svezia (o alla svizzera, come chiedono alcuni lombardi).
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda Iafran il 08/05/2012, 13:03

franz ha scritto:Ho come l'impressione che tu non voglia essere amministrato dai tuoi concittadini ma vorresti una sorta di commissariamento da parte di qualche stato straniero, cose che infatti ha connotato gran parte della storia della penisola.

Io voglio essere governato da politici che hanno a cuore il benessere di tutta la popolazione (sia che viva in Italia o altrove).
Se la materia prima non è di buona qualità hai voglia di tentare ricette ... in cucina, figuriamoci in politica.

(Le genti meridionali hanno conosciuto lo Stato straniero dal momento della cosiddetta Unità d'Italia, quando hanno patito ruberie, fucilazioni e stragi)
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda franz il 08/05/2012, 13:57

Iafran ha scritto:Io voglio essere governato da politici che hanno a cuore il benessere di tutta la popolazione (sia che viva in Italia o altrove).

Ecco, allora se trovi una maggioranza di concittadini d'accordo con te e trovate questi politici (che hanno a cuore etc) il contesto federale è - secondo me - assolutamente migliore per innescare sistemi virtuosi di autogoverno mentre il decentramento, che prevede fondi da fuori e vacche da mungere, è il migliore per arrivare alla situazione che già conosci e non apprezzi. Da qui si dovrebbe saper fare 2+2, come fece Luigi Eunaudi nel 1944. Quasi 70 anni fa.
Luigi Einaudi

Via il Prefetto !
(1944)


Nota
Luigi Einaudi analizza la realtà accentratrice dello stato italiano, modellato (in versione corretta e peggiorata) su quello francese, e propone l'abolizione dei prefetti. Un provvedimento indispensabile che i rivoluzionari fasulli e i finti federalisti di casa nostra non hanno mai preso in considerazione.


Proporre, in Italia ed in qualche altro paese di Europa, di abolire il « prefetto » sembra stravaganza degna di manicomio. Istituzione veneranda, venuta a noi dalla notte dei tempi, il prefetto è quasi sinonimo di governo e, lui scomparso, sembra non esistere più nulla. Chi comanda e chi esegue fuor dalla capitale? Come opera l'amministrazione pubblica?

In verità, il prefetto è una lue che fu inoculata nel corpo politico italiano da Napoleone. Gli antichi governi erano, prima della rivoluzione francese, assoluti solo di nome, e di fatto vincolati d'ogni parte, dai senati e dalle camere dei conti o magistrati camerali, gelosissimi del loro potere di rifiutare la registrazione degli editti che, se non registrati, non contavano nulla, dai corpi locali privilegiati, auto-eletti per cooptazione dei membri in carica, dai patti antichi di infeudazione, di dedizione e di annessione, dalle consuetudini immemorabili.

Gli stati italiani governavano entro i limiti posti dalle « libertà » locali, territoriali e professionali. Spesso « le libertà » municipali e regionali erano « privilegi » di ceti, di nobili, di corporazioni artigiane ed erano dannose all'universale. Nella furia di strappare i privilegi, la rivoluzione francese distrusse, continuando l'opera iniziata dai Borboni, le libertà locali; e Napoleone, dittatore all'interno, amante dell'ordine, sospettoso, come tutti i tiranni, di ogni forza indipendente, spirituale o temporale, perfezionò l'opera.

I governi restaurati trovarono comodo di non restaurare, se non di nome, gli antichi corpi limitatori e conservarono il prefetto napoleonico. L'Italia nuova, preoccupata di rinsaldare le membra disiecta degli antichi ex-stati in un corpo unico, immaginò che il federalismo fosse il nemico ed estese il sistema prefettizio anche a quelle parti d'ltalia, come le province ex-austriache, nelle quali la lue erasi infiltrata con manifestazioni attenuate. Si credette di instaurare libertà e democrazia e si foggiò lo strumento della dittatura.

Democrazia e prefetto repugnano profondamente l'una all'altro. Né in ltalia, né in Francia, né in Spagna, né in Prussia si ebbe mai e non si avrà mai democrazia, finché esisterà il tipo di governo accentrato, del quale è simbolo il prefetto. Coloro i quali parlano di democrazia e di costituente e di volontà popolare e di autodecisione e non si accorgono del prefetto, non sanno quel che si dicono. Elezioni, libertà di scelta dei rappresentanti, camere, parlamenti, costituenti, ministri responsabili sono una lugubre farsa nei paesi a governo accentrato del tipo napoleonico.

Gli uomini di stato anglo-sassoni, i quali invitano i popoli europei a scegliersi la forma di governo da essi preferita, trasportano inconsciamente parole e pensieri propri dei loro paesi a paesi nei quali le medesime parole hanno un significato del tutto diverso. Forse i soli europei del continente, i quali sentendo quelle parole le intendono nel loro significato vero sono, insieme con gli scandinavi, gli svizzeri; e questi non hanno nulla da imparare, perché quelle parole sentono profondamente da sette secoli. Essi sanno che la democrazia comincia dal comune, che è cosa dei cittadini, i quali non solo eleggono i loro consiglieri e sindaci o presidenti o borgomastri, ma da sé, senza intervento e tutela e comando di gente posta fuori del comune od a questo sovrapposta, se lo amministrano, se lo mandano in malora o lo fanno prosperare.

L'auto-governo continua nel cantone, il quale è un vero stato, il quale da sé si fa le sue leggi, se le vota nel suo parlamento e le applica per mezzo dei propri consiglieri di stato, senza uopo di ottenere approvazioni da Berna; e Berna, ossia il governo federale, a sua volta, per le cose di sua competenza, ha un parlamento per deliberare le leggi sue proprie ed un consiglio federale per applicarle ed amministrarle. E tutti questi consessi ed i 25 cantoni e mezzi cantoni e la confederazione hanno così numerosissimi legislatori e centinaia di ministri, grossi e piccoli, tutti eletti, ognuno dei quali attende alle cose proprie, senza vedersi mai tra i piedi il prefetto, ossia la longa manus del ministro o governo più grosso, il quale insegni od ordini il modo di sbrigare le faccende proprie dei ministri più piccoli.

Così pure si usa governare in Inghilterra, con altre formule di parrocchie, borghi, città, contee, regni e principati; così si fa negli Stati Uniti, nelle federazioni canadese, sudafricana, australiana e nella Nuova Zelanda. Nei paesi dove la democrazia non è una vana parola, la gente sbriga da sé le proprie faccende locali (che negli Stati Uniti si dicono anche statali), senza attendere il la od il permesso dal governo centrale. Così si forma una classe politica numerosa, scelta per via di vagli ripetuti. Non è certo che il vaglio funzioni sempre a perfezione; ma prima di arrivare ad essere consigliere federale o nazionale in Svizzera, o di essere senatore o rappresentante nel congresso nord americano, bisogna essersi fatto conoscere per cariche coperte nei cantoni o negli stati; ed essersi guadagnato una qualche fama di esperto ed onesto amministratore. La classe politica non si forma da sé né è creata dal fiat di una elezione generale. Ma si costituisce lentamente dal basso; per scelta fatta da gente che conosce personalmente le persone alle quali delega la amministrazione delle cose locali piccole; e via via quelle delle cose nazionali od inter-statali più grosse.

La classe politica non si forma tuttavia se l'eletto ad amministrare le cose municipali o provinciali o regionali non e pienamente responsabile per l'opera propria. Se qualcuno ha il potere di dare a lui ordini o di annullare il suo operato, l'eletto non è responsabile e non impara ad amministrare. Impara ad ubbidire, intrigare, a raccomandare, a cercare appoggi. Dove non esiste il governo di se stessi e delle cose proprie, in che consiste la democrazia?

Finché esisterà in Italia il prefetto, la deliberazione e l'attuazione non spetteranno al consiglio municipale ed al sindaco, al consiglio provinciale ed al presidente; ma sempre e soltanto al governo centrale, a Roma; o, per parlar più concretamente, al ministro dell'interno. Costui è il vero padrone della vita amministrativa e politica dell'intero stato. Attraverso i suoi organi distaccati, le prefetture, il governo centrale approva o non approva i bilanci comunali e provinciali, ordina l'iscrizione di spese di cui i cittadini farebbero a meno, cancella altre spese, ritarda l'approvazione ed intralcia il funzionamento dei corpi locali. Chi governa localmente di fatto non è né il sindaco né il consiglio comunale o provinciale; ma il segretario municipale o provinciale. Non a caso egli è stato oramai attruppato tra i funzionari statali. Parve un sopruso della dittatura ed era la logica necessaria deduzione del sistema centralistico.

Chi, se non un funzionario statale, può interpretare ed eseguire le leggi, i regolamenti, le circolari, i moduli i quali quotidianamente, attraverso le prefetture, arrivano a fasci da Roma per ordinare il modo di governare ogni più piccola faccenda locale? Se talun cittadino si informa del modo di sbrigare una pratica dipendente da una legge nuova, la risposta è : non sono ancora arrivate le istruzioni, non è ancora compilato il regolamento; lo si aspetta di giorno in giorno.

A nessuno viene in mente del ministero, l' idea semplice che l'eletto locale ha il diritto e il dovere di interpretare lui la legge, salvo a rispondere dinnanzi agli elettori della interpretazione data? Che cosa fu e che cosa tornerà ad essere l'eletto del popolo in uno stato burocratico accentrato? Non un legislatore, non un amministratore; ma un tale, il cui ufficio principale è essere bene introdotto nei capoluoghi di provincia presso prefetti, consiglieri e segretari di prefettura, provveditori agli studi, intendenti di finanza, ed a Roma, presso i ministri, sotto-segretari di stato e, meglio e più, perché di fatto più potenti, presso direttori generali, capidivisione, segretari, vice-segretari ed uscieri dei ministeri.

Il malvezzo di non muovere la « pratica » senza una spinta, una raccomandazione non è recente né ha origine dal fascismo. È antico ed è proprio del sistema. Come quel ministro francese, guardando l'orologio, diceva: a quest'ora, nella terza classe di tutti i licei di Francia, i professori spiegano la tal pagina di Cicerone; così si può dire di tutti gli ordini di scuole italiane. Pubbliche o private, elementari o medie od universitarie, tutto dipende da Roma: ordinamento, orari, tasse, nomine degli insegnanti, degli impiegati di segreteria, dei portieri e dei bidelli, ammissioni degli studenti, libri di testo, ordine degli esami, materie insegnate.

I fascisti concessero per scherno l'autonomia alle università; ma era logico che nel sistema accentrato le università fossero, come subito ridiventarono, una branca ordinaria dell'amministrazione pubblica; ed era logico che prima del 1922 i deputati elevassero querele contro quelle che essi imprudentemente chiamarono le camorre dei professori di università, i quali erano riusciti, in mezzo secolo di sforzi perseveranti e di costumi anti-accentratori a poco a poco originati dal loro spirito di corpo, a togliere ai ministri ogni potere di scegliere e di trasferire gli insegnanti universitari e quindi ogni possibilità ai deputati di raccomandare e promuovere intriganti politici a cattedre.

Agli occhi di un deputato uscito dal suffragio universale ed investito di una frazione della sovranità popolare, ogni resistenza di corpi autonomi, di enti locali, di sindaci decisi a valere la volontà dei loro amministrati appariva camorra, o sopruso, privilegio. La tirannia del centro, la onnipotenza del ministero, attraverso ai prefetti, si converte nella tirannia degli eletti al parlamento. Essi sanno di essere i ministri del domani, sanno che chi di loro diventerà ministro dell'interno, disporrà della leva di comando del paese; sanno che nessun presidente del consiglio può rinunciare ad essere ministro dell'interno se non vuol correre il pericolo di vedere « farsi » le elezioni contro lui dal collega al quale egli abbia avuto la dabbenaggine di abbandonare quel ministero, il quale dispone delle prefetture, delle questure e dei carabinieri; il quale comanda a centinaia di migliaia di funzionari piccoli e grossi, ed attraverso concessioni di sussidi, autorizzazioni di spese, favori di ogni specie adesca e minaccia sindaci, consiglieri, presidenti di opere pie e di enti morali. A volta a volta servo e tiranno dei funzionari che egli ha contribuito a far nominare con le sue raccomandazioni e dalla cui condiscendenza dipende l'esito delle pratiche dei suoi elettori, il deputato diventa un galoppino, il cui tempo più che dai lavori parlamentari è assorbito dalle corse per i ministeri e dallo scrivere lettere di raccomandazione per il sollecito disbrigo delle pratiche dei suoi elettori.

Perciò il delenda Carthago della democrazia liberale è : Via il prefetto! Via con tutti i suoi uffici e le sue dipendenze e le sue ramificazioni! Nulla deve più essere lasciato in piedi di questa macchina centralizzata; nemmeno lo stambugio del portiere. Se lasciamo sopravvivere il portiere, presto accanto a lui sorgerà una fungaia di baracche e di capanne che si trasformeranno nel vecchio aduggiante palazzo del governo. Il prefetto napoleonico se ne deve andare, con le radici, il tronco, i rami e le fronde.

Per fortuna, di fatto oggi in Italia l'amministrazione centralizzata è scomparsa. Ha dimostrato di essere il nulla; uno strumento privo di vita propria, del quale il primo avventuriero capitato a buon tiro poteva impadronirsi per manovrarlo a suo piacimento. Non accadrà alcun male, se non ricostruiremo la macchina oramai guasta e marcia. L'unità del paese non è data dai prefetti e dai provveditori agli studi e dagli intendenti di finanza e dai segretari comunali e dalle circolari ed istruzioni ed autorizzazioni romane. L'unità del paese è fatta dagli italiani. Dagli italiani, i quali imparino, a proprie spese, commettendo spropositi, a governarsi da sé. La vera costituente non si fa in una elezione plebiscitaria, a fin di guerra. Così si creano o si ricostituiscono le tirannie, siano esse di dittatori o di comitati di partiti. Chi vuole affidare il paese a qualche altro saltimbanco, lasci sopravvivere la macchina accentrata e faccia da questa e dai comitati eleggere una costituente.

Chi vuole che gli italiani governino se stessi, faccia invece subito eleggere i consigli municipali, unico corpo rimasto in vita, almeno come aspirazione profondamente sentita da tutti i cittadini; e dia agli eletti il potere di amministrare liberamente; di far bene e farsi rinnovare il mandato, di far male e farsi lapidare. Non si tema che i malversatori del denaro pubblico non paghino il fio, quando non possano scaricare su altri, sulla autorità tutoria, sul governo la colpa delle proprie malefatte. La classe politica si forma così : col provare e riprovare, attraverso a fallimenti ed a successi. Sia che si conservi la provincia; sia che invece la si abolisca, perché ente artificioso, antistorico ed anti-economico e la si costituisca da una parte con il distretto o collegio o vicinanza, unità più piccola, raggruppata attorno alla cittadina, al grosso borgo di mercato, dove convengono naturalmente per i loro interessi ed affari gli abitanti dei comuni dei dintorni, e dall'altra con la grande regione storica: Piemonte, Liguria, Lombardia, ecc. ; sempre, alla pari del comune, il collegio e la regione dovranno amministrarsi da sé, formarsi i propri governanti elettivi, liberi di gestire le faccende proprie del comune, del collegio e della provincia, liberi di scegliere i propri funzionari e dipendenti, nel modo e con le garanzie che essi medesimi, legislatori sovrani nel loro campo, vorranno stabilire.

Si potrà discutere sui compiti da attribuire a questo o quell'altro ente sovrano; ed adopero a bella posta la parola sovranità e non autonomia, ad indicare che non solo nel campo internazionale, con la creazione di vincoli federativi, ma anche nel campo nazionale, con la creazione di corpi locali vivi di vita propria originaria non derivata dall'alto, urge distruggere l'idea funesta della sovranità assoluta dello stato. Non temasi dalla distruzione alcun danno per l'unità nazionale. L'accentramento napoleonico ha fatto le sue prove e queste sono state negative: una burocrazia pronta ad ubbidire ad ogni padrone, non radicata nel luogo, indifferente alle sorti degli amministrati; un ceto politico oggetto di dispregio, abbassato a cursore di anticamere prefettizie e ministeriali, prono a votare in favore di qualunque governo, se il voto poteva giovare ad accaparrare il favore della burocrazia poliziesca ed a premere sulle autorità locali nel giorno delle elezioni generali; una polizia, non collegata, come dovrebbe, esclusivamente con la magistratura inquirente e giudicante e con i carabinieri, ma divenuta strumento di inquisizione politica e di giustizia « economica » , ossia arbitraria.

L'arbitrio poliziesco erasi affievolito all'inizio del secolo; ma lo strumento era pronto; e, come già con Napoleone, ricominciarono a giungere al dittatore i rapporti quotidiani della polizia sugli atti e sui propositi di ogni cittadino sospetto; e si potranno di nuovo comporre, con quei fogli, se non li hanno bruciati prima, volumi di piccola e di grande storia di interesse appassionante. E quello strumento, pur guasto, è pronto, se non lo faremo diventare mero organo della giustizia per la prevenzione dei reati e la scoperta dei loro autori, a servire nuovi tiranni e nuovi comitati di salute pubblica.

Che cosa ha dato all'unità d'Italia quella armatura dello stato di polizia, preesistente, ricordiamolo bene, al 1922? Nulla. Nel momento del pericolo è svanita e sono rimasti i cittadini inermi e soli. Oggi essi si attruppano in bande di amici, di conoscenti, di borghigiani; e li chiamano partigiani. È lo stato il quale si rifà spontaneamente. Lasciamolo riformarsi dal basso, come è sua natura. Riconosciamo che nessun vincolo dura, nessuna unità è salda, se prima gli uomini i quali si conoscono ad uno ad uno non hanno costituito il comune; e di qui, risalendo di grado in grado, sino allo stato. La distruzione della sovrastruttura napoleonica, che gli italiani non hanno amato mai, offre l'occasione unica di ricostruire lo stato partendo dalle unità che tutti conosciamo ed amiamo; e sono la famiglia, il comune, la vicinanza e la regione. Così possederemo finalmente uno stato vero e vivente.

(« L'Italia e il secondo risorgimento », supplemento alla Gazzetta ticinese, 17 Iuglio 1944, a firma Junius.)
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda pianogrande il 08/05/2012, 13:59

Se la materia prima non è di buona qualità hai voglia di tentare ricette ... in cucina, figuriamoci in politica.
Iafran

Inutile tentare di cambiare discorso.
E' quello il problema.
Se non cambia la "materia prima" ma solo il modo di spalmarla sul territorio, il marcio rimarrà marcio diversamente distribuito ma sempre marcio.
Ad essere amministrati dai propri concittadini ladri e prepotenti c'è anche l'aggravante del controllo e della repressione capillari e non istituzionali.

Comunque, mi rendo conto che stiamo confrontando discorsi di carattere generale con la nostra triste realtà.
Con una diversa selezione degli uomini al potere, potrebbe anche aver ragione Franz.
Prima, però, (prima di fare i ragionamenti che stiamo facendo) bisogna cambiare la materia prima.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda franz il 08/05/2012, 14:11

pianogrande ha scritto:Comunque, mi rendo conto che stiamo confrontando discorsi di carattere generale con la nostra triste realtà.
Con una diversa selezione degli uomini al potere, potrebbe anche aver ragione Franz.
Prima, però, (prima di fare i ragionamenti che stiamo facendo) bisogna cambiare la materia prima.

Ecco, rileggi Einaudi e vediamo come secondo lui (ed anche secondo me) si puo' ottenere una diversa selezione della classe politica.
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Re: Deficit, il piano di Monti alla Ue

Messaggioda soloo42001 il 08/05/2012, 14:40

Se non cambia la "materia prima" ma solo il modo di spalmarla sul territorio, il marcio rimarrà marcio diversamente distribuito ma sempre marcio.
Ad essere amministrati dai propri concittadini ladri e prepotenti c'è anche l'aggravante del controllo e della repressione capillari e non istituzionali.


La sanita` in lombardia insegna.
Funziona (ma funzionava pure negli anni 70-80), ma costa molto, e comunque ti devi raccomandare al medico ciellino di turno.

Cosi` come insegna quella nel Lazio.
Non funzionava prima della regionalizzazione, e funziona di gran lunga peggio oggi dopo la cura Storace.
E, ovviamente, a maggiora ragione ti devi raccomandare.

Gli apprendisti stregoni all'estero che vagheggiano di esperimenti federalisti pagati sulla pellaccia nostra se ne facciano una ragione.

Bisogna abolire Province e Regioni.
E centralizzare le centrali di spesa.
Se il marcio sta al centro lo sai e puoi controllarlo.
Se invece si disperde in migliaia di stazioni d'appalto non lo controlli piu`.
Va in metastasi.

Ciao.


soloo42001
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