Allarme crisi, Napolitano chiama Monti
"Ora l'Europa ci aiuti a rilanciare la ripresa"
Un incontro di routine con il presidente della Repubblica è diventato un vertice d'emergenza. Anche Alfano, Bersani e Casini sono convinti che Bruxelles debba intervenire
di FRANCESCO BEI
TORNA a farsi nera la prospettiva internazionale. E la posizione dell'Italia più incerta. L'allarme è alto tra palazzo Chigi e il Quirinale, Napolitano e Monti ne discutono faccia a faccia per oltre due ore ieri pomeriggio. Un incontro che doveva essere di prassi, dedicato all'illustrazione del Documento di economia e finanzia e il programma di riforme approvato dal Consiglio dei ministri (l'ultima volta era salito al Colle solo Tremonti, Berlusconi non si era fatto vedere). Ma l'occasione si trasforma in un preoccupato caminetto sul futuro dell'Italia e della crisi del debito.
La lettura che la stampa internazionale ha dato della previsioni del governo è stata infatti unadoccia gelata. "Monti posticipa di un anno il pareggio di bilancio", titola il Financial Times. "L'Italia ha annunciato che non ci sarà il pareggio di bilancio l'anno prossimo" scrive il Wall Street Journal. Se i due quotidiani economici più importanti del mondo riaccendono un faro sul rischio Italia, la situazione si fa seria. Anche se il premier ha già smentito e considera lo 0,5% di scostamento come "close to balance", ovvero l'equivalente di un pareggio, nel governo si riparla di una manovra correttiva importante. Del resto le previsioni del Def si basano su un calcolo dello spread che oscilla tra i 200 e i 300 punti, mentre sono giorni che il differenziale con i Bund viaggia oltre quota 350. L'unica consolazione a Monti è venuta da Time, che lo ha inserito insieme a Draghi fra le 100 persone più influenti
del pianeta. Per Napolitano occorre subito dare una svolta, raddrizzare la situazione.
"L'azione di consolidamento che stiamo portando avanti sul piano interno - dice il capo dello Stato al premier - legittima e rende più credibile un'azione incisiva in Europa a favore della ripresa". Insomma, per Napolitano, in vista del prossimo Consiglio europeo, l'Italia deve "battere il ferro, continuare a insistere". Anche perché, senza la spinta europea, l'Italia è destinata a fermarsi. Un'analisi che il premier ha condiviso in toto. Anzi, "adesso abbiamo le carte in regola per svolgere un ruolo propulsivo - è stato il ragionamento di Monti -. Possiamo usare lo stesso timbro di voce della Germania perché abbiamo scolpito il pareggio di bilancio nel nuovo articolo 81 della Costituzione".
In ogni caso, per tamponare la falla, Monti ieri ha chiamato in soccorso la cavalleria. In rapida successione sono arrivate parole tranquillizzanti dal segretario del Tesoro Usa, Timothy Geithner e dall'ambasciatore Usa Thorne. Dalla commissione europea, che ha garantito che quello 0,5% di disavanzo per il 2013 è "in linea con l'Ue". E persino dal direttore generale del Fmi, Christine Lagarde. Eppure non basta. Anche perché, a fronte delle stime negative sulla crescita, si assiste anche allo sfaldamento del fronte interno. È il Pdl, in particolare, a preoccupare Monti. Certo, il premier riferisce a Napolitano che il vertice notturno con Alfano, Bersani e Casini, "è andato bene". Tutti i leader, Bersani in particolare, hanno convenuto che tocca all'Europa muoversi. E Napolitano ha apprezzato "l'apertura del cantiere delle riforme istituzionali". Ma le antenne in Parlamento del capo del governo hanno captato la tempesta in arrivo.
L'occhio del ciclone è il Pdl, dove la frangia degli oppositori al governo si ingrossa giorno dopo giorno. Ora il premier teme qualche ricatto sul disegno di legge anti-corruzione del ministro Severino. Ma anche le barricate alzate da Berlusconi, Alfano e Romani contro il governo dopo la decisione di annullare il beauty contest hanno colpito il premier. Al rosario di spine si è aggiunta in queste ore l'uscita "improvvida" e "destabilizzante" di Pier Ferdinando Casini.
Il leader dell'Udc è uno dei principali sponsor del Professore, ma stavolta per Monti avrebbe fatto meglio a contare fino a dieci prima di parlare. Tanto che il premier ha caldamente apprezzato la presa di distanza del ministro Andrea Riccardi, che ha smentito di volersi buttare in politica nel futuro partito della nazione. Non aiuta di certo l'attesa messianica di nuovi provvedimenti sulla crescita che si va diffondendo nell'opinione pubblica, alimentata anche dalle forze di maggioranza. A palazzo Chigi hanno su questo le idee chiare: "Non siamo in condizioni di promettere nulla". Qualcosa nei prossimi giorni si farà, "un segnale" verrà dato per venire incontro alle richieste di ABC. Ma sarà qualcosa di poco più che simbolico.
La tensione nel Pdl è altissima e lo dimostra la fuga in avanti del gruppo di Pisanu, il preannuncio della scissione. Ieri a via dell'Umiltà si è sfiorata la rissa. Alfano aveva convocato una riunione con gli ex ministri del governo Berlusconi per parlare dei provvedimenti economici del governo e della crescita. In assenza del segretario, assentatosi per un impegno, la riunione era presieduta da Brunetta, che per La Russa evidentemente la stava tirando troppo per lunghe. I due hanno iniziato a battibeccare, finché l'ex ministro della Difesa non si è alzato e ha tirato due schiaffi sulla testa del collega, lasciandolo senza parole. Brunetta se l'è presa e ha abbandonato la sala: la riunione sulla crescita è finita così.
(20 aprile 2012) www.repubblica.it